31 Gennaio 2019 – Giovedì, III del Tempo Ordinario – San Giovanni Bosco (Memoria) – (Eb 10,19-25; Sal 23[24]; Mc 4,21-25) – I Lettura: “L’AT indica una direzione per arrivare a Dio attraverso la testimonianza dei patriarchi, l’annuncio carismatico dei profeti, il più grande dei quali è Mosè, la meditazione sapienziale, ma queste sono solo delle realtà fissate sulla carta dei testi sacri, sono dei tracciati, dei percorsi di santità posti davanti all’uomo, ma non vivono: solamente Cristo è una via vivente. Cristo è un libro che possiede una vita propria, una parola non semplicemente scritta su un foglio, ma una parola viva, anzi, essa stessa è la Vita” (Cuffaro). Vangelo: L’essere di Dio è luce, in contrasto con l’essere umano che è tenebra. Per i cristiani, convertirsi dalle tenebre alla luce (At 26,18), per credere alla luce (Gv 12,36), è un imperativo improrogabile, così è un impegno fruttuoso quello di far risplendere la propria luce davanti agli uomini, perché vedano le loro opere buone e rendano gloria al Padre che è nei cieli. Essere luce della terra, ovvero camminare come figli della luce (Ef 5,9), è un servizio di alto valore costruttivo, rivolto a tutto il consorzio umano unicamente per la gloria Dio e non per amore di trionfalismo o per accaparrarsi i primi posti nella Chiesa e in mezzo agli uomini.
La lampada viene per essere messa sul candelabro. Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi – Dal Vangelo secondo Marco: In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non invece per essere messa sul candelabro? Non vi è infatti nulla di segreto che non debba essere manifestato e nulla di nascosto che non debba essere messo in luce. Se uno ha orecchi per ascoltare, ascolti!». Diceva loro: «Fate attenzione a quello che ascoltate. Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi; anzi, vi sarà dato di più. Perché a chi ha, sarà dato; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha».
Riflessione: Se è lapalissiano che Dio e il mondo sono due realtà che si escludono a vicenda, è pur vero che dobbiamo incarnarci in questo mondo: a questo mondo dobbiamo dare sapore; a questo mondo che si avvoltola nel suo peccato dobbiamo portare la luce di Cristo. Se è vero che “una religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre è […] conservarsi puri da questo mondo” (Gc 1,27), è anche vero che siamo mandati a questo mondo (Mt 16,15), perché “desista dalla sua condotta perversa e viva” (Ez 3,18) della vita di Dio. Questo mondo ha un disperato bisogno della luce di Dio, della nostra testimonianza, della nostra vita, delle nostre opere buone, per conoscere e benedire Dio, il Padre di tutti che sta nei cieli. I cristiani hanno nei confronti del mondo una missione: riconciliarlo con Dio. Per portare a termine questa opera, non “possiamo perdere il sapore e la luminosità del cristianesimo diluendoli in chiacchiere, e neanche in semplici pratiche pie. Vedendo la nostra fede religiosa e la nostra condotta orientate alla fratellanza e all’amore, la gente ci riconoscerà come portatori della luce di Cristo e darà gloria al Padre. Come il sale e la luce, la nostra fede e la nostra condizione cristiana non ammettono mezzi termini: o trasformano e illuminano la vita, o non servono a niente” (Basilio Caballero).
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: L’originale scelta pedagogica di san Giovanni Bosco – Giovanni Paolo II (Discorso, 1 Maggio 1990): Consiste nell’“educazione” evangelizzante dei giovani. Egli è stato davvero, in questo senso, un “genio del cuore”. Infatti il saper concentrare le iniziative della carità pastorale nell’area culturale dell’educazione non è cosa semplice: comporta atteggiamenti e competenze con caratteristiche proprie e con esigenze concrete, anche di professionalità pedagogica. Si tratta di una missione allettante che ha continuo bisogno di revisione di confronto con Cristo, l’Uomo nuovo, attraverso una fede limpida, profonda, nutrita quotidianamente dall’Eucaristia e manifestata nella semplicità e nel sacrificio del vivere giornaliero. Emerge subito un altro prezioso valore al quale abbiamo già accennato: suscitare tra i giovani un’autentica “spiritualità”. Spiritualità significa partecipazione viva alla potenza dello Spirito Santo ricevuta nel sacramento del Battesimo e portata a pienezza in quello della Cresima. I giovani devono avere coscienza della vita nuova donata loro in questi sacramenti e sapere che da essa procede quella forza di sintesi personale tra fede e vita che è possibile a chi coltiva in sé il dono dello Spirito. Quanto bisogno c’è oggi nella Chiesa che si educhino i giovani all’amicizia con Cristo e con Maria, all’entusiasmo per la vita, a una generosità d’impe-gno, al servizio degli altri, ossia ad una concreta “spiritualità” che li faccia divenire protagonisti dell’evange-lizzazione e artefici del rinnovamento sociale!
Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza – CCC 1817: La speranza è la virtù teologale per la quale desideriamo il regno dei cieli e la vita eterna come nostra felicità, riponendo la nostra fiducia nelle promesse di Cristo e appoggiandoci non sulle nostre forze, ma sull’aiuto della grazia dello Spirito Santo. «Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è fedele colui che ha promesso» (Eb 10,23).
Voi siete la luce del mondo – Benedetto XVI (Omelia, 13 Settembre 2008): “Conservate le vostre lampade accese” (cfr. Lc 12,35): la lampada della fede, la lampada della preghiera, la lampada della speranza e dell’amore! Questo camminare nella notte, portando la luce, parla con forza al nostro intimo, tocca il nostro cuore e dice molto di più che ogni altra parola pronunciata o intesa. Questo gesto riassume da solo la nostra condizione di cristiani in cammino: abbiamo bisogno di luce e, allo stesso tempo, siamo chiamati a divenire luce. Il peccato ci rende ciechi, ci impedisce di proporci come guide per i nostri fratelli, e ci spinge a diffidare di loro e a non lasciarci guidare. Abbiamo bisogno di essere illuminati e ripetiamo la supplica del cieco Bartimeo: “Maestro, fa’ che io veda!” (Mc 10,51). Fa’ che io veda il mio peccato che mi intralcia, ma soprattutto: Signore, fa’ che io veda la tua gloria! Lo sappiamo: la nostra preghiera è già stata esaudita e noi rendiamo grazie perché, come dice san Paolo nella Lettera agli Efesini: “Cristo ti illuminerà” (Ef 5,14), e san Pietro aggiunge: “Egli vi ha chiamati dalle tenebre alla sua ammirabile luce” (1Pt 2,9). A noi che non siamo la luce, Cristo può ormai dire: “Voi siete la luce del mondo” (Mt 5,14), affidandoci la cura di fare risplendere la luce della carità. Come scrive l’apostolo san Giovanni: “Chi ama suo fratello, dimora nella luce e non v’è in lui occasione di inciampo” (1Gv 2,10).Vivere l’amore cristiano è fare entrare la luce di Dio nel mondo e, insieme, indicarne la vera sorgente. San Leone Magno scrive: “Chiunque, in effetti, vive piamente e castamente nella Chiesa, chi pensa alle cose di lassù, non a quelle della terra (cfr. Col 3,2), è in certo modo simile alla luce celeste; mentre realizza egli stesso lo splendore di una vita santa, indica a molti, come una stella, la via che conduce a Dio” (Serm. III, 5).
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «Vigiliamo su noi stessi per avvantaggiare anche gli altri. Non vi dico niente di troppo duro e pesante. Non vi proibisco di sposarvi, non vi ordino di abbandonare le città e di lasciare gli impegni politici e civili. No, rimanendo dove ora vivete e nelle funzioni attualmente esercitate, mettete in atto la virtù. A dire il vero io preferirei che per la perfezione della loro vita brillassero coloro che vivono nelle città, piuttosto che quelli che si sono ritirati a vivere sulle montagne. Per qual motivo? Perché da questo fatto potrebbe derivare un grande vantaggio. “Nessuno”, infatti, “accende una lampada per metterla sotto il moggio”. Per questo io voglio che tutte le lampade siano sopra il candelabro, in modo che si diffonda una grande luce. Accendiamo, dunque, questo fuoco e facciamo che quanti si trovano seduti nelle tenebre siano liberati dall’errore» (San Giovanni Crisostomo).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: La lampada, simbolo della presenza umana – Il simbolismo della lampada si ritrova nel piano più umile della presenza umana. A David, Jahve promette una lampada, cioè una discendenza perpetua (2Re 8,19; 1Re 11,36; 15,4). Per contro, se il paese è infedele, Dio minaccia di fare sparire da esso «la luce della lampada» (Ger 25,10): allora non ci sarà più felicità duratura per il malvagio la cui lampada presto si spegne (Pro 13,9; Gb 18,5s). Per esprimere la sua fedeltà a Dio e la continuità della sua preghiera, Israele fa ardere in perpetuo una lampada nel santuario (Es 27,20ss; 1Sam 3,3); lasciarla spegnere, significherebbe far intendere a Dio che lo si abbandona (2Cr 29,7). Per contro, beati coloro che vegliano nell’attesa del Signore, come le giovani donne prudenti (Mt 25,1-8) o il servo fedele (Lc 12,35), le cui lampade restano accese. Dio attende ancora di più dal suo fedele: invece di lasciare la sua lampada sotto il moggio (Mt 5,15s par.), egli deve brillare come un luminare in mezzo ad un mondo perverso (Fil 2,15). Come già il profeta Elia, la cui «parola bruciava come una fiaccola» (Eccli 48,1), come ancora Giovanni Battista, questa «lucerna che arde e risplende» (Gv 5,35) per rendere testimonianza alla vera luce (Gv 1,7s), così anche la Chiesa, fondata su Pietro e Paolo, «i due olivi e le due lucerne che stanno dinanzi al Signore della terra» (Ap 11,4), deve far risplendere fino alla fine dei tempi la gloria del figlio dell’uomo (1,12 s)” (J. – E. Brunon).
Santo del giorno: 31 Gennaio – San Giovanni Bosco, Sacerdote: Grande apostolo dei giovani, fu loro padre e guida alla salvezza con il metodo della persuasione, della religiosità autentica, dell’amore teso sempre a prevenire anziché a reprimere. Sul modello di san Francesco di Sales il suo metodo educativo e apostolico si ispira ad un umanesimo cristiano che attinge motivazioni ed energie alle fonti della sapienza evangelica. Fondò i Salesiani, la Pia Unione dei cooperatori salesiani e, insieme a santa Maria Mazzarello, le Figlie di Maria Ausiliatrice. Tra i più bei frutti della sua pedagogia, san Domenico Savio, quindicenne, che aveva capito la sua lezione: “Noi, qui, alla scuola di Don Bosco, facciamo consistere la santità nello stare molto allegri e nell’adem-pimento perfetto dei nostri doveri”. Giovanni Bosco fu proclamato Santo alla chiusura dell’anno della Redenzione, il giorno di Pasqua del 1934. Il 31 gennaio 1988 Giovanni Paolo II lo dichiarò Padre e Maestro della gioventù.
Preghiamo: O Dio, che in san Giovanni Bosco hai dato alla tua Chiesa un padre e un maestro dei giovani, suscita anche in noi la stessa fiamma di carità a servizio della tua gloria per la salvezza dei fratelli. Per il nostro Signore Gesù Cristo…