gennaio, meditazioni

23 Gennaio 2019

23 Gennaio 2019 – Mercoledì, II del Tempo Ordinario – (Eb 7,1-3.15-17; Sal 109[110]; Mc 3,1-6) – I Lettura: Melchìsedek è un personaggio misterioso, senza storia e senza genealogia, di lui si sa solo che è sacerdote del Dio Altissimo ed è re di Salem. L’autore della lettera agli Ebrei associa il suo sacerdozio e quello di Cristo: Cristo non è sacerdote per discendenza, non proviene dalla stirpe di Aronne, reso perfetto dalla sua immola-zione, il suo sacerdozio è perfetto e dura per sempre. Egli è anche re, re di Pace e di Giustizia. Mentre agli occhi dei contemporanei dell’autore del salmo 109, questa similitudine poteva riferirsi a Davide, nel corso dei secoli questa parola profetica si è avverata in Gesù. Vangelo: Per la trasgressione del precetto del sabato era prevista la pena di morte (Es 31,14-15), Gesù sa di rischiare la vita, ma poco gli importa: per Gesù il bene del-l’uomo è più importante dell’osservanza dei precetti divini, o meglio di quei precetti umani fatti passare per divini. I farisei, che controllavano ogni mossa di Gesù per coglierlo in fallo, si ostinano a tenere un atteggiamento ostile, di profonda chiusura e sprofondano in orribili disegni omicidi. Il brano chiude la serie delle controversie di Gesù con le guide spirituali d’Israele, i quali, alleandosi con gli erodiani, loro naturali nemici, ne decidono la morte.

È lecito in giorno di sabato salvare una vita o ucciderla? Dal Vangelo secondo Marco: In quel tempo, Gesù entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo. Egli disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati, vieni qui in mezzo!». Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?». Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all’uomo: «Tendi la mano!». Egli la tese e la sua mano fu guarita. E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.

Riflessione: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?». “Il sabato e ogni norma religiosa possono diventare un idolo cui sacrificare il buon senso. Così la straziante scena della guarigione dell’uomo dalla mano paralizzata è emblematico dello stato di lucida follia cui può condurre ogni fanatismo, in questo caso quello religioso. Anche solo immaginare che Dio sia più contento del rispetto esteriore del sabato che del ritorno alla vita normale di un paralitico indica una grettezza di visione che lascia sbalorditi. Il fatto, poi, che i devoti facciano una riunione, offesissimi, per decretare la morte di Gesù indica la distanza fra la loro prospettiva e quella immensamente liberante del Maestro. Gesù non è un anarchico e la norma può diventare il vestito e la concretezza dell’amore, ma, diversamente dai farisei, non mette la legge al centro, ma l’uomo. È il paralitico a stare nel mezzo, perché la gloria di Dio è l’uomo che vive” (P. Curtaz). Già ieri avevamo avuto modo di vedere come chi non mette al centro del proprio cuore l’Amore, quello vero, quello che viene da Dio, quello scevro da ogni egoismo e tornaconto, quello pronto a spendersi e donarsi fino alla morte in Croce, non avrà mai pace, non riuscirà a godere della beatitudine riservata agli operatori di pace. Molto più, diventerà operatore di iniquità, di ingiustizia e di morte! Così avviene tra i Farisei e così in ciascuno di noi.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedek – Benedetto XVI (Udeinza Generale, 16 Novembre 2011): La Lettera agli Ebrei fa esplicito riferimento a questo versetto (cfr. 5,5-6.10; 6,19-20) e su di esso incentra tutto il capitolo 7, elaborando la sua riflessione sul sacerdozio di Cristo. Gesù, così ci dice la Lettera agli Ebrei nella luce del salmo 110 (109), Gesù è il vero e definitivo sacerdote, che porta a compimento i tratti del sacerdozio di Melchìsedek rendendoli perfetti. Melchìsedek, come dice la Lettera agli Ebrei, era «senza padre, senza madre, senza genealogia» (7,3a), sacerdote dunque non secondo le regole dinastiche del sacerdozio levitico. Egli perciò «rimane sacerdote per sempre» (7,3c), prefigurazione di Cristo, sommo sacerdote perfetto che «non è diventato tale secondo una legge prescritta dagli uomini, ma per la potenza di una vita indistruttibile» (7,16). Nel Signore Gesù risorto e asceso al cielo, dove siede alla destra del Padre, si attua la profezia del nostro Salmo e il sacerdozio di Melchìsedek è portato a compimento, perché reso assoluto ed eterno, divenuto una realtà che non conosce tramonto (cfr. 7,24). E l’offerta del pane e del vino, compiuta da Melchìsedek ai tempi di Abramo, trova il suo adempimento nel gesto eucaristico di Gesù, che nel pane e nel vino offre se stesso e, vinta la morte, porta alla vita tutti i credenti. Sacerdote perenne, «santo, innocente, senza macchia» (7,26), egli, come ancora dice la Lettera agli Ebrei, «può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio; egli infatti è sempre vivo per intercedere a loro favore» (7,25).

Siedi alla mia destra – Card. Gianfranco Ravasi (Commento): È composto nell’originale ebraico di sole 63 parole, eppure questo salmo regale è stato il più studiato, il più musicato, il più amato ed anche il più deformato del Salterio. Divenuto fin dal giudaismo il testo classico del messianismo, le sue parole – soprattutto nella versione greca dei Settanta e in quella latina della Volgata di Gerolamo – sono state elaborate e tese verso il re perfetto, erede del sacerdozio di Melchisedek, il sovrano-sacerdote di Salem, la Gerusalemme preisraelitica (vedi Genesi 14). Il carme è strutturato su due oracoli paralleli. Il primo (vv. 1-3) è quello, solenne, destinato al sovrano nel giorno della sua intronizzazione «alla destra» dell’arca, segno della presenza di Dio. Davanti al re incoronato sfila, poi, la parata militare delle giovani leve (v. 3). Il secondo oracolo (vv. 4- 7) è, invece, più di tipo sacerdotale, avendo anticamente il re anche funzioni cultiche, e finisce con quella sanguinolenta visione del re trionfatore che sfonda i crani dei suoi nemici, come il faraone nelle rappresentazioni egizie, e si abbevera ai torrenti nelle sue marce militari (vv. 6-7). Il v. 3 nell’antica versione greca era, invece, la proclamazione della filiazione divina del sovrano davidico (vedi Sal 2,7): «Dal seno dell’aurora, come rugiada, ti ho generato». In questa luce il salmo è diventato un classico della cristologia, come è attestato dalle numerose citazioni neotestamentarie (vedi, ad esempio, Mc 12,36; Eb 1,3.13; 7; At 2,34-35).

Gesù entrò di nuovo nella sinagoga – Mons. Vincenzo Paglia, Vescovo (Omelia, 17 Gennaio 2001): È sabato e Gesù, come è suo solito, si reca nella sinagoga per la preghiera. Qui incontra un uomo con un grave handicap al braccio. Gesù, appena lo vede, si commuove, come gli accade ogni volta che incontra i malati e i deboli. I farisei, invece, per nulla interessati a quell’uomo malato, cercano di trovare motivi di accusa contro Gesù. Il giovane profeta di Nazareth, pur conoscendo l’animo cattivo dei farisei, guarisce quel malato. “Stendi la mano!” gli ordina. Quell’uomo ascolta la parola di Gesù, e stende la sua mano. Obbedisce ed è guarito. Gesù non viola il sabato, come lo accusano i farisei. In verità, con tale guarigione il vero “sabato” (il giorno di Dio) irrompe nella vita degli uomini: la creazione raggiunge in quell’uomo il suo compimento. Ogni volta che la misericordia e la salvezza di Dio toccano la vita degli uomini si compie il “sabato” di Dio: la festa dell’amore e della pienezza della vita.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Il bene e il male risalgono alla volontà di Dio – “Dob-biamo credere con fede inconcussa che nulla affatto accade a questo mondo senza Dio. Si deve infatti riconoscere che tutto avviene o per sua volontà o per sua permissione; crediamo dunque che il bene si compie per volontà di Dio e col suo aiuto; ciò che gli è contrario, invece, per il suo consenso: quando cioè la divina protezione ci abbandona per le nostre iniquità e la durezza del nostro cuore e permette che ci domini il diavolo o le passioni ignominiose del corpo. Ce lo insegna anche la voce chiarissima dell’Apostolo che ci dice: Per questo Dio li abbandonò a passioni ignominiose [Rm 1,26]. E ancora: Perché non si degnarono di conoscere Dio, Dio li abbandonò ai loro sensi perversi, sì da commettere ciò che disdice [Rm 1,28] e il Signore stesso dice per mezzo dei profeti: Il mio popolo non ha ascoltato la mia voce, Israele non mi ha badato. Per questo li ho abbandonati alla vanità del loro cuore: andranno dietro le loro illusioni [Sal 80,12-13]” (Giovanni Cassiano).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: I Farisei non erano sacerdoti e in forza della loro conoscenza della legge godevano di una grande autorità presso il popolo. Di fronte allo Stato essi tenevano una posizione moderata. Nella loro interpretazione della Legge, l’osservanza letterale di essa costituiva il più alto ideale; le innumerevoli prescrizioni originatesi nella tradizione orale avevano per loro lo stesso valore della Legge scritta. In opposizione con i Sadducei, i Farisei sostenevano la resurrezione dei morti e l’esistenza del mondo angelico. Nei Vangeli sono riprovati per la loro superbia (Lc 18,10-14), la loro avidità (Mc 12,40), la loro ambizione (Mt 23,5ss) e la loro ipocrisia (Mt 15,3-7). Accusano Gesù di violare la Legge e, temendo per la integrità della fede di Israele, con i sommi sacerdoti decretano la morte di Gesù (Mt 26,3; Mc 14,53-64). Al di là del loro fanatismo, è giusto dare loro il merito della conservazione della fede nel popolo d’Israele e della sua unità politica.

Santo del giorno: 23 Gennaio – Santi Severiano e Aquila Sposi, martiri: I due santi martiri di Cesarea di Mauritania (Africa Settentrionale) Severiano e Aquila, coniugi cristiani, non sono da confondere con la coppia di sposi Aquila e Priscilla di Corinto, santi collaboratori di s. Paolo Apostolo, la cui celebrazione è all’8 luglio e i cui nomi sono inseriti nelle attuali “litanie degli sposi”. La stranezza fra le due coppie di sposi, è che il nome Aquila si riferisce nella prima alla sposa e nella seconda allo sposo; segno che all’epoca romana veniva usato indifferentemente sia per uomini che per donne. Il Martirologio Romano, al giorno 23 gennaio, data della loro celebrazione liturgica, dice: “Cesarea in Mauretania, sanctorum martyrum Severiani et Aquilæ, coniugum, qui igne combusti sunt”. Praticamente solo un rigo, che conferma l’esistenza dei due coniugi a Cesarea di Mauritania nel III secolo e specifica che subirono il martirio venendo bruciati vivi; non aggiunge altro, quindi non si sa la data del martirio e chi fossero in realtà. Certamente appartengono a quella lunga schiera di martiri per la fede, che testimoniarono il cristianesimo, versando il loro sangue in ogni angolo dell’immenso impero romano.

Preghiamo: Dio onnipotente ed eterno, che governi il cielo e la terra, ascolta con bontà le preghiere del tuo popolo e dona ai nostri giorni la tua pace. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

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