8 Febbraio 2019 – Venerdì, IV del Tempo Ordinario – (Eb 13,1-8; Sal 26[27]; Mc 6,14-29) – I Lettura: Si tratta delle ultime raccomandazioni della lettera agli Ebrei in cui l’autore condensa in poche battute quella che potremmo chiamare una breve “summa” dell’ideale cristiano: vivere in carità, castità, povertà, obbedienza e ponendo come unico riferimento ed esempio Cristo Signore. Un ideale che coinvolge tutti i cristiani indistintamente nel loro cammino di perfezione. Vangelo: La lunga narrazione della morte di Giovanni Battista, l’unica nella quale Gesù non sia protagonista, serve agli evangelisti per preparare il lettore alla morte del Messia. Via via che si delineano i profili dei personaggi appare chiara l’analogia con la storia della passione di Gesù. Erode e Pilato si comportano con Gesù allo stesso modo: sanno entrambi che l’uomo del quale viene richiesta la morte è innocente e vorrebbero liberarlo.
Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto – Dal Vangelo secondo Marco: In quel tempo, il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il suo nome era diventato famoso. Si diceva: «Giovanni il Battista è risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi». Altri invece dicevano: «È Elìa». Altri ancora dicevano: «È un profeta, come uno dei profeti». Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: «Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto!». Proprio Erode, infatti, aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri. Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto. E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.
Riflessione: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». “Leggendo il racconto si capisce già che il fatto in se stesso del martirio di Giovanni non ha bisogno di commento. Da quando la fanciulla è entrata nella sala, tutto è stato un crescendo di orrore e di peccato, fino a quando l’odio di una peccatrice non si è totalmente sfogato nel vedere su un vassoio la testa di Giovanni, il Battezzatore, un uomo giusto e santo. Il criminale Erode non poteva essere meglio definito, e non si poteva esprimere in modo migliore la causa delle sue paure. Dopo averlo fatto arrestare perché gli rinfacciava il suo incesto, contrario alla legge (Lv 20,21 e 18,16) e scandalo del popolo fedele, non se la sentiva di ucciderlo e lo difendeva dalla sete di vendetta di Erodìade. Anzi, lo ascoltava volentieri. Rimaneva però sempre perplesso, segno che Giovanni non ritrattava la sua accusa. Sarà Erodìade a liberarlo dai suoi timori. È il suo regalo al re, nel giorno del suo compleanno; e il re non si rifiutò” (M. Galizzi). Oggi siamo chiamati a contemplare questo vassoio. Cosa vi troviamo sopra? Non possiamo fermarci alla sola (pienamente giustificata) pena per un giusto che muore in modo così ingiusto: quel vassoio è il risultato visibile di un peccato, il tradimento e l’incesto, coltivato, reiterato, reso modo di vivere. In quel vassoio si concentra tutto il male che facciamo quando con le nostre quotidiane scelte fondate sull’egoismo, sull’orgoglio, sulla codardia, sull’attaccamento ai vizi, costruiamo vere e proprie strutture di peccato, ci stringono e ci costringono ad ogni malvagità.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Anche Gesù, come Giovanni il Battista, ha sopportato prigionia e tortura fisica – Catechismo degli Adulti 299: Il nostro pensiero, per poter raggiungere gli altri, diventa suono di una voce. Il Verbo di Dio, per esprimersi e donarsi agli uomini, si è fatto vero e fragile uomo, con una storia umanissima di libertà e di finitudine. Senza lasciare il cielo, dove da sempre e per sempre vive rivolto al Padre, è disceso sulla terra per essere Dio con noi, nostro amico e fratello. Ha condiviso in tutto eccetto il peccato, la nostra condizione umana, fino alla quotidianità più dimessa. Ha provato fame e sete, lavoro, stanchezza e sonno; ha conosciuto gioia e pianto, compassione e paura, amicizia e sdegno, sorpresa e meraviglia, tristezza e solitudine, tentazione spirituale e tortura fisica. È cresciuto «in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,52); ha imparato l’obbedienza attraverso quello che ha sofferto. Con la morte e la risurrezione ha portato a compimento la sua crescita di uomo. Il Verbo eterno, immagine perfetta del Padre, si è fatto carne, fragile uomo, solidale con gli uomini deboli e mortali.
Che cosa devo chiedere? … La testa di Giovanni il Battista – Catechismo degli Adulti 927: La fede ci fa riconoscere molte forme di peccato che sfigurano l’uomo, immagine di Dio. Nella Bibbia troviamo vari elenchi di peccati, piuttosto dettagliati. A voler raccogliere in un quadro le principali indicazioni, si ottiene una lista impressionante, peraltro ancora esemplificativa e non esaustiva: incredulità, idolatria, stregoneria, bestemmia, spergiuro, apostasia, oltraggio ai genitori, infanticidio, omicidio, odio, dissolutezza, omosessualità, orgia, fornicazione, adulterio, furto, avarizia, traffico di persone, tradimento, inganno, calunnia, turpiloquio, cuore spietato, orgoglio insensato. Questi peccati sono considerati gravi, incompatibili con la vita di comunione con Dio. Purtroppo il triste elenco si allunga con altre esperienze negative della nostra epoca: genocidio, terrorismo, traffico delle armi, aborto, eutanasia, tortura, carcerazione arbitraria, deportazione, razzismo, sfruttamento dei paesi poveri, condizioni indegne di vita e di lavoro, violenza sui minori, mercato delle donne, commercio pornografico, traffico di droga, corruzione politica e amministrativa, speculazione finanziaria, evasione fiscale, speculazione edilizia, inquinamento ambientale.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «Si abbia grande cura e grandi attenzioni anche per i corpi di tutti coloro che, sebbene non torturati, in carcere giungono al glorioso passo della morte. Il loro valore infatti e il loro onore non sono troppo piccoli, perché anche essi non vengano annoverati fra i beati martiri. Per quanto fu in loro, sostennero tutto ciò che erano pronti e preparati a sostenere. Chi sotto gli occhi di Dio si è offerto ai tormenti e alla morte, ha sofferto tutto ciò che intendeva soffrire. Non furono essi che vennero meno ai tormenti, ma i tormenti vennero meno a loro. Chi mi confesserà davanti agli uomini, io lo confesserò davanti al Padre mio [Mt 10,32], dice il Signore: essi lo hanno confessato. Chi persevererà sino alla fine questi si salverà [Mt 10,22]; dice ancora il Signore: hanno perseverato, e hanno conservati integri e immacolati sino alla fine i loro meriti e il loro valore. Sta scritto ancora: Sii fedele sino alla morte, e ti darò la corona della vita [Ap 2,10]: sono giunti fino alla morte fedeli, saldi e inespugnabili. Quando alla nostra volontà e alla nostra confessione di fede si aggiunge anche la morte in carcere e tra i ceppi, allora la gloria del martirio è perfetta. Perciò prendete nota del giorno in cui essi ci lasciano, perché ci sia dato di celebrare il loro ricordo» (Cipriano di Cartagine).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Verità e menzogna. Nobiltà e miseria. Potrebbero essere questi i titoli di un dramma unto di potere e di morte, di libidine e di sangue, di arroganza e di debolezza, e di trasgressione non soltanto della legge dell’uomo, un delitto è sempre punito dalla giustizia umana, ma sopra tutto violazione dei Comandamenti di Dio che al capo cinque recita non uccidere e al capo sesto non commettere adulterio. Ma come succede spesso la menzogna ha il sopravvento, e la verità prima relegata in un oscuro carcere, se nonostante tutto continua a gridare allora bisogna ammazzarla. Questa è la triste storia di Giovanni il Battista, campione indiscusso della verità, muore da martire della verità, ma rimane pur sempre una triste storia. Anzi, sembra il canovaccio di una tragedia che si recita da sempre, sopra tutto su quei palcoscenici dove si dibattono marionette che si illudono di essere potenti, di avere in mano il destino di interi popoli. E naturalmente se a qualcuno viene in testa di illuminare con la luce della verità la loro tenebrosa vita, allora la scure della prepotenza è pronta a calare sulla testa di chi ha il coraggio di gridare la verità. Intrighi, sesso, avidità di potere… una miscela esplosiva ben celata nel cuore di Erode e che esploderà quando il rispetto umano prenderà il sopravvento annebbiando dignità, sentimenti, umanità: così Giovanni morirà per la malvagità di una donna e la debolezza di un sovrano dispotico. Sembra una tragica ironia che rientra nello scandalo della storia. Da che mondo è mondo, i giusti sono spesso morti per cose di poco conto, barattati per cose di poco prezzo.
Santo del giorno: 8 Febbraio – Santa Giuseppina Bakhita, Vergine: “Nasce nel Sudan nel 1869, rapita all’età di sette anni, venduta più volte, conosce sofferenze fisiche e morali, che la lasciano senza un’identità. Sono i suoi rapitori a darle il nome di Bakhita («fortunata»). Nel 1882 viene comprata a Kartum dal console Italiano Calisto Legnani. Nel 1885 segue quest’ultimo in Italia dove, a Genova, viene affidata alla famiglia di Augusto Michieli e diventa la bambinaia della figlia. Quando la famiglia Michieli si sposta sul Mar Rosso, Bakhita resta con la loro bambina presso le Suore Canossiane di Venezia. Qui ha la possibilità di conoscere la fede cristiana e, il 9 gennaio 1890, chiede il battesimo prendendo il nome di Giuseppina. Nel 1893, dopo un intenso cammino, decide di farsi suora canossiana per servire Dio che le aveva dato tante prove del suo amore. Divenuta suora, nel 1896 è trasferita a Schio (Vicenza) dove muore l’8 febbraio del 1947” (Avvenire).
Preghiamo: Dio grande e misericordioso, concedi a noi tuoi fedeli di adorarti con tutta l’anima e di amare i nostri fratelli nella carità del Cristo. Egli è Dio, e vive e regna con te…