27 Novembre 2018 – Martedì, XXXIV del Tempo Ordinario – (Ap 14,14-19; Sal 95[96]; Lc 21,5-11) – I Lettura: Secondo il Salmo 104 (“fai delle nubi il tuo carro”), la nuvola rappresenta il carro di Dio e, quindi, il misterioso personaggio che vi sta assiso è Gesù. Porta una corona, simbolo di vittoria, e porta una falce per mietere, simbolo del giudizio finale. Dopo le tribolazioni inflitte agli eletti da parte della bestia, adesso inizia il tempo della mietitura da parte di Dio (cioè la convocazione dei fedeli) e della vendemmia (la punizione divina per gli avversari). Vangelo: Il tempio in pietra rappresenta l’effimera realtà temporale destinata a scomparire. Non bisogna, dunque, ammirare solo la bellezza delle pietre, ma bisogna scorgerne il significato spirituale che ci porta a contemplare i beni eterni. Anche le realtà presenti sono destinate a scomparire, ma non sappiamo quando ciò avverrà, è necessario, dunque, imparare a riconoscere i segni di Dio.
Non sarà lasciata pietra su pietra – Dal Vangelo secondo Luca: In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo».
Riflessione: Siamo in attesa di un eterno destino – Giovanni Paolo II (Omelia, 19 Novembre 1995): […] il brano del Vangelo tratto da Luca ha un carattere escatologico. In esso, pero, non è preponderante il tema della fine del mondo, ma l’annuncio della distruzione di Gerusalemme. “Verranno giorni – dice Gesù – in cui di tutto quello che ammirate non resterà pietra su pietra che non venga distrutta” (21,6). Chi ascoltava queste parole aveva visto con i propri occhi la magnificenza del tempio di Gerusalemme. Il Signore, pertanto, annunciava eventi relativamente vicini nel tempo. È noto, infatti, che la distruzione di Gerusalemme e del tempio ebbero luogo nel settanta dopo Cristo. Alla domanda: “Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?” (Lc 21,7), Cristo dà una risposta che direttamente riguarda la distruzione di Gerusalemme, ma potrebbe anche riferirsi alla fine del mondo. Preannuncia guerre e rivolgimenti, ammonendo contro i falsi messia: “Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno, e vi saranno di luogo in luogo terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandi dal cielo” (Lc 21,10-11). Simili eventi accompagnarono la caduta di Israele e la distruzione di Gerusalemme ad opera dei Romani, ma si può dire che si sono realizzati anche in altre epoche della storia. Non ha forse visto il nostro secolo molte guerre e rivoluzioni? La storia dell’uomo e quella dell’umanità portano il segno del loro destino escatologico. L’orien-tamento del tempo verso le “ultime realtà” ci rende consapevoli di non avere sulla terra una stabile dimora.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Cristo, il mietitore escatologico – Ecclesia in Europa 6: In un tempo di persecuzione, di tribolazione e di smarrimento per la Chiesa all’epoca dell’Autore dell’Apocalisse (cfr. Ap 1,9), la parola che risuona nella visione è una parola di speranza: «Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi» (Ap 1,17-18). Siamo messi così di fronte al Vangelo, al «lieto annuncio», che è Gesù Cristo stesso. Egli è il Primo e l’Ultimo: in Lui tutta la storia trova inizio, senso, direzione, compimento; in Lui e con Lui, nella sua morte e risurrezione, tutto è già stato detto. È il Vivente: era morto, ma ora vive per sempre. Egli è l’Agnello che sta ritto in mezzo al trono di Dio (cfr. Ap 5,6): è immolato, perché ha effuso il suo sangue per noi sul legno della croce; è ritto in piedi, perché è tornato in vita per sempre e ci ha mostrato l’infinita onnipotenza dell’amore del Padre. Egli tiene saldamente nelle sue mani le sette stelle (cfr. Ap 1,16), cioè la Chiesa di Dio perseguitata, in lotta contro il male e contro il peccato, ma che ha ugualmente il diritto di essere lieta e vittoriosa, perché è nelle mani di Colui che ha già vinto il male. Egli cammina in mezzo ai sette candelabri d’oro (cfr. Ap 2,1): è presente e attivo nella sua Chiesa in preghiera. Egli è anche «colui che viene» (Ap 1,4) mediante la missione e l’azione della Chiesa lungo la storia; viene come mietitore escatologico, alla fine dei tempi, per portare a compimento tutte le cose (cfr. Ap 14,15-16; 22,20).
Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta – Card. Tarcisio Bertone (Omelia, 18 Novembre 2007): In pratica, che cos’ha detto Gesù rispondendo agli Apostoli? In primo luogo, per così dire, ha distanziato quei due avvenimenti: quel «non rimarrà pietra su pietra» ossia la distruzione di Gerusalemme, lo ha separato da ciò che noi di solito chiamiamo «fine del mondo». Agli Apostoli, e ancor più ai primi cristiani, poteva essere facile confondere la fine di un mondo (il piccolo mondo giudaico) con la fine di tutto, del mondo. Ma Gesù spiega che non solo i due avvenimenti non coincidono, ma sono di natura totalmente diversa. La caduta di Gerusalemme è indicata da lui come fatto storico, e la fine del mondo è collocata come fuori della storia e nel segreto del Padre. La fine del mondo, nelle parole di Gesù, non appare un prodotto della storia umana, ma un evento il cui protagonista è Dio. Egli concluderà la storia della salvezza mediante il suo Figlio Gesù, risorto e glorificato. Dunque ecco la sorpresa conclusiva: la fine segna un inizio, si realizza la città di Dio tra gli uomini. Questo insegnamento di Gesù è quanto basta per orientare la vita degli Apostoli, e di ogni cristiano: anche se le modalità e i particolari rimangono un segreto del Padre, noi sappiamo e sentiamo che il Signore è vicino. Non siamo nel buio, perché una cosa è certa: le parole di Gesù non ci vogliono spaventare mostrandoci la distruzione di questo mondo: vogliono, semmai, ricordarci che la vita, che qui in terra si consuma e che noi impregniamo ogni giorno con la qualità delle nostre azioni, può diventare, e anzi diventa immortale ed eterna.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Non sarà lasciata pietra su pietra – «[Le] parole che [Gesù] dice ora, rispondevano a verità per il tempio costruito da Salomone, e che per primo doveva essere distrutto dal nemico all’epoca del giudizio: non c’è infatti opera umana che la vetustà non corrompa, o che la violenza non distrugga, o che il fuoco non consumi. Ma c’è anche un altro tempio, costruito di belle pietre e ornato di doni, di cui il Signore sembra indicare la distruzione: la sinagoga dei Giudei, il cui invecchiato edificio va in rovina al sorgere della Chiesa. E c’è anche un tempio in ciascuno di noi, che crolla se viene a mancare la fede; soprattutto quando si ostenta il nome di Cristo per impadronirsi dei sentimenti interiori. Può darsi che questa interpretazione sia la più utile per me. Che mi gioverebbe, infatti, conoscere il giorno del giudizio? A che mi serve, avendo io coscienza di tutti i miei peccati, che il Signore venga, se non viene nella mia anima, se non torna nel mio spirito, se Cristo non vive in me e non parla in me? È a me che Cristo deve venire, è per me che deve realizzarsi il suo avvento. Orbene, il secondo avvento del Signore ha luogo alla fine del mondo» (Ambrogio).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Per comprendere il testo del Libro dell’Apocalisse, che oggi la Liturgia offre alla nostra meditazione, dobbiamo cercare di decodificare “le immagini”. Innanzitutto, “la corona e la falce”: Cristo porta la corona del vincitore (Ap 6,2), ma la falce indica che ora egli viene come Giudice (Gv 5,27). La descrizione anticipata del giudizio finale è presentata in due scene: la mietitura e la vendemmia, nella linea della profezia di Gioele relativa al giudizio di Dio sui popoli nemici d’Israele: “Si affrettino e salgano le nazioni alla valle di Giòsafat, poiché lì sederò per giudicare tutte le nazioni dei dintorni. Date mano alla falce, perché la messe è matura; venite, pigiate, perché il torchio è pieno e i tini traboccano, poiché grande è la loro malvagità!” (Gl 4,12-13). La “messe matura” vuole indicare la parusia del “Figlio dell’uomo” (Mt 25,31). L’ordine di raccogliere la messe viene dal tempio perché il padrone della messe è il Padre. “Un altro angelo, che ha potere sul fuoco, venne dall’altare”: c’è un solo altare nel tempio celeste; quello degli olocausti (Ap 6,9; 11,1), che richiama il sangue dei martiri; e quello delle offerte dell’incenso (Ap 8,3.5; 9,13) che sono le preghiere dei santi, che l’angelo porta a Dio per domandare giustizia. Il tino sta ad indicare il giudizio di Dio contro i peccatori che è simile all’azione di un vendemmiatore, che pigia l’uva sotto i piedi. La pigiatura dell’uva sta ad indicare che il Giudizio universale si svolgerà in mezzo a uno spaventoso bagno di sangue (cfr. Ap 14,20). In conclusione, sembra che Giovanni abbia voluto proporci un insegnamento tradizionale. Sulla base di un passo di Gioele (4,12-13), egli ha messo insieme tratti già presenti nel Nuovo Testamento: il ritorno del Figlio dell’uo-mo per il giudizio definitivo (Mc 13,26), e la venuta degli angeli con il compito di togliere tutti gli scandali e gli operatori di iniquità (Mt 13,41).
Santo del giorno: 27 Novembre – Beata Vergine della Medaglia Miracolosa: Tra tutte le ‘memorie sacre’ di questa giornata, ci sembra particolarmente utile ricordare il dono fatto dalla Madonna all’umile santa Caterina Labouré, il 27 novembre del 1830. Proprio in quella vigilia di Avvento, le apparve la Vergine, vestita di un abito di seta bianca, che teneva il mondo tra le mani, stringendolo all’altezza del cuore. L’immagine era racchiusa in una cornice ovale, come se si delineasse il bozzetto di una medaglia, contornata da una scritta in lettere d’oro: «O Maria concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a voi», invocazione allora inusuale. Poi la cornice ruotò su se stessa e apparve la lettera M sormontata da una croce e, sotto, due cuori: uno circondato dalla corona di spine, l’altro trafitto da una spada. La Vergine chiese alla giovane novizia di far coniare una medaglia secondo la visione avuta e di diffonderla in tutto il mondo. La ragazza avrebbe voluto poter trasmettere almeno la spiegazione dei due simboli, ma le fu detto soltanto: «La lettera M e i due cuori dicono abbastanza!». Parigi era allora devastata da un’epidemia di colera. Dopo qualche resistenza, la medaglia fu realizzata da un orafo di Parigi e furono tante le guarigioni e le grazie di conversione che in pochissimi anni fu necessario coniarne milioni di copie. Il quotidiano La France, nel 1835, già sosteneva che quel piccolo oggetto sacro era diventato «uno dei più grandi segni della fede, degli ultimi tempi». E quando, nel 1854, Pio IX definirà il dogma dell’Immacolata Concezione, riconoscendo che «era una verità tenacemente custodita nel cuore dei fedeli», potrà fondarsi anche sul fatto che c’erano già almeno dieci milioni di cristiani che ne portavano sul cuore la medaglia miracolosa.
Preghiamo: Ridesta, Signore, la volontà dei tuoi fedeli perché, collaborando con impegno alla tua opera di salvezza, ottengano in misura sempre più abbondante i doni della tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo…