gennaio, Liturgia

II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (C) 20 Gennaio 2019

Dal libro del profeta Isaìa (62,1-5) – Gioirà lo sposo per la sposa: “Il testo del profeta Isaìa annuncia, all’alba del tempo messianico, il matrimonio tra Dio e l’umanità, simboleggiata dalla figura della sposa. Abbandono e devastazione sono le qualità e gli attributi di questa fi-danzata, per nulla desiderabile in se stessa. Ne deriva che l’amore con cui Dio sposa l’umanità è totalmente gratuito, in quanto non fondato sull’amabilità della sposa né su particolari suoi meriti precedenti” (E. Cuffaro).

Dal Salmo 95 (96) – Annunciate a tutti i popoli le meraviglie del Signore: «Questo salmo è cantato a Dio, dopo la prigionia, quando la Casa rovinata della nostra natura veniva ricostruita. Annuncia la nu-ova nascita, il mistero del Nuovo Testamento e poi la vocazione dei gentili; perché il Signore ha ristabilito il mondo intero rovinato per la malvagità: esulti la terra, si scuota il mare» (Gregorio Nisseno).

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (12,4-11) – L’unico e medesimo Spirito distribuisce a ciascuno come vuole: “I carismi sono grazie particolari date dallo Spirito ad alcuni cristiani, per la vita e la crescita della comunità. Talvolta si manifestavano come preghiera estatica con parole incomprensibili, o espresso in modo ir-ruente, come se chi pregava fosse trascinato da una forza interiore incontrollabile. Anche nel paganesimo c’erano forme simile di religiosità e forse qualche cristiano proveniva da quelle esperienze” (Bibbia Via, Verità e Vita, nota).

Dal Vangelo secondo Giovanni (2,1-11) – Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù: “All’inizio del suo ministero pubblico, Gesù si trova a una festa di nozze come invitato, insieme ai suoi discepoli. La Madre di Gesù è con loro. Nel trambusto del trattenimento, solo Lei si accorge che qualcosa non va: è venuto a mancare il vino prima della fine del banchetto (cfr. v. 3). È ancora Lei a chiedere l’intervento tempestivo di Gesù. La risposta di Cristo è densa di significati teologici: solo il Padre può stabilire l’ora del Messia e perciò Egli deve prendere le distanze anche dalla maternità di Maria, la quale non può determinare i tempi e i momenti” (E. Cuffaro).

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Approfondimento

      Santa Maria di Cana – Messe della Beata Vergine: Il «segno di Cana», secondo la narrazione evangelica (Gv 2,1-12), rientra nel mistero della manifestazione del Signore. La liturgia romana lo commemora ogni anno nella solennità dell’Epifania del Signore: «Tre prodigi celebriamo in questo giorno santo: oggi la stella ha guidato i Magi al presepio, oggi l’acqua è cambiata in vino alle nozze, oggi Cristo è battezzato da Giovanni nel Giordano, per la nostra salvezza» (Litur-gia delle Ore – Antifona al Magnificat dei secondi vespri).

  Anche durante il Tempo Ordinario, nella II Domenica dell’Anno C, si celebra questo «inizio dei segni», a cui i fedeli guardano con l’attenzione del cuore. In questa manifestazione del Signore la Vergine Maria fu attivamente presente; perciò la liturgia associa il ricordo di lei a quello del Figlio, cantando: «Per te, il tuo Figlio dà inizio ai suoi segni prodigiosi; per te lo sposo prepara il vino nuovo per la sposa; per te i discepoli credono nel Maestro» (Ant. alla Comunione).

  In questa messa si celebrano insieme: il Signore Gesù, la Chiesa, della quale appare il primo germoglio nel segno di Cana, e la beata Vergine Maria.

  Cristo Signore a Cana manifestò la sua gloria e si rivelò come: il Messia promesso da Dio (cfr. Prefazio); il Maestro, al quale i discepoli aderiscono mediante la fede (cfr. Antifona d’ingresso, Vangelo, Antifona alla Comunione); il Signore, ai cui ordini obbediscono i servi (cfr. Prefazio); il nuovo Mosè (cfr. Es 19,3-9a), autore della nuova ed eterna Alleanza; lo Sposo che, quando sarà venuta l’«ora», «si immola sulla croce per la Chiesa sua sposa» (Prefazio), e dal cui fianco aperto sgorgheranno sangue ed acqua, simboli della redenzione.

  La Chiesa, ovvero la comunità dei discepoli, che, nella fede, aderiscono al Cristo, mettono in pratica i suoi precetti (cfr. Colletta, Prefazio), si fanno attenti alle necessità dei fratelli, e «nella concordia» pregano ed affrettano l’avvento del Regno (cfr. Orazione dopo la Comunione); la Sposa amata, per la quale ogni giorno lo Sposo prepara il convito nuziale (cfr. Prefazio).

  La Madre di Gesù, la quale, per un adorabile e meraviglioso disegno di Dio Padre, fu presente ai misteri della nostra salvezza. A Cana la beata Vergine Maria, nei giorni della sua vita terrena, compì la funzione benefica in favore degli sposi e dei discepoli che ora dalla gloria dei cieli compie in favore di tutta la Chiesa: sollecita del bene dell’umanità, prega il Figlio perché ci sovvenga nelle nostre necessità (Prefazio) e ci invita a mettere «in pratica ciò che il Cristo ci ha insegnato nel Vangelo»: (Colletta). Secondo il senso della liturgia, si deve sottolineare che la Madre di Gesù, la quale intervenne al banchetto nuziale di Cana, è presente, nella Chiesa, al convito nuziale dell’Eu-caristia. Perciò la comunità dei fedeli ogni giorno celebra il sacrificio eucaristico in comunione innanzi tutto con la gloriosa Vergine Maria.

Commento al Vangelo

  In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana – Il racconto delle nozze di Cana chiude il ciclo delle manifestazioni di Gesù: a Betlemme, nel mistero della carne, si rivela ai Magi; nelle acque del Giordano è proclamato Figlio, l’amato del Padre; a Cana Gesù comincia a rivelarsi ai suoi discepoli e al mondo come vero Dio.

  Il miracolo compiuto da Gesù alle nozze di Cana è strettamente legato all’iniziativa e alla mediazione di sua Madre. Un’iniziativa e una mediazione che continua senza soste nella vita della Chiesa, sposa di Cristo. Giovanni nel suo vangelo non indica mai la madre di Gesù con il suo nome proprio.

  Venuto a mancare il vino… Nell’Antico Testamento il vino è considerato il simbolo di tutti i doni provenienti da Dio, è la bevanda della vita che dona consolazione e gioia e cura la sofferenza dell’uomo. Per questo motivo nei banchetti non mancava mai il calice del vino, sul quale si pronunciava poi una preghiera di ringraziamento. Per indicare la gioia della vita futura la Bibbia dice che nel banchetto finale il Signore offrirà agli ospiti vini raffinati: «Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati» (Is 25,6).

  Gesù le rispose: Donna, che vuoi da me? Questa espressione nella sacra Scrittura sta ad indicare ostilità (Gdc 11,12; Cr 35,21; 1Re 17,18) o esprime una divergenza tra due interlocutori (Os 14,9; 2Re 3,13). In Mc 1,24 e 5,7 è il demonio a usare questa espressione nei confronti di Gesù. Forse, con questa risposta, Gesù ha voluto  affermare una certa autonomia e indipendenza dalla Madre (cfr. Gv 4,47s; 11,1ss; Mt 12,46ss; Mc 3,31ss; Lc 2,48ss; 8,19ss). Ma perché chiama sua Madre donna? Lo farà anche dall’alto della croce (cfr. Gv 19,26) e si potrebbe pensare che tale nome voglia richiamare Gn 3 e quindi voglia presentare Maria come la nuova Eva, la madre dei viventi.

  Non è ancora giunta la mia ora. L’ora è un tema ricorrente nel quarto vangelo (Gv 7,39; 8,20; 12,23.27; 13,1; 17,1) ed è il tempo della esaltazione di Gesù sulla croce, preludio della glorificazione con la risurrezione e ascensione alla destra del Padre.

  Qualsiasi cosa vi dica, fatela. Maria ingiunge ai servitori di mettersi agli ordini di Gesù e di obbedirgli. Gesù, anticipando l’Ora, dona all’umanità il vino buono, come un segno e un anticipo della gloria e delle ricchezze della nuova alleanza che sancirà nel suo sangue. I servitori obbedienti riempiono le anfore d’acqua che si trasforma prodigiosamente in vino. Il vino prodigioso è così buono da lasciare stupefatto il maestro di tavola.

  E come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse…, chiamò lo sposo per farne l’elogio. Che il maestro di tavola non sapesse di dove venisse il vino è una nota che ha un significato nascosto: questo «vino di Gesù è di origine misteriosa, come lo è l’acqua donata da Gesù [Gv 4,11] e il pane prodigioso moltiplicato da Gesù [Gv 6,5]. Questi doni sono misteriosi, perché simboleggiano la persona e l’opera rivelatrice di Gesù. Egli infatti ha un’origine misteriosa [Gv 8,14; 9,29s; 19,9]» (Salvatore A. Panimolle).

  Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui. Il segno «è un simbolo storico, che rivela ciò che Gesù è mediante ciò che Gesù opera: il Salvatore escatologico, datore  dei beni messianici, pane di vita, luce del mondo, vita e risurrezione» (Giuseppe Segalla).

  A Cana di Galilea Gesù si manifesta ai suoi discepoli per mezzo di un segno, una manifestazione che per molti resterà oscura, incomprensibile: «Sebbene avesse compiuto tanti segni davanti a loro, non credettero in lui» (Gv 12,37). Molti crederanno in Gesù, altri resteranno prigionieri dei loro pregiudizi, altri coveranno propositi omicidi e sarà proprio a motivo di un segno eclatante, la risurrezione di Lazzaro, che decideranno di eliminare fisicamente il giovane Rabbi di Nazaret (Gv 11,45-53).

Riflessione

Vi sono diversità di carismi – L’apostolo Paolo nelle sue lettere usa la parola carisma per indicare tutti quei particolari fenomeni e quelle manifestazioni espresse dalla fede delle persone che componevano le comunità da lui fondate, in particolare quella di Corinto. La prima lettera ai Corinzi è una lettera indirizzata a una comunità divisa, affamata di carismi, ma povera di carità.

  L’Apostolo non vuole mettere a regime l’azione dello Spirito Santo, anche a volerlo non lo potrebbe fare. Lui ne è consapevole, ne ha fatto esperienza, vuole soltanto suggerire ai suoi cristiani che prima di avere fame di doni spirituali o di manifestazioni straordinarie occorre avere un cuore bruciato dalla carità: senza la carità si è «come un bronzo che rimbomba o come cembalo che strepita» (1Cor 13,l).

  Nella lettura di oggi (1Cor 12,4-11) l’apostolo usa tre termini, carismi (greco karismata), ministeri (greco diakoniai) e operazioni (greco energeis) per indicare non tre specie diverse dei doni dello Spirito, ma tre aspetti differenti della stessa azione: carisma indica il dono, la gratuità; ministero, il servizio, la diaconia e quindi la destinazione comunitaria; e operazione indica l’energia, la forza per costruire il regno di Dio.

  Anche se la lettera dell’apostolo Paolo parla dello Spirito, del Signore e di Dio come donatori di ministeri e di operazioni, dobbiamo pensarlo ad «un allargamento trinitario, in cui appare chiaro che i tre costituiscono un unico principio operante. L’intenzione di Paolo comunque è quella di sottolineare che i carismi sono doni, doni gratuiti [charismata]. Non si confondono con prestazioni eccezionali di superuomini. L’orgogliosa ostentazione dei carismatici di Corinto dunque è senza fondamento e misconosce la natura delle manifestazioni dello Spirito» (GB).

  Tre le fonti: lo Spirito, Dio e il Signore; tre ripartizioni di carismi, di ministeri e di operazioni, ma un solo fine comune: una diversità che, nello Spirito e per lo Spirito, concorre all’unità e al bene comune. Hanno dunque la stessa identica funzionalità: concorrere all’edi-ficazione e alla crescita della comunità cristiana (cfr. 1Cor 14).

  Un carisma anche se strepitoso, come il dono di far guarigioni o il potere di fare miracoli, che non vestisse il grembiule del servizio e non fosse per il bene comune sarebbe certamente falso.

  I Padri della Chiesa aggiungeranno altre liste a quelle di Paolo: il carisma del martirio, del digiuno, della misericordia, dell’interpreta-zione della sacra Scrittura, della verginità perpetua e dell’esorcismo.

  Il Concilio Vaticano II ha restituito al termine carisma il suo significato più pieno; non limitato solo a comprendere fatti straordinari, ma anche i doni più semplici e comuni: «Lo Spirito Santo non si limita a santificare e a guidare il popolo di Dio per mezzo dei sacramenti e dei ministeri, e ad adornarli di virtù, ma “distribuendo a ciascuno i propri doni come piace a lui” [1Cor 12,11], dispensa pure tra i fedeli di ogni ordine grazie speciali, con le quali li rende adatti e pronti ad assumersi vari incarichi e uffici utili al rinnovamento e alla maggiore espansione della Chiesa secondo quelle parole: “A ciascuno la manifestazione dello Spirito è data perché torni a comune vantaggio” [1Cor 12,7]» (cfr. LG 12; AA3).

  L’apostolo Paolo non vuole convincere i cristiani di Corinto a chiudere le porte del loro cuore ai doni di Dio, tutt’altro. Straordinari «o semplici e umili, i carismi sono grazie dello Spirito Santo che, direttamente o indirettamente, hanno un’utilità ecclesiale, ordinati come sono all’edificazione della Chiesa, al bene degli uomini e alle necessità del mondo», per cui i carismi «devono essere accolti con riconoscenza non soltanto da chi li riceve, ma anche da tutti i membri della chiesa» (CCC 799-800).

  Una comunità cristiana che non accoglie i doni dello Spirito, anche se non deve presuntuosamente far dipendere da essi i frutti del lavoro apostolico (cfr. LG 12), è terra arida, bruciata dal vento del-l’orgoglio e dell’autosufficienza. Ma quando si piegano i carismi a una utilità propria, quando vengono usati per disprezzare i fratelli, allora, quel poco che rimane in piedi, diventa deserto premonitore di morte.

La pagina dei Padri

  Le nozze di Cana – Sant’Agostino: Invitato, il Signore si reca ad un festino di nozze. C’è da meravigliarsi che vada alle nozze in quella casa, lui che è venuto a nozze in questo mondo? Se non fosse venuto a nozze, non avrebbe qui la sposa. E che senso avrebbero allora le parole dell’Apostolo: Vi ho fidanzati ad uno sposo unico, come una vergine pura da presentare a Cristo? Che cosa teme l’Apostolo? Che la verginità della sposa di Cristo venga corrotta dall’astuzia del diavolo.   Temo – dice – che come nel caso di Eva, il serpente nella sua astuzia corrompa i vostri sentimenti, deviandoli dall’amore sincero e casto verso Cristo.

  Il Signore ha qui, dunque, una sposa che egli ha redento col suo sangue, e alla quale ha dato come pegno lo Spirito Santo (2Cor 11,2-3; 1,22). L’ha strappata alla tirannia del diavolo, è morto per le sue colpe, è risuscitato per la sua giustificazione (cfr. Rm 4,25). Chi può offrire tanto alla sua sposa?

  Offrano pure gli uomini quanto c’è di meglio al mondo: oro, argento, pietre preziose, cavalli, schiavi, ville, possedimenti: ci sarà forse qualcuno che può offrire il suo sangue? Se uno offrisse il suo sangue per la sposa, come potrebbe sposarla? Il Signore invece affronta serenamente la morte, dà il suo sangue per colei che sarà sua dopo la risurrezione, colei che già aveva unito a sé nel seno della Vergine.

  Il Verbo, infatti, è lo sposo e la carne umana è la sposa; e tutti e due sono un solo Figlio di Dio, che è al tempo stesso figlio dell’uo-mo. Il seno della vergine Maria è il talamo dove egli divenne capo della Chiesa, e donde avanzò come sposo che esce dal talamo, secondo la profezia della Scrittura: Egli è come sposo che procede dal suo talamo, esultante come campione nella sua corsa (Sal 18,6). Esce come sposo dalla camera nuziale e, invitato, si reca alle nozze.

Leave a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *