21 Novembre 2018 – Mercoledì, XXXIII del Tempo Ordinario – Presentazione della Beata Vergine Maria (Memoria) – (Ap 4,1-11; Sal 150; Lc 19,11-28) – I Lettura: Giovanni si trova in esilio nell’isola di Patmos, qui, “nel giorno del Signore”, la domenica, viene rapito in estasi. Gli viene detto di scrivere delle lettere alle sette Chiese e dopo gli è concesso un privilegio: di entrare nel mondo trascendente. Una sola porta è aperta e non tutto il cielo, segno che la visione è per lui solo. Gli si apre davanti l’assise della corte celeste: Dio non è nominato secondo la consuetudine giudaica per cui il nome di Dio non può essere proferito per rispetto, per questo Giovanni dice “Uno stava seduto”. Vangelo: La parabola descrive perfettamente il destino di Gesù: il viaggio che il nobiluomo della storia intraprende è il suo destino del ritorno al Padre dopo la sua risurrezione. Egli lascia i suoi servi a custodia della sua casa, il popolo dei credenti. Non li lascia senza nulla, dà loro la sua Parola e lo Spirito. Di questi chiederà loro conto al suo ritorno, quando verrà nella sua gloria e premierà coloro che gli saranno rimasti fedeli malgrado la minaccia degli avversari del loro padrone, e che avranno portato frutto con la perseveranza.
Perché non hai consegnato il mio denaro a una banca? – Dal Vangelo secondo Luca: In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro. Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino al mio ritorno”. Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”. Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato. Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci”. Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città”. Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. Anche a questo disse: “Tu pure sarai a capo di cinque città”. Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato”. Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. Disse poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me”». Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.
Riflessione: Protovangelo di Giacomo (6-8): Quando Maria compì l’anno, Gioacchino fece un gran convito: invitò i sacerdoti, gli scribi, il consiglio degli anziani e tutto il popolo di Israele. Gioacchino presentò allora la bambina ai sacerdoti, i quali la benedissero, dicendo: “O Dio dei nostri padri, benedici questa bambina e dà a lei un nome rinomato in eterno in tutte le generazioni”. E tutto il popolo esclamò: “Così sia, così sia!”. La presentò anche ai sommi sacerdoti, i quali la benedissero, dicendo: “O Dio delle sublimità, guarda questa bambina e benedicila con l’ultima benedizione, quella che non ha altre dopo di sé. […] Terminato il banchetto, se ne partirono pieni di allegria, glorificando il Dio di Israele. Per la bambina passavano intanto i mesi. Giunta che fu l’età di due anni, Gioacchino disse a Anna: “Per mantenere la promessa fatta, conduciamola al tempio del Signore”. Anna rispose: “Aspettiamo il terzo anno, affinché la bambina non cerchi poi il padre e la madre”. Gioacchino rispose: “Aspettiamo”. Quando la bambina compì i tre anni, Gioacchino disse: “Chiamate le figlie senza macchia degli Ebrei: ognuna prenda una fiaccola accesa e la tenga accesa affinché la bambina non si volti indietro e il suo cuore non sia attratto fuori del tempio del Signore”. Quelle fecero così fino a che furono salite nel tempio del Signore. Il sacerdote l’accolse e, baciatala, la benedisse esclamando: “Il Signore ha magnificato il tuo nome in tutte le generazioni. Nell’ultimo giorno, il Signore manifesterà in te ai figli di Israele la sua redenzione”. La fece poi sedere sul terzo gradino dell’altare, e il Signore Iddio la rivestì di grazia; ed ella danzò con i suoi piedi e tutta la casa di Israele prese a volerle bene. I suoi genitori scesero ammirati e lodarono il Padrone Iddio perché la bambina non s’era voltata indietro. Maria era allevata nel tempio del Signore come una colomba, e riceveva il vitto per mano di un angelo». [Il Protovangelo di Giacomo non è uno scritto ispirato, ma le sue pagine ci suggeriscono come Maria fosse amata, venerata, innanzi tutto come serva del Signore, poi come discepola, come Maestra, e infine Madre di Gesù, vero Dio e vero Uomo, Madre e Regina di tutti gli uomini].
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: I talenti arricchiscono… – CCC 1879-1880: La persona umana ha bisogno della vita sociale. Questa non è per l’uomo qualcosa di aggiunto, ma un’esigenza della sua natura. Attraverso il rapporto con gli altri, la reciprocità dei servizi e il dialogo con i fratelli, l’uomo sviluppa le proprie virtualità, e così risponde alla propria vocazione. Una società è un insieme di persone legate in modo organico da un principio di unità che supera ognuna di loro. Assemblea dura nel tempo: è erede del passato e prepara l’avvenire. Grazie ad essa, ogni uomo è costituito «erede», riceve dei «talenti» che arricchiscono la sua identità e che sono da far fruttificare. Giustamente, ciascuno deve dedizione alle comunità di cui fa parte e rispetto alle autorità incaricate del bene comune.
I talenti non sono distribuiti in misura eguale – CCC 1936-1937: L’uomo, venendo al mondo, non dispone di tutto ciò che è necessario allo sviluppo della propria vita, corporale e spirituale. Ha bisogno degli altri. Si notano differenze legate all’età, alle capacità fisiche, alle attitudini intellettuali o morali, agli scambi di cui ciascuno ha potuto beneficiare, alla distribuzione delle ricchezze. I «talenti» non sono distribuiti in misura eguale. Tali differenze rientrano nel piano di Dio, il quale vuole che ciascuno riceva dagli altri ciò di cui ha bisogno, e che coloro che hanno «talenti» particolari ne comunichino i benefici a coloro che ne hanno bisogno. Le differenze incoraggiano e spesso obbligano le persone alla magnanimità, alla benevolenza e alla condivisione; spingono le culture a mutui arricchimenti: «Io distribuisco le virtù tanto differentemente, che non do tutto ad ognuno, ma a chi l’una a chi l’altra. […] A chi darò principalmente la carità, a chi la giustizia, a chi l’umiltà, a chi una fede viva. […] E così ho dato molti doni e grazie di virtù, spirituali e temporali, con tale diversità, che non tutto ho comunicato ad una sola persona, affinché voi foste costretti ad usare carità l’uno con l’altro. […] Io volli che l’uno avesse bisogno dell’altro e tutti fossero miei ministri nel dispensare le grazie e i doni da me ricevuti».
Ciascuno userà legittimamente i propri talenti… – CCC 2427-2428: Il lavoro umano proviene immediatamente da persone create ad immagine di Dio e chiamate a prolungare, le une con le altre e per le altre, l’opera della creazione sottomettendo la terra. Il lavoro, quindi, è un dovere: «Chi non vuol lavorare, neppure mangi» (2Ts 3,10). Il lavoro esalta i doni del Creatore e i talenti ricevuti. Può anche essere redentivo. Sopportando la penosa fatica del lavoro in unione con Gesù, l’artigiano di Nazaret e il crocifisso del Calvario, l’uomo in un certo modo coopera con il Figlio di Dio nella sua opera redentrice. Si mostra discepolo di Cristo portando la croce, ogni giorno, nell’attività che è chiamato a compiere. Il lavoro può essere un mezzo di santificazione e un’animazione delle realtà terrene nello Spirito di Cristo.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: La simbologia dei talenti – «“Sarà infatti come d’un uomo il quale, stando per fare un lungo viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, all’altro due, e a un altro uno solo: a ciascuno secondo la sua capacità” [Mt 25,14-15]. Non v’è dubbio che quest’uomo, questo padrone di casa, è Cristo stesso, il quale, mentre s’appresta vittorioso ad ascendere al Padre dopo la Risurrezione, chiamati a sé gli apostoli, affida loro la dottrina evangelica, dando a uno più e a un altro meno, non perché vuol essere con uno più generoso e con l’altro più parco, ma perché tiene conto delle forze di ciascuno [l’Apostolo dice qualcosa di simile quando afferma di aver nutrito col latte coloro che non erano ancora in grado di nutrirsi con cibi solidi – cfr. 1Cor 3,2]. Infatti poi con uguale gioia ha accolto colui che di cinque talenti, trafficandoli, ne ha fatto dieci e colui che di due ne ha fatto quattro, considerando non l’entità del guadagno, ma la volontà di ben fare. Nei cinque, come nei due e nell’unico talento, scorgiamo le diverse grazie che a ciascuno vengono date. Oppure si può vedere, nel primo che ne riceve cinque, i cinque sensi, nel secondo che ne ha due, l’intelligenza e le opere, e nel terzo che ne ha uno solo, la ragione, che distingue gli uomini dalle bestie» (Girolamo).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Sali quassù – «Ci può essere un apparente contrasto tra quello che, in questo brano, dice la “voce” al veggente: “Sali quassù”; e la “voce” dell’angelo agli Apostoli dopo l’Ascensione di Gesù: “Perché state a guardare il cielo?”. In realtà, tra la vita attiva e quella contemplativa, c’è solo il rischio di sbagliare clamorosamente atteggiamento: guardare in direzione del cielo, mentre bisognerebbe con attenzione esplorare la terra e cogliervi le tracce della presenza nascosta del Signore e del suo passaggio misterioso. Ci può essere chi disgustato dalla terra e dai suoi abitanti, si rifugia verso una contemplazione sganciata e totalmente avulsa dalle vicende storiche e dalle realtà più scomode e compromettenti, e chi, invece, incapace di sostare a Gerusalemme in attesa del compimento delle promesse [At 1,4], fugge verso un attivismo frenetico. È difficile indovinare la via della navigazione evitando gli scogli opposti: uno spiritualismo disincarnato da una parte, e un apostolato senz’anima, di tipo manageriale dall’altra; la rassegnazione e la crociata; l’adattamento a tutte le mode e le ideologie da una parte e l’integrismo più ottuso dall’altra; la paura e il fanatismo; la timidezza e la spavalderia. Forse sta qui, però, la bellezza anche così sofferta dell’essere cristiani: niente di deciso in partenza, nessun programma definito una volta per tutte, ma un cammino da inventare giorno per giorno, tra incertezze, ambiguità, imprevisti, che ci obbligano a rivedere costantemente le posizioni, il senso della realtà, senza rinunciare alla speranza. Dobbiamo avere la coscienza di un compito immane, sproporzionato, di un mondo che non cambia, senza esitare, però, a produrre ogni giorno il proprio minuscolo impegno; avere la consapevolezza dei pericoli che ci minacciano senza, però, cedere alla tentazione di rinchiuderci in comodi rifugi, alla ricerca di facili consolazioni; ammettere la propria miseria per avere la possibilità di sperimentare in maniera discreta ma leale, la forza che viene dallo Spirito. Se tutto questo ci fa pensare che essere cristiani, cioè seguaci di Cristo Risorto, può significare lavorare nell’oggi alla costruzione della “civiltà dell’amore”, come diceva Paolo VI, allora l’apertura al trascendente che è Dio, non è alienazione per l’uomo, ma diventa garanzia insostituibile della sua stessa libertà; l’incontro con Dio è per l’uomo motivo di maggior impegno storico, fino all’eroismo” (www.corsobiblico.it).
Santo del giorno: 21 Novembre – Presentazione della Beata Vergine: “Memoria mariana di origine devozionale, si collega a una pia tradizione attestata dal protovangelo di Giacomo. La celebrazione liturgica, che risale al secolo VI in Oriente e al secolo XIV in Occidente, dà risalto alla prima donazione totale che Maria fece di sé” (Messale Romano).
Preghiamo: Guarda, Signore, il tuo popolo riunito nel ricordo delle beata Vergine Maria; fa’ che per sua intercessione partecipi alla pienezza della tua grazia. Per il nostro Signore Gesù Cristo…