22 Gennaio 2019 – Martedì, II del Tempo Ordinario – (Eb 6,10-20; Sal 110[111]; Mc 2,23-28) – I Lettura: “Ogni gesto di carità è prezioso agli occhi di Dio, e per quanto piccolo non è mai dimenticato: il servizio d’amore compiuto nei confronti dei santi, dimostra visibilmente l’amore verso il nome di Dio. Non si può scindere infatti l’amore di Dio dall’amore vissuto nel contesto della comunione ecclesiale” (E. Cuffaro). Ma è necessaria la perseveranza che trova la sua forza nella Speranza cristiana, infatti “si giunge al compimento delle promes-se divine, quando la propria tensione d’amore non conosce momenti di stasi, di stanchezza o di decadimento. Dice l’autore: «non diventate pigri, ma piuttosto imitatori di coloro che con la fede e la costanza, divengono eredi della promessa» (v. 12)” (E. Cuffaro). Vangelo: Se la Carità verso i fratelli è indice di amore a Dio perché Dio ama identificarsi nei fratelli, un comandamento divino non può essere interpretato come un peso per l’uomo e andare contro l’uomo. Gesù svela ciò che per gli uomini della Legge è ancora velato: la centralità dell’uomo nei progetti di Dio che lo vuole signore e non servo delle cose create.
Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! – Dal Vangelo secondo Marco: In quel tempo, di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe. I farisei gli dicevano: «Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?». Ed egli rispose loro: «Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell’offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni!». E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato».
Riflessione: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!». Ancora un episodio, ancora una diatriba con i farisei! Sembra che proprio non abbiano altro da fare che contrastare Gesù. In realtà dobbiamo cercare di metterci nella loro mentalità: essi amavano sinceramente Dio, la religione, i Padri, le Scritture… e quando intervengono non lo fanno per partito preso, per antipatia manifesta o per semplice prurito di controbattere. Per loro, amare Dio coincide con l’osservanza di una serie di riti liturgici (come le preghiere, le offerte, ecc…) o quotidiani (le abluzioni, il riposo settimanale, l’astenersi dal sangue, ecc…). Possiamo dire che per i farisei “amare Dio” significa piuttosto accontentarlo, fare le cose che lui preferisce: fatte le quali, Dio non deve pretendere oltre, non può non essere grato e soprattutto deve ricordarsi di dare la giusta ricompensa. È la differenza che ritroviamo tra chi rispetta la religione della Legge e chi la religione dell’Amore! Pensiamo alle tante parabole di Gesù in questo senso (una tra tutte quella del buon Samaritano, dove si evince il religioso legalista che si fa da parte, da quello amante che si fa prossimo). Non solo a parole, ma soprattutto con i fatti Gesù mette prima l’Amore e poi la Legge: con l’adultera, con il lebbroso, con la donna curva guarita di sabato… e in tante altre occasioni. Chi non ama si inquieta, non capisce, mormora e si ribella: chi ama, invece, rimane nella pace, opera per la pace: «tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta, è paziente, non manca di rispetto…» (cfr. 1Cor 13,4-8).
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Ma io vi dico – CCC 581: Gesù è apparso agli occhi degli Ebrei e dei loro capi spirituali come un «rabbi». Spesso egli ha usato argomentazioni che rientravano nel quadro dell’interpretazione rabbinica della Legge. Ma al tempo stesso, Gesù non poteva che urtare i dottori della Legge; infatti, non si limitava a proporre la sua interpretazione accanto alle loro; «egli insegnava come uno che ha autorità e non come i loro scribi» (Mt 7,29). In lui, è la Parola stessa di Dio, risuonata sul Sinai per dare a Mosè la Legge scritta, a farsi di nuovo sentire sul monte delle beatitudini. Questa Parola non abolisce la Legge, ma la porta a compimento dandone in maniera divina l’interpretazione definitiva: «Avete inteso che fu detto agli antichi […]; ma io vi dico» (Mt 5,33-34). Con questa stessa autorità divina, Gesù sconfessa certe «tradi-zioni degli uomini» care ai farisei i quali annullano la parola di Dio.
L’interpretazione definitiva della Legge – CCC 582: Spingendosi oltre, Gesù dà compimento alla Legge sulla purità degli alimenti, tanto importante nella vita quotidiana giudaica, svelandone il senso «pedagogico» con una interpretazione divina: «Tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può contaminarlo […]. Dichiarava così mondi tutti gli alimenti […]. Ciò che esce dall’uomo, questo sì contamina l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore dell’uomo, escono le intenzioni cattive» (Mc 7,18-21). Dando con autorità divina l’interpretazione definitiva della Legge, Gesù si è trovato a scontrarsi con certi dottori della Legge, i quali non accettavano la sua interpretazione, sebbene fosse garantita dai segni divini che la accompagnavano. Ciò vale soprattutto per la questione del sabato: Gesù ricorda, ricorrendo spesso ad argomentazioni rabbiniche, che il riposo del sabato non viene violato dal servizio di Dio o del prossimo, servizio che le guarigioni da lui operate compiono.
Il Sabato – CCC 2168-2173: Il terzo comandamento del Decalogo ricorda la santità del sabato: «Il settimo giorno vi sarà riposo assoluto, sacro al Signore» (Es 31,15). La Scrittura a questo proposito fa memoria della creazione: «Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il giorno settimo. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha dichiarato sacro» (Es 20,11). La Scrittura rivela nel giorno del Signore anche un memoriale della liberazione di Israele dalla schiavitù d’Egitto: «Ricordati che sei stato schiavo nel paese d’Egitto e che il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio teso; perciò il Signore tuo Dio ti ordina di osservare il giorno di sabato» (Dt 5,15). Dio ha affidato a Israele il sabato perché lo rispetti in segno dell’Alleanza perenne. Il sabato è per il Signore, santamente riservato alla lode di Dio, della sua opera creatrice e delle sue azioni salvifiche in favore di Israele. L’agire di Dio è modello dell’agire umano. Se Dio nel settimo giorno «si è riposato» (Es 31,17), anche l’uomo deve «far riposo» e lasciare che gli altri, soprattutto i poveri, «possano goder quiete». Il sabato sospende le attività quotidiane e concede una tregua. È un giorno di protesta contro le schiavitù del lavoro e il culto del denaro. Il Vangelo riferisce numerose occasioni nelle quali Gesù viene accusato di violare la legge del sabato. Ma Gesù non viola mai la santità di tale giorno. Egli con autorità ne dà l’interpretazione autentica: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato» (Mc 2,27). Nella sua bontà, Cristo ritiene lecito in giorno di sabato fare il bene anziché il male, salvare una vita anziché toglierla. Il sabato è il giorno del Signore delle misericordie e dell’onore di Dio. «Il Figlio dell’uomo è signore anche del Sabato» (Mc 2,28).
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: La fame di Gesù – «È stolto credere all’evangelista quando narra che [Gesù] ha mangiato e non credergli quando dice che ha avuto fame. Sebbene non consegue che chi mangia abbia fame – leggiamo infatti che anche l’angelo ha mangiato (cfr. Gen 18,8), ma non che ha avuto fame – e neppure che chi ha fame mangi, perché può astenersi o per qualche impegno, o per mancanza di cibo, o per impossibilità di nutrirsi… Come non si può pensare che egli ha mangiato senza il corpo, così non poteva avvenire che egli provasse la fame senza l’anima» (Agostino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Il sabato – Il sabato, settimo giorno della settimana, era giorno di riposo per gli uomini e per le bestie. Forse il termine sabato è in relazione con l’ebraico sheba’ (= sette). Il sabato veniva giustificato con la necessità del riposo per l’uomo e per gli animali (Gen 12), in seguito con il ricordo ed il ringraziamento per l’esodo dall’Egitto (Dt 5,12-15) e con il riposo di Iahvé dopo la creazione. La sua osservanza era un segno del patto (Es 31,16s). Esso era un giorno di gioia (Os 2,11) e di culto (Nm 28,9s). Si badava rigorosamente a che il sabato fosse celebrato come giorno di riposo. Erano proibiti per esempio: gli affari (Is 58,13), l’accensione del fuoco (Es 35,3), la raccolta della legna (Nm 15,32-36), infornare e cucinare (cfr. Es 16,23), uscire (Es 16,29), arare e raccogliere (Es 34, 21). Dopo l’esilio alcuni ritenevano come illecita perfino la difesa nel combattimento (1Mac 2,32-38). Nel tardo giudaismo si formò una casistica (per esempio: è lecito di sabato salvare un animale domestico infortunato?) che era diventata un peso molto fastidioso (cfr. Lc 11,46) per chi non conosceva le speciali facilitazioni consentite. Gesù si volse con la parola e con il suo comportamento contro la schiavitù imposta dalla lettera della legge: anche di sabato l’uomo deve fare il bene (cfr. Mc 3,2-6; Lc 13,10-17). Il sabato è per l’uomo e non viceversa (Mc 2,17). Nella comunità primitiva il sabato era ancora osservato insieme ad altre prescrizioni dell’Antico Testamento (cfr. Mt 24,20); ci si liberò lentamente dalla legge giudaica (cfr. Col 2,16s). È stata una cosa sbagliata trasferire in seguito in modo acritico parte delle norme veterotestamentarie del sabato alla domenica: queste sono superate nel cristianesimo. La domenica, Giorno del Signore, non è un sabato, ma ha un altro contenuto.
Santo del giorno: 22 Gennaio – Sant’Enoch, Patriarca: Il secondo personaggio di nome Enoch nell’Antico Testamento è, in Genesi 5,21-23, il sesto discendente di Adamo lungo la linea di Seth (la cosiddetta “grande genealogia dei Setiti” nel capitolo 5 della Genesi). Figlio di Iared, genera a sua volta Matusalemme, il nonno di Noè. Particolare la sua fine: “Enoch visse in tutto 365 anni, e camminò con Dio, poi non fu più veduto, perché Iddio lo prese”. Questo enigmatico versetto ha fatto nascere la tradizione secondo cui egli sarebbe stato rapito in Cielo come il profeta Elia. “Enoch piacque al Signore e fu rapito, esempio istruttivo per tutte le generazioni”, dice infatti di lui Siracide (44,16). Così lo si ritrova anche nel Nuovo Testamento: “Per fede Enoch fu trasportato via, in modo da non vedere la morte; e non lo si trovò più, perché Dio lo aveva portato via. Prima infatti di essere trasportato via, ricevette la testimonianza di essere stato gradito a Dio” (Eb 11,5). Il fatto che Enoch sia stato “rapito in Cielo” nel 365° anno della sua vita ha fatto pensare ad alcuni che la sua figura rappresenti la trasformazione in personaggio biblico di un’antica divinità solare (l’anno solare è composto di 365 giorni).
Preghiamo: Dio onnipotente ed eterno, che governi il cielo e la terra, ascolta con bontà le preghiere del tuo popolo e dona ai nostri giorni la tua pace. Per il nostro Signore Gesù Cristo…