3 Gennaio 2019 – Giovedì, Feria propria – (1Gv 2,29-3,6; Sal 97[98]; Gv 1,29-34) – I Lettura: La giustizia che Cristo ci ha meritato col suo sacrificio sulla croce ci pone in una dimensione di figliolanza nei confronti di Dio. Essere figli come è Figlio lo stesso Gesù inoltre sottolinea come la condizione dell’uomo giustificato sia paragonabile perfino a quella di Dio stesso manifestata nell’incarnazione del suo Figlio. Allontaniamoci dal peccato perché la giustificazione oltre a venirci dalla redenzione divina sia anche confermata dalle nostre opere. Vangelo: Gesù è l’unica persona che toglie il peccato e quindi riconcilia con Dio, riporta cioè alla per-fetta comunione con Lui e dona l’energia per non peccare più. Non esiste nessuna situazione di così tragica lontananza da Dio, nessun peccato così grave, che Gesù non possa cancellare e trasformare. Egli è la rivelazio-ne della misericordia di Dio che è più forte di ogni peccato e rigenera l’uomo col perdono.
Ecco l’agnello di Dio – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».
Riflessione: Ecco l’Agnello di Dio… Applicando a Gesù il termine agnello, l’evangelista Giovanni offre al suo lettore diverse possibili interpretazioni. Le più comuni sono quelle che si rifanno all’agnello pasquale con cui è stato salvato il popolo d’Israele (cfr. Es 12,3) oppure all’Agnello apocalittico che distruggerà il male presente nel mondo (cfr. Ap 5,7; 17,14). Possono essere questi i riferimenti a cui il Precursore si è ispirato, ma poiché in aramaico per dire agnello si usa la parola talya, e la stessa parola designa anche il servo, al testo giovanneo possono essere date altre interpretazioni. Giovanni Battista, può essersi ispirato al noto vaticinio presente nel quarto canto del servo del Signore: «Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello; come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca» (Is 53,7); oppure al servo sofferente preconizzato dal profeta Isaia: «Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori» (Is 53,4). Ma forse, il Precursore, ha voluto unire intenzionalmente in una sola parola i due significati presentando in questo modo Gesù servo e agnello: un lavoro di sutura con il quale assomma la sofferenza vicaria del Figlio di Dio alla sua umile e mite obbedienza alla volontà del Padre, «fino alla morte e a una morte di croce» (Fil 2,8). Gesù è il servo-luce (cfr. Gv 3,19s; 12,46) che porterà «la salvezza fino all’estremità della terra» (Is 49,6) e allo stesso tempo è l’Agnello-immolato (cfr. Gv 19,36; Ap 5,6), «colui che toglie il peccato del mondo» (Gv 1,29). È probabile che il precursore abbia usato di proposito questa parola per assommare i due significati, ma «l’evangelista, scrivendo in greco, abbia dovuto scegliere» (Bibbia di Gerusalemme). In ogni caso, con questa “immagine”, o faccia riferimento al servo-luce delle nazioni o all’agnello-immolato per la salvezza del popolo, bene viene messa in evidenza la missione del Verbo di Dio: strade intrise di sangue, di pene e di dolori indicibili che si incroceranno, sul Golgota, con la Croce, il supplizio infamante degli schiavi.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Gesù viene nel mondo per salvare il suo popolo dai peccati – Giovanni Paolo II (Miseriordia Dei, Lettera Apostolica): Per la misericordia di Dio, Padre che riconcilia, il Verbo prese carne nel grembo purissimo della Beata Vergine Maria per salvare “il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1,21) e aprirgli “la via della eterna salvezza”. San Giovanni Battista conferma questa missione indicando in Gesù l’“Agnello di Dio”, “colui che toglie il peccato del mondo” (Gv 1,29). Tutta l’opera e la predicazione del Precursore è una chiamata energica e calorosa alla penitenza e alla conversione, il cui segno è il battesimo amministrato nelle acque del Giordano. Lo stesso Gesù si è sottomesso a quel rito penitenziale (cfr. Mt 3,13- 17), non perché abbia peccato, ma perché “Egli si lascia annoverare tra i peccatori”; è già “l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo” (Gv 1,29); già anticipa il “battesimo della sua morte cruenta”. La salvezza è, dunque e innanzitutto, redenzione dal peccato quale impedimento all’amicizia con Dio, e liberazione dallo stato di schiavitù nel quale si trova l’uomo, che ha ceduto alla tentazione del Maligno e ha perso la libertà dei figli di Dio (cfr. Rm 8,21).
Ecco l’Agnello di Dio – Catechismo dei Giovani (cap. I, Chi cercate?): L’incontro dei due giovani del Vangelo con Gesù, lo stare con lui, matura in loro la decisione di seguirlo. Giovanni il Battezzatore li ha condotti fin sulla soglia dell’incontro e li ha invitati a riconoscere in Gesù il Messia che vanno cercando: “Ecco l’Agnello di Dio. Ecco colui che toglie i peccati del mondo”. Da quell’incontro ne scaturiscono altri: quelli con Simone, il fratello di Andrea, che Gesù chiamerà Pietro, e poi con Filippo e, attraverso di lui, con Natanaèle. Quest’ultimo è un altro giovane in ricerca, forse appesantito da pregiudizi. “Da Nazareth può mai venire qualcosa di buono?”, obietta a Filippo che lo invita a incontrare Gesù. Ma anche per Natanaèle l’incontro con Gesù si rivela decisivo. Si sente conosciuto profondamente da lui nella sua ricerca e anch’egli si decide per la fede: “Tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re di Israele”.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Ecco l’Agnello di Dio – «Quando dice: “Ecco l’agnello di Dio”, non solo vuole indicare il Cristo, ma vuole anche esprimere ammirazione per la sua potenza – “Il suo nome sarà Ammirabile” (Is 9,6) -. Ed è veramente un agnello di meravigliosa potenza questo che, ucciso, uccise il leone; il leone, dico, del quale parla Pietro: “Il vostro avversario, il diavolo, come un leone ruggente, cerca chi può divorare” [1Pt 5,8]. Perciò lo stesso agnello venne chiamato leone vincitore e glorioso: “Ecco ha vinto il leone della tribù di Giuda” [Ap 5,5]» (San Tommaso d’Aquino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Il Nome di Gesù – CCC 2143: Tra tutte le parole della Rivelazione ve ne è una singolare, che è la rivelazione del nome di Dio, che egli svela a coloro che credono in lui; egli si rivela ad essi nel suo mistero personale. Il dono del nome appartiene all’ordine della confidenza e dell’intimità. «Il nome del Signore è santo». Per questo l’uomo non può abusarne. Lo deve custodire nella memoria in un silenzio di adorazione piena d’amore. Non lo inserirà tra le sue parole, se non per benedirlo, lodarlo e glorificarlo.
Grande fondamento della fede è il nome di Gesù per il quale siamo fatti figli di Dio – “Il Nome santissimo dagli antichi Patriarchi e Padri fu desiderato, con tanta ansietà aspettato, con tanti sospiri, con tante lagrime invocato, ma nel tempo della grazia misericordiosamente è stato donato. Scompaia il nome dell’umana sapienza, non si senta nome della vendetta, rimanga il nome della giustizia. Donaci il nome della misericordia, risuoni il nome di Gesù nelle mie orecchie, poiché allora veramente la tua voce è dolce e grazioso il tuo volto. Grande fondamento della fede pertanto è il Nome di Gesù, per il quale siamo fatti figli di Dio. La fede della religione cattolica consiste nella conoscenza e nella luce di Gesù Cristo; che è illuminazione dell’uomo, porta della vita, fondamento della salute eterna. Se qualcuno non lo ha o lo ha abbandonato, è come se camminasse senza luce nelle tenebre e per luoghi pericolosi ad occhi chiusi; e sebbene splenda il lume della ragione, segue una guida cieca quando segue il proprio intelletto per capire i segreti celesti, come colui che intraprenda la costruzione della casa senza curarsi del fondamento, oppure, non avendo costruita la porta, cerca poi di entrare per il tetto. Questo fondamento è Gesù, porta e luce che, mostrandosi agli erranti, indicò a tutti la luce della fede per la quale è possibile ricercare il Dio sconosciuto, e ricercandolo credere, e credendo trovarlo. Questo fondamento sostiene la Chiesa fondata nel Nome di Gesù. Il Nome di Gesù è luce ai predicatori, poiché fa luminosamente risplendere, annunciare e udire la sua parola. Da dove credi che provenga tanta improvvisa e fervida luce di fede in tutta la terra, se non dalla predicazione del Nome di Gesù? Forse che Dio non ci ha chiamati all’ammirabile sua luce attraverso la luce e la dolcezza di questo Nome? A coloro che sono illuminati e che vedono in questa luce, giustamente l’Apostolo dice: «Una volta eravate tenebre, ora siete luce nel Signore: camminate dunque quali figli della luce». O nome glorioso, o nome grazioso, o nome amoroso e virtuoso! Per mezzo tuo vengono perdonate le colpe, per mezzo tuo vengono sconfitti i nemici, per te i malati vengono liberati, per te coloro che soffrono sono irrobustiti e gioiscono! Tu onore dei credenti, maestro dei predicatori, forza di coloro che operano, tu sostegno dei deboli! I desideri si accendono per il tuo calore e ardore di fuoco, si inebriano le anime contemplative e per te le anime trionfanti sono glorificate nel cielo: con le quali, o dolcissimo Gesù, per questo tuo santissimo Nome, fa’ che possiamo anche noi regnare. Amen!” (S. Bernardino da Siena).
Santo del giorno: 3 Gennaio – Santissimo Nome di Gesù: Il Santissimo Nome di Gesù fu sempre onorato e venerato nella Chiesa fin dai primi tempi, ma solo nel secolo XIV cominciò ad avere culto liturgico. San Bernardino, aiutato da altri confratelli, sopratutto dai beati Alberto da Sarteáno e Bernardino da Feltre, diffuse con tanto slancio e fervore tale devozione che finalmente venne istituita la festa liturgica. Nel 1530 Papa Clemente VII autorizzò l’Ordine francescano a recitare l’Ufficio del Santissimo Nome di Gesù. Giovanni Paolo II ha ripristinato al 3 gennaio la memoria facoltativa nel Calendario Romano.
Preghiamo: O Dio, tu hai voluto che l’umanità del Salvatore, nella sua mirabile nascita dalla Vergine Maria, non fosse sottoposta alla comune eredità dei nostri padri; fa’ che liberati dal contagio dell’antico male possiamo anche noi far parte della nuova creazione, iniziata da Cristo tuo Figlio. Egli è Dio, e vive e regna con te…