28 Novembre 2018 – Mercoledì, XXXIV del Tempo Ordinario – (Ap 15,1-4; Sal 97[98]; Lc 21,12-19) – I Lettura: L’ultimo gruppo di sette (ricordiamo i sette sigilli e le sette trombe) è rappresentato dalle coppe che contengono l’ira di Dio. La vendetta finale inizia con una visione celeste: un mare di cristallo misto a fuoco che simboleggia la distanza tra la creazione e Dio; la purezza e la santità sono simboleggiate dal cristallo e l’elemento del fuoco sta ad indicare che la santità è frutto di purificazione. Vangelo: La persecuzione, segno premonitore della venuta del Cristo, darà ai cristiani la possibilità di testimoniare la fede in Gesù. Ma all’annuncio della persecuzione a causa della fede, si accompagna anche la promessa dell’assistenza divina. Per questo il discepolo deve guardare al martirio con serenità, sapendo che il premio alla sua perseveranza sarà eterno.
Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto – Dal Vangelo secondo Luca: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».
Riflessione: Papa Francesco (Angelus, 17 Novembre 2013): Gesù preannuncia prove dolorose e persecuzioni che i suoi discepoli dovranno patire, a causa sua. Tuttavia assicura: «Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto». Ci ricorda che siamo totalmente nelle mani di Dio! Le avversità che incontriamo per la nostra fede e la nostra adesione al Vangelo sono occasioni di testimonianza; non devono allontanarci dal Signore, ma spingerci ad abbandonarci ancora di più a Lui, alla forza del suo Spirito e della sua grazia. In questo momento penso… a tanti fratelli e sorelle cristiani, che soffrono persecuzioni a causa della loro fede. Ce ne sono tanti, forse molti di più dei primi secoli: Gesù è con loro. Noi siamo uniti a loro con la nostra preghiera e il nostro affetto; abbiamo ammirazione per il loro coraggio e la loro testimonianza. Sono i nostri fratelli e sorelle, che in tante parti del mondo soffrono a causa dell’essere fedeli a Gesù Cristo. Li salutiamo di cuore e con affetto. Alla fine, Gesù fa una promessa che è garanzia di vittoria: «Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita». Quanta speranza in queste parole! Sono un richiamo alla speranza e alla pazienza, al saper aspettare i frutti sicuri della salvezza, confidando nel senso profondo della vita e della storia: le prove e le difficoltà fanno parte di un disegno più grande; il Signore, padrone della storia, conduce tutto al suo compimento. Nonostante i disordini e le sciagure che turbano il mondo, il disegno di bontà e di misericordia di Dio si compirà! E questa è la nostra speranza: andare così, in questa strada, nel disegno di Dio che si compirà: è la nostra speranza. Questo messaggio di Gesù ci fa riflettere sul nostro presente e ci dà la forza di affrontarlo con coraggio e speranza, in compagnia della Madonna, che sempre cammina con noi.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Vidi coloro che avevano vinto la bestia… Hanno cetre divine e cantano il canto di Mosè – Benedetto XVI (Omelia, 11 Aprile 2009): Con questa immagine è descritta la situazione dei discepoli di Gesù Cristo in tutti i tempi, la situazione della Chiesa nella storia di questo mondo. Considerata umanamente, essa è in se stessa contraddittoria. Da una parte, la comunità si trova nell’Esodo, in mezzo al Mar Rosso. In un mare che, paradossalmente, è insieme ghiaccio e fuoco. E non deve forse la Chiesa, per così dire, camminare sempre sul mare, attraverso il fuoco e il freddo? Umanamente parlando, essa dovrebbe affondare. Ma, mentre cammina ancora in mezzo a questo Mar Rosso, essa canta – intona il canto di lode dei giusti: il canto di Mosè e dell’A-gnello, in cui s’accordano l’Antica e la Nuova Alleanza. Mentre, tutto sommato, dovrebbe affondare, la Chiesa canta il canto di ringraziamento dei salvati. Essa sta sulle acque di morte della storia e tuttavia è già risorta. Cantando essa si aggrappa alla mano del Signore, che la tiene al di sopra delle acque. Ed essa sa che con ciò è sollevata fuori dalla forza di gravità della morte e del male – una forza dalla quale altrimenti non ci sarebbe via di scampo – sollevata e attirata dentro la nuova forza di gravità di Dio, della verità e dell’amore. Al momento, la Chiesa e noi tutti ci troviamo ancora tra i due campi gravitazionali. Ma da quando Cristo è risorto, la gravitazione dell’amore è più forte di quella dell’odio; la forza di gravità della vita è più forte di quella della morte. Non è forse questa veramente la situazione della Chiesa di tutti i tempi, la situazione nostra? Sempre c’è l’impressione che essa debba affondare, e sempre è già salvata. San Paolo ha illustrato questa situazione con le parole: “Siamo… come moribondi, e invece viviamo”, (2Cor 6,9). La mano salvifica del Signore ci sorregge, e così possiamo cantare già ora il canto dei salvati, il canto nuovo dei risorti: alleluia! Amen.
Allora avrete occasione di dare testimonianza – Compendio CCC 522: Il cristiano deve testimoniare la verità evangelica in tutti i campi della sua attività pubblica e privata, anche, se necessario, col sacrificio della propria vita. Il martirio è la suprema testimonianza resa alla verità della fede.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «[Riguardo alla morte del corpo] Cristo Signore ha rassicurato i suoi martiri. Infatti, come potrebbero dubitare della integrità delle membra coloro che sapevano sotto uno sguardo interessato il numero dei capelli? I vostri capelli – dice Gesù – sono contati [Mt 10,30; Lc 12,7]. Ed altrove dice apertamente: Vi dico in verità che non andrà perduto un solo capello del vostro capo. È la verità a parlare, può vacillare la debolezza?» (Sant’Agostino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: La persecuzione degli amici di Dio non è che un aspetto della guerra secolare che oppone Satana e le potenze del male a Dio ed ai suoi servi, e che si risolverà con lo schiacciamento del serpente. Dall’apparizione del peccato (Gen 3) fino alla lotte finali descritte nell’Apocalisse, il dragone «perseguita» la donna e la sua discendenza (Ap 12; cfr. 17; 19). Questa lotta si estende a tutta la storia, ma si amplifica sempre più a mano a mano che il tempo avanza. Raggiunge il vertice al momento della passione di Gesù, che è nello stesso tempo l’ora del principe delle tenebre e l’ora di Gesù, l’ora della sua morte e l’ora della sua glorificazione (Lc 22,53; Gv 12,23; 17,1). Nella Chiesa, le persecuzioni sono il segno e la condizione della vittoria definitiva di Cristo e dei suoi. A questo titolo hanno un significato escatologico, perché sono un prodromo del giudizio (1Pt 4,17ss) e della instaurazione completa del regno. Legati alla «grande tribolazione» (Mc 13,9-13.14-20), esse preludono alla fine del mondo e condizionano la nascita di una nuova era (Ap 7,13-17). Se i perseguitati rimasti fedeli nella prova (Ap 7,14) sono fin d’ora vincitori e «sovrabbondano di gioia», la loro sorte gloriosa non deve far dimenticare l’aspetto tragico del castigo dei persecutori. L’ira di Dio, che si rivela fin d’ora nei confronti dei peccatori (Rm 1,18), alla fine dei tempi cadrà su coloro che si saranno induriti, specialmente sui persecutori (1Ts 2,16; 2Ts 1,5-8; Ap 6,9ss; 11,17s; 16,5s; 19,2). La loro sorte era già annunziata nella fine tragica di Antioco Epifane (2Mac 9; Dn 7,11; 8,25; 11,45) che quella di Erode Agrippa ripete (At 12,21ss). Questo nesso delle persecuzioni con il castigo escatologico è sottolineato nelle parabole dei vignaioli omicidi (Mt 21,33-46 par.) e del banchetto nuziale (22,l-14). L’ultimo delitto dei vignaioli ed i cattivi trattamenti subiti dagli ultimi servi costituiscono l’anello finale di una serie di oltraggi e scatenano l’ira del padrone o del re. «Poiché hanno versato sangue dei santi, sangue hai dato loro da bere; ne sono meritevoli» (Ap 16,6; 19,2).
Santo del giorno: 28 Novembre – Nostra Signora del Dolore di Kibeho (Rwanda): “Sono le prime apparizioni mariane riconosciute dalla Chiesa in Africa. Tra il 28 novembre 1981 e lo stesso giorno del 1989, nel villaggio di Kibeho, nel Ruanda meridionale, la Vergine apparve a tre studentesse di un collegio di suore affidando loro il compito di aiutare l’umanità a riscoprire «il Vangelo dimenticato» e chiedendo per questo ai fedeli penitenze, digiuni, sacrifici. All’even-to soprannaturale, del quale è stato testimone diretto, deve la sua vocazione don Edouard Sinayobye, che ha fatto di quell’esperienza una scelta di vita (ora svolge il suo ministero in una parrocchia a pochi chilometri dal villaggio, nel distretto di Nyaruguru). «Grazie a Kibeho la Chiesa locale ha preso coscienza delle sue fragilità e ha vissuto un risveglio spirituale – commenta don Sinayobye – rispetto al quale si sentono interpellati vescovi, preti, religiosi e laici. La presa di coscienza delle proprie debolezze è stata benefica perché ha spinto tanti a passare da un culto di facciata a una fede più radicata nel Vangelo». L’aspetto più sconvolgente delle apparizioni, per la gente del posto, è che furono drammaticamente profetiche, avvennero infatti cinque anni prima del genocidio del 1994: un milione di morti, con vittime in larghissima maggioranza dell’etnia Tutsi, più di un decimo dell’intera popolazione di allora. La Madonna mostrò alle veggenti Nathalie Mukamazimpaka, Marie Claire Mukangango e Alphonsine Mumureke fiumi di sangue che attraversavano il Paese, violenze, cumuli di cadaveri con teste mozzate. Dopo le dovute verifiche, durate 20 anni, il 29 giugno del 2001 la Chiesa ha riconosciuto ufficialmente le apparizioni e nel luogo delle visioni è sorto nel 2003 il Santuario di Nostra Signora dei Dolori. I pastori del Ruanda riconoscono che i cristiani non hanno dato ascolto agli appelli della Madonna: i frutti spirituali si sono moltiplicati solo dopo la tragedia e la presa di coscienza di quello che veramente voleva la Vergine. Per don Sinayobye tra questi frutti sono da annoverare «la riconciliazione di un popolo passato per un genocidio; una fede più viva ed espressa con entusiasmo; nuove iniziative di carità e un rinnovato senso di responsabilità nelle comunità parrocchiali; una preghiera più personale. «Nella mia permanenza a Roma – dice il sacerdote – mi sono reso conto che Kibeho è conosciuto ma il messaggio della Madonna no. Eppure è denso e profondo, veramente attuale per i bisogni spirituali del mondo di oggi. Anche in Occidente dovrebbe trovare spazio e attenzione». Le apparizioni hanno spinto i cattolici ruandesi (la metà circa degli otto milioni di abitanti che vivono nello Stato dell’Africa orientale) a riappropriarsi della propria fede, ad aprirsi all’esterno, a coltivare carismi e opere sociali. «I ruandesi, così colpiti da quel massacro – conclude don Edouard – grazie a Kibeho hanno imparato a portare cristianamente la pesantissima croce della sofferenza, hanno capito che Dio li ama; e stanno anche imparando, seguendo il messaggio della Vergine, a vivere il mistero della sofferenza non come una negatività ma come un modo di imitare Cristo. Grazie alla Nostra Signora del Dolore l’indicibile massacro che ha segnato il nostro popolo trova una luce nuova, quella della risurrezione»” (Avvenire).
Preghiamo: Ridesta, Signore, la volontà dei tuoi fedeli perché, collaborando con impegno alla tua opera di salvezza, ottengano in misura sempre più abbondante i doni della tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo…