febbraio, meditazioni

6 Febbraio 2019

6 Febbraio 2019 – Mercoledì, IV del Tempo Ordinario – San Paolo Miki e compagni (Memoria) – (Eb 12,4-7.11-15; Sal 102[103]; Mc 6,1-6) – I Lettura: Il cristiano che sopporta la prova cosa deve fare? Allenarsi ad essere più forte e fare esercizio, vivere nella verità e nella giustizia, affinché non cada nel momento della difficoltà. La medicina è seguire l’esempio di Cristo che non si lasciò andare al male e alla pigrizia, né allo scoraggiamento. Vangelo: L’episodio va al di là del rifiuto di un piccolo paese della Galilea: prefigura il rifiuto dell’intero Israele. Che un profeta sia rifiutato dal suo popolo non è una novità: c’è perfino un proverbio che lo dice. Un proverbio nato da una lunga esperienza che ha accompagnato tutta la storia d’Israele e che trova la sua più clamorosa dimostrazione nella storia del Figlio di Dio.

Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria Dal Vangelo secondo Marco: In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità. Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.

Riflessione: «E si meravigliava della loro incredulità». Agli abitanti di Nàzareth giungono, dai villaggi vicini, notizie incredibili su quanto operato da un loro concittadino. Si tratta di un appartenente ad una famiglia medio bassa, artigiani con un passato difficile: appena sposati, dopo un viaggio a Betlemme, ai tempi del censimento, non fecero subito ritorno; in seguito, si seppe che erano dovuti fuggire in Egitto e solo quando questi tornarono a Nàzareth, gli abitanti del paese conobbero il loro bambino: Gesù. Non lo videro nascere, ma lo avevano visto crescere e apprendere il mestiere del padre. Ora ha preso il suo posto (questa nota ci porta a pensare che intanto Giuseppe era morto), la gente infatti lo conosce come «il falegname, il figlio di Maria». Come può un falegname compiere miracoli? E dove ha studiato le Scritture così bene? Gli abitanti di Nàzareth non riescono a darsi pace: si conoscono tutti tra loro, come avviene nei paesi, sono più o meno tutti parenti, vicini di casa o compagni di lavoro… e sono loro per primi coscienti che: «da Nàzareth può mai venire qualcosa di buono?» (Gv 1,46). La fede, si sa, non si basa sull’esperienza dei sensi, eppure ai compaesani di Gesù non viene nemmeno chiesto di credere: dovrebbero semplicemente dare ragione a ciò che le loro orecchie ascoltano e i loro occhi vedono. Eppure, invece di lodare Dio, si scandalizzano, si inquietano e si indignano!

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: San Paolo Miki e compagni, martiri – Giovanni Paolo II (Omelia, 6 Novembre 1999): Le Chiese in Asia sono, per la maggior parte, relativamente piccole dal punto di vista numerico, ma si sono dimostrate grandi nella fedeltà a Cristo e al Vangelo anche in tempi di persecuzione. Sono Chiese che hanno conosciuto lo spargimento di sangue, e il gran numero di martiri asiatici è indubbiamente la loro maggiore gloria. Te martyrum candidatus laudat exercitus. I cristiani come san Andrea Kim Tae-gon, san Paolo Miki, san Lorenzo Ruiz e san Andrea Dung-Lac e gli innumerevoli altri uomini e donne santi in questo continente dimostrano quanto pienamente la grazia di Cristo possa penetrare nel cuore dei popoli asiatici. Da tale testimonianza indimenticabile, le Chiese dell’Asia imparano le vie dell’amore e del servizio amorevole e apprendono che un frutto importante dell’amore è la giustizia. É certamente opera dello Spirito Santo il fatto che i cristiani asiatici si stiano dedicando sempre più alla difesa della dignità umana e alla ricerca della giustizia. Questo servizio della persona umana non è radicato nelle illusioni delle ideologie ma nel rispetto dell’atto creativo di Dio, che ha fatto l’uomo e la donna a propria immagine (cfr. Gen 1,26). I cristiani dedicano immense energie alla carità pratica e alla promozione e alla liberazione dell’uomo, in obbedienza al comandamento del Signore di amarci gli uni gli altri come Lui ci ha amati (cfr. Gv 13,34).

Gesù venne nella sua patria… – Mons. Vincenzo Paglia, Vescovo (Omelia, 31 Gennaio 2007): Gesù torna a Nazareth e tutti vanno ad ascoltarlo in sinagoga. Forse è il concittadino più conosciuto. E tutti, ascoltandolo, restano stupiti del suo insegnamento. Ma lo stupore si trasforma prima in chiusura e poi in ostilità quando il Vangelo chiede di cambiare vita. Davvero quei concittadini (e noi quando rifiutiamo di accogliere il Vangelo) “hanno gli occhi aperti e non vedono, ascoltano ma non intendono”. Gli abitanti di Nazareth accettano che Gesù parli loro anche lungamente ma non possono sopportare che uno di loro, uno di cui conoscono, potremmo dire, pregi e difetti, possa parlare con autorità sulla loro vita e chiedere il cambiamento del proprio cuore. Spesso accade la stessa cosa con il Vangelo: è una parola che può anche meravigliare per la sua profondità, ma non le permettiamo di scalfire le nostre tradizioni, non le permettiamo di mettere in forse l’amore per noi stessi, e di disturbare la nostra pigrizia. Marco nota con tristezza che persino “Gesù si meravigliò della loro incredulità e non poté (non è che non volle) operare nessun miracolo”. La chiusura all’ascolto del Vangelo e l’incredulità alla sua forza impediscono anche a Dio di operare miracoli.

Impose le mani – CCC 699: Imponendo le mani Gesù guarisce i malati e benedice i bambini. Nel suo nome, gli Apostoli compiranno gli stessi gesti. Ancor di più, è mediante l’imposizione delle mani da parte degli Apostoli che viene donato lo Spirito Santo. La lettera agli Ebrei mette l’imposizione delle mani tra gli «articoli fondamentali» del suo insegnamento. La Chiesa ha conservato questo segno dell’effusione onnipotente dello Spirito Santo nelle epiclesi sacramentali.

Gesù giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga – Evangelii Gaudium 136: Rinnoviamo la nostra fiducia nella predicazione, che si fonda sulla convinzione che è Dio che desidera raggiungere gli altri attraverso il predicatore e che Egli dispiega il suo potere mediante la parola umana. San Paolo parla con forza della necessità di predicare, perché il Signore ha voluto raggiungere gli altri anche con la nostra parola (cfr. Rm 10,14-17). Con la parola nostro Signore ha conquistato il cuore della gente. Venivano ad ascoltarlo da ogni parte (cfr. Mc 1,45). Restavano meravigliati “bevendo” i suoi insegnamenti (cfr. Mc 6,2). Sentivano che parlava loro come chi ha autorità (cfr. Mc 1,27). Con la parola gli Apostoli attrassero in seno alla Chiesa tutti i popoli (Mc 16,15).

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Solo Dio è autore in senso proprio – «Vediamo, dunque, da quale fonte abbia origine questo nostro sole! Come è vero nasce da Dio, che ne è l’autore. È figlio pertanto della divinità; dico, della divinità non soggetta a corruzione, intatta, senza macchia. Capisco il mistero facilmente. Perciò la seconda nascita per mezzo della immacolata Maria, poiché in un primo tempo era rimasta illibata a causa della divinità, la prima nascita fu gloriosa, affinché la seconda non diventasse ingiuriosa, cioè come vergine la divinità lo aveva generato, così anche la Vergine Maria lo generasse. È scritto di avere un padre presso gli uomini, come leggiamo nel Vangelo ai Farisei che dicevano: “Non è questi figlio di Giuseppe il falegname, e Maria non è sua Madre?” [Mt 13,55]. In questo anche avverto il mistero. Il padre di Gesù è chiamato falegname; è pienamente fabbro Dio Padre, che ha creato le opere di tutto il mondo» (Massimo di Torino).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: E per la vostra correzione che voi soffrite – M.-L. Ramlot e J. Guillet: Soffrire con Cristo. Come il cristiano, se vive, «non è più [lui] che vive, ma Cristo che vive in [lui]» (Gal 2,20); così le sofferenze del cristiano sono «le sofferenze di Cristo in [lui]» (2Cor 1,5). Il cristiano appartiene a Cristo con il suo stesso corpo, e la sofferenza configura a Cristo (Fil 3,10). Come Cristo, «pur essendo Figlio, imparò, per le cose patite, l’obbedienza» (Eb 5,8), così bisogna che noi «affrontiamo con costanza la prova che ci è proposta, fissando i nostri occhi sul capo della nostra fede… Che tollerò una croce» (Eb 12,1s). Cristo si è fatto solidale con coloro che soffrono, e lascia ai suoi la stessa legge (1Cor 12,26; Rm 12,15; 2Cor 1,7). Se «noi soffriamo con lui», lo facciamo «per essere pure glorificati con lui» (Rm 8,17), se «noi portiamo dovunque e sempre nel nostro corpo le sofferenze di morte di Gesù», lo facciamo «affinché la vita di Gesù sia anch’essa manifestata nel nostro corpo» (2Cor 4,10). «La grazia di Dio che ci è stata data [non è] soltanto di credere in Cristo, ma di soffrire per lui» (Fil 1,29; cfr. At 9,16; 2Cor 11,23-27). Dalla sofferenza sopportata con Cristo non nasce soltanto «il peso eterno di gloria preparato al di là di ogni misura» (2Cor 4,17; cfr. At 14,21) oltre la morte, ma, fin d’ora, la gioia (2Cor 7,4; cfr. 1,5-7). Gioia degli apostoli che fanno a Gerusalemme la loro prima esperienza e scoprono «la gioia di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome» (At 5,41); appello di Pietro alla gioia di «partecipare alle sofferenze di Cristo» per conoscere la presenza dello «Spirito di Dio, Spirito di gloria» (1Pt 4,13s); gioia di Paolo «nelle sofferenze che sopporta» di poter «completare nella [sua] carne ciò che manca alle prove di Cristo per il suo Corpo, che è la Chiesa» (Col l,24).

Santo del giorno: 6 Febbraio – San Paolo Miki e compagni, Martiri: “Nato a Kyoto nel 1556 in una famiglia benestante e battezzato a cinque anni, Paolo Miki entra in un collegio della Compagnia di Gesù e a 22 anni è novizio, il primo religioso cattolico giapponese. Diventa un esperto della religiosità orientale e viene destinato, con successo, alla predicazione, che comporta il dialogo con dotti buddhisti. Il cristianesimo è penetrato in Giappone nel 1549 con Francesco Saverio. Paolo Miki vive anni fecondi, percorrendo continuamente il Paese. Nel 1582-84 c’è la prima visita a Roma di una delegazione giapponese, autorizzata dallo Shogun Hideyoshi. Ma proprio Hideyoshi capovolge la politica verso i cristiani, diventando da tollerante a persecutore. Arrestato nel dicembre 1596 a Osaka, Paolo Miki trova in carcere tre gesuiti e sei francescani missionari, con 17 giapponesi terziari di San Francesco. E insieme a tutti loro viene crocifisso su un’altura presso Nagasaki” (Avvenire).

Preghiamo: O Dio, forza dei martiri, che hai chiamato alla gloria eterna san Paolo Miki e i suoi compagni attraverso il martirio della croce, concedi anche a noi per loro intercessione di testimoniare in vita e in morte la fede del nostro Battesimo. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

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