5 Gennaio 2019 – Sabato, Feria propria – (1Gv 3,11-21; Sal 99[100]; Gv 1,43-51) – I Lettura: La tragica figura di Caino diventa la radicale opposizione al comandamento dell’amore. L’uccisione del fratello assume il significato di un dramma universale, perché nella paternità di Dio su tutta l’umanità ogni uomo e ogni donna della terra sono considerati fratelli, sono coloro per i quali il Figlio di Dio ha offerto la sua vita. Per questo è di alto significato che Gesù sia figura di alternativa universale alla figura di Caino: nella vicenda dei progenitori è anch’egli figura universale, segno e inizio di un conflitto tra fratelli, figli dello stesso Padre. Vangelo: Le parole di Natanaèle pongono in luce un doppio complementare aspetto dell’identità di Gesù: Egli è riconosciuto sia nel suo rapporto speciale con Dio Padre, di cui è Figlio unigenito, sia in quello con il popolo d’Israele, di cui è dichiarato re, qualifica propria del Messia atteso. Non dobbiamo mai perdere di vista né l’una né l’altra di queste due componenti, poiché rischiamo di farne un essere etereo ed evanescente, o al contrario, finiamo per trascurare la dimensione divina che propriamente lo qualifica.
Tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, Gesù volle partire per la Galilea; trovò Filippo e gli disse: «Seguimi!». Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. Filippo trovò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».
Riflessione: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». “Essere prevenuti verso qualcuno, magari perché fa parte di una certa razza, ceto sociale, città o regione è capitato a tutti, per poi rendersi conto che ogni persona ha una sua integrità morale, proprie regole, carattere e personalità. C’è purtroppo chi tali distinzioni le fa ed anche se viene detto loro di andare a vedere, conoscere con i propri occhi una certa realtà, preferiscono trincerarsi nella sicurezza delle loro convinzioni senza addentrarsi nella conoscenza più dettagliata della persona, della situazione o del gruppo. È più facile generalizzare e criticare, puntare il dito su una categoria di persone piuttosto che valutarne uno ad uno e discernere il buono dal cattivo” (R. Ripoli). Avviene tra gli uomini, avviene con Dio: spesso pensiamo di sapere tutto di lui, cosa voglia da noi, come agisca, e arriviamo così a precludere a Dio le vie (infinite!) attraverso cui vuole raggiungerci. Se è il Messia non può venire da Nàzaret! Se è Dio scenderà dalla croce! Se è Dio deve ragionare come noi! e se non lo fa… allora ci delude, non è credibile, non è Dio!
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Abbiamo trovato colui… – Evangelii Gaudium 120: In virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del Popolo di Dio è diventato discepolo missionario (cfr. Mt 28,19). Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione e sarebbe inadeguato pensare ad uno schema di evangelizzazione portato avanti da attori qualificati in cui il resto del popolo fedele fosse solamente recettivo delle loro azioni. La nuova evangelizzazione deve implicare un nuovo protagonismo di ciascuno dei battezzati. Questa convinzione si trasforma in un appello diretto ad ogni cristiano, perché nessuno rinunci al proprio impegno di evangelizzazione, dal momento che, se uno ha realmente fatto esperienza dell’amore di Dio che lo salva, non ha bisogno di molto tempo di preparazione per andare ad annunciarlo, non può attendere che gli vengano impartite molte lezioni o lunghe istruzioni. Ogni cristiano è missionario nella misura in cui si è incontrato con l’amore di Dio in Cristo Gesù; non diciamo più che siamo “discepoli” e “missionari”, ma che siamo sempre “discepoli-missionari”. Se non siamo convinti, guardiamo ai primi discepoli, che immediatamente dopo aver conosciuto lo sguardo di Gesù, andavano a proclamarlo pieni di gioia: «Abbiamo incontrato il Messia» (Gv 1,41). La samaritana, non appena terminato il suo dialogo con Gesù, divenne missionaria, e molti samaritani credettero in Gesù «per la parola della donna» (Gv 4,39). Anche san Paolo, a partire dal suo incontro con Gesù Cristo, «subito annunciava che Gesù è il figlio di Dio» (At 9,20). E noi che cosa aspettiamo?
Vieni e vedi – Benedetto XVI (Udienza Generale, 6 Settembre 2006): Il Quarto Vangelo racconta che, dopo essere stato chiamato da Gesù, Filippo incontra Natanaele e gli dice: “Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe, di Nazaret” (Gv 1,45). Alla risposta piuttosto scettica di Natanaele (“Da Nazaret può forse venire qualcosa di buono?”), Filippo non si arrende e controbatte con decisione: “Vieni e vedi!” (Gv 1,46). In questa risposta, asciutta ma chiara, Filippo manifesta le caratteristiche del vero testimone: non si accontenta di proporre l’annuncio, come una teoria, ma interpella direttamente l’interlocutore suggerendogli di fare lui stesso un’esperienza personale di quanto annunciato. I medesimi due verbi sono usati da Gesù stesso quando due discepoli di Giovanni Battista lo avvicinano per chiedergli dove abita. Gesù rispose: “Venite e vedrete” (cfr. Gv 1,38-39). Possiamo pensare che Filippo si rivolga pure a noi con quei due verbi che suppongono un personale coinvolgimento. Anche a noi dice quanto disse a Natanaele: “Vieni e vedi”. L’Apostolo ci impegna a conoscere Gesù da vicino. In effetti, l’amicizia, il vero conoscere l’altro, ha bisogno della vicinanza, anzi in parte vive di essa. Del resto, non bisogna dimenticare che, secondo quanto scrive Marco, Gesù scelse i Dodici con lo scopo primario che “stessero con lui” (Mc 3,14), cioè condividessero la sua vita e imparassero direttamente da lui non solo lo stile del suo comportamento, ma soprattutto chi davvero Lui fosse. Solo così infatti, partecipando alla sua vita, essi potevano conoscerlo e poi annunciarlo. Più tardi, nella Lettera di Paolo agli Efesini, si leggerà che l’importante è “imparare il Cristo” (4,20), quindi non solo e non tanto ascoltare i suoi insegnamenti, le sue parole, quanto ancor più conoscere Lui in persona, cioè la sua umanità e divinità, il suo mistero, la sua bellezza. Egli infatti non è solo un Maestro, ma un Amico, anzi un Fratello. Come potremmo conoscerlo a fondo restando lontani? L’intimità, la familiarità, la consuetudine ci fanno scoprire la vera identità di Gesù Cristo. Ecco: è proprio questo che ci ricorda l’apostolo Filippo. E così ci invita a “venire”, a “vedere”, cioè ad entrare in un contatto di ascolto, di risposta e di comunione di vita con Gesù giorno per giorno.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Tu sei il Figlio di Dio – «L’incarnazione del nostro Salvatore costituisce l’attestato più eloquente della sua premura nei confronti degli uomini. Non è il cielo, infatti, né la terra, né il mare, né l’aria, né il sole, né la luna, non sono le stelle né tutte le opere della creazione, visibili e invisibili, chiamate all’esistenza da una semplice parola o, meglio, dalla sua volontà manifestata attraverso la parola; non è tutto questo, dicevo, che dimostra adeguatamente l’immensa bontà del Salvatore, quanto piuttosto il fatto che lo stesso unigenito Figlio di Dio (che possedeva la natura divina [cfr. Fil 2,6], splendore della sua gloria e impronta della sua sostanza [cfr. Eb 1,3], che esisteva fin dal principio, e si trovava presso Dio, ed era egli stesso Dio e da lui è stata creata ogni cosa [cfr. Gv 1,1-3]) assunse l’aspetto d’uno schiavo (cfr. Fil 2,7) per somigliare all’uomo e assumerne la sembianza esteriore, per mostrarsi sulla terra e vivere in mezzo agli uomini, per prendere su di sé le nostre infermità e sostenere i nostri mali» (Teodoreto di Ciro).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Filippo è, dopo Andrea e Simon Pietro, il terzo discepolo che viene chiamato con il suo nome: tutti e tre vengono da Betsaida, città di pescatori situata in riva al lago di Tiberiade. Lo scetticismo di Natanaele è comprensibile: il messia non poteva venire da una città insignificante come Nazaret. Questo contrasto tra il messia glorioso atteso e l’origine umile di Gesù è lo scandalo dell’Incarnazione. Solo la fede può vincere questo scetticismo ed entrare nel mistero del Cristo, solo la fede può sollevare il velo della povertà della carne e conoscere che Gesù di Nazaret è il Figlio di Dio, il Verbo fatto Carne (Gv 1,14). Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi: nel vangelo di Giovanni, Gesù dà spesso prova di una conoscenza superiore degli avvenimenti e delle persone, e di essere padrone di ogni situazione che gli si presenta. Il titolo Figlio dell’uomo nel vangelo di Giovanni si ispira alla scala di Giacobbe (Gen 28,10-17), a differenza dei sinottici che fanno riferimento al libro di Daniele (7,13). Come in quell’episodio della Genesi, il riferimento agli angeli significava l’incontro e la comunicazione di Dio con gli uomini, così qui Gesù, in quanto Figlio dell’uomo, è diventato il luogo d’incontro tra Dio e l’uomo, tra il cielo e la terra.
Santo del giorno: 5 Gennaio – Sant’Amelia, Vergine e martire: “Questa santa, di cui non si sa praticamente nulla della vita, appartiene ad un numeroso gruppo di martiri cristiani, uccisi a Gerona, città della Catalogna, in Spagna, durante il IV secolo. La notizia è riportata in un antico Breviario di Gerona che pone questo lungo elenco di martiri all’epoca della persecuzione di Diocleziano (243-313). Nel 1336 il vescovo di Gerona, Arnau de Camprodón, scoprì le reliquie dei martiri e dedicò ad essi un altare nella cattedrale cittadina, poi nei secoli questi martiri, elencati in una lunga lista dal «Martirologio Geronimiano», sono stati celebrati a gruppi in date diverse, di alcuni di essi il suddetto Martirologio e altri documenti e iscrizioni lapidarie riportano i nomi con qualche piccola aggiunta. Il solo nome della martire Amelia, riportato nel lungo elenco dei martiri per la fede, morti a Gerona, ma inquadrati nella grande carneficina che infuriò nell’impero romano, durante la persecuzione di Diocleziano, non ci permette di sapere altro” (Avvenire).
Preghiamo: O Dio, che nella nascita del tuo unico Figlio hai dato mirabile principio alla nostra redenzione, rafforza la fede del tuo popolo, perché sotto la guida del Cristo giunga alla meta della gloria eterna. Egli…