4 Dicembre 2018 – Martedì, I del Tempo di Avvento – (Is 11,1-10; Sal 71[72]; Lc 10,21-24) – I Lettura: Un grande segnale di pace ci viene dato dal profeta Isaìa in un periodo difficile e turbolento, in cui si scontrano la potenza nemica e i tentativi di piccoli regni attorno a Gerusalemme per costituire un’alleanza e lottare contro il grande impero. Ma se il popolo confida nel Signore, il profeta garantisce che sta iniziando un’era di pace, simile a quella che esisteva nel paradiso terrestre, prima del peccato. Vangelo: “In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo” (10,21). Il Vangelo riporta una preghiera di Gesù ma soprattutto offre uno squarcio della sua vita interiore. È lo Spirito che lo guida e riempie di gioia il suo cuore d’uomo e lo apre alla preghiera: “Ti rendo lode, o Padre”. Solo lo Spirito può farci entrare nel mistero di Dio, da Lui scaturisce la luce che orienta i nostri passi e ci conduce alla vera pace, anche nei momenti più oscuri.
Gesù esultò nello Spirito Santo – Dal Vangelo secondo Luca: In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo». E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».
Riflessione: «In quella stessa ora Gesù esultò di gioia…» – Papa Francesco (Evangelii Gaudium 4-5): I libri dell’An-tico Testamento avevano proposto la gioia della salvezza, che sarebbe diventata sovrabbondante nei tempi messianici. Il profeta Isaìa si rivolge al Messia atteso salutandolo con giubilo: «Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia» (9,2). E incoraggia gli abitanti di Sion ad accoglierlo con canti: «Canta ed esulta!» (12,6) … La creazione intera partecipa di questa gioia della salvezza: «Giubilate, o cieli, rallegrati, o terra, gridate di gioia, o monti, perché il Signore consola il suo popolo e ha misericordia dei suoi poveri» (49,13). Zaccarìa, vedendo il giorno del Signore, invita ad acclamare il Re che viene umile e cavalcando un asino: «Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso!» (9,9). Ma forse l’invito più contagioso è quello del profeta Sofonìa, che ci mostra lo stesso Dio come un centro luminoso di festa e di gioia che vuole comunicare al suo popolo questo grido salvifico. Mi riempie di vita rileggere questo testo: «Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente. Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia» (3,17) … Il Vangelo, dove risplende gloriosa la Croce di Cristo, invita con insistenza alla gioia. Bastano alcuni esempi: «Rallegrati» è il saluto dell’angelo a Maria (Lc 1,28). La visita di Maria a Elisabetta fa sì che Giovanni salti di gioia nel grembo di sua madre (cfr. Lc 1,41). Nel suo canto Maria proclama: «Il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore» (Lc 1,47). Quando Gesù inizia il suo ministero, Giovanni esclama: «Ora questa mia gioia è piena» (Gv 3,29). Gesù stesso «esultò di gioia nello Spirito Santo» (Lc 10,21). Il suo messaggio è fonte di gioia: «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,11). La nostra gioia cristiana scaturisce dalla fonte del suo cuore traboccante. Egli promette ai discepoli: «Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia» (Gv 16,20). E insiste: «Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia» (Gv 16,22). Ed essi, vedendolo risorto, «gioirono» (Gv 20,20).
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Comincia l’Avvento – Paolo VI (Angelus, 28 Novembre 1971): Diamo importanza alle cose importanti. Oggi ricomincia l’anno liturgico, comincia l’Avvento. Il tempo, fatale misura della nostra presente esistenza. Il grande panorama dei secoli, la storia, ci si apre davanti. Ha un senso questa vicenda immensa? Sì. L’uomo cammina e progredisce ma è sempre in via di ricerca; e questa, ancor più che una conquista, è un aumento di desideri e di bisogni, è uno spazio più vasto scavato nel cuore dell’uomo, reso più avido e più affamato d’una vita piena e d’una verità sicura. La scienza, lampada dell’universo, denuncia un mistero nella notte circostante, sempre più profonda e più tormentosa; è il mistero del mondo. Ed ecco che noi, al lume della scienza e della fede, sappiamo il disegno del tempo e della storia; noi abbiamo la chiave che ci apre il senso delle cose e, fra tutte, quelle della nostra vita. E questo disegno, questo senso ci è stato rivelato in un avvento, cioè in un incontro, l’incontro con Cristo, che è appunto venuto sul nostro sentiero, e si è fatto maestro e salvatore per chi ha avuto la fortuna somma d’incontrarlo, ed ha liberamente accettato di ascoltarlo, di credergli senza meravigliarsi, senza scandalizzarsi di Lui (Mt 11). Questo istante decisivo per le sorti dell’umanità lo chiamiamo avvento, la venuta… quel fatto continua spiritualmente, si ripete ogni anno, si rinnova in ogni uomo, il quale nel tempo matura e invecchia, e in Cristo, se riesce a farlo suo, ringiovanisce e cresce nella certezza e nella speranza. Sì, pensieri alti e grandi, ma veri. È questo il soffio profetico, in cui respira la Chiesa, e che si offre all’anelito del mondo, anche del mondo moderno che si sente soffocare dalle sue stesse opere gigantesche ma meravigliose. È l’avvento che ci fa un po’ silenziosi e pensosi; ci riabilita alla preghiera e alla speranza; ci fa umili e solleciti per volgere i passi verso il presepio.
Gesù esultò di gioia nello Spirito – Benedetto XVI (Udienza Generale, 7 Dicembre 2011): Luca presenta l’Inno di giubilo in connessione con un momento di sviluppo dell’annuncio del Vangelo. Gesù ha inviato i 72 discepoli (cfr. Lc 10,1) ed essi sono partiti con un senso di paura per il possibile insuccesso della loro missione. Anche Luca sottolinea il rifiuto incontrato nelle città in cui il Signore ha predicato e ha compiuto segni prodigiosi. Ma i 72 discepoli tornano pieni di gioia, perché la loro missione ha avuto successo; essi hanno constatato che, con la potenza della parola di Gesù, i mali dell’uomo vengono vinti. E Gesù condivide la loro soddisfazione: «in quella stessa ora», in quel momento, Egli esultò di gioia. L’evangelista Luca introduce la preghiera con l’annotazione: «Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo» (Lc 10,21). Gesù gioisce partendo dall’intimo di se stesso: la comunione unica di conoscenza e di amore con il Padre, la pienezza dello Spirito Santo.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Ti lodo, o Padre – “Alleluia: è la lode di Dio, per noi, affaticati; essa contrassegna quella che sarà la nostra attività nel riposo. Quando infatti, dopo la fatica di quaggiù, giungeremo al riposo di lassù, unico nostro ufficio sarà la lode di Dio, la nostra attività sarà un alleluia… Lassù l’alleluia sarà nostro cibo; l’alleluia sarà nostra bevanda, l’alleluia sarà l’attività del nostro riposo, tutta la nostra gioia sarà un alleluia, cioè lode di Dio” (Sant’Agostino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: … perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli – Solo i piccoli possono accogliere la Buona Novella, e scivolare in profondità nei misteri del Regno. I piccoli, oltre ad avere lo sguardo acuto della fede, agli occhi di Dio, possiedono una grandezza che tout court li fa cittadini dei cieli. Sembrerebbe una contraddizione, ma per il Vangelo il piccolo, proprio perché piccolo, è grande (cfr. Mt 11,11). Un giorno, a Gesù posero questa domanda: Chi dunque è più grande nel regno dei cieli? Il Maestro rispose con un’azione simbolica, tipica dei profeti nell’Antico Testamento: prende un bambino, lo mette in mezzo a loro e dice: «In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno di Dio» (Mt 18,1ss). Il messaggio è chiaro: ciò che i bambini, i piccoli, sono per se stessi, esseri umili e deboli, deve diventare un tratto della condotta e del sentire interno delle persone. E non soltanto un tratto della condotta, ma un atteggiamento da assumere dinanzi alla Parola divina che si rivela agli uomini nella Carne di un Figlio d’Uomo, Gesù di Nazàret. Sembra così che il Maestro divino voglia tracciare una via a tutti gli uomini, credenti o no: è la piccola via dell’infanzia spirituale. Una via non comune, è la via seguita con audacia da Teresa di Lisieux. A Madre Agnese di Gesù che le chiedeva, il 6 agosto 1897, pochi mesi prima della sua morte, ciò che intendesse per piccola via, ovvero per restare piccoli, fanciulli davanti a Dio, ella rispose: «È riconoscere il proprio niente, attendere tutto da Dio, come un piccolo bimbo attende tutto da suo padre; non inquietarsi di niente; non cercare alcunché dalla fortuna. Essere piccoli è ancora non attribuirsi le virtù che si praticano o credersi capaci di qualcosa di buono; non scoraggiarsi degli sbagli o mancanze, perché i piccoli sogliono cadere facilmente, e sovente, ma essi sono troppo piccoli per farsi troppo del male…». In questa luce, la via dell’infanzia spirituale più che teoria è prassi ed è scorticante, perché occorre spogliarsi del proprio io, della propria volontà, o gusto o progetto, anche il più virtuoso. Allora si comprende come la strada indicata da Gesù è veramente in salita: è la salita del Calvario dove, per spalancarsi alla conoscenza dei misteri del Regno di Dio, la povera umanità non ha altra scelta se non quella di farsi crocifiggere alla Croce di Cristo, non intesa però come strumento di tortura e di morte, ma come il giogo di Dio dolce e leggero che conduce alla gioia perfetta e alla vera vita.
Santo del giorno: 4 Dicembre – Santa Barbara, Vergine e martire: “Nacque a Nicomedia nel 273. Si distinse per l’impegno nello studio e per la riservatezza, qualità che le giovarono la qualifica di «barbara», cioè straniera, non romana. Tra il 286-287 Barbara si trasferì presso la villa rustica di Scandriglia, oggi in provincia di Rieti, al seguito del padre Dioscoro, collaboratore dell’imperatore Massimiano Erculeo. La conversione alla fede cristiana di Barbara provocò l’ira di Dioscoro. La ragazza fu così costretta a rifugiarsi in un bosco dopo aver distrutto gli dei nella villa del padre. Trovata, fu consegnata al prefetto Marciano. Durante il processo che iniziò il 2 dicembre 290 Barbara difese il proprio credo ed esortò Dioscoro, il prefetto ed i presenti a ripudiare la religione pagana per abbracciare la fede cristiana. Questo le costò dolorose torture. Il 4 dicembre, infine, fu decapitata con la spada dallo stesso Dioscoro, che fu colpito però da un fulmine. La tradizione invoca Barbara contro i fulmini, il fuoco e la morte improvvisa. I suoi resti si trovano nella cattedrale di Rieti” (Avvenire).
Preghiamo: Accogli, o Padre, le preghiere della tua Chiesa e soccorrici nelle fatiche e nelle prove della vita; la venuta del Cristo tuo Figlio ci liberi dal male antico che è in noi e ci conforti con la sua presenza. Per il nostro…