19 Novembre 2018 – Lunedì, XXXIII del Tempo Ordinario – (Ap 1,1-5a; 2,1-5a; Sal 1; Lc 18,35-43) – I Lettura: “L’Apocalisse è una rivelazione divina e, in quanto tale, un messaggio di fede e di speranza. Essa viene da Dio, fonte della rivelazione; è affidata a Gesù Cristo e da questi comunicata a uomini da lui scelti, affinché sia fatta conoscere a tutti i cristiani. Due cose in particolar modo ci insegnano i versetti che seguono: la divina parola deve essere letta e meditata nella liturgia, e si proclama beato chi legge e chi ascolta; la divina rivelazione è necessaria non soltanto per la conoscenza dell’avvenire della Chiesa, ma anche affinché i cristiani possono fare il loro obbiettivo esame di coscienza” (Messale Feriale, LDC). Vangelo: La guarigione di Bartimeo, figlio di Timeo, (cfr. Lc 10,46) mette ancora una volta in evidenza l’amore di Gesù verso gli ammalati. Il figlio di Timeo, riacquistata la vista, diventa un discepolo di Gesù che segue e ci vede: ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo glorificando Dio. La sequela del cieco Bartimèo diventa il prototipo di ogni discepolato: solo la luce della grazia riesce a far sentire all’uomo la presenza di Gesù. Solo il Dio salvatore dell’uomo e la grazia muovono l’uomo a invocare l’intervento liberatore di Dio: l’uomo, a tanta condiscendenza divina, può rispondere all’amore salvifico di Dio solo con la fede.
Che cosa vuoi che io faccia per te? Signore, che io veda di nuovo! – Dal Vangelo secondo Luca: Mentre Gesù si avvicinava a Gèrico, un cieco era seduto lungo la strada a mendicare. Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli annunciarono: «Passa Gesù, il Nazareno!». Allora gridò dicendo: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!». Quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù allora si fermò e ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato». Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo glorificando Dio. E tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio.
Riflessione: “La scena della guarigione del cieco di Gèrico si colloca nel contesto della passione: «Ecco, noi andiamo a Gerusalemme, e tutto ciò che fu scritto dai profeti… si compirà» (Lc 18,31). Il Figlio dell’uomo s’incammina apertamente verso la morte… Siamo a Gèrico, e sulla via che Gesù sta percorrendo si presenta un cieco che lo supplica: «abbi pietà di me», «fa’ che io riabbia la vista» (Lc 18,38-41). Mettendosi nella luce di Dio che passa in Gesù, il cieco è simbolo dell’uomo che è aperto al mistero e osa bussare alle sue porte. Gesù gli apre gli occhi, quelli del corpo e quelli dell’anima. E, da quel momento, il cieco comincia a essere un uomo diverso. Forse non ha grandi ricchezze da perdere, ma lascia tutto e segue Gesù nel suo viaggio (Lc 18,42-43). Per completare la visione di questo miracolo, dobbiamo considerare attentamente due particolari importanti: il titolo di figlio di Davide e la decisione di seguire Gesù. Essere figlio di Davide voleva dire primordialmente aspirare al trono dell’antico re d’Israele, restaurando messianicamente il suo regno. È probabile che alcuni seguaci lo abbiano chiamato in questo modo indicando così la loro visione della messianità (politica, mondana). Però in tutta la tradizione evangelica l’invocazione di Gesù come figlio di Davide è strettamente legata a questo miracolo compiuto da Gesù durante il viaggio (cfr. Mt 10,46-52); Matteo lo applica con coerenza anche in altri racconti (cfr. Mt 9,27; 15,22; 20,30-31). Questo dato è importante. Essere discendente di Davide voleva dire, per i salmi (cfr. Sal 17; 18), annientare i poteri nemici e instaurare il regno sulla terra. Per la tradizione evangelica, è figlio di Davide colui che sente l’invocazione dei poveri e li aiuta. Solo così si adempiono le profezie. Il cieco guarito sulla via ha scoperto tutta la novità di Gesù Cristo. Perciò non si limita a benedire Dio per il miracolo, ma si unisce al viaggio di Gesù. Proprio ora, nel viaggio che conduce verso la croce, nella decisione e nel rischio di ogni giorno, nello sforzo per praticare a una a una le parole del Maestro, egli imparerà a vedere davvero e potrà vivere al centro del grande miracolo che consiste semplicemente nel seguire Gesù Cristo” (J. Pikaza).
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Il tempo infatti è vicino – Papa Francesco (Udienza Generale, 15 Ottobre 2014): Cari fratelli e sorelle, ecco allora che cosa aspettiamo: che Gesù ritorni! La Chiesa sposa aspetta il suo sposo! Dobbiamo chiederci però, con molta sincerità: siamo davvero testimoni luminosi e credibili di questa attesa, di questa speranza? Le nostre comunità vivono ancora nel segno della presenza del Signore Gesù e nell’attesa calorosa della sua venuta, oppure appaiono stanche, intorpidìte, sotto il peso della fatica e della rassegnazione? Corriamo anche noi il rischio di esaurire l’olio della fede, e l’olio della gioia? Stiamo attenti! Invochiamo la Vergine Maria, madre della speranza e regina del cielo, perché ci mantenga sempre in un atteggiamento di ascolto e di attesa, così da poter essere già ora permeati dell’amore di Cristo e aver parte un giorno alla gioia senza fine, nella piena comunione di Dio e non dimenticatevi, mai dimenticare: «E così per sempre saremo con il Signore!» (1Ts 4,17).
Il dono della vista – Giovanni Paolo II (Insegnamenti, 5 Maggio 1986): […] Il dono della vista è per l’uomo uno dei beni più preziosi. Gli permette di contemplare direttamente le bellezze della natura e di comunicare con le persone la cui anima si riflette sul viso e nello sguardo. Facilita, per mezzo della lettura, la partecipazione alla cultura che si esprime in gran parte nei libri e negli scritti di ogni specie, come anche i mezzi audiovisivi sempre più diffusi. Fornisce più ampi spazi all’autonomia personale e favorisce un inserimento normale nella vita della famiglia professionale e sociale. Come negli altri campi della salute coloro che non hanno problemi di vista non si rendono sufficientemente conto di questo dono inaudito. Si comprende la sofferenza di coloro che sono danneggiati e minacciati in un organo così importante, il loro desiderio di trovare rimedio, una protezione, la speranza con la quale si rivolgono a coloro che possono dar loro un aiuto, un sollievo: la gioia e la riconoscenza con le quali accolgono i benefici che la scienza e la vostra arte sono in grado di offrire loro. E voi capite meglio degli altri la richiesta di coloro che temono una diminuzione o la perdita della possibilità di vedere, o che ne soffrono già; voi siete invitati a condividere la loro angoscia e le loro speranze. Questa situazione vi avvicina a quella che Cristo ha vissuto e sentito sulle strade della Palestina dove i ciechi erano numerosi. A volte ha udito il loro grido pieno di fiducia, come quello del cieco di Gerico: “Signore, fa’ che io riabbia la vista” (Lc 18,41). E Gesù si è fermato davanti a questo sconforto dandogli la guarigione con il potere che Dio Padre gli aveva dato come Figlio unico. Gesù ha chiesto agli uomini di fermarsi così davanti allo sconforto del prossimo o piuttosto di farsi prossimo attento ed efficace. È il senso della parabola del buon samaritano: a differenza del prete e del levita egli vede in tutta la verità l’uomo che giace ferito, solo, abbandonato sul ciglio della strada (cfr. Lc 10,30-37); riconoscendolo come un uomo nel bisogno, lo cura con tutti i poveri mezzi a sua disposizione, gli permette di riprendere una vita normale. E nel giorno del giudizio, Cristo riconoscerà come suoi discepoli coloro che avranno saputo accogliere e soccorrere i loro fratelli nel bisogno (cfr. Mt 24,36).
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Cristo è l’autentica luce del mondo – «Cristo è dunque “la luce vera che illumina ogni uomo che viene in questo mondo” [Gv 1,9], e la Chiesa, illuminata dalla sua luce, diventa essa stessa “luce del mondo”, che illumina “coloro che sono nelle tenebre” [Rm 2,19], come Cristo stesso attesta quando dice ai suoi discepoli: “Voi siete la luce del mondo” [Mt 5,14]. Di qui deriva che Cristo è la luce degli apostoli, e gli apostoli, a loro volta, sono la luce del mondo… E come il sole e la luna illuminano i nostri corpi, così da Cristo e dalla Chiesa sono illuminate le nostre menti. Quantomeno, le illuminano se noi non siamo dei ciechi spirituali. Infatti, come il sole e la luna non cessano di diffondere la loro luce sui ciechi corporali che però non possono accogliere la luce, così Cristo elargisce la sua luce alle nostre menti, epperò non ci illuminerà di fatto che se non vi si oppone la cecità del nostro spirito. In tal caso, occorre anzitutto che coloro che sono ciechi seguano Cristo dicendo e gridando: “Figlio di David, abbi pietà di noi” [Mt 9,27], affinché, dopo aver ottenuto da Cristo stesso la vista, possano successivamente essere del pari irradiati dallo splendore della sua luce» (Origene).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: «Il Vangelo di oggi è un insegnamento sulla preghiera. Il cieco fa un’intensa e insistente preghiera di domanda: “Gesù, Figlio di Davide, abbi pietà di me!” e poi ancora più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!”. Una volta esaudito, la sua diventa preghiera di lode, che si allarga a tutto il popolo: “Cominciò a seguirlo lodando Dio. E tutto il popolo, alla vista di ciò, diede lode a Dio”. La preghiera di domanda ha due condizioni, e tutte e due compaiono nel racconto evangelico. La prima condizione è essere consapevoli di aver bisogno del Signore. Un cieco ha questa consapevolezza, ma piuttosto confusa: lui sa di aver bisogno della vista e grida forte, e non è possibile farlo tacere, perché ha coscienza della sua miseria, della sua condizione che non è normale e vuole a tutti i costi uscirne. La seconda condizione è la fiducia: senza di essa non ci sarebbe preghiera, ma soltanto scoraggiamento e disperazione. Se invece, nella nostra miseria, si accende la fiducia, possiamo pregare; per questo Gesù ha detto: “La tua fede ti ha salvato”. La consapevolezza della propria miseria si è accompagnata alla fede nella potenza e nella misericordia del Signore: il cieco ha pregato, ha gridato, è stato esaudito e ha potuto alla fine lodare Dio. Consapevolezza e fiducia, dunque, una consapevolezza che non deve essere motivo di tristezza: è la premessa per una preghiera autentica, perché ci fa ricorrere a Dio con un grido più sincero per essere guariti. Non dobbiamo rinchiuderci nella nostra miseria; piuttosto dire a Dio: “Signore, tu vedi come sono misero e bisognoso di te: io credo che tu, nella tua bontà, hai pietà di me e mi guarisci. Io lo credo, o Signore!”. Allora la nostra preghiera sarà esaudita e potremo dare lode a Dio e alla sua infinita misericordia» (Paolo Curtaz).
Santo del giorno: 19 Novembre – Santa Matilde di Hackeborn (o di Helfta), Monaca: “Nasce attorno al 1240 nel castello di Helfta, in Sassonia, da una delle più delle più nobili e potenti famiglie della Turingia, i von Hackeborn. La sorella maggiore, Gertrude, è badessa nel convento di Helfta. All’età di sette anni Matilde viene accolta come educanda nel monastero benedettino di Rodardsdorf. Qui la sua vocazione cresce e la giovane decide di indossare il velo. Nel 1258 raggiunge la sorella maggiore a Helfta dove, tre anni più tardi, le viene affidata la cura di una giovane monaca che resterà nella storia con il nome di santa Gertrude la Grande. Proprio a quest’ultima Matilde confesserà le proprie visioni mistiche. Da queste confidenze nascerà poi uno dei libri più noti della mistica medievale: il Libro della grazia speciale. Matilde, particolarmente dotata nel canto, cura e dirige il coro del monastero e per questa sua qualità sembra che lo stesso Dante si sia ispirato a lei per la figura di Matelda nel Purgatorio. Muore nel 1298” (Avvenire).
Preghiamo: Il tuo aiuto, Signore, ci renda sempre lieti nel tuo servizio, perché solo nella dedizione a te, fonte di ogni bene, possiamo avere felicità piena e duratura. Per il nostro Signore Gesù Cristo…