21 Dicembre 2018 – Venerdì, Feria di Avvento – (Ct 2,8-14 oppure Sof 3,14-17; Sal 32[33]; Lc 1,39-45) – I Lettura: Il “Cantico dei Cantici” (il “Cantico più grande” secondo la forma ebraica del superlativo), è una raccolta di cantici che trattano il tema dell’amore ed è stato inteso come il canto d’amore tra Dio e la Chiesa. Il brano di oggi si apre con l’esclamazione della Sposa: “Una voce! Il mio Diletto!”. La Sposa, la Chiesa, coglie l’avvicinarsi dello Sposo, Dio, attraverso la sua voce. Oppure (Sof 3,14-17): La visita di Dio è annunciata da Sofonìa come un evento gioioso, Egli viene come Salvatore potente. Il motivo della gioia sta, infatti, nella benevolenza di Dio che “ha revocato la tua condanna”. Israele per la sua infedeltà si era preparata una sorte infelice, ma Dio le concede gratuitamente il perdono. Vangelo: Maria non è una donna incredula al pari di Zaccarìa. Va a trovare Elisabetta non per sincerarsi delle parole e della profezia dell’angelo, ma perché sospinta dalla carità e dal fuoco ardente dello zelo missionario: per mezzo di Maria, la Buona Novella (Gesù) mette le ali e già attraversa le vie della storia. Maria, pur consapevole della sua bassezza, sospinta dallo Spirito Santo, non può non esclamare la grandezza misericordiosa di Dio che guardando la sua umiltà ancora una volta persegue e conferma il suo eterno agire: scegliere le cose umili per confondere i sapienti (cfr. 1Cor 1,27-28).
A cosa devo che la madre del mio Signore venga a me? – Dal Vangelo secondo Luca: In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Riflessione: Benedetto XVI (Deus Caritas est 41): Nel Vangelo di Luca troviamo Maria impegnata in un servizio di carità alla cugina Elisabetta, presso la quale resta «circa tre mesi» (Lc 1,56) per assisterla nella fase terminale della gravidanza. «L’anima mia rende grande il Signore», dice in occasione di questa visita (Lc 1,46), ed esprime con ciò tutto il programma della sua vita: non mettere se stessa al centro, ma fare spazio a Dio incontrato sia nella preghiera che nel servizio al prossimo, solo allora il mondo diventa buono. Maria è grande proprio perché non vuole rendere grande se stessa, ma Dio. Ella è umile: non vuole essere nient’altro che l’ancella del Signore (cfr. Lc 1,38.48). Ella sa di contribuire alla salvezza del mondo non compiendo una sua opera, ma solo mettendosi a piena disposizione delle iniziative di Dio. È una donna di speranza: solo perché crede alle promesse di Dio e attende la salvezza di Israele, l’angelo può venire da lei e chiamarla al servizio decisivo di queste promesse. Essa è una donna di fede: «Beata sei tu che hai creduto», le dice Elisabetta (cfr. Lc 1,45). Il Magni-ficat – un ritratto, per così dire, della sua anima – è interamente tessuto di fili della Sacra Scrittura, di fili tratti dalla Parola di Dio. Così si rivela che lei nella Parola di Dio è veramente a casa sua, ne esce e vi rientra con naturalezza. Ella parla e pensa con la Parola di Dio; la Parola di Dio diventa parola sua, e la sua parola nasce dalla Parola di Dio. Così si rivela, inoltre, che i suoi pensieri sono in sintonia con i pensieri di Dio, che il suo volere è un volere insieme con Dio. Essendo intimamente penetrata dalla Parola di Dio, ella può diventare madre della Parola incarnata. Infine, Maria è una donna che ama. Come potrebbe essere diversamente? In quanto credente che nella fede pensa con i pensieri di Dio e vuole con la volontà di Dio, ella non può essere che una donna che ama. Noi lo intuiamo nei gesti silenziosi, di cui ci riferiscono i racconti evangelici dell’infanzia. Lo vediamo nella delicatezza, con la quale a Cana percepisce la necessità in cui versano gli sposi e la presenta a Gesù; nell’umiltà con cui accetta di essere trascurata nel periodo della vita pubblica di Gesù.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: La visitazione – Giovanni Paolo II (Omelia, 31 Maggio 2001): Nel racconto evangelico, la Visitazione segue immediatamente l’Annunciazione: la Vergine Santa, che porta in grembo il Figlio concepito per opera dello Spirito Santo, irradia intorno a sé grazia e gaudio spirituale. È la presenza in Lei dello Spirito che fa sussultare di gioia il figlio di Elisabetta, Giovanni, destinato a preparare la via al Figlio di Dio fatto uomo. Dove c’è Maria, c’è Cristo; e dove c’è Cristo, c’è il suo Spirito Santo, che procede dal Padre e da Lui nel mistero sacrosanto della vita trinitaria. Gli Atti degli Apostoli sottolineano a ragione la presenza orante di Maria, nel Cenacolo, insieme con gli Apostoli riuniti in attesa di ricevere la “potenza dall’Alto”. Il “sì” della Vergine attira sull’umanità il Dono di Dio: come nell’Annunciazione, così nella Pentecoste. Così continua ad avvenire nel cammino della Chiesa.
Meditando la visitazione – Benedetto XVI (Omelia, 31 Maggio 2011): Meditando oggi la Visitazione di Maria, siamo portati a riflettere proprio su questo coraggio della fede. Colei che Elisabetta accoglie nella sua casa è la Vergine che “ha creduto” all’annuncio dell’Angelo e ha risposto con fede, accettando con coraggio il progetto di Dio per la sua vita e accogliendo così in sé la Parola eterna dell’Altissimo. Come sottolineava il mio beato Predecessore nell’Enciclica Redemptoris Mater, è mediante la fede che Maria ha pronunciato il suo fiat, «si è abbandonata a Dio senza riserve ed “ha consacrato totalmente se stessa, quale ancella del Signore, alla persona e all’opera del Figlio suo”» (n. 13; cfr. LG 56). Per questo Elisabetta, nel salutarla, esclama: “Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto” (Lc 1,45). Maria ha davvero creduto che “nulla è impossibile a Dio” (v. 37) e, forte di questa fiducia, si è lasciata guidare dallo Spirito Santo nell’obbedienza quotidiana ai suoi disegni. Come non desiderare, per la nostra vita, lo stesso abbandono fiducioso? Come potremmo precluderci quella beatitudine che nasce da una così intima e profonda consuetudine con Gesù? Perciò, rivolgendoci oggi alla “piena di grazia”, le chiediamo di ottenere anche a noi, dalla Provvidenza divina, di poter pronunciare ogni giorno il nostro “sì” ai disegni di Dio con la stessa fede umile e schietta con cui Lei ha pronunciato il suo. Ella che, accogliendo in sé la Parola di Dio, si è abbandonata a Lui senza riserve, ci guidi ad una risposta sempre più generosa e incondizionata ai suoi progetti, anche quando in essi siamo chiamati ad abbracciare la croce.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “«E donde a me questo, che venga da me la madre del mio Signore?». Non parla così per ignoranza – sapeva infatti che, per grazia e per impulso dello Spirito Santo, la madre del profeta doveva essere salutata dalla madre del Signore per il bene del suo figliuolo -: ma, conoscendo che tale dono non era dovuto a meriti umani, bensì solo alla grazia divina, per questo dice: «Donde a me questo?». Come se dicesse: Che grande favore è quello che mi accade, che la madre del mio Signore venga da me! Non riesco a comprenderlo. «Donde a me questo?». Per quale virtù, per quali buone opere, per quali meriti? Queste non sono gentilezze in uso fra le donne, «che venga da me la madre del mio Signore». Avverto un miracolo, riconosco il mistero: la madre del Signore è gravida del Verbo, è piena di Dio. «Poiché, ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta alle mie orecchie, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata tu che hai creduto!» [cfr. Lc 1,44-45]. Vedi bene che Maria non aveva dubitato, bensì creduto e perciò aveva conseguito il frutto della sua fede. «Beata tu che hai creduto». Ma beati anche voi che avete udito e avete creduto: infatti, ogni anima che crede, concepisce e genera il Verbo di Dio e ne comprende le operazioni. Sia in ciascuno l’anima di Maria a magnificare il Signore, sia in ciascuno lo spirito di Maria ad esultare in Dio: se, secondo la carne, una sola è la madre di Cristo, secondo la fede tutte le anime generano Cristo” (Sant’Ambrogio).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Cammino di fede e di carità – Catechismo degli Adulti 775-777: Il Cristo è l’unico maestro e l’unico redentore; da lui riceviamo la grazia di essere suoi discepoli e cooperatori, partecipi della sua vita e della sua missione, santi e santificatori. Maria è la più perfetta seguace di Cristo e la prima collaboratrice all’opera della salvezza. Il suo personale cammino di fede, come emerge dai racconti evangelici, è anche il dilatarsi della sua carità verso tutti gli uomini, con un inserimento sempre più consapevole nel mistero della redenzione. Nell’annunciazione, Maria ascolta con fede la parola di Dio e si consegna come docile strumento nelle sue mani; accoglie il Messia e si mette a disposizione della sua opera. Il suo consenso apre al Signore la via per la sua venuta personale nel mondo e inaugura la pienezza dei tempi. Dopo questo evento decisivo, Maria non si ripiega su se stessa, ma va a far visita a Elisabetta, sua parente. La prima evangelizzata diventa la prima evangelizzatrice: proclama le meraviglie del Signore, con la presenza gioiosa e santificante, il cantico di lode e il servizio.
Santo del giorno: 21 Dicembre – San Pietro Canisio, Sacerdote e dottore della Chiesa: “Pietro Kanijs (Canisio, nella forma latinizzata) nasce a Nimega, in Olanda, nel 1521. È figlio del borgomastro della città, ha perciò la possibilità di studiare diritto canonico a Lovanio e diritto civile a Colonia. In questa città ama trascorrere il tempo libero nel monastero dei certosini e la lettura del breve opuscolo degli Esercizi spirituali che Sant’Ignazio ha scritto da poco determina la svolta decisiva della sua vita: compiuta la pia pratica a Magonza sotto la direzione di padre Faber, entra nella Compagnia di Gesù ed è l’ottavo gesuita a emettere i voti solenni. A lui si deve la pubblicazione delle opere di San Cirillo di Alessandria, di San Leone Magno, di San Girolamo e di Osio di Cordova. Prende parte attiva al concilio di Trento, come teologo del cardinale Truchsess e consigliere del papa. Sant’Ignazio lo chiama in Italia, mandandolo dapprima in Sicilia, poi a Bologna, per rimandarlo quindi in Germania, dove resta per trent’anni, in qualità di superiore provinciale. Pio V gli offrì il cardinalato, ma Pietro Canisio pregò il papa di lasciarlo al suo umile servizio della comunità. Morì a Friburgo, in Svizzera, il 21 dicembre 1597” (Avvenire).
Preghiamo: Ascolta, o Padre, le preghiere del tuo popolo in attesa del tuo Figlio che viene nell’umiltà della condizione umana: la nostra gioia si compia alla fine dei tempi quando egli verrà nella gloria. Per il nostro…