14 Dicembre 2018 – Venerdì, II del Tempo di Avvento – San Giovanni della Croce (Memoria) – (Is 48,17-19; Sal 1; Mt 11,16-19) – I Lettura: “Qui sembra il profeta riprendere la parola per annunciare un nuovo oracolo, meditazione su ciò che sarebbe stato il destino di Israele se fosse stato fedele. Le promesse sono quelle che fece YHWH ad Abramo in Gen 13,16; 15,5ss, riprese lungo tutta la Bibbia, in particolare nel Deuteronòmio e negli oracoli dei profeti” (Bibbia di Gerusalemme, nota). Vangelo: “Gente difficile quella a cui era stato mandato Gesù; aveva rifiutato la sapienza di Dio, che prima si era presentata sotto l’ascetismo di Giovanni e poi sotto la condiscendenza di Gesù. Gente simile a bambini capricciosi che non accettano gli inviti a giocare né al funerale né alle nozze. Ma le opere della sapienza divina, per chi le sa leggere, le rendono giustizia” (Messale Feriale, LDC).
Non ascoltano né Giovanni né il Figlio dell’uomo – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse alle folle: «A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!”. È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: “Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori”. Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie».
Riflessione: È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: “Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori” – Papa Francesco (Laudato sii 98): Gesù viveva una piena armonia con la creazione, e gli altri ne rimanevano stupiti: «Chi è mai costui, che perfino i venti e il mare gli obbediscono?» (Mt 8,27). Non appariva come un asceta separato dal mondo o nemico delle cose piacevoli della vita. Riferendosi a sé stesso affermava: «È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: “Ecco, è un mangione e un beone”» (Mt 11,19). Era distante dalle filosofie che disprezzavano il corpo, la materia e le realtà di questo mondo. Tuttavia, questi dualismi malsani hanno avuto un notevole influsso su alcuni pensatori cristiani nel corso della storia e hanno deformato il Vangelo. Gesù lavorava con le sue mani, prendendo contatto quotidiano con la materia creata da Dio per darle forma con la sua abilità di artigiano. È degno di nota il fatto che la maggior parte della sua vita è stata dedicata a questo impegno, in un’esistenza semplice che non suscitava alcuna ammirazione: «Non è costui il falegname, il figlio di Maria?» (Mc 6,3). Così ha santificato il lavoro e gli ha conferito un peculiare valore per la nostra maturazione. San Giovanni Paolo II insegnava che «sopportando la fatica del lavoro in unione con Cristo crocifisso per noi, l’uomo collabora in qualche modo col Figlio di Dio alla redenzione dell’umanità».
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Abbiamo suonato il flauto… – Mons. Vincenzo Paglia, vescovo (Omelia, 14 Dicembre 2007): La Parola di Dio continua a prenderci per mano perché disponiamo il nostro cuore ad accogliere il Signore. Anche per questa nostra generazione è giunto il momento di lasciarsi toccare il cuore dalla predicazione del Vangelo. La tentazione frequente è mettere continuamente le scuse più diverse per evitare di accogliere l’esortazione che ci viene dal Vangelo e ritornare al Signore con tutto il cuore. Quante volte, purtroppo, si deve dire anche per noi: “Abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto”. Ciascuno di noi infatti è portato a pensare solo a se stesso: è l’unica melodia che conosciamo e che seguiamo. Ma anche per noi, come fu per Giovanni Battista e per la gente del suo tempo, giunge il momento della scelta, ossia decidere se seguire Gesù o se continuare ad andare dietro a noi stessi. Si tratta di una scelta che non è rinviabile per nessuno e che l’imminenza del Natale ci pone con una urgenza ancora maggiore. Anzi c’è da aggiungere una cosa: a noi che abbiamo ricevuto molti più doni e molte più parole e segni di quanti ne ebbero gli abitanti di Tiro e Sidone, verrà chiesto conto di quel che ne abbiamo fatto del Vangelo che ci è stato consegnato.
Ecco, è un mangione e un beone – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 10 Febbraio 1988): Nella sua vita terrena Gesù era solito mostrarsi particolarmente vicino a quelli che agli occhi degli altri passavano come peccatori. Lo vediamo in molti testi del Vangelo. Sotto questo aspetto è importante il “paragone” che Gesù fa tra se stesso e Giovanni Battista. Egli dice: “È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e hanno detto: Ha un demonio. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori” (Mt 11,18-19). È evidente il carattere “polemico” di queste parole nei riguardi di coloro che prima hanno criticato Giovanni Battista, profeta solitario e asceta severo che viveva e battezzava nei pressi del Giordano, e poi criticano Gesù perché si muove e opera in mezzo alla gente. Ma è altrettanto trasparente da tali parole la verità del modo di essere, di sentire, di comportarsi di Gesù verso i peccatori.
Il giudizio malevole – CCC 2477: Il rispetto della reputazione delle persone rende illecito ogni atteggiamento ed ogni parola che possano causare un ingiusto danno. Si rende colpevole: – di giudizio temerario colui che, anche solo tacitamente, ammette come vera, senza sufficiente fondamento, una colpa morale nel prossimo; – di maldicenza colui che, senza un motivo oggettivamente valido, rivela i difetti e le mancanze altrui a persone che li ignorano; – di calunnia colui che, con affermazioni contrarie alla verità, nuoce alla reputazione degli altri e dà occasione a giudizi erronei sul loro conto.
La sapienza è stata riconosciuta giusta… – Card. T. Bertone (Omelia, 12 Dicembre 2008): Siamo invitati ad essere consapevoli della situazione storica, culturale e sociale in cui viviamo. Della realtà nella quale in particolare voi, cari sacerdoti, vivete gli anni dei vostri studi romani, come forma specifica della vostra partecipazione alla missione della Chiesa. Gesù ci rivela l’atteggiamento di Dio nei confronti della storia, atteggiamento che presenta due aspetti: anzitutto Dio prende sul serio la storia, non “passa oltre”, ma la percorre con gli uomini, assumendola pienamente nel proprio disegno di salvezza; secondo aspetto: Dio non rimane mai prigioniero della storia, è il Signore, e la giudica criticamente. Tutto questo possiamo leggere nell’espressione di Gesù: “A chi paragonerò io questa generazione?”. Sentiamo da una parte l’amore, la passione di Gesù per l’umanità, il desiderio di essere accolto, compreso, l’attesa – potremmo dire – che la generazione degli uomini si apra al messaggio di Dio; e al tempo stesso sentiamo la signoria di Cristo, la sua capacità di guardare con gli occhi di Dio, nel-l’assoluta certezza che – come dice – “la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie” (Mt 11,19).
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «Chi viene rimproverato non si turbi, siamo uomini e abbiamo difetti; e chi rimprovera non lo faccia pubblicamente, insultando e facendo mostra di sé, ma a quattr’occhi e con dolcezza; ha bisogno di tanta dolcezza colui che ammonisce, se vuole che sia ben accolto il suo discorso tagliente. Non vedete i medici, quando bruciano o quando tagliano, con quanta dolcezza applicano la loro terapia? E molto più lo deve fare chi ammonisce, perché il rimprovero è più violento del ferro e del fuoco, e fa sobbalzare. Per questo motivo anche i medici si esercitano molto per riuscire a incidere con calma, e lo fanno con dolcezza, in quanto è possibile, e incidono un poco e poi permettono di riprendere il fiato. Così si devono fare anche i rimproveri, perché chi viene ammonito non se ne sottragga. E se fosse necessario venire insultati e anche schiaffeggiati, non ricusiamolo; anche quelli infatti che subiscono un intervento urlano mille cose contro coloro che li operano, però essi non guardano a nulla di ciò, ma solamente alla salute dei pazienti. Così, anche nel nostro caso, si deve fare di tutto perché il rimprovero risulti utile, e si deve sopportare tutto guardando il premio che c’è preparato. È detto: Portate i pesi gli uni degli altri e così adempirete la legge del Cristo [Gal 6,2]. Così, ammonendoci e sopportandoci a vicenda, potremo completare l’edificazione del Cristo» (Cri-sostomo Giovanni).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: La sapienza è stata riconosciuta giusta – John L. McKenzie: Dio soltanto possiede la vera sapienza, che è troppo profonda (cfr. Rm 11,33; 16,27) o complessa (cfr. Ef 3,10) perché l’uomo la possa trovare. La sapienza cristiana è un dono di Dio (cfr. Ef 1,8; Col 1,9). La parola della sapienza è un dono carismatico (cfr. 1Cor 12,8). Lo spirito di sapienza è dato da Dio (cfr. Ef 1,17) … Paolo rifiuta la sapienza carnale come mezzo per presentare il suo messaggio (cfr. 2Cor 1,12). I cristiani si devono ammonire reciprocamente con sapienza (cfr. Col 3,16), e così devono fare anche con coloro che sono fuori della chiesa (cfr. Col 4,5). Devono distinguere la sapienza vera da quella apparente (cfr. Col 2,23). La sapienza che viene dall’alto è una sapienza per il bene (cfr. Rm 16,19).
Santo del giorno: 14 Dicembre – San Giovanni della Croce, Sacerdote e dottore della Chiesa: “Sembra sia nato nel 1540, a Fontiveros (Avila, Spagna). Rimase orfano di padre e dovette trasferirsi con la mamma da un luogo all’altro, mentre portava avanti come poteva i suoi studi. A Medina, nel 1563, vestì l’abito dei Carmelitani. Ordinato sacerdote nel 1567 dopo gli studi di filosofia e teologia fatti a Salamanca, lo stesso anno si incontrò con santa Teresa di Gesù, la quale da poco aveva ottenuto dal priore generale Rossi il permesso per la fondazione di due conventi di Carmelitani contemplativi (poi detti Scalzi), perché fossero di aiuto alle monache da lei istituite. Il 28 novembre 1568 Giovanni fece parte del primo nucleo di riformati a Duruelo, cambiando il nome di Giovanni di San Mattia in quello di Giovanni della Croce. Vari furono gli incarichi entro la riforma. Dal 1572 al 1577 fu anche confessore-governatore del monastero dell’Incarnazione di Avila. Venne erroneamente incolpato e incarcerato per otto mesi per un incidente interno al monastero. Fu in carcere che scrisse molte delle sue poesie. Morì a 49 anni tra il 13 e il 14 dicembre 1591 a Ubeda” (Avvenire).
Preghiamo: O Dio, che hai guidato san Giovanni della Croce alla santa montagna che è Cristo, attraverso la notte oscura della rinuncia e l’amore ardente della croce, concedi a noi di seguirlo come maestro di vita spirituale, per giungere alla contemplazione della tua gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo…