9 Novembre 2018 – Venerdì – Dedicazione della Basilica Lateranense (Festa) – (Ez 47,1-2.8-9.12 oppure 1Cor 3,9c-11.16-17; Sal 45[46]; Gv 2,13-22) – I Lettura: Nella prima lettura tratta da libro del profeta Ezechièle, l’autore ci racconta la visione in cui vide scaturire dalla soglia del tempio un fiume che scorreva abbondante verso oriente e risanava tutto quanto bagnava. Ezechièle vede questa visione profetica e più tardi l’apostolo Giovanni ne vedrà la realizzazione: nella morte del Cristo, l’acqua ed il sangue che sgorgheranno dal suo fianco sono i segni della nostra salvezza. Oppure (1Cor 3,9c-11.16-17): Il cristianesimo porta alle estreme conseguenze l’intuizione che Israele ha maturato durante la sua travagliata storia e di cui troviamo tracce nella Scrittura: nessun tempio umano può contenere la presenza di Dio, non esistono luoghi sacri perché tutto appartiene al Creatore. Gesù, vero tempio di Dio, consacra, rende sacro ogni uomo, ogni luogo, ogni tempo. Incarnandosi ricostruisce quell’unione che era all’origine della Creazione. Vangelo: L’evangelista ci presenta Gesù come nell’atto di debellare i vizi e le azioni malvagie nei pressi del tempio. Il suo gesto va letto alla luce dei testi profetici: “In quel giorno non vi sarà più nessun mercante nel tempio del Signore degli eserciti” (Zc 14,21). Esso richiama anche i testi profetici nei quali Dio dice di non gradire un culto esteriore fatto di sacrifici di animali e basato sull’interesse personale. Gesù, con la sua azione seguita dal rimprovero, si colloca proprio all’interno di questa tradizione profetica.
Parlava del tempio del suo corpo – Dal Vangelo secondo Giovanni: Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Riflessione: A gente avvezza a tenere in mano la Sacra Scrittura, il gesto del Cristo è inequivocabile e di una portata straordinaria. Egli si pone al di sopra delle tradizioni giudaiche presentandosi come il Figlio di Dio, perciò esigono da lui un segno – cioè un miracolo – che giustifichi il suo operato. Gesù accetta la sfida dei Giudei e con l’immagine della distruzione e della ricostruzione del Tempio, preannuncia loro come segno la sua risurrezione. I Giudei non afferrano il vero significato delle parole di Gesù per cui non possono non restare che beffardamente stupiti della sua pretesa di poter realizzare in tre giorni un’opera per la quale c’erano voluti ben quarantasei anni. L’equivoco, soggiacente alle parole di Gesù, annuncia una verità sconvolgente e che rivoluzionerà per sempre i destini dell’umanità: la morte e la risurrezione del «Figlio di Maria» (Mc 6,3) distruggeranno per sempre l’impero di Satana liberando l’uomo dal potere del peccato e della morte. Se nell’episodio della purificazione del Tempio, l’attestazione della divinità di Gesù è discreta e alquanto velata, questa si farà sempre più chiara con l’incalzare degli eventi tanto da entrare tra i capi d’accusa contro il giovane Rabbi di Nàzaret: i Giudei «cercavano di ucciderlo: perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio» (Gv 5,18). Approfittando quindi di un equivoco verbale, Gesù conduce i suoi interlocutori alla realtà del suo corpo che sarà distrutto dalla morte e fatto risorgere dalla potenza di Dio il giorno di Pasqua. Al pari dei Giudei, anche i discepoli non comprendono, infatti soltanto quando fu risuscitato dai morti si ricordarono e credettero. Molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome: ma la loro rimane sempre una fede basata sui segni. Praticamente, una fede in Gesù taumaturgo. Gesù conosce il cuore dell’uomo (cfr. Gv 1,42-27; 6,70-71) e perciò non si fida di questa fede, anche se essa alle volte può arrivare alla perfezione, come accadde al cieco nato e allo stesso Nicodèmo, che viene ovviamente considerato uno di coloro che credettero in Gesù per i segni da lui operati» (Giuseppe Segalla). Finché la nostra fede cercherà segni non sarà mai stabile, totale e perseverante.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Festa della Dedicazione della Basilica Lateranense – Giovanni Paolo II (Angelus, 9 Novembre 1986): Nel ricordo della iniziale dedicazione della cattedrale di Roma a Gesù Salvatore del mondo, la festività liturgica odierna ci invita a meditare su uno dei misteri fondamentali della rivelazione cristiana: Gesù di Nazaret, Messia, Signore, Figlio di Dio, è colui che ha portato la salvezza totale e definitiva agli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi! Nella sua vita pubblica Gesù si rivela come salvatore anzitutto mediante i miracoli operati a favore degli infermi, lebbrosi, ciechi, muti, storpi e perfino di morti, che egli richiama alla vita. Gesù tuttavia fa comprendere che questi suoi prodigi, questi gesti di misericordia verso i malati devono essere intesi come atti che rimandano al di là della semplice salvezza corporale. Gesù porta agli uomini una salvezza ben più profonda e radicale: egli afferma di essere venuto per “salvare ciò che era perduto” a causa del peccato; per “salvare il mondo e non per condannarlo” (cfr. Lc 9,56; 19,10; Gv 3,17; 12,47).
L’importanza degli edifici materiali… – Benedetto XVI (Angelus, 9 Novembre 2008): Cari amici, la festa odierna celebra un mistero sempre attuale: che cioè Dio vuole edificarsi nel mondo un tempio spirituale, una comunità che lo adori in spirito e verità (cfr. Gv 4,23-24). Ma questa ricorrenza ci ricorda anche l’importanza degli edifici materiali, in cui le comunità si raccolgono per celebrare le lodi di Dio. Ogni comunità ha pertanto il dovere di custodire con cura i propri edifici sacri, che costituiscono un prezioso patrimonio religioso e storico.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: La Chiesa è protetta da Dio – «Fai la guerra alla Chiesa, ma non puoi danneggiare chi combatti. Anzi, anche la mia persona tu rendi più luminosa e le tue forze vengono meno nella guerra a me mossa: Ti è duro dar di calci nei pungoli acuti (At 9,5): non ne ottundi la punta, ma ti insanguini i piedi. Anche i flutti non riescono ad infrangere la roccia, ma si dissolvono spumeggiando. Nulla è più forte della Chiesa, o uomo! Cessa la guerra, perché il tuo potere non sia distrutto: non combattere contro il cielo! Se combatti un uomo, o vinci o sei vinto. Ma se combatti la Chiesa, è impossibile che tu possa vincere, perché Dio è più potente di tutti. Eccitiamo Dio a sdegno? Siamo forse più forti di lui? [1Cor 10,22]. Dio l’ha resa salda: chi la scuoterà? Non conosci la sua potenza? Guarda sulla terra, e la fa tremare [Sal 103,32]; dà un ordine, e lo scuotimento si placa. Se ha reso salda la città scossa, molto più potrà rendere salda la Chiesa: la Chiesa è più forte del cielo: II cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno [Mt 24,35]. Quali parole? Tu sei Pietro e su questa mia pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’ade non prevarranno su di essa [Mt 16,18]. Se non credi a queste parole, credi ai fatti. Quanti tiranni hanno preteso di sovrastare la Chiesa? E olio bollente, e roghi, e zanne di fiere, e spade affilate: ma non l’hanno sopraffatta! Dove sono ora quelli che l’hanno combattuta? Sono abbandonati al silenzio e all’oblio. E dov’è la Chiesa? Splende più del sole. La forza di quelli si è spenta, la forza della Chiesa è immortale. Se quando i cristiani erano pochi, essi non riuscirono a sopraffarla, ora che il mondo intero è pieno di fede e religiosità, tu potrai vincerla? «Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno»: ed è ovvio: la Chiesa è cara a Dio più del cielo. Egli non assunse un corpo celeste, ma assunse un corpo ecclesiale; il cielo è per la Chiesa, non la Chiesa per il cielo» (San Giovanni Crisostomo).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Spazio palpitante – «Né a Gerusalemme né in Samaria, dice Gesù alla donna che al pozzo si improvvisa teologa. La domanda è concreta e vitale: dove trovo Dio? Dove posso gustare la Sua presenza? La donna ancora non lo sa, non può saperlo. Ancora stringe la sua brocca vuota e non sa che quel uomo assetato è la sorgente zampillante che può saziare ogni desiderio e ogni sete. La domanda della samaritana mette a nudo un tema che attraversa tutta la storia del popolo di Israele e che, ancora oggi, rimane vivo e attuale. Ci sono però due estremi da evitare. Il primo è quello di una visione magica e devozionalistica del tempio, come se certe parole pronunciate in un certo luogo e in un certo modo, facessero automaticamente scattare un meccanismo di retribuzione. Dall’altra parte, però, è da evitare anche una visione spiritualistica e disincarnata, che nega totalmente la presenza di Dio nella spazialità. La risposta di Gesù, come sempre!, fa esplodere la novità e ribalta le nostre ristrette visuali. Dio non abita nella circonferenza fredda delle pietre e del cemento, ma nello spazio vivo e palpitante di un corpo di carne. Gesù è il tempio di Dio; i suoi discepoli riuniti nel suo nome sono il tempio di Dio, perché Lui è in mezzo a loro (Mt 18,20). Le pietre vive che costruiscono la Chiesa sono i discepoli del Rabbì di Nazareth sparsi per il mondo. Oggi ricordiamo la dedicazione della Basilica Lateranense, sede del vescovo di Roma, come centro di unità di questa Chiesa viva e palpitante. Mi piace pensare che oggi, in tutto il mondo, i discepoli di Gesù festeggiano la dedicazione di questa basilica. Molti non l’hanno mai visitata e non la visiteranno mai, altri probabilmente non hanno nemmeno idea di come sia fatta una basilica romana… Ma non importa: oggi non facciamo memoria dei mattoni e degli stucchi! Al centro della nostra preghiera c’è la Chiesa universale che cammina in compagnia del Risorto, accompagnata dalla mano fedele e forte dell’ex-pescatore di Cafarnao» (Don Roberto Seregni, Omelia, 9 Novembre 2008).
Santo del giorno: 9 Novembre – Sant’Agrippino di Napoli, Vescovo: “A Napoli sant’Agrippino era popolare quasi quanto san Gennaro. Secondo la tradizione, Agrippino fu il sesto vescovo della diocesi partenopea, e uno scrittore del IX secolo lo elogia così: «Innamorato della patria, difensore della città, egli non cessa di pregare ogni giorno per noi, suoi servitori». Di lui non ci sono molte notizie. Visse alla fine del III secolo, e la traslazione delle reliquie avvenne nella cosiddetta Stefania, cioè nella chiesa costruita nel V secolo per far posto alla nuova cattedrale. In precedenza le reliquie di sant’Agrippino avevano riposato nelle catacombe di san Gennaro. Furono ritrovate dal cardinale Spinelli nel 1774” (Avvenire).
Preghiamo: O Padre, che prepari il tempio della tua gloria, con pietre vive e scelte, effondi sulla Chiesa il tuo Santo Spirito, perché edifichi il popolo dei credenti che formerà la Gerusalemme del cielo. Per il nostro Signore…
Oppure: O Dio, che hai voluto chiamare tua Chiesa la moltitudine dei credenti, fa’ che il popolo radunato nel tuo nome ti adori, ti ami, ti segua, e sotto la tua guida giunga ai beni da te promessi. Per il nostro Signore Gesù Cristo…