21 Gennaio 2019 – Lunedì, II del Tempo Ordinario – Sant’Agnese (Memoria) – (Eb 5,1-10; Sal 109[110]; Mc 2,18-22) – I Lettura: “Cristo viene unto dal Padre come Messia, scelto tra gli uomini, come in antico furono scelti per il sacerdozio i figli di Levi; Lui, però, viene scelto in forza di un disegno divino, superiore… Egli si adegua ed aderisce alla volontà del Padre, che è al di sopra di Lui. In quanto Verbo, certamente, Egli è uguale al Padre, ma in quanto Verbo incarnato, cioè come Messia, Gesù di Nàzaret è sottomesso al disegno del Padre. Neppure Lui dunque, vive la sua vita in forza di un’autocandidatura, ma sulla base della sua personale adesione al Padre” (E. Cuffaro). Vangelo: Il digiuno nell’antico Israele aveva un significato di purificazione ed espiazione. Ai tempi di Gesù veniva praticato da alcuni pii Israeliti anche fuori dai riti prescritti nel culto, così come i farisei che digiunavano anche due volte la settimana. Il significato che assumeva, però, era di impetrazione, come nel caso della profetessa Anna, che attendeva il Messia promesso. Gesù, nel brano di oggi, dichiara avverata la promessa del Messia: non è più necessario implorare la sua venuta, egli è già lì.
Lo sposo è con loro – Dal Vangelo secondo Marco: In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno. Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!».
Riflessione: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro?». Sulla scia di quanto affermato ieri, anche oggi la Liturgia della Parola si sofferma sulla categoria della nuzialità: Gesù si presenta ai discepoli di Giovanni e ai farisei come lo sposo che invita a far festa. Per i discepoli di Giovanni Battista dovevano risuonare come parole familiari, egli infatti aveva definito se stesso come l’amico dello sposo che gioisce alla sua voce (cfr. Gv 3,29). Forse proprio per questo Gesù usa tali parole, per fondare la sua testimonianza sulle parole stesse del Battista. Il digiuno voluto da Dio e proclamato dai profeti è anzitutto l’astinenza dal peccato: «Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti? Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà presto» (Is 58,6-8). Se Cristo non è con noi allora dobbiamo stare attenti a non lasciarci prendere dall’egoismo, a non lasciarci guidare dall’orgoglio e dalle passioni smodate. Ma se Gesù è con noi, se rimaniamo nel suo amore (cfr. 15,9), se viviamo come figli della Luce (cfr. 1Tss 5,5), ogni ferita si rimarginerà, ogni strappo sarà ricucito! Il vero digiuno sta nel non lasciarci guidare dagli istinti delle passioni e dei sentimenti (la superbia accecante, la concupiscenza mai sazia!). “Fai ciò che vuoi!” è il grido del libertino. Noi da S. Agostino, sappiamo che solo rimanendo nell’amore di Dio saremo veramente liberi: “Ama, e fa’ ciò che vuoi!”.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Il sacerdozio dell’Antica Alleanza – CCC 1539: Il popolo eletto fu costituito da Dio come “un regno di sacerdoti e una nazione santa” (Es 19,6). Ma all’interno del popolo di Israele, Dio scelse una delle dodici tribù, quella di Levi, riservandola per il servizio liturgico; Dio stesso è la sua parte di eredità. Un rito proprio ha consacrato le origini del sacerdozio dell’Antica Alleanza.
Venne esaudito – Benedetto XVI (Omelia, 3 Giugno 2010): Dice la Lettera agli Ebrei che Gesù “venne esaudito”. In che senso? Nel senso che Dio Padre lo ha liberato dalla morte e lo ha risuscitato. È stato esaudito proprio per il suo pieno abbandono alla volontà del Padre: il disegno d’amore di Dio ha potuto compiersi perfettamente in Gesù, che, avendo obbedito fino all’estremo della morte in croce, è diventato “causa di salvezza” per tutti coloro che obbediscono a Lui. È diventato cioè sommo Sacerdote per avere Egli stesso preso su di sé tutto il peccato del mondo, come “Agnello di Dio”. È il Padre che gli conferisce questo sacerdozio nel momento stesso in cui Gesù attraversa il passaggio della sua morte e risurrezione. Non è un sacerdozio secondo l’ordinamento della legge mosaica (cfr. Lv 8-9), ma “secondo l’ordine di Melchisedek”, secondo un ordine profetico, dipendente soltanto dalla sua singolare relazione con Dio.
Vino nuovo in otri nuovi – Giovanni Paolo II (Omelia, 8 Agosto 1985): Il Vangelo è un dono gratuito, una grazia. La fede, la vostra risposta di credenti è una grazia. A partire da questa grazia, c’è tutto un rinnovamento che può essere compiuto, che voi dovete compiere, nella vostra vita personale, familiare, culturale, sociale, nazionale, nei vostri costumi, nelle vostre istituzioni, in tutto il mondo nel quale vivete. “Se uno è in Gesù Cristo, egli è una creatura nuova. Il mondo antico è passato, un mondo nuovo è già nato” (cfr. 2Cor 5,17). È un mistero molto bello, questo rinnovamento. Lo troviamo espresso in molte parole di Gesù e degli apostoli, e lungo tutta la tradizione della Chiesa, fino al recente Concilio Vaticano II. Gesù ha paragonato il suo Vangelo a un vino nuovo che richiedeva otri nuovi, o anche a un tessuto nuovo, che non poteva adattarsi che a un abito nuovo (cfr. Mt 9,16-17). Egli è venuto a stabilire la nuova alleanza nel suo sangue (cfr. Lc 22,5), che esige e comporta “un cuore nuovo”, “uno spirito nuovo”, come aveva annunciato il profeta Ezechiele (cfr. Ez 36,26). Gesù ha parlato a Nicodemo di una nascita nuova (cfr. Gv 3,5), mediante il Battesimo e la parola di verità (cfr. Gc 1,18). A sua volta, San Paolo ha riccamente spiegato ai cristiani di Efeso questo rinnovamento del discepolo di Gesù: “Dovete – egli dice – deporre l’uomo vecchio con la condotta di prima, l’uomo che si corrompe dietro le passioni ingannatrici. Dovete rinnovarvi nello spirito della vostra mente e rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera” (Ef 4,22-24). E Paolo elenca un certo numero di ostacoli da superare: menzogna, collera, furto, pigrizia, cattive parole, animosità, cattiveria. Sì, tutta l’opera della redenzione compiuta da Gesù è un rinnovamento delle persone, e attraverso di esse, del mondo che le circonda, dell’universo intero.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Non ti rimprovero per i tuoi sacrifici: me ne offri. Ma non limitare la tua giustizia a quelli” (Atanasio).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Vecchio e Nuovo – Dopo la partenza dello Sposo, la pratica del digiuno deve essere rinnovata. Sia l’immagine del panno grezzo, dove grezzo sta per nuovo, che quella del vino vogliono mettere in evidenza quanto sia inutile tentare di conciliare il vecchio con il nuovo. L’insegnamento di Gesù non è un rattoppo del giudaismo, né il Vangelo si può adattare alla legge mosaica. Nel nuovo ordine della grazia instaurato da Cristo, tre sono le caratteristiche principali del digiuno cristiano. Primo, il digiuno deve essere praticato con grande libertà spirituale. Gesù non ha «istituito un digiuno determinato, ha mangiato e bevuto liberamente. Anche san Paolo ha voluto inculcare un forte senso di libertà, mettendo in guardia però dal fare di questa un pretesto per vivere secondo la carne [Gal 5,13]. Personalmente egli ha digiunato, pur in mezzo alle numerose prove della sua vita; più volte egli ricorda ai cristiani quei suoi volontari digiuni [2Cor 6,4-5], spiega loro la funzione delle privazioni volontarie [1Cor 9,25-27], e propone il proprio esempio affinché essi, forti in Cristo, sappiano adattarsi ad ogni situazione, di abbondanza e di privazione [Fil 4,11-13]. L’essen-ziale è “discernere quello che Dio vuole” [Rm 12,2]. Nella diversità delle condizioni e delle vocazioni, si può servire Dio sia digiunando che mangiando; l’importante è farlo “per il Signore”, rendendogli grazie [Rm 14,3-6]» (R. Tufariello). Secondo, il digiuno non può essere ispirato al disprezzo del corpo perché è tempio dello Spirito Santo (1Cor 6,15). Tutto ciò che è stato creato da Dio è buono, e «nulla è da scartarsi, quando lo si prende con rendimento di grazie, perché esso viene santificato dalla parola di Dio e dalla preghiera» (1Tm 4,3-5). Terzo, il digiuno è prezioso agli occhi di Dio quando è informato dalla carità e apre il cuore all’amore. Un cappellano di guerra si avvicinò a un ferito nell’infuriare della battaglia. «Vuoi che ti legga la Bibbia?». Ma il ferito rispose: «Prima dammi da bere; ho le labbra riarse, ho sete». Il cappellano gli offrì l’ultima goccia di acqua della sua borraccia. Pensava che allora avrebbe potuto leggergli la Bibbia, ma il ferito gli disse che aveva fame e anche freddo. Il cappellano tirò fuori dal suo zaino l’ultimo pezzo di pane e glielo diede. Lo stesso fece con il suo cappotto con il quale coprì amorevolmente il corpo straziato del soldato ferito. Finalmente questi gli disse: «Ora sì, leggimi la Bibbia. Parlami di quel Dio che ti ha spinto a darmi la tua ultima goccia d’acqua, il tuo ultimo pezzo di pane e il tuo unico cappotto. Voglio conoscere questo Dio misericordioso». Anche se macerassi il corpo con il digiuno, «ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna» (1Cor 13,1).
Santo del giorno: 21 Gennaio – Sant’Agnese, Vergine e martire: “Agnese nacque a Roma da genitori cristiani, di una illustre famiglia patrizia, nel III secolo. Quando era ancora dodicenne, scoppiò una persecuzione e molti furono i fedeli che s’abbandonavano alla defezione. Agnese, che aveva deciso di offrire al Signore la sua verginità, fu denunciata come cristiana dal figlio del prefetto di Roma, invaghitosi di lei ma respinto. Fu esposta nuda al Circo Agonale, nei pressi dell’attuale piazza Navona. Un uomo che cercò di avvicinarla cadde morto prima di poterla sfiorare e altrettanto miracolosamente risorse per intercessione della santa. Gettata nel fuoco, questo si estinse per le sue orazioni, fu allora trafitta con colpo di spada alla gola, nel modo con cui si uccidevano gli agnelli. Per questo nell’iconografia è raffigurata spesso con una pecorella o un agnello, simboli del candore e del sacrificio. La data della morte non è certa, qualcuno la colloca tra il 249 e il 251 durante la persecuzione voluta dall’imperatore Decio, altri nel 304 durante la persecuzione di Diocleziano” (Avvenire).
Preghiamo: Dio onnipotente ed eterno, che scegli le creature miti e deboli per confondere le potenze del mondo, concedi a noi, che celebriamo la nascita al cielo di sant’Agnese vergine e martire, di imitare la sua eroica costanza nella fede. Per il nostro Signore Gesù Cristo…