meditazioni, Novembre

8 Novembre 2018

8 Novembre 2018 – Giovedì, XXXI del Tempo Ordinario – (Fil 3,3-8a; Sal 104[105]; Lc 15,1-10) – I Lettura: La giustizia prima era fondata sulla carne: frutto di origini e di scelte di vita conformi alla Legge. Ora viene da Dio, dunque è dono di cui Paolo non si può vantare. Gli è data non attraverso il suo merito ma attraverso la fede di Cristo Gesù, la sua fedeltà a Gesù fino alla fine. È su quella fede che Dio costruisce per Paolo la giustizia. Come egli ha avuto accesso a queste cose? È stato preso, afferrato da Cristo Gesù e ora non può fare altro che lasciare che tutta la sua vita sia conquistata da Lui. Vangelo: Con le parabole della pecora e della moneta perdute l’evangelista vuole presentare un’immagine inusuale di Dio, che manifesta la sua potenza non condannando ma perdonando. Tutta l’opera di Gesù viene letta in questa prospettiva: come manifestazione della bontà infinita di Dio. Inoltre sottolinea che la bontà di Dio non riguarda tutti in modo generico, ma raggiunge ciascuno personalmente. La comunità è importante, ma essa è composta di individui che hanno una loro unicità preziosa agli occhi di Dio.

Vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte – Dal Vangelo secondo Luca: In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione. Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

Riflessione: La Misericordia divina – “Con queste due parabole l’evangelista Luca vuole presentare un’immagine inusuale di Dio, che manifesta la sua potenza non condannando ma perdonando. Tutta l’opera di Gesù viene letta in questa prospettiva come manifestazione della bontà infinita di Dio. Inoltre si sottolinea come la bontà di Dio non riguardi tutti in modo generico, ma raggiunga ciascuno personalmente. La comunità è importante, ma non bisogna mai dimenticare che essa è composta di individui che hanno i loro problemi e le loro sofferenze, e a volte si allontanano perché non sono capiti e accettati per quello che sono. Nessuno, fosse anche il peccatore più incallito, è criticato o condannato, ma tutti sono accolti con amore e con gioia. Ezechièle aveva affermato che Dio non vuole la morte del malvagio, ma «piuttosto che desista dalla sua condotta e viva» (18,23; 33,11). Annunziando che il regno di Dio si è avvicinato per tutti Gesù mette questa intuizione al centro del suo annunzio. È significativo che in nessuna delle due parabole si parli di un perdono di Dio per il peccatore pentito, ma solo della gioia che provoca il suo ritorno nella comunità dei giusti. Il perdono non è dunque un affare che si risolve semplicemente tra Dio e l’interessato, ma piuttosto un cambiamento di rapporti tra persone che prima erano separate e poi ritrovano l’unità. Questa dimensione comunitaria è un aspetto determinante della misericordia di Dio e del suo perdono. Il regno di Dio non consiste semplicemente in un rapporto nuovo che singoli individui instaurano con Dio, ma in un rinnovamento dei rapporti interpersonali all’insegna della solidarietà e dell’amore. L’infinita misericordia di Dio si manifesta unicamente nel fatto che individui disparati si riconciliano tra loro e diventano solidali in tutti gli aspetti della loro vita quotidiana. Sottolineando la gioia per la conversione del peccatore, Luca fa della parabola una rivelazione della bontà salvifica di Dio. Con il suo comportamento Gesù non fa altro che adeguarsi alla misericordia del Padre, manifestando ai peccatori la sua sollecitudine premurosa e dando il segno più convincente della venuta del suo regno” (da www.nicodemo.net)

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: La pecora ritrovata – Giovanni Paolo II (Omelia, 27 Gennaio 1999): Nella lettura del Vangelo che abbiamo appena ascoltato, san Luca usa la figura del Buon Pastore per parlare di questo amore divino. Il Buon Pastore è un’immagine cara a Gesù nei Vangeli. Rispondendo ai Farisei che si lamentavano perché riceveva i peccatori mangiando con loro, il Signore pone loro una domanda: Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? «Ritro-vatala, se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta» (Lc 15,5-6). Questa parabola sottolinea la gioia di Cristo e del nostro Padre celeste per ogni peccatore che si pente. L’amore di Dio è un amore che ci cerca. È un amore salvifico. Questo è l’amore che troviamo nel Cuore di Gesù. Quando conosciamo l’amore che è nel Cuore di Cristo, sappiamo che ogni persona, ogni famiglia, ogni popolo sulla faccia della terra può riporre la propria fiducia in tale Cuore. Abbiamo sentito dire a Mosè: «Tu infatti sei un popolo consacrato al Signore tuo Dio […] Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti […] perché il Signore vi ama» (Dt 7,6-8). Sin dai tempi dell’Antico Testamento, il fulcro della storia della salvezza è rappresentato dall’amore inesauribile, dalla predilezione di Dio e dalla nostra risposta umana a tale amore. La nostra fede è la risposta all’amore e alla predilezione di Dio.

Mons. Vincenzo Paglia, vescovo (Omelia, 8 Novembre 2007): Molta folla seguiva Gesù, ed era composta per lo più di malati, di peccatori, di gente abbandonata. Ed è ovvio che tutto ciò non passava inosservato. Anzi, questo rapporto privilegiato con i peccatori era uno dei motivi di accusa: il giovane profeta si mischiava troppo con loro. […] Ben 32 versetti del capitolo 15 di Luca sono dedicati a narrare la misericordia di Dio! Nella prima parabola Dio appare come un pastore che ha perso una delle sue novantanove pecore. Lascia queste ultime nell’ovile e si mette subito alla ricerca di quella perduta. Dio è anche come una donna di casa che ha perso una moneta e si mette a cercarla finché non la trova. Ambedue, il pastore e la donna, dopo aver trovato la pecora e la moneta smarrite chiamano i loro vicini per fare festa. Dio non vuole la morte ma la vita dei peccatori; per questo lascia la sua casa e si fa mendicante d’amore. È quanto Gesù compie.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Vera penitenza è non tornare a peccare – «Se uno che è fuori dello scoglio della troppa ricchezza o troppa povertà ed è sul facile sentiero dei beni eterni, tuttavia, dopo la liberazione dal peccato, ricade e si seppellisce in esso, questo deve essere ritenuto rigettato da Dio. Chiunque, infatti, si rivolge a Dio con tutto il cuore, gli si aprono le porte, e il Padre accoglie con tutto l’affetto il figlio veramente pentito. Ma la vera penitenza consiste nel non ricadere e nello sradicare i peccati riconosciuti come causa di morte. Se ne levi questi, Dio abiterà di nuovo in te. È una gioia immensa e incomparabile in cielo per il Padre e per gli angeli la conversione di un peccatore [Lc 15,2]. Perciò è detto anche: “Voglio misericordia e non sacrificio. Non voglio la morte del peccatore, ma che si penta. Se i vostri peccati saranno come la porpora, li farò bianchi come la neve; e se saranno neri come il carbone li ridurrò come neve” [Os 6,6; Mt 9,13; Ez 18,23; Is 1,18; Lc 5,21]. Solo il Signore può perdonare i peccati e non imputare i delitti e ci comanda di perdonare i fratelli pentiti [Mt 6,14]. Che se noi, che siamo cattivi, sappiamo dare cose buone, quanto più il Padre della misericordia, quel Padre di ogni consolazione, pieno di misericordia, avrà lunga pazienza e aspetterà la nostra conversione? [Lc 11,13]. Ma convertirsi dal peccato, significa finirla col peccato e non tornare indietro. Dio concede il perdono del passato; il non ricadere dipende da noi. E questo è pentirsi: aver dolore del passato e pregare il Padre che lo cancelli, poiché lui solo con la sua misericordia può ritenere non fatto il male che abbiamo fatto e lavare con la rugiada dello Spirito i peccati passati. È detto, infatti: “Vi giudicherò, come vi troverò”, in modo che se uno ha menato una vita ottima, ma poi si è rivolto al male, non avrà alcun vantaggio del bene precedente; invece, chi è vissuto male, se si pente, col buon proposito può redimere la vita passata. Ma ci vuole una gran diligenza, come una lunga malattia vuole una dieta più rigorosa e più accortezza. Vuoi, o ladro, che il peccato ti sia perdonato? Finisci di rubare. L’adultero spenga le fiamme della libidine. Il dissoluto sia casto. Se hai rubato, restituisci un po’ di più di quanto hai preso. Hai testimoniato il falso? Impara a dir la verità. Se hai spergiurato, astieniti dai giuramenti, taglia i vizi, l’ira, la cupidigia, la paura. Forse è difficile portar via a un tratto dei vizi inveterati; ma puoi conseguirlo per la potenza di Dio, con la preghiera dei fratelli, con una vera penitenza e assidua meditazione» (Clemente di Alessandria).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte – Evangeli Gaudium 15: Giovanni Paolo II  ci ha invitato a riconoscere che «bisogna, tuttavia, non perdere la tensione per l’annunzio» a coloro che stanno lontani da Cristo, «perché questo è il compito primo della Chiesa». L’attività missionaria «rappre-senta, ancor oggi, la massima sfida per la Chiesa» e «la causa missionaria deve essere la prima». Che cosa succederebbe se prendessimo realmente sul serio queste parole? Semplicemente riconosceremmo che l’azione missionaria è il paradigma di ogni opera della Chiesa. In questa linea, i Vescovi latinoamericani hanno affermato che «non possiamo più rimanere tranquilli, in attesa passiva, dentro le nostre chiese» e che è necessario passare «da una pastorale di semplice conservazione a una pastorale decisamente missionaria». Questo compito continua ad essere la fonte delle maggiori gioie per la Chiesa: «Vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione» (Lc 15,7).

Santo del giorno: 8 Novembre – Beato Giovanni Duns Scoto, Sacerdote francescano: Nacque tra il 23 dicembre 1265 e il 17 marzo 1266, in Scozia da cui il soprannome «Scoto». La città natale, Duns portava lo stesso nome della sua famiglia. Sin da bambino entrò in contatto con i francescani, di cui tredicenne iniziò a frequentare gli studi conventuali di Haddington, nella contea di Berwich. Terminati gli studi in teologia si dedicò all’insegnamento prima a Oxford, poi a Parigi e Colonia. Qui, su incarico del generale della sua Congregazione doveva fronteggiare le dottrine eretiche, ma riuscì a dedicarsi per breve tempo all’impresa. Morì infatti pochi mesi dopo il suo arrivo, l’8 novembre 1308. Giovanni Duns è considerato uno dei più grandi maestri della teologia cristiana, nonché precursore della dottrina dell’Imma-colata Concezione. Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato il 20 marzo 1993 definendolo «cantore del Verbo incarnato e difensore dell’Immacolato concepimento di Maria».

Preghiamo: Dio onnipotente e misericordioso, tu solo puoi dare ai tuoi fedeli il dono di servirti in modo lodevole e degno; fa’ che camminiamo senza ostacoli verso i beni da te promessi. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

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