meditazioni, Novembre

6 Novembre 2018

6 Novembre 2018 – Martedì, XXXI del Tempo Ordinario – (Fil 2,5-11; Sal 21[22]; Lc 14,15-24) – I Lettura: I versetti 6-11 da molti sono ritenuti un inno cristologico anteriore a Paolo. Mette in evidenza le diverse tappe del mistero del Cristo: la preesistenza divina, l’umiliazione dell’incarnazione, l’abbassamento ulteriore della morte, la glorificazione celeste, l’adorazione dell’universo, il titolo nuovo del Cristo. Si tratta del Cristo storico, Dio e uomo, nell’unità della sua personalità concreta che Paolo non divide mai, sebbene distingua i suoi diversi stati di esistenza (cfr. Col 1,13s). Additando il Cristo come servo, Paolo vuole evidenziare il fatto che il Figlio di Dio, fatto uomo, ha adottato una via di umiliazione e di obbedienza. Forse Paolo pensa al «servo sofferente» di Isaìa (42,1; 52,13-53,12). Le affermazioni paoline sull’incarnazione di Gesù fanno intendere a chiare lettere che il Cristo non fu soltanto un vero uomo, ma un uomo «come gli altri», condividendo tutte le debolezze della condizione umana, «escluso il peccato» (Eb 4,15). Vangelo: Coloro che per primi sono stati chiamati a partecipare al banchetto del Re hanno declinato l’invito preferendo occuparsi delle loro cose; alla beatitudine eterna hanno preferito la meschinità dei beni materiali. Di fronte al rifiuto Dio non insiste, Egli invita, ma non obbliga. Ma è da dire che chi rifiuta è autore della sua condanna, si autoesclude dal banchetto, ritrovandosi in questo modo fuori dalla sala conviviale, nelle tenebre; là dove è pianto e stridore di denti.

Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia – Dal Vangelo secondo Luca: In quel tempo, uno dei commensali, avendo udito questo, disse a Gesù: «Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!». Gli rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, è pronto”. Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Mi sono appena sposato e perciò non posso venire”. Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone. Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: “Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”. Il servo disse: “Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto”. Il padrone allora disse al servo: “Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia. Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena”».

Riflessione: «“Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”. Come vivere questa Parola? Sembra che le parole di Papa Francesco che ci invitano ad andare nelle periferie siano un’eco di questo comando del padrone di casa al servo. C’è un imperativo “esci” che non lascia scampo, c’è un “subito” che dichiara tutta l’urgenza di questo atto. Ci sono le “vie” che ci impediscono di stare al calduccio nei nostri ambienti protetti [case, parrocchie, conventi…] e che ci chiedono di essere coraggiosi, di incontrare le persone che un po’ ci spaventano perché molto diverse da noi. C’è il “conduci” che in fondo ci ricorda che siamo tutti, in qualche modo, “pastori”, chiamati ad andare in cerca della pecora perduta e a custodire quella parte di umanità che il Signore ci affida. C’è un “qui” che ci dice che non dobbiamo portare nessuno a “casa nostra” ma alla casa del Padre, del padrone della gioia. E ci sono i poveri, coloro che camminano a fatica, quelli che non vedono perché nessuno gli ha mai aperto altri orizzonti, che aspettano solo di essere considerati, di essere riconosciuti, di essere cercati e chiamati. Il servo opera in sinergia con il padrone, hanno entrambi lo stesso scopo: riempire la sala. Non si fermano davanti ad alcun no e i rifiuti ricevuti sono per loro lo stimolo per andare oltre, per cercare altri. L’opzione “lasciar perdere” non è contemplata affatto. Il no di alcuni non gli impedisce di sperare nel sì di altri. Donaci Signore di essere dei servi fedeli che non desistono. La nostra stanchezza e le nostre fatiche trovino in Te consolazione, riposo e coraggio ma, per grazia tua, non siano mai motivo per non ascoltare più le tue parole: “esci subito”» (Eremo San Biagio, Omelia, 5/11/2013).

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Andate e ammaestrate tutte le genti – Paolo VI (Udienza Generale, 18 ottobre 1972): Sì, l’apostolato è uno dei bisogni essenziali e primari della Chiesa; ma oggi più che mai. Prima di tutto perché è sempre stato così. Le parole del Vangelo non cessano di risuonare nel corso dei secoli a quanti hanno la fortuna, come cristiani, di accoglierne l’eco tuttora squillante ed imperativo: «andate e ammaestrate tutte le genti…» (Mt 28,19). In secondo luogo perché lo sviluppo storico dell’umanità dimostra con evidenza drammatica a chi lo sa cogliere il travaglio dello spirito umano impegnato, fino al fanatismo talvolta, a spegnere ogni senso religioso (siamo nell’epoca del secolarismo e dell’ateismo, antireligioso, anticristiano, ed anticlericale), e subito tormentato dalla carenza e dalla fame, che si producono nel medesimo spirito umano, del cibo che solo lo fa vivere in pienezza, la fede nella Parola di Dio (cfr. Mt 3,4). Diciamo semplicemente: oggi più che mai, e proprio in funzione del suo progresso, l’uomo, lo sappia o no, ha fame di Cristo. E allora ci domandiamo: chi può e come portare all’uo-mo del nostro tempo il contatto vitale con Cristo? Qui si pone, come la scoperta d’una chiave esplicativa del disegno divino circa la salvezza del mondo, la necessità del mezzo umano fra Dio, fra Cristo, fra il Vangelo e l’uomo da salvare. La grande economia religiosa della salvezza suppone ed esige una rete intermediaria, un ministero, una trasmissione organizzata e autorizzata di uomo ad uomo. Il Kerygma, cioè il messaggio evangelico, esige un messaggero, esige un apostolo, cioè un inviato, un missionario. La comunicazione di Dio all’uomo può essere diretta; lo Spirito di Dio può effondersi senza alcun tramite; ma non è questo il modo ordinario scelto da Dio per rivelare il regno soprannaturale ch’Egli apre, come un convito (cfr. Lc 14,16; Mt 22,2) ai singoli uomini e all’intera umanità. Il fatto religioso rimane, sì, nella sua essenza, un fatto interiore e personale; ma di solito ha bisogno d’essere provocato da uno stimolo esterno; … si richiede un servizio qualificato, un annuncio autentico, un magistero autorizzato (cfr. Rm 10,14ss). La fede non nasce da sé; essa è frutto d’una trasmissione, d’un apostolato.

Esci… – Benedetto XVI (Omelia, 25 Gennaio 2010): In un mondo segnato dall’indifferenza religiosa, e persino da una crescente avversione nei confronti della fede cristiana, è necessaria una nuova, intensa, attività di evangelizzazione, non solo tra i popoli che non hanno mai conosciuto il Vangelo, ma anche in quelli in cui il Cristianesimo si è diffuso e fa parte della loro storia. Non mancano, purtroppo, questioni che ci separano gli uni dagli altri e che speriamo possano essere superate attraverso la preghiera e il dialogo, ma c’è un contenuto centrale del messaggio di Cristo che possiamo annunciare assieme: la paternità di Dio, la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte con la sua croce e risurrezione, la fiducia nell’azione trasformatrice dello Spirito. Mentre siamo in cammino verso la piena comunione, siamo chiamati ad offrire una testimonianza comune di fronte alle sfide sempre più complesse del nostro tempo, quali la secolarizzazione e l’indifferenza, il relativismo e l’edonismo, i delicati temi etici riguardanti il principio e la fine della vita, i limiti della scienza e della tecnologia, il dialogo con le altre tradizioni religiose.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Spingili a entrare, perché la mia casa si riempia – «Gli invitati si scusano, mentre il Regno non è chiuso per nessuno, eccetto per colui che si autoesclude con la sua parola. Nella sua clemenza, il Signore invita tutti, ma è la nostra vigliaccheria o il nostro smarrimento che ci tiene fuori… Perciò, dopo il disdegno superbo dei ricchi, Cristo si rivolge verso i pagani; fa entrare i buoni e i cattivi, per fare crescere i buoni, per migliorare le disposizioni dei cattivi… Invita i poveri, gli infermi, i ciechi, il che ci mostra che l’infermità fisica non esclude nessuno dal Regno, piuttosto che l’infermità dei peccati viene guarita dalla misericordia del Signore…  Manda dunque a cercare per le strade, perché “la sapienza grida per le strade” [Pro 1,20]. Manda per le piazze, perché ha detto ai peccatori di lasciare le vie spaziose per raggiungere la porta stretta che conduce alla vita [Mt 7,13]. Manda per le vie e lungo le siepi, perché sono capaci di giungere al regno dei cieli coloro che, senza essere trattenuti dai beni presenti, si affrettano verso i beni a venire, incamminati sulla via della buona volontà e coloro che sanno distinguere il bene dal male, opponendo il baluardo della fede alle tentazioni del peccato, come i campi sono delimitati dalla siepe» (Sant’Ambogio).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi – “Il povero non ha fame solo di pane, ha una fame terribile di dignità umana. Tutti noi abbiamo bisogno d’amore e di esistere per qualcun altro. È lì che ci sbagliamo, quando scansiamo la gente, l’ignoriamo. Non solo abbiamo negato ai poveri un pezzo di pane, ma, considerandoli niente, abbandonandoli per strada, neghiamo la loro dignità, di essere a pieno titolo figli di Dio. Il mondo oggi è affamato non solo di pane, ma d’amore; ha fame di essere desiderato, amato. La gente ha fame di sentire la presenza di Cristo. In molti paesi si ha tutto in abbondanza, tranne questa presenza, quest’amore. In ogni paese ci sono i poveri. In dei continenti la povertà è più spirituale che materiale, una povertà fatta di solitudine, scoraggiamento, mancanza di senso. Ma ho visto anche, in Europa o in America, gente nella miseria più grande dormire su cartoni, pezzi di stoffa, nelle strade. Parigi, Londra o Roma conoscono questo tipo di povertà. È facile parlare o preoccuparsi dei poveri lontani. Più difficile, e forse è una grande sfida, far attenzione e preoccuparsi del povero che vive a due passi da noi. Il riso, il pane che do all’affamato che incontro per strada sazieranno la sua fame. Ma chi vive nell’esclusione, mancanza d’amore e grande paura, quanto sarà difficile colmare quella fame. Voi che siete in Occidente, conoscete la povertà spirituale molto più che la povertà materiale, e per questo i vostri poveri sono fra i più poveri. Tra i ricchi ci sono spesso persone spiritualmente poverissime. Io penso che è facile nutrire un affamato o dare un letto a un senza-dimora, ma consolare, cancellare la desolazione, la pena e l’isolamento che vengono dalla povertà spirituale, ciò richiede molto più tempo” (Madre Teresa).

Santo del giorno: 6 Novembre – Beata Cristina di Stommeln, Mistica: “Dopo aver avuto nel 1247 – a 5 anni – una visione di Gesù Bambino, la beata Cristina di Stommeln, vicino a Colonia, sfuggì dodicenne a un matrimonio combinato ed entrò in un convento di Beghine. Quindicenne ricevette le stimmate a mani e piedi e i segni della corona di spine sul capo. Fu tentata più volte dal demonio, fin sull’orlo del suicidio. I segni esteriori di tali esperienze fecero credere alle Beghine che fosse pazza, perciò la allontanarono. Ebbe poi come guida spirituale Pietro di Dacia, un Domenicano allievo di Alberto Magno (anche un fratello di Cristina entrò nell’ordine). Nell’anno della morte di Pietro gli assalti del demonio cessarono e Cristina visse in pace fino al 1312, sempre indossando l’abito delle Beghine” (Avvenire).

Preghiamo: Dio onnipotente e misericordioso, tu solo puoi dare ai tuoi fedeli il dono di servirti in modo lodevole e degno; fa’ che camminiamo senza ostacoli verso i beni da te promessi. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

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