meditazioni, Ottobre

29 Ottobre 2018

29 Ottobre 2018 – Lunedì, XXX del Tempo Ordinario – (Ef 4,32-5,8; Sal 1; Lc 13,10-17) – I Lettura: L’esortazione di Paolo agli Efesìni tocca due punti fondamentali della vita cristiana: primo, l’imitazione di Dio, essere come Dio è comportarsi come Gesù, quindi una vita fondata sulla Carità come quella di Cristo che offrì la sua vita per il mondo; il secondo punto è il frutto della Carità, la gioia e la lode. Il cristiano non trova più il suo piacere nelle cose del mondo e la sua attenzione è ora posta sulle realtà celesti delle quali può assaporarne la bellezza grazie allo Spirito di Dio che abita in lui. Vangelo: Torna la disputa sul Sabato, il giorno consacrato al Signore. Dt 5,15 ricorda di osservare il sabato per ricordare che Dio li salvò dalla schiavitù d’Egitto, quindi è un giorno riservato alla lode per le meraviglie da Lui compiute. Il miracolo che Gesù compie ricorda questo atto salvifico di Dio: la donna è liberata dalla schiavitù in cui Satana la tratteneva da diciotto anni. Dio, in Gesù, ha visitato il suo popolo, questo riempie di gioia la donna sanata e anche tutta la folla presente.

Questa figlia di Abramo non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato? – Dal Vangelo secondo Luca: In quel tempo, Gesù stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. C’era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta. Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei liberata dalla tua malattia». Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio. Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato». Il Signore gli replicò: «Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?». Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.

Riflessione: «C’era là una donna… era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta». È singolare l’atteggiamento del capo della sinagoga che, dinanzi ad un miracolo di Gesù, piuttosto che unirsi alla meraviglia e alla lode del popolo, rimprovera la folla in quanto la guarigione è avvenuta di sabato, giorno dedicato alla preghiera e non al lavoro. Come se operare miracoli fosse un lavoro e non una lode a Dio: questo capo della sinagoga rimprovera le persone intimando loro di farsi guarire in altri giorni e non di sabato, accusandoli in qualche modo di indurre in tentazione Dio stesso, il quale (e questo fa diventare il tutto quasi comico) cade nella tentazione di fare il bene e commette il peccato di guarire! A tanto può portare la cecità della nostra superbia spirituale, quando cioè pensiamo e pretendiamo di essere nel giusto, al punto che anche Dio deve fare come a noi appare bene e chinarsi alla nostra volontà e alle nostre esigenze. Tale condotta ci ricorda, per esempio, l’atteggiamento di Marta: anche lei rimprovera Dio di essere caduto nella tentazione di intrattenersi a parlare di cose divine, peccando in tal modo di mancanza di carità nei suoi riguardi e trascinando anche gli altri, cominciando dalla sorella, in questo peccato! Quanto siamo assurdi a volte nei nostri giudizi, come siamo capaci di distorcere la realtà al punto di non temere di lanciare giudizi perfino su Dio, reputandolo insensibile, incapace di ascolto, come uno che agisce solo per conto (o per tornaconto) suo. Quella donna nella sua sofferenza era stata zitta, in ascolto di Gesù: impossibilitata ad alzare la testa a causa della deformazione della schiena, teneva fisso in alto lo sguardo della sua fede. Il capo della sinagoga, dall’alto della sua umana sapienza, pur potendo alzare lo sguardo al cielo, per lodare e magnificare Dio per le meraviglie che vedeva compiersi dinanzi ai suoi occhi, tiene gli occhi incollati alla terra, al calendario, alle umane circostanze. La donna, nella sua umile e silente fede, viene guarita, viene salvata, sciolta dal legame del Male che la costringeva a stare bassa, e viene innalzata verso il cielo. Il capo della sinagoga è costretto a vergognarsi e a chinare il capo. Quanto abbiamo oggi da imparare e da riflettere: dov’è rivolto il nostro cuore?

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: … sappiatelo bene, nessun fornicatore, o impuro, o avaro ha in eredità il regno di Cristo e di Dio – Papa Francesco (Udienza Generale, 11 Giugno 2014): «Quando siamo pervasi dal timore di Dio, allora siamo portati a seguire il Signore con umiltà, docilità e obbedienza. Questo, però, non con atteggiamento rassegnato, passivo, anche lamentoso, ma con lo stupore e la gioia di un figlio che si riconosce servito e amato dal Padre. Il timore di Dio, quindi, non fa di noi dei cristiani timidi, remissivi, ma genera in noi coraggio e forza! È un dono che fa di noi cristiani convinti, entusiasti, che non restano sottomessi al Signore per paura, ma perché sono commossi e conquistati dal suo amore! Essere conquistati dall’amore di Dio! E questo è una cosa bella. Lasciarci conquistare da questo amore di papà, che ci ama tanto, ci ama con tutto il suo cuore. Ma, stiamo attenti, perché il dono di Dio, il dono del timore di Dio è anche un “allarme” di fronte alla pertinacia nel peccato. Quando una persona vive nel male, quando bestemmia contro Dio, quando sfrutta gli altri, quando li tiranneggia, quando vive soltanto per i soldi, per la vanità, o il potere, o l’orgoglio, allora il santo timore di Dio ci mette in allerta: attenzione! Con tutto questo potere, con tutti questi soldi, con tutto il tuo orgoglio, con tutta la tua vanità, non sarai felice. Nessuno può portare con sé dall’altra parte né i soldi, né il potere, né la vanità, né l’orgoglio. Niente! Possiamo soltanto portare l’amore che Dio Padre ci dà, le carezze di Dio, accettate e ricevute da noi con amore. E possiamo portare quello che abbiamo fatto per gli altri. Attenzione a non riporre la speranza nei soldi, nell’orgoglio, nel potere, nella vanità, perché tutto ciò non può prometterci niente di buono! Penso per esempio alle persone che hanno responsabilità sugli altri e si lasciano corrompere; voi pensate che una persona corrotta sarà felice dall’altra parte? No, tutto il frutto della sua corruzione ha corrotto il suo cuore e sarà difficile andare dal Signore. Penso a coloro che vivono della tratta di persone e del lavoro schiavo; voi pensate che questa gente che tratta le persone, che sfrutta le persone con il lavoro schiavo ha nel cuore l’amore di Dio? No, non hanno timore di Dio e non sono felici. Non lo sono. Penso a coloro che fabbricano armi per fomentare le guerre; ma pensate che mestiere è questo. Io sono sicuro che se faccio adesso la domanda: quanti di voi siete fabbricatori di armi? Nessuno, nessuno. Questi fabbricatori di armi non vengono a sentire la Parola di Dio! Questi fabbricano la morte, sono mercanti di morte e fanno mercanzia di morte. Che il timore di Dio faccia loro comprendere che un giorno tutto finisce e che dovranno rendere conto a Dio.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Tutti i suoi avversari si vergognavano: «La vergogna si è abbattuta quindi su coloro che hanno manifestato queste disoneste intenzioni, che si sono imbattuti nella principale pietra d’angolo e che sono stati spezzati. Mentre egli era occupato a raddrizzare i suoi vasi incurvati, essi hanno urtato contro il santo Vasaio e si sono opposti al Medico» (Cirillo di Alessandria).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: «Oggi, noi cristiani siamo più o meno tutti d’accordo nel ritenere che la Legge di Dio conduca l’uomo verso la sua libertà interiore. L’osservanza della Legge non è fine a se stessa. La Legge esprime l’amore di Dio. Tutte verità imparate a memoria. In realtà, facciamo di tutto per “leggere” la Legge, attraverso le lenti dei nostri pregiudizi. Ne esce una legge più nostra che evangelica. Se, anni fa, il Giorno del Signore era visto e vissuto in modo così sacro e inviolabile da sentirsi in colpa se si stirava una camicia o se, costretti a letto dalla febbre, non si poteva partecipare alla Messa, ai giorni nostri la gerarchia delle scelte è mutata e sta mutando sempre più: prima c’è il diritto al riposo, e si dorme fino a mezzogiorno, poi ci sono i mestieri di casa, poi c’è il diritto allo svago, agli hobby, poi c’è anche la famiglia, e se c’è tempo, se c’è voglia, se ci coglie un’ispirazione misticoide, si va in chiesa, nella chiesa che ci piace, nell’orario che ci fa comodo. E così il giorno della domenica è diventato giorno del grande stress, delle evasioni più droganti, del non saper cosa fare per tirare sera, del girovagare da un bar all’altro, della rincorsa di emozioni che, di domenica in domenica, finiscono per annoiare, deprimere. Almeno tempi addietro la famiglia era tutta riunita in chiesa; oggi ognuno va per conto proprio, i figli da una parte, la madre in casa come sempre, e il marito fuori, con gli amici. Chissà, forse ancora oggi Cristo direbbe: Se ti fai scrupolo di provvedere alle tue necessità di animale da soma, perché non ti fai scrupolo di vivere i tuoi diritti di figlio di Dio?» (Giorgio De Capitani).

Santo del giorno: 29 Ottobre – Beata Chiara Luce Badano, Giovane laica focolarina: Visse a Sassello con il padre Ruggero, camionista, e la madre Maria Teresa, casalinga. Volitiva, tenace, altruista, di lineamenti fini, snella, grandi occhi limpidi, sorriso aperto, ama la neve e il mare, pratica molti sport. Ha un debole per le persone anziane che copre di attenzioni. A nove anni conosce i ‘Focolarini’ di Chiara Lubich ed entra a fare parte dei ‘Gen’. Dai suoi quaderni traspare la gioia e lo stupore nello scoprire la vita. Terminate le medie a Sassello si trasferisce a Savona dove frequenta il liceo classico. A sedici anni, durante una partita a tennis, avverte i primi lancinanti dolori ad una spalla: callo osseo la prima diagnosi, osteosarcoma dopo analisi più approfondite. Inutili interventi alla spina dorsale, chemioterapia, spasmi, paralisi alle gambe. Rifiuta la morfina che le toglierebbe lucidità. Si informa di tutto, non perde mai il suo abituale sorriso. Alcuni medici, non praticanti, si riavvicinano a Dio. La sua cameretta, in ospedale prima e a casa poi, diventa una piccola chiesa, luogo di incontro e di apostolato: “L’importante è fare la volontà di Dio… è stare al suo gioco… Un altro mondo mi attende… Mi sento avvolta in uno splendido disegno che, a poco a poco, mi si svela… Mi piaceva tanto andare in bicicletta e Dio mi ha tolto le gambe, ma mi ha dato le ali…”. Chiara Lubich, che la seguirà da vicino, durante tutta la malattia, in un’affettuosa lettera le pone il soprannome di ‘Luce’. Negli ultimi giorni, Chiara non riesce quasi più a parlare, ma vuole prepararsi all’incontro con ‘lo Sposo’ e si sceglie l’abito bianco, molto semplice, con una fascia rosa. Spiega anche alla mamma come dovrà essere pettinata e con quali fiori dovrà essere addobbata la chiesa; suggerisce i canti e le letture della Messa. Vuole che il rito sia una festa. Le ultime sue parole: “Mamma sii felice, perché io lo sono. Ciao!”. Muore all’alba del 7 ottobre 1990. Dichiarata “Venerabile” il 3 luglio 2008, è stata beatificata il 25 settembre 2010. La sua memoria liturgica è stata fissata al 29 ottobre, ricorrenza genetliaca, mentre il Martirologio Romano considera dies natalis il 7 ottobre, giorno della nascita al Cielo.

Preghiamo: Dio onnipotente ed eterno, accresci in noi la fede, la speranza e la carità, e perché possiamo ottenere ciò che prometti, fa’ che amiamo ciò che comandi. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

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