12 Dicembre 2018 – Mercoledì, II del Tempo di Avvento- (Is 40,25-31; Sal 102[103]; Mt 11,28-30) – I Lettura: “Nonostante la parola dei profeti, era difficile per molti Ebrei in esilio credere che le loro sofferenze sarebbero presto finite. La speranza sembrava venir meno con il passare del tempo e con una situazione che sembrava immutabile. Dopo l’avvio gioioso del c. 40, il profeta sente il bisogno di rafforzare la fiducia vacillante dei suoi compatrioti ricordando la potenza di Dio creatore e sovrano di tutto l’universo” (Messale Feriale, LDC). Vangelo: “I cc. 11-12 di Matteo manifestano in tutta la loro virulenza l’opposizione al regno. Il brano si inserisce in questo contesto di violenza non come un masso erratico, ma per far risaltare come i misteri del regno («queste cose»; cfr. 13,11) che i farisei rifiutano, vengano in realtà rivelati da Gesù, Figlio di Dio, ai piccoli, cioè a coloro che l’accolgono con semplicità. Essi sono i discepoli (11,25), i poveri in spirito (5,3), gli stanchi e oppressi dal fardello della legge e delle osservanze farisaiche (At 15, 10). Gesù li chiama alla sua libertà, a un incondizionato attaccamento a lui (giogo), che è il solo a poter rendere tutto leggero, perché si presenta «umile» davanti a Dio e mite con gli uomini” (Messale Feriale, LCD).
Venite a me, voi tutti che siete stanchi – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Riflessione: Gesù nell’offrire ai suoi discepoli il suo giogo dolce fa emergere la «nuova giustizia» evangelica in netta contrapposizione con la giustizia farisaica fatta di leggi e precetti meramente umani (cfr. Mt 15,9); una giustizia ipocrita, ma strisciante da sempre in tutte le religioni. Il ristoro che Gesù dona a coloro che sono stanchi e oppressi, in ogni caso, non esime chi si mette seriamente al suo seguito di accogliere, senza tentennamenti, le condizioni che la sequela esige: rinnegare se stessi e portare la croce dietro di lui, ogni giorno, senza infingimenti o accomodamenti: «Poi, a tutti, diceva: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”» (Lc 9,23). È la croce che diventa, per il Cristo come per il suo discepolo, motivo discriminante della vera sapienza, quella sapienza che agli occhi del mondo è considerata sempre stoltezza o scandalo (cfr. 1Cor 1,17-31). Un carico, la croce di Cristo, che non soverchia le forze umane, non annienta l’uomo nelle sue aspettative, non lo umilia nella sua dignità di creatura, anzi lo esalta, lo promuove, lo avvia, «di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito Santo» (2Cor 3,18) ad un traguardo di felicità e di beatitudine eterna. La croce va quindi piantata al centro del cuore e della vita del credente. Invece, molti, anche cristiani, tendono a porre al centro di tutta la loro vita, spesso disordinata, le loro scelte, non sempre in sintonia con la morale; o avvinti dai loro gusti e programmi, tentano di far ruotare attorno a questo centro anche l’intero messaggio evangelico, accettandolo in parte o corrompendolo o assoggettandolo ai propri capricci; da qui la necessità capricciosa di imporre alla Bibbia, distinguo, precetti o nuove leggi, frutto della tradizione umana; paletti issati come muri di protezione per contenere la devastante e benefica azione esplosiva della Parola di Dio (cfr. Mc 7,8-9). Gesù è mite e umile di cuore: è la via maestra per tutti i discepoli, è la via dell’annichilimento (cfr. Fil 2,5ss), dell’incarnarsi nel tempo, nella storia, nel quotidiano dei fratelli, non come maestri arroganti o petulanti, ma come servi (cfr. 1Cor 9,22).
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Il Cuore del Verbo incarnato – CCC 478: Gesù ci ha conosciuti e amati, tutti e ciascuno, durante la sua vita, la sua agonia e la sua passione, e per ognuno di noi si è offerto: “Il Figlio di Dio mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20). Ci ha amati tutti con un cuore umano. Per questo motivo, il sacro Cuore di Gesù, trafitto a causa dei nostri peccati e per la nostra salvezza, “… è considerato il segno e simbolo principale… di quell’infinito amore, col quale il Redentore divino incessantemente ama l’eterno Padre e tutti gli uomini”.
Venite a me… – Gaudete in Domino, V: […] la conversione è mettersi sulla giusta strada, progredire nella vera libertà e nella gioia. È risposta ad un invito che proviene da lui, amoroso, rispettoso e pressante nello stesso tempo: “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime”. Infatti, vi è forse un peso più opprimente del peccato? Un’angoscia più desolata di quella del prodigo, descritta dall’evangelista san Luca? Al contrario, quale incontro più sconvolgente di quello tra il Padre, paziente e misericordioso, e il figlio tornato sui suoi passi? “Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione”. Ma chi è senza peccato, al di fuori di Cristo e della sua madre immacolata? […] Sulla scia della migliore tradizione spirituale, noi ricordiamo ai fedeli e ai loro pastori che l’accusa delle colpe gravi è necessaria, e che la confessione frequente resta una sorgente privilegiata di santità, di pace e di gioia.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: ‘“Venite a me, voi tutti che siete affaticati e aggravati, e io vi darò sollievo” [Mt 11,28]. Non chiama questo o quello in particolare, ma si rivolge a tutti quanti sono tormentati dalle preoccupazioni, dalla tristezza, o si trovano in peccato. «Venite», non perché io voglia chiedervi conto delle vostre colpe, ma per perdonarle. «Venite», non perché io abbia bisogno delle vostre lodi, ma perché ho un’ardente sete della vostra salvezza. «Io» – infatti, egli dice – «vi darò sollievo». Non dice semplicemente: io vi salverò, ma ciò che è molto di più: vi porrò in assoluta sicurezza, perché questo è il senso delle parole «vi darò sollievo». “Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me che sono mite e umile di cuore, e così troverete conforto alle anime vostre; poiché il mio giogo è soave, e il mio peso è leggero” [Mt 11,29-30]. Non vi spaventate dunque, quando sentite parlare di «giogo», perché esso è «soave»; non abbiate timore quando udite parlare di «peso», perché esso è leggero. Ma perché, allora, – voi direte, – ha parlato precedentemente della porta stretta e della via angusta? Pare così quando noi siamo pigri e spiritualmente abbattuti. Ma se tu metti in pratica e adempi le parole di Cristo, il peso sarà leggero. È in questo senso che così lo definisce. Ma come si può adempire ciò che Gesù dice? Puoi far questo se tu diventi umile, mite e modesto. Questa virtù è infatti la madre di tutta la filosofia cristiana. Per questo motivo quando egli incomincia a insegnare quelle sue divine leggi, inizia dall’umiltà [cfr. Mt 7,14]. Egli conferma qui quanto disse allora, e promette che questa virtù sarà grandemente ricompensata. Essa non sarà – dice in sostanza – utile solo agli altri, in quanto voi prima di tutti ne riceverete i frutti, poiché «troverete conforto alle anime vostre». Ancor prima della vita eterna il Signore ti dà già la ricompensa e ti offre la corona del combattimento: in questo modo e col fatto che propone se stesso come esempio, rende accettabili le sue parole’ (San Giovanni Crisostomo).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi – Benedetto XVI (Angelus, 3 Luglio 2011): Oggi, nel Vangelo, il Signore Gesù ci ripete quelle parole che conosciamo così bene, ma che sempre ci commuovono: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero” (Mt 11,28-30). Quando Gesù percorreva le strade della Galilea annunciando il Regno di Dio e guarendo molti malati, sentiva compassione delle folle, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore (cfr. Mt 9,35-36). Quello sguardo di Gesù sembra estendersi fino ad oggi, fino al nostro mondo. Anche oggi si posa su tanta gente oppressa da condizioni di vita difficili, ma anche priva di validi punti di riferimento per trovare un senso e una meta all’esistenza. Moltitudini sfinite si trovano nei Paesi più poveri, provate dall’indigenza; e anche nei Paesi più ricchi sono tanti gli uomini e le donne insoddisfatti, addirittura malati di depressione. Pensiamo poi ai numerosi sfollati e rifugiati, a quanti emigrano mettendo a rischio la propria vita. Lo sguardo di Cristo si posa su tutta questa gente, anzi, su ciascuno di questi figli del Padre che è nei cieli, e ripete: “Venite a me, voi tutti…”. Gesù promette di dare a tutti “ristoro”, ma pone una condizione: “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore”. Che cos’è questo “giogo”, che invece di pesare alleggerisce, e invece di schiacciare solleva? Il “giogo” di Cristo è la legge dell’amore, è il suo comandamento, che ha lasciato ai suoi discepoli (cfr. Gv 13,34; 15,12). Il vero rimedio alle ferite dell’uma-nità, sia quelle materiali, come la fame e le ingiustizie, sia quelle psicologiche e morali causate da un falso benessere, è una regola di vita basata sull’amore fraterno, che ha la sua sorgente nell’amore di Dio. Per questo bisogna abbandonare la via dell’arroganza, della violenza utilizzata per procurarsi posizioni di sempre maggiore potere, per assicurarsi il successo ad ogni costo. Anche verso l’ambiente bisogna rinunciare allo stile aggressivo che ha dominato negli ultimi secoli e adottare una ragionevole “mitezza”. Ma soprattutto nei rapporti umani, interpersonali, sociali, la regola del rispetto e della non violenza, cioè la forza della verità contro ogni sopruso, è quella che può assicurare un futuro degno dell’uomo. Cari amici, ieri abbiamo celebrato una particolare memoria liturgica di Maria Ss. lodando Dio per il suo Cuore Immacolato. Ci aiuti la Vergine a “imparare” da Gesù la vera umiltà, a prendere con decisione il suo giogo leggero, per sperimentare la pace interiore e diventare a nostra volta capaci di consolare altri fratelli e sorelle che percorrono con fatica il cammino della vita.
Santo del giorno: 12 Dicembre – Beata Maria Vergine di Guadalupe: L’apparizione, il 9 dicembre 1531, della “Morenita” all’indio Juan Diego, a Guadalupe, in Messico, è un evento che ha lasciato un solco profondo nella religiosità e nella cultura messicana. L’evento guadalupano fu un caso di “inculturazione” miracolosa: meditare su questo evento significa oggi porsi alla scuola di Maria, maestra di umanità e di fede, annunciatrice e serva della Parola, che deve risplendere in tutto il suo fulgore, come l’immagine misteriosa sulla tilma del veggente messicano, che la Chiesa ha di recente proclamato santo.
Preghiamo: Dio onnipotente, che ci chiami a preparare la via al Cristo Signore, fa’ che per la debolezza della nostra fede non ci stanchiamo di attendere la consolante presenza del medico celeste. Per il nostro Signore…