2 Febbraio 2019 – Sabato – Presentazione del Signore (Festa) – (Ml 3,1-4 oppure Eb 2,14-18; Sal 23[24]; Lc 2,22-40) – I Lettura: Malachìa preannunzia la venuta del giorno del Signore, presentandolo come un evento ormai imminente al quale il popolo deve prepararsi. Non sarà infatti un evento automaticamente favorevole a Israele, ma comporterà un giudizio nel quale i fedeli adoratori di Dio saranno separati da coloro che si approfittano della religione per fare i loro interessi. Oppure (Eb 2,14-18): Il brano fa parte della prima sezione della lettera in cui si parla del sacerdozio di Cristo. Nessuno più di lui aveva diritto di entrare nel Tempio, perché in forza della sua morte e risurrezione Egli è diventato il vero sommo sacerdote e il suo sacrificio porta a compimento tutti i sacrifici offerti dal popolo di Israele per rimettere i peccati e ottenere la salvezza. Vangelo: La presentazione di Gesù al tempio viene raccontata con uno scopo ben preciso, quello cioè di mettere in luce fin dall’inizio la dimensione universale della salvezza, superando così il particolarismo che spesso condizionava la fede dei giudei. Però si tratta di una salvezza che parte da Gerusalemme: è questo un aspetto caratteristico dell’opera lucana. Ma il racconto intende anche preannunziare che questa estensione ai gentili dell’esperienza religiosa di Israele avrebbe comportato conseguenze dolorose.
I miei occhi hanno visto la tua salvezza – Dal Vangelo secondo Luca: Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
Riflessione: «… i miei occhi hanno visto la tua salvezza». Quanto fatto dalla famiglia di Giuseppe, riguardo la sua sposa, Maria, e il Bambino Gesù, rientrava nella normalità di ogni famiglia ebrea che avesse avuto la gioia della nascita di una nuova vita: la purificazione della mamma era una ritualità che serviva a togliere l’impurità acquisita a causa del sangue versato (cfr. Lv 12,2-4); l’offerta sacrificale per il neonato, invece, ricordava che ogni primogenito appartiene al Signore, come primizia del grembo materno (cfr. Es 13,2.13). Una scena quindi, assolutamente ordinaria, che mai avrebbe attirato l’attenzione di alcuno, tanto più che protagonisti di tale rito sacro erano degli sconosciuti forestieri e per di più poveri (chi poteva permetterselo, infatti, era solito offrire non una coppia di tortore ma un agnello di un anno: cfr. Lv 12,8). Eppure intorno a quella anonima famiglia si crea subito una inaspettata attenzione: Simeone prima e Anna dopo, mossi dallo Spirito iniziano a parlare alla gente di quel Bambino. Simeone, dopo tanta attesa, può adesso prenderselo tra le braccia, elevarlo al Cielo e benedire il Padre. È bello pensare che quella di Simeone è la stata la prima preghiera fatta per Cristo, con Cristo e in Cristo! Per Cristo, per la sua nascita, perché lo ha veduto: benedice il Padre che è fedele alle promesse date dai profeti; con Cristo tra le braccia fa spazio allo Spirito Santo che eleva nel profeta il canto della lode e del ringraziamento; in Cristo, riconosciuto Luce delle genti, vede il compimento della salvezza per il popolo di Israele e per ogni uomo amato da Dio. Guardando il Bimbo, Simeone e Anna lo adorano nella preghiera, lo testimoniano ai presenti nella profezia, lo glorificano nel canto di lode.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Simone e Anna, molto avanzata in età – Papa Francesco (Omelia, 2 Febbraio 2015): Nel racconto della Presentazione di Gesù al Tempio la sapienza è rappresentata dai due anziani, Simeone e Anna: persone docili allo Spirito Santo (lo si nomina 3 volte), guidati da Lui, animati da Lui. Il Signore ha dato loro la sapienza attraverso un lungo cammino nella via dell’obbedienza alla sua legge. Obbedienza che, da una parte, umilia e annienta, però, dall’altra accende e custodisce la speranza, facendoli creativi, perché erano pieni di Spirito Santo. Essi celebrano anche una sorta di liturgia attorno al Bambino che entra nel Tempio: Simeone loda il Signore e Anna “predica” la salvezza (cfr. Lc 2,28-32.38). Come nel caso di Maria, anche l’anziano Simeone prende il bambino tra le sue braccia, ma, in realtà, è il bambino che lo afferra e lo conduce. La liturgia dei primi Vespri della Festa odierna lo esprime in modo chiaro e bello: «senex puerum portabat, puer autem senem regebat». Tanto Maria, giovane madre, quanto Simeone, anziano “nonno”, portano il bambino in braccio, ma è il bambino stesso che li conduce entrambi. È curioso notare che in questa vicenda i creativi non sono i giovani, ma gli anziani. I giovani, come Maria e Giuseppe, seguono la legge del Signore sulla via dell’obbedienza; gli anziani, come Simeone e Anna, vedono nel bambino il compimento della Legge e delle promesse di Dio. E sono capaci di fare festa: sono creativi nella gioia, nella saggezza.
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui – Redemptoris Custos 13: La presentazione di Gesù al Tempio. Questo rito, riferito da Luca (2,22s), include il riscatto del primogenito e illumina la successiva permanenza di Gesù dodicenne nel tempio. Il riscatto dei primogenito è un altro dovere del padre, che è adempiuto da Giuseppe. Nel primogenito era rappresentato il popolo dell’alleanza, riscattato dalla schiavitù per appartenere a Dio. Anche a questo riguardo Gesù, che è il vero “prezzo” del riscatto (cfr. 1Cor 6,20; 7,23; 1Pt 1,19), non solo “compie” il rito dell’antico testamento, ma nello stesso tempo lo supera, non essendo egli un soggetto da riscattare, ma l’autore stesso del riscatto. L’Evangelista rileva che “il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui” (Lc 2,33) e, in particolare, di ciò che disse Simeone, indicando Gesù, nel suo cantico rivolto a Dio, come la “salvezza preparata da Dio davanti a tutti i popoli” e “luce per illuminare le genti e gloria del suo popolo Israele” e, più avanti, anche come “segno di contraddizione” (cfr. Lc 2,30-34).
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Simeone accolse il bambino Gesù tra le braccia – «L’anziano Simeone che prende il Bambino tra le braccia ci insegna a spogliarci dell’uomo vecchio che si corrompe, per vestirci di quello che è creato secondo Dio. Porta infatti Gesù nelle braccia chi abbraccia la Parola di Dio non solo con la bocca, ma con le opere di carità» (Antonio da Padova).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Lo Spirito Santo aveva promesso a Simeone, che «non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo Signore». Il vegliardo, «uomo giusto e pio», rappresenta «l’Israele fedele, che attendeva con fiducia illimitata la comparsa del Messia per l’attuazione del regno di Dio. In questo incontro la religiosità sincera dell’Antico Testamento si salda direttamente con quella del Nuovo Testamento, in una meravigliosa continuazione del progetto salvifico di Dio» (Angelico Poppi). L’attesa di Simeone si fonda su alcune profezie che predominano in tutto il Secondo o il Terzo Isaia (Is 40-55; 56-66). Il Nunc Dimittis sembra un cantico proveniente dall’ambiente giudaico-cristiano, anche se, come suggerisce la Bibbia di Gerusalemme, a differenza del Magnificat e del Benedictus, potrebbe essere «stato composto dallo stesso Luca, con il particolare aiuto di testi di Isaia. Dopo i primi tre versi che riguardano Simeone e la sua morte vicina, gli altri tre descrivono la salvezza universale portata dal Messia Gesù: un’illuminazione del mondo pagano che ha avuto inizio dal popolo eletto e ridonderà a sua gloria» (vedi nota a Lc 2,29-32). Gesù sarà «come segno di contraddizione»: la sua missione sarà accompagnata da ostilità e da persecuzioni da parte del suo popolo. Maria, sua Madre, parteciperà a questo destino di dolore.
Santo del giorno: 2 Febbraio – Presentazione del Signore: «La festività odierna, di cui abbiamo la prima testimonianza nel secolo IV a Gerusalemme, venne denominata fino alla recente riforma del calendario festa della Purificazione della SS. Vergine Maria. […] La riforma liturgica del 1960 ha restituito alla celebrazione il titolo di “presentazione del Signore”, che aveva in origine. L’offerta di Gesù al Padre, compiuta nel Tempio, prelude alla sua offerta sacrificale sulla croce. Questo atto di obbedienza a un rito legale, al compimento del quale né Gesù né Maria erano tenuti, costituisce pure una lezione di umiltà, a coronamento dell’annuale meditazione sul grande mistero natalizio, in cui il Figlio di Dio e la sua divina Madre ci si presentano nella commovente ma mortificante cornice del presepio, vale a dire nell’estrema povertà dei baraccati, nella precaria esistenza degli sfollati e dei perseguitati, quindi degli esuli. Il rito della benedizione delle candele, di cui si ha testimonianza già nel X secolo, si ispira alle parole di Simeone: “I miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti”. Da questo significativo rito è derivato il nome popolare di festa della “candelora”» (Piero Bargellini).
Preghiamo: Dio onnipotente ed eterno, guarda i tuoi fedeli riuniti nella festa della Presentazione al tempio del tuo unico Figlio fatto uomo, e concedi anche a noi di essere presentati a te pienamente rinnovati nello spirito…