Dal libro del profeta Isaìa (40,1-5.9-11) – Si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini la vedranno: “Libro della Consolazione di Israele. Tale è il titolo che si dà a questa seconda parte del libro di Isaìa, cc. 40-55, ispirandosi ai primi versetti. La «consolazione» è infatti il tema principale di questi cc in contrasto con gli oracoli generalmente minacciosi dei cc 1-39. Questo libro è attribuito al «Secondo-Isaìa» o «Deutero-Isaìa», un profeta anonimo della fine dell’esi-lio” (Bibbia di Gerusalemme, nota).
Dal Salmo 103 (104) – Benedici il Signore, anima mia: «Gloria a te, che nutri gli uccelli del cielo, le bestie feroci, i serpenti ed i pesci, come il più piccolo passerotto; tutti sperano in te e tu dai loro il cibo a tempo opportuno, perché grande è la tua potenza e grande la tua compassione per tutte le tue opere» (Efrem).
Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito (2,11-14; 3,4-7) – Signore ci ha salvato con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo: “Il testo della seconda lettura si concentra radicalmente sull’aspetto morale e spirituale della luce che Cristo fa splendere nell’oscurità. L’apparizione della grazia è un’allusione chiara al Cristo storico, nella cui umanità si personifica la grazia di Dio” (E. Cuffaro).
Dal Vangelo secondo Luca (3,15-16.21-22) – Mentre Gesù, ricevuto il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì: “Al battesimo segue la teofania in cui Dio si manifesta nel suo mistero trinitario: per la prima volta, all’inizio del ministero di Gesù, il Padre si manifesta nella voce, lo Spirito sotto il simbolo della colomba e il Figlio è presente nella sua Incarnazione. Una teofania trinitaria che per Lc prende l’avvio dalla preghiera personale di Gesù” (E. Cuffaro).
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
Approfondimento
Il fuoco strumento del giudizio di Cristo – R. T. – G. B. (Fuoco in Schede Bibliche Pastorali, EDB): Non meno che nell’AT, il fuoco appare nel NT come strumento terribile nelle mani del giudice finale. Già il Battista si immaginava il messia venturo come colui che avrebbe «battezzato» l’umanità «in Spirito santo e fuoco» (Mt 3,11; Lc 3,16), cioè donando ai convertiti lo Spirito promesso dai profeti per i tempi ultimi e condannando gli ostinati nel loro peccato. Meno perspicui invece appaiono due detti di Gesù, riportati rispettivamente da Marco e da Luca. Il primo: «Perché ciascuno sarà salato con il fuoco» (Mc 9,49) combina antiteticamente il sale (che purifica, condisce e conserva) e il fuoco che distrugge. Come interpretarlo? Ecco ciò che scrive F. Lang: «La via che conduce alla comunione con Dio passa per ciascuno attraverso il giudizio sull’uomo vecchio. Chi non accetta ora questo giudizio nei propri confronti rinnegando se stesso, è preda dell’ira futura». Il detto di Luca 12,49: «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!» sembra riferirsi anch’esso al giudizio escatologico che però Gesù anticipa nella storia.
Famosissimo nella storia della teologia è stato il testo paolino di 1Cor 3,13-15. L’apostolo vi mette in guardia i missionari che gli erano subentrati nella chiesa di Corinto. Facciano attenzione: nel giudizio finale sarà valutata la loro opera, paragonata ad un edificio di cui il fuoco mette a dura prova la consistenza e la solidità. Se avranno lavorato bene, riceveranno la dovuta ricompensa; altrimenti si saranno affaticati inutilmente, pur uscendo illesi dal giudizio divino; ma a malapena, come gente che riesce a scampare all’incendio. «L’opera di ciascuno sarà ben visibile: la farà conoscere quel giorno che si manifesterà nel fuoco, e il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno. Se l’opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne riceverà una ricompensa; ma se l’opera finirà bruciata, sarà punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco» (1Cor 3,13-15). Solo per un malinteso si è giunti a individuare l’indicazione del purgatorio nell’ultima espressione di questo passo che ha valore proverbiale, come si è precisato sopra. Resta invece confermata la raffigurazione del giudizio escatologico con il simbolo del fuoco. Anche la presentazione del giudizio finale di 2Ts 1,6-10 introduce il fuoco come elemento descrittivo dell’azio-ne di Cristo giudice che «si manifesterà dal cielo con gli angeli della sua potenza in fuoco ardente, a far vendetta di quanti non conoscono Dio» (vv. 7-8).
Solo la seconda lettera di Pietro conosce il motivo della conflagrazione cosmica finale, in cui il fuoco ha la funzione di distruggere questo mondo: «Ora i cieli e la terra attuali sono conservati dalla medesima parola, riservati al fuoco per il giorno del giudizio e della rovina degli empi… allora i cieli con fragore passeranno, gli elementi consumati dal calore si dissolveranno e la terra con quanto c’è in essa sarà distrutta» (3,7.10). Motivo questo ricorrente nella cultura religiosa babilonese, persiana e greca.
Si deve riconoscere che nel NT il fuoco gioca un ruolo importante soprattutto nelle raffigurazioni popolari della perdizione finale dei malvagi. Gesù ha parlato, più di una volta, della Geenna infuocata e del fuoco eterno come destino ultimo dei malvagi. In particolare, non avrà scampo chi offende gravemente il suo prossimo, poiché andrà a finire nel fuoco della Geenna (Mt 5,22). Pari destino toccherà a quanti non si sono liberati, sia pure a caro prezzo, dalle occasioni di peccato (Mc 9,42-48 e par.). Come la zizzania al tempo della mietitura sarà bruciata, così i fautori d’iniquità saranno gettati nella fornace ardente (Mt 13,40-42). Allo stesso modo, come il pescatore, tirata a riva la rete, fa la cernita tra i pesci buoni e quelli non commestibili, così alla fine ci sarà la separazione dei cattivi dai buoni e la destinazione di quelli alla fornace ardente (Mt 13,47-50). Il giudice finale poi dirà a tutti coloro che non hanno solidarizzato con i bisognosi: «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli» (Mt 25,41).
Non meno drastiche le espressioni nel libro dell’Apocalisse. Gli adoratori della mitica Bestia subiranno il supplizio del fuoco e dello zolfo (14,10). La stessa Bestia e il suo falso profeta «saranno gettati nello stagno di fuoco ardente di zolfo» (19,20). Lo stesso destino toccherà al diavolo che raggiungerà la Bestia e il suo falso profeta (20,10). […] Si può concludere, citando ancora una volta F. Lang: «In complesso nel NT il fuoco ha conservato prevalentemente il carattere di immagine dell’ira divina e di strumento dell’azione giudiziaria di Dio nel giudizio finale e nel fuoco eterno dell’inferno».
Commento al Vangelo
Tu sei il mio figlio – Il popolo, il quale attendeva la manifestazione del Messia, punta gli occhi su Giovanni in quanto tutto faceva credere che fosse proprio lui il Cristo atteso e preconizzato dai profeti. A questo punto, il Battista, consapevole di essere solo un battistrada, indica con decisione Colui che «viene» e che battezzerà Israele «in Spirito Santo e fuoco».
Questa affermazione sta ad indicare che il battesimo «con acqua» di Giovanni, che doveva predisporre il popolo all’accoglienza dell’A-gnello di Dio in spirito di penitenza e di conversione, sarà seguito dall’azione purificatrice dello Spirito di Dio, per chi si sarà pentito, e dall’azione distruttrice del fuoco, cioè del giudizio di Dio, per chi non si sarà pentito. Gesù battezzerà gli uomini in «Spirito Santo e fuoco» perché lui possiede lo Spirito ed Egli solo può donarlo. Tutta la vita di Gesù, sorretta dallo Spirito Santo, va vista in questa luce: Egli, è il Cristo, il Figlio di Dio, il Messia, il Figlio prediletto del Padre, colui che possiede lo Spirito Santo per effonderlo su tutti gli uomini e ricrearli.
Lo sciogliere i legacci e lavare i piedi era l’umile mansione del servo e Giovanni Battista, nella sua sincera umiltà, non si reputa degno neppure di rivestire questo ruolo all’interno del progetto salvifico di Dio, un progetto «taciuto per secoli eterni, ma rivelato ora e annunziato mediante le scritture profetiche» (Rm 1,25-26).
Il popolo, inconsapevole che in mezzo ad esso si celi il vero battezzatore, accoglie la parola franca del Battista e accetta di essere battezzato. Questo mescolarsi tra la folla del Verbo di Dio è l’indice del suo essere solidale con tutti gli uomini che a motivo del loro peccato stavano «sotto il potere del diavolo» (At 10,38 – «Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo» Fil 2,6). Tanta condiscendenza gli fa accettare gli umili natali a Betlemme in una grotta; l’assoggettamento alla legge di Mosè imprimendo sulla sua carne la circoncisione, il segno dell’alleanza tra Dio e Israele; la potestà dei genitori terreni; e poi, alla fine, facendosi obbediente alla volontà del Padre, «sino alla fine» (Gv 13,1), la passione e la terrificante morte su una croce, scrostato di ogni dignità umana: «Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per provare in lui diletto. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia, era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima» (Is 52,2-3).
Non sappiamo se la teofania, il cielo che si apre e la discesa dello Spirito Santo «in apparenza corporea», fu palese a tutta la folla, ma certamente la «voce del cielo», risuonando nel cuore di tutti gli uomini di buona volontà, stava ad indicare la fine dell’attesa e l’inizio di «cose nuove» (Is 48,6).
L’evangelista Luca non spiega «come sia giunta questa voce: i primi cristiani hanno capito da quello che Gesù ha detto e fatto, alla luce della risurrezione e dello Spirito che apriva loro l’intelligenza piena delle Scritture, chi è Gesù Cristo. Dio ha fatto loro comprendere che Gesù è il Figlio prediletto del Padre: questa è la rivelazione che essi hanno accolto e che si fonda sulla coscienza che Gesù aveva di sé come Figlio di Dio. Ciò che sta in primo piano non è dunque il fatto del battesimo, ma l’avvenimento della voce celeste, la rivelazione di Gesù quale Figlio di Dio» (Antonio Bonora).
Il battesimo narrato da Luca ha quindi un preciso obiettivo, «vuol essere una presentazione pubblica e una proclamazione aperta dell’identità di Gesù di fronte a tutto il popolo di Israele: Colui che inizia il suo ministero pubblico mostra così la sua vera natura» (ib.).
Riflessione
Scese su di lui lo Spirito Santo – Il battesimo di Gesù, come suggerisce il Catechismo della Chiesa Cattolica, è, «da parte di lui, l’accetta-zione e l’inaugurazione della sua missione di Servo sofferente» (536). Egli, entrando nel Giordano insieme al popolo bisognoso di purificazione, si lascia annoverare tra gli empi (cfr. Is 53,12).
Gesù è l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo (cfr. Gv 1,29) e che si sottomette totalmente alla volontà del Padre suo: «pur essendo Figlio, imparò tuttavia l’obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono» (Eb 5,9).
Il gesto di Gesù che riceve il battesimo da Giovanni Battista esprime il sentimento di solidarietà che Egli prova verso gli uomini. In questo modo, si inserisce dentro la loro storia, non prendendo le distanze dalla loro debolezza ma solidarizzando con essa: «Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato» (Eb 4,15).
L’umanità del Cristo spiazza tutti coloro che aspettavano un Messia glorioso, ma proprio perché si fa carne, squarciando il cielo, mostra il volto del Mistero trinitario: Dio è amore (cfr. 1Gv 4,8.16).
Gesù svela i veri sentimenti del suo Cuore divino vivendo in compagnia di una umanità sfinita, bisognosa di purificazione. Manifesta il vero volto del Padre assumendo la fragilità dell’uomo e solidarizzando con i più deboli, con i peccatori e prendendo sulle spalle i carichi più pesanti del genere umano. Immergendosi nelle acque del Giordano, Gesù rivela che la strada che Dio preferisce per raggiungere l’uomo è l’umiltà. Se Gesù, a volte, ha manifestato la sua piena divinità operando miracoli o prodigi, si deve ammettere che questa non è la strada preferita dal Cristo: «Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, cominciò a dire: “Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!”. Ma Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo» (Gv 6,14-15).
È la compassione, e non la potenza, che è a fondamento della sua divinità e alla fine la rivela: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9,12-13).
La bontà e la misericordia di Gesù, la sua beata incarnazione e la sua offerta totale svelano allo stesso tempo l’amore di Dio, il suo dolce volto e il suo cuore misericordioso di Padre amabile: «In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati» (1Gv 4,9-10). Il mescolarsi di Gesù, nelle acque del Giordano, con gli ultimi rivela che Dio si schiera con i poveri di questo mondo, che Dio ha fatto una scelta e l’ha fatta per sempre.
A tale annichilimento «risponde la voce del Padre che nel Figlio suo si compiace [cfr. Lc 3,22; Is 42,1]. Lo Spirito, che Gesù possiede in pienezza fin dal suo concepimento, si posa e rimane su di lui [cfr. Gv 1,32-33; Is 11,2]. Egli ne sarà la sorgente per tutta l’umanità. Al suo battesimo, “si aprirono i cieli” [Mt 3,16] che il peccato di Adamo aveva chiuso; e le acque sono santificate dalla discesa di Gesù e dello Spirito, preludio della nuova creazione» (CCC 536).
Il battesimo del cristiano si inserisce in questo profondo solco di umiliazione e di morte: «deve entrare in questo mistero di umile abbassamento e pentimento, discendere nell’acqua con Gesù, per risalire con lui, rinascere dall’acqua e dallo Spirito per diventare, nel Figlio, figlio amato dal Padre e “camminare in una vita nuova” [Rm 6,4]» (CCC 537).
Sulle rive del Giordano inizia il cammino dell’umanità verso la salvezza, che non è frutto della santità o dei meriti dell’uomo, ma della misericordia e dell’amore di Dio. Il fine dell’agire di Dio è di renderci suoi figli, rigenerandoci mediante il battesimo per mezzo dello Spirito perché possiamo tendere al totale possesso della salvezza. L’uomo deve aderire a questo progetto rinunciando al male (cfr. Tt 2,12) e vivendo nella «sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell’at-tesa della beata speranza e della manifestazione del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo» (Tt 2,12-13).
All’Amore che ama gratuitamente si può rispondere solo con l’amo-re perché nell’amore vi è tutto e chi è innamorato possiede tutto.
La pagina dei Padri
La validità del battesimo non dipende dalla dignità del ministro – Sant’Agostino: Riflettete all’esatto significato delle espressioni del sovrano: «In realtà, se in coloro, che sono iniziati per la prima volta alla fede, il rito del battesimo viene considerato invalido, perché i ministri da cui lo ricevono sono stimati dei peccatori, il sacramento amministrato dovrebbe ripetersi tante volte quante sono quelle in cui si riscontra indegno il ministro del sacramento conferito; in tale ipotesi la nostra fede verrebbe a dipendere non già da libero consenso della nostra volontà né dalla grazia di Dio, che la dona come un regalo, ma dai meriti dei sacerdoti e dalla qualità morale dei chierici». E ora i vostri vescovi facciano pure mille concili, ma rispondano loro alle parole di quest’ultimo periodo, e noi acconsentiremo a tutto ciò che voi vorrete da noi.
Considerate infatti quant’è perversa ed empia la vostra affermazione [cioè dei donatisti] che avete sempre sulla bocca, che cioè se la persona è buona, santifica colui al quale amministra il battesimo; se invece è cattiva senza che lo sappia chi vien battezzato, allora sarebbe Dio a santificare. Se ciò fosse vero, si dovrebbe desiderare di essere battezzati da individui malvagi, ma ignoti come tali, piuttosto che da persone dabbene conosciute come tali, per poter essere santificati piuttosto da Dio che dagli uomini. Dio ci liberi da una tale pazzia! È vero quindi quanto noi affermiamo e giusto quanto noi pensiamo, che cioè la grazia del battesimo proviene sempre da Dio, che il sacramento è di Dio e che l’uomo n’è solo il ministro; s’egli è buono, è intimamente unito a Dio e opera con Dio stesso; se invece è malvagio, allora è Dio a operare per mezzo di lui il rito visibile del sacramento. Cerchiamo di aver tutti la medesima convinzione e d’eliminare gli scismi tra noi!