gennaio, meditazioni

10 Gennaio 2019

10 Gennaio 2019 – Giovedì, Feria propria – (1Gv 4,19-5,4; Sal 71[72]; Lc 4,14-22) – I Lettura: Se è vero che chi ama possiede Dio, ancor prima è vero che nessun amore è possibile se non per grazia di Dio. Non c’è nell’uomo capacità di amare. Se pure l’amore è comandato, non c’è adempimento del precetto se non in virtù del sacrificio del Cristo Figlio di Dio che attingendo all’amore divino ha fatto sì che questo amore fosse riversato nei nostri cuori. Vangelo: “Gesù è dunque il profeta atteso e annunciato dalle sante Scritture, ma questo egli non lo dice mai apertamente, bensì lascia ai suoi ascoltatori di comprendere la sua identità a partire dalle azioni che compie: essere buona notizia per i poveri, essere liberatore per chi si sente incatenato, essere occhio per chi è cieco, essere perdono per chi ha peccato, essere annunciatore dell’amore gratuito di Dio, amore che non si deve mai meritare” (E. Bianchi).

Oggi si è adempiuta questa Scrittura Dal Vangelo secondo Luca: In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore». Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca.

Riflessione: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Il Natale è il compimento delle promesse del Padre nella persona di Cristo suo Figlio, venuto nel mondo per opera dello Spirito: «Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Eb 1,1-2). In Gesù tutto è compiuto: non attendiamo altri salvatori, non cerchiamo altre ricchezze, non vogliamo altre parole, non abbisogniamo di ulteriori grazie. Coloro che frequentavano la sinagoga di Nàzaret erano avvezzi all’ascolto della Scrittura, conoscevano i profeti, osservavano la Legge, attendevano il Messia. E proprio essi furono i primi a partecipare ad un evento straordinario: quel sabato la Parola di Dio fu proclamata da Colui che è il Verbo eterno di Dio! Lo Spirito che aveva ispirato i profeti e gli altri scrittori sacri ora realizza la Scrittura stessa nella persona del Figlio di Dio: Gesù.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: L’annunzio del Regno di Dio – CCC 543-544: Tutti gli uomini sono chiamati ad entrare nel Regno. Annunziato dapprima ai figli di Israele, questo regno messianico è destinato ad accogliere gli uomini di tutte le nazioni. Per accedervi, è necessario accogliere la parola di Gesù: «La parola del Signore è paragonata appunto al seme che viene seminato in un campo: quelli che l’ascoltano con fede e appartengono al piccolo gregge di Cristo hanno accolto il regno stesso di Dio; poi il seme per virtù propria germoglia e cresce fino al tempo del raccolto». Il Regno appartiene ai poveri e ai piccoli, cioè a coloro che l’hanno accolto con un cuore umile. Gesù è mandato per «annunziare ai poveri un lieto messaggio» (Lc 4,18). Li proclama beati, perché «di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3); ai «piccoli» il Padre si è degnato di rivelare ciò che rimane nascosto ai sapienti e agli intelligenti. Gesù condivide la vita dei poveri, dalla mangiatoia alla croce; conosce la fame, la sete e l’indigenza. Anzi, arriva a identificarsi con ogni tipo di poveri e fa dell’amore operante verso di loro la condizione per entrare nel suo Regno.

Venne a Nazaret – Paolo VI (Omelia, 3 Aprile 1977): Noi accettiamo, anzi noi esaltiamo il Messia, il Messia! Il Cristo salvatore, nell’umile Gesù, che nacque a Betlemme, che fino ai trenta anni visse a Nazareth come modesto artigiano, e che poi fu presentato e battezzato da Giovanni al Giordano, e cominciò a predicare il Regno di Dio, a fare miracoli strepitosi (come la moltiplicazione dei pani), a diffondere messaggi straordinari (pensate al discorso delle beatitudini), a risuscitare perfino i morti (pensate alla risurrezione di Lazzaro). Gesù è il Messia, è il Cristo, è il Re inviato da Dio, è il Figlio dell’uomo ed è il Figlio di Dio. La sua definizione è raggiunta! Quale sarà il seguito di questa certezza vedremo successivamente; il dramma messianico, nel suo aspetto pubblico universale e drammatico comincia qui: Gesù è il Cristo. Cominciò per i contemporanei di Gesù. Comincia per noi, con una formidabile domanda: noi, noi riconosciamo in quel Gesù di Nazareth, del Vangelo, il Messia, il Cristo, il Re divino, il dominatore della storia, il Salvatore perenne, Colui che ha detto: «Io sarò con voi tutti (presente ed invisibile, ma vivo e reale), sino alla fine del mondo»? (Matth. 28, 20) Ecco l’importanza per noi, figli del secolo ventesimo, per noi Romani, per ciascuno di noi, personalmente, del rito che stiamo compiendo: riconosciamo noi, riconoscete voi in Gesù il Messia, l’inviato da Dio, anzi il Verbo di Dio fatto uomo, che si mette al centro della nostra vita, al cardine dei nostri destini? Lo riconosciamo?

… e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio – Riflessione del Card. José Sraiva Martins: Il sacerdozio ministeriale ha […] una dimensione pneumatologica. Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato e mandato ad annunciare il lieto messaggio (Lc 4,18). Queste parole pronunciate da Gesù nella sinagoga di Nazareth, si adempiono in ogni ordinazione sacerdotale. In essa, infatti, il Vescovo ordinante chiede al Padre di rinnovare nell’ordinando l’effusione del suo Spirito di santità (Rituale). La consacrazione a Cristo e alla Chiesa e la loro missione di annunciare la lieta notizia, avvenuta nella ordinazione sacerdotale, sono opera dello Spirito.

… mi ha mandato… a rimettere in libertà gli oppressi: Giovanni Paolo II (Omelia, 18 Settembre 1990): Nella sua evangelizzazione Gesù non si è limitato a “proclamare” la liberazione, ma ha rimesso in libertà gli oppressi. Se questo ha potuto fare, è perché egli stesso è questa libertà annunciata e donata al mondo. È la libertà “radicale”, perché egli stesso in persona è la salvezza, è la grazia che salva e che fa il cuore “nuovo”. Ed è il fondamento e il compendio di tutte le libertà “derivate”, quelle che esprimono e attestano la dignità personale d’ogni uomo. Questa stessa dignità giunge al suo compimento con il dono della “libertà dei figli di Dio”. Gesù opera efficacemente questa libertà di salvezza mediante il dono dello Spirito Santo: è lo Spirito la sorgente della salvezza e della libertà dei figli di Dio, quello stesso Spirito di cui Gesù dice d’essere ripieno. “Lo Spirito del Signore è sopra di me”. Così lo Spirito non è solo il principio dell’opera evangelizzatrice di Cristo, ma ne costituisce anche il contenuto e il frutto originale.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Gesù riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui – «Gesù, dopo aver letto queste parole, “ripiegandolo restituì il libro al ministro e si pose a sedere. E gli occhi di tutti nella sinagoga erano fissi in lui” (Lc 4,20). Anche ora, se lo volete, in questa sinagoga, in questa nostra assemblea gli occhi vostri possono fissare il Salvatore. Quando voi riuscite a rivolgere lo sguardo più profondo del vostro cuore verso la contemplazione della Sapienza, della Verità e del Figlio unico di Dio, allora i vostri occhi vedranno Gesù. Felice assemblea quella di cui la Scrittura testimonia che “gli occhi di tutti erano fissi in lui”. Come desidererei che questa nostra assemblea potesse ricevere una simile testimonianza, cioè che tutti voi, catecumeni e fedeli donne, uomini e fanciulli aveste gli occhi, non gli occhi del corpo ma quelli dell’anima, rivolti a guardare Gesù! Quando voi vi volgerete verso di lui, dalla sua luce e dal suo volto i vostri volti saranno fatti più chiari, e potrete dire: “Impressa su di noi è la luce del tuo volto, o Signore” [Sal 4,7], “cui appartengono la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen” [1Pt 4,11]» (Origene).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: «Il Signore ci invita ad imitarlo nel suo annuncio, a fare come lui, che ha consacrato la sua vita ad annunciare la lieta notizia del vero volto di Dio. E lo fa nella sinagoga del suo paese, interpretando le Scritture. Anche noi siamo chiamati ad annunciare il vangelo là dove viviamo, nella “cattolicissima” Italia, sapendo bene che non c’è niente di più difficile che parlare di Cristo ai cristiani (sanno già tutto!) e a partire dall’interpretazione delle Scritture. La Parola di cui ci nutriamo giornalmente, meditata e sviscerata nei secoli dalla storia della Chiesa, ci aiuta a capire la profondità del mistero di Dio. Ahimè conosco persone, non voi, gli altri, che usano il vangelo per confermare le proprie idee, senza preoccuparsi di adeguare le proprie opinioni (anche sante e devote) alla logica del vangelo. E delle Scritture Gesù sceglie, per iniziare il proprio ministero, parole di consolazione e di salvezza, un invito a gioire per l’intervento di Dio. Insomma, Gesù non inizia lamentandosi della poca partecipazione della gente a Messa, né pone problemi sul ruolo dei padrini e delle madrine, né redarguisce nessuno per la sua discutibile vita affettiva… Se imparassimo da Cristo a dare buone notizie invece che bastonate sulle dita!» (Paolo Curtaz).

Santo del giorno: 10 Gennaio – Sant’Aldo, Eremita: Non si sa esattamente in quale epoca S. Aldo sia vissuto, probabilmente nei secoli intorno al Mille. Secondo una tradizione fu eremita e carbonaio a Carbonia presso Pavia, e a Pavia fu sepolto nella cappella di S. Colombano, dalla quale fu traslato nella basilica di S. Michele. Non a caso la memoria di S. Aldo si è conservata a Pavia, che fu un tempo capitale del Regno dei Longobardi. È probabile, infatti, che sangue longobardo scorresse nelle vene del Santo eremita, o così almeno fa pensare l’origine del suo nome, che la parola longobarda “ald”, con il significato di vecchio.

Preghiamo: O Dio, che in Cristo tuo Figlio hai rivelato a tutti i popoli la sapienza eterna, fa’ risplendere su di noi la gloria del nostro Redentore, perché giungiamo alla luce che non ha tramonto. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

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