14 Novembre 2018 – Mercoledì, XXXII del Tempo Ordinario – (Tt 3,1-7; Sal 22[23]; Lc 17,11-19) – I Lettura: “Paolo ricorda come dovevano comportarsi i cristiani nella società, obbedendo ai pubblici poteri e dando esempio a tutti di moderazione e mansuetudine… Il brano proclama l’assoluta gratuità della salvezza battesimale con i suoi effetti più caratteristici di rinascita e di rinnovamento” (Messale Feriale, LDC). Vangelo: “Le disposizioni della legge circa la lebbra erano piuttosto complicate e severe. Per osservarle, i nove Ebrei guariti dimenticano il dovere della riconoscenza. Così ha origine il conflitto tra la legge e la grazia spesso richiamato da Paolo” (Messale Feriale, LDC).
Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero – Dal Vangelo secondo Luca: Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».
Riflessione: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». Vorrei partire da questa frase di Gesù per dare un taglio particolare alla meditazione di oggi. Il racconto della guarigione dei dieci lebbrosi, facilmente ci porterebbe a riflettere sulla lebbra del peccato o sulla vicinanza di Gesù ai malati, o ancora (pensando alla parte conclusiva) alla necessità di un cuore riconoscente e grato, pronto a dare lode a Dio per i doni ricevuti. Certamente sono tutti temi presenti e molto belli su cui liberamente possiamo anche soffermarci. Ma dalla frase che abbiamo riportato all’inizio della riflessione, vorrei che oggi ci soffermassimo sulla bellezza della Chiesa come mediatrice di grazia. La Chiesa, infatti, non è l’insieme umano di coloro che si ritrovano sotto uno stesso credo, come se si trattasse di una appartenenza politica o di razza, ecc… La Chiesa è voluta, fondata e sorretta da Cristo stesso, come suo Corpo santo, radunata dallo Spirito per offrire al Padre la lode perfetta! Tutto ciò che il Cristo ci offre per mezzo dello Spirito, ce lo dona per dare gloria al Padre, ma ce lo dona per mezzo della Chiesa. Certamente i sacerdoti a cui Gesù fa riferimento, sono i sacerdoti dell’antico popolo dell’Alleanza, ma già da questi esempi capiamo e sappiamo che mai Gesù si è sottratto alla Legge divina (dalla circoncisione, alla tassa per il Tempio, ecc…), ma sappiamo anche che tale Legge ha trovato in Cristo la pienezza e la forma definitiva. La Chiesa è dunque questo nuovo sacerdozio a cui il Signore ci invita ad andare per ottenere la “certificazione” della nostra guarigione, operata certamente da Cristo e non dagli uomini, dai sacerdoti, i quali sono sacramentalmente strumenti e canali (seppur peccatori e limitati) della grazia divina. Capiamo dunque, per esempio, il valore della Confessione: forse che Dio non potrebbe perdonarci se ci rivolgiamo direttamente a lui? E in realtà ci rivolgiamo direttamente a Cristo quando entriamo nel confessionale: e Gesù, attraverso il Sacramento che riceviamo per la mano dei sacerdoti, ci dona, potremmo dire che “certifica” il perdono che egli stesso ci ha meritato. Amiamo la Chiesa, onoriamo i sacerdoti, accostiamoci fiduciosi per ottenerne guarigione e salvezza.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: La tua fede ti ha salvato – Benedetto XVI (Omelia, 11 Febbraio 2012): L’incontro di Gesù con i dieci lebbrosi, narrato nel Vangelo di san Luca (cfr. Lc 17,11-19), in particolare le parole che il Signore rivolge ad uno di questi: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!» (v. 19), aiutano a prendere coscienza dell’importanza della fede per coloro che, gravati dalla sofferenza e dalla malattia, si avvicinano al Signore. Nell’incontro con Lui possono sperimentare realmente che chi crede non è mai solo! Dio, infatti, nel suo Figlio, non ci abbandona alle nostre angosce e sofferenze, ma ci è vicino, ci aiuta a portarle e desidera guarire nel profondo il nostro cuore (cfr. Mc 2,1-12). La fede di quell’unico lebbroso che, vedendosi sanato, pieno di stupore e di gioia, a differenza degli altri, ritorna subito da Gesù per manifestare la propria riconoscenza, lascia intravedere che la salute riacquistata è segno di qualcosa di più prezioso della semplice guarigione fisica, è segno della salvezza che Dio ci dona attraverso Cristo; essa trova espressione nelle parole di Gesù: la tua fede ti ha salvato. Chi, nella propria sofferenza e malattia, invoca il Signore è certo che il Suo amore non lo abbandona mai, e che anche l’amore della Chiesa, prolungamento nel tempo della sua opera salvifica, non viene mai meno. La guarigione fisica, espressione della salvezza più profonda, rivela così l’importanza che l’uomo, nella sua interezza di anima e di corpo, riveste per il Signore.
Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato! – Giovanni Paolo II (Omelia, 16 Dicembre 1987): I “miracoli e segni” che Gesù faceva per confermare la sua missione messianica e la venuta del regno di Dio, sono ordinati e legati strettamente alla chiamata alla fede. Questa chiamata in relazione al miracolo ha due forme: la fede precede il miracolo, anzi è condizione perché esso si realizzi; la fede costituisce un effetto del miracolo, perché provocata da esso nell’anima di coloro che lo hanno ricevuto, oppure ne sono stati i testimoni. È noto che la fede è una risposta dell’uomo alla parola della rivelazione divina. Il miracolo avviene in legame organico con questa parola di Dio rivelante. È un “segno” della sua presenza e del suo operare, un segno, si può dire, particolarmente intenso. Tutto ciò spiega in modo sufficiente il particolare legame che esiste tra i “miracoli-segni” di Cristo e la fede: legame delineato chiaramente nei Vangeli.
La solidarietà – Card. Javier Lozano Barragágan (Intervento, 23 Novembre 2006): Nel compimento delle leggi e prescrizioni mosaiche, i lebbrosi che incontrano Cristo si fermano “a distanza”, si sentono impuri, fuori dalla convivenza umana; chi li tocca rimarrà anch’egli impuro. Il Signore li guarisce e manifesta la sua volontà salutare con le parole e con due segni molto consistenti: stende le mani e li tocca. Cristo non soltanto accetta di avvicinarsi ai lebbrosi, ma stende la sua mano, li riceve e li tocca. Cristo si identifica con il lebbroso, si fa pienamente solidale con essi. Distrugge la loro immondezza ed emarginazione, rende manifesta la sua piena solidarietà con loro. Mi sembra che qui possiamo trovare una chiave speciale di illuminazione per considerare il trattamento pastorale ai malati infetti. Il trattamento deve essere totalmente impregnato di solidarietà. Oggi si parla spesso di solidarietà, tanto da arrivare a sembrare che si tratti di un concetto laico o, per lo più, di una virtù della quale Cristo ci ha dato esempio. Ma, se guardiamo più profondamente questa solidarietà che si esprime nelle suddette guarigioni, troviamo qualcosa di diverso. Cioè: questa maniera di agire che il Signore ha con i malati infetti, non è casuale, ma deriva dalla stessa vita divina che è venuto a darci; sta nel cuore della Redenzione. La solidarietà vera e profonda è la partecipazione della vita divina che Cristo ci dà con la Redenzione. Nella guarigione dei lebbrosi Cristo fa emergere questa solidarietà come sorgente di vita: vita divina, della quale si partecipa già nella guarigione fisica dei malati.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero – «Il Signore Gesù loda chi lo ringrazia, rimprovera gli ingrati guariti nella pelle, ma ancora lebbrosi nel cuore. Che dice l’Apostolo? “Discorso fedele e degnissimo di essere accolto” [1Tm 1,15s]. Che discorso è? “Gesù Cristo è venuto nel mondo”. A che fare? “Per salvare i peccatori”. E tu chi sei? “Io sono il primo dei peccatori”. Chi dice di non essere, o di non essere stato peccatore, è ingrato verso il Salvatore. Nessun uomo… che viene da Adamo, nessun uomo è esente da malattia, nessuno è guarito senza la grazia di Cristo» (Sant’Agostino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Paolo VI (Omelia, 29 Gennaio 1978): La lebbra! Il solo nome, ancor oggi, ispira a tutti un senso di sgomento e di orrore. Sappiamo dalla storia che tale sentimento era fortemente percepito presso gli antichi, in particolare presso i popoli dell’Oriente, ove, per motivi climatici ed igienici, tale morbo era molto avvertito… Le paure ancestrali, la concezione diffusa circa la fatalità, l’incurabilità ed il contagio, costringevano il popolo ebraico ad usare le opportune misure di prevenzione, mediante l’isolamento del lebbroso, il quale, considerato in stato di impurità rituale, veniva a trovarsi fisicamente e psicologicamente emarginato ed escluso dalle manifestazioni familiari, sociali e religiose del popolo eletto. Inoltre, la lebbra si configurava come un marchio di condanna, in quanto la malattia era considerata un castigo di Dio. Non rimaneva se non la speranza che la potenza dell’Altissimo volesse guarire i colpiti. Gesù, nella sua missione di salvezza, ha spesso incontrato i lebbrosi, questi esseri sfigurati nella forma, privi del riflesso della immagine della gloria di Dio nell’integrità fisica del corpo umano, autentici rottami e rifiuti della società del tempo. L’incontro di Gesù con i lebbrosi è il tipo e il modello del suo incontro con ogni uomo, il quale viene risanato e ricondotto alla perfezione dell’originaria immagine divina e riammesso alla comunione del popolo di Dio. In questi incontri Gesù si manifestava come il portatore di una nuova vita, di una pienezza di umanità da tempo perduta. La legislazione mosaica escludeva, condannava il lebbroso, vietava di avvicinarlo, di parlargli, di toccarlo. Gesù, invece, si dimostra, anzitutto, sovranamente libero nei confronti della legge antica: avvicina, parla, tocca, e addirittura guarisce il lebbroso, lo sana, riporta la sua carne alla freschezza di quella di un bimbo… Ai suoi discepoli Gesù affida la propria stessa missione: «Predicate che il regno dei cieli è vicino… sanate i lebbrosi» (Mt 10,7ss.). Egli affermava solennemente che la purità rituale è completamente accessoria, che quella veramente importante e decisiva per la salvezza è la purezza morale, quella del cuore, della volontà (cfr. Mt 15,10-20).
Santo del giorno: 14 Novembre – San Lorenzo O’Toole, Arcivescovo di Dublino: “Nato a Castledermot, contea di Kildare nel 1128, Lorenzo (Lorcan Ua Tuathail) era figlio di Murtagh, capo del clan Murray. Nel 1140 entrò nella scuola monastica di Glendalough, dove fu abate dal 1154 al 1162. Contribuì anche alla fondazione dell’abbazia di Baltinglass per i Cistercensi e di una casa per i Canonici Agostiniani a Ferns. Eletto arcivescovo di Dublino nel 1162, egli mise mano alla riforma di quella Chiesa. Ebbe un ruolo da mediatore con gli invasori normanni che nel 1170 presero la città. Quando Enrico II giunse nell’isola e convocò un sinodo a Cashel, Lorenzo accettò la Bolla papale «Laudabiliter» con cui il papa inglese Adriano IV autorizzava Enrico II ad operare in Irlanda. Con l’arcivescovo di Tuam ed i vescovi di Limerick, Kildare, Waterford e Lismore, partecipò al III concilio Lateranense in Roma nel 1173. Nel 1179, Lorenzo tornò in Irlanda e convocò un sinodo a Clonfert per le regioni settentrionali dell’isola. Nel 1180, Lorenzo si recò in Inghilterra per incontrare Enrico II, che però era assai incollerito con il vescovo per i privilegi papali ricevuti e costrinse Lorenzo a vivere in esilio. Tornando dalla Normandia, si ammalò e morí il 14 novembre 1180” (Avvenire).
Preghiamo: Dio grande e misericordioso, allontana ogni ostacolo nel nostro cammino verso di te, perché, nella serenità del corpo e dello spirito, possiamo dedicarci liberamente al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…