Liturgia, Ottobre

28 Ottobre 2018 – XXX del Tempo Ordinario (B)

Antifona d’ingresso

Gioisca il cuore di chi cerca il Signore. Cercate il Signore e la sua potenza, cercate sempre il suo volto. (Sal 105,3-4)

Colletta

Dio onnipotente ed eterno, accresci in noi la fede, la speranza e la carità, e perché possiamo ottenere ciò che prometti, fa’ che amiamo ciò che comandi. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

Oppure: 

O Dio, luce ai ciechi e gioia ai tribolati, che nel tuo Figlio unigenito ci hai dato il sacerdote giusto e compassionevole verso coloro che gemono nell’oppressio-ne e nel pianto, ascolta il grido della nostra preghiera: fa’ che tutti gli uomini riconoscano in lui la tenerezza del tuo amore di Padre e si mettano in cammino verso di te. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

Prima Lettura         Ger 31,7-9

Riporterò tra le consolazioni il cieco e lo zoppo.

I versetti della prima lettura sono un oracolo di speranza: è l’annuncio del lieto ritorno per i superstiti discendenti d’Israele dopo i catastrofici eventi del 721 a.C. causati dall’invasione assira e le dure repressioni che ne erano seguite. L’annun-cio dell’imminente liberazione viene formulato dal profeta Geremìa con un invito liturgico a inneggiare al Signore. Da questo brano si evince anche una profonda convinzione del profeta Geremìa: la felicità d’Israele proviene unicamente dalla bontà misericordiosa e dall’onnipotenza del suo Dio.

Dal libro del profeta Geremìa

Così dice il Signore: «Innalzate canti di gioia per Giacobbe, esultate per la prima delle nazioni, fate udire la vostra lode e dite: “Il Signore ha salvato il suo popolo, il resto d’Israele”. Ecco, li riconduco dalla terra del settentrione e li raduno dalle estremità della terra; fra loro sono il cieco e lo zoppo, la donna incinta e la partoriente: ritorneranno qui in gran folla. Erano partiti nel pianto, io li riporterò tra le consolazioni; li ricondurrò a fiumi ricchi d’acqua per una strada dritta in cui non inciamperanno, perché io sono un padre per Israele, Èfraim è il mio primogenito».   Parola di Dio.

Salmo Responsoriale                          Dal Salmo 125 (126)

«Avevamo la faccia rivolta verso il mondo e le spalle a Dio; questi ci ha fatto tornare perché camminiamo rivolti a lui e con le spalle al mondo, noi che sospiriamo verso la patria. Eravamo venduti al peccato; ci eravamo resi schiavi, avendo acconsentito al seduttore. Al ritorno dalla schiavitù, cantiamo questo salmo».

Sant’Agostino

Rit. Grandi cose ha fatto il Signore per noi.

Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,

ci sembrava di sognare.

Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,

la nostra lingua di gioia. Rit.
Allora si diceva tra le genti:

«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».

Grandi cose ha fatto il Signore per noi:

eravamo pieni di gioia. Rit.
Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,

come i torrenti del Negheb.

Chi semina nelle lacrime

mieterà nella gioia. Rit.
Nell’andare, se ne va piangendo,

portando la semente da gettare,

ma nel tornare, viene con gioia,

portando i suoi covoni. Rit.

Seconda Lettura                           Eb 5,1-6

Tu sei sacerdote per sempre, secondo l’ordine di Melchìsedek.
L’autore della Lettera agli Ebrei nel presentare Gesù come il vero sommo Sacerdote, l’unico, perfetto mediatore tra l’umanità e il Padre (3,1-5.10), esorta i suoi lettori ad avere fiducia nella sua misericordia senza limiti: proprio perché Egli si è rivestito di debolezza è «in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore».

Dalla lettera agli Ebrei

Ogni sommo sacerdote è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anche lui rivestito di debolezza. A causa di questa egli deve offrire sacrifici per i peccati anche per se stesso, come fa per il popolo. Nessuno attribuisce a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne. Nello stesso modo Cristo non attribuì a se stesso la gloria di sommo sacerdote, ma colui che gli disse: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato», gliela conferì come è detto in un altro passo: «Tu sei sacerdote per sempre, secondo l’ordine di Melchìsedek».    Parola di Dio.

Canto al Vangelo                            Cfr. 2Tm 1,10

Alleluia, alleluia.

Il salvatore nostro Cristo Gesù ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo.

Alleluia.

Vangelo                    Mc 10,46-52

Rabbunì, che io veda di nuovo!
L’episodio del Vangelo di oggi è preludio all’entrata di Gesù in Gerusalemme. Viene chiamato “Figlio di Davide” titolo regale e Messianico che ricorda la promessa di Dio a Davide per bocca del profeta Nàtan (2Sam 7,12-16). Bartimèo gridando ad alta voce lo proclama erede di questa promessa, mostrando di vedere meglio di coloro che hanno la vista ma non riescono a riconoscere i segni. Gesù avvicinandosi chiede cosa vuole che gli faccia, mostrandosi così come Colui che è venuto a servire l’umanità desiderosa di salvezza.

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Corag-gio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.

Parola del Signore.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa

Rabbunì, che io veda di nuovo – Catechismo degli Adulti 189: I miracoli annunciano e inaugurano il regno di Dio. C’è chi si chiede se abbia ancora senso parlare di miracoli, se essi siano oggi di aiuto alla fede o piuttosto di ostacolo, in quanto estranei alla mentalità scientifica dell’uomo moderno. È essenziale coglierne il significato. Nell’Antico Testamento gli eventi prodigiosi dell’esodo e in genere i miracoli compiuti da Dio e dai suoi inviati attestano la presenza salvifica del Signore nella storia del suo popolo. Nel Nuovo Testamento questi fatti straordinari sono chiamati «miracoli (opere potenti), prodigi e segni» (At 2,22): opere potenti, perché manifestano la potenza creatrice di Dio; prodigi, perché sono avvenimenti straordinari e inspiegabili, che destano l’ammirazio-ne degli uomini; segni, perché nel contesto della predicazione evangelica trasmettono un preciso significato, la venuta del Regno. Dei tre termini il più adeguato è proprio l’ultimo. I miracoli sono gesti con cui Dio ci parla. Si rivolgono sempre alle persone, o perché le riguardano direttamente, come le guarigioni di malati, o almeno perché recano loro qualche beneficio materiale e spirituale, come accade nella moltiplicazione dei pani e in altre trasformazioni della natura. E per costituire il segno, non conta solo il fatto straordinario, ma anche il modo e il contesto in cui avviene.

Significato dei Miracoli – Catechismo degli Adulti 191: I miracoli di Gesù sono strettamente collegati alla sua predicazione. È sempre in cammino, infaticabile, per città e villaggi della Galilea, «predicando la buona novella del Regno e curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo» (Mt 4,23). Affida ai discepoli la stessa duplice missione: «Li mandò ad annunziare il regno di Dio e a guarire gli infermi» (Lc 9,2). Predicazione e miracoli attestano e attuano la nuova venuta salvifica di Dio nella storia. La sua parola converte; la sua parola risana. Il messaggio è centrato sul regno di Dio; i miracoli ne lasciano intravedere la presenza, ne sono i segni trasparenti. Il loro significato è molteplice. Dio si è fatto vicino in modo nuovo, per vincere il peccato, la malattia, la morte e ogni forma di male, per dare all’uomo la salvezza integrale, spirituale, corporea, sociale e cosmica, ora come in un anticipo e poi alla fine della storia in pienezza, facendo «nuove tutte le cose» (Ap 21,5). Gesù è il Messia, «colui che deve venire» (Mt 11,3). Il popolo, davanti a questi gesti divini è chiamato a credere e convertirsi. La stessa riluttanza a compiere miracoli, che Gesù manifesta più volte, ha un suo significato. Egli vuole evitare che la gente strumentalizzi Dio ai propri interessi immediati. Per chi non cerca la comunione con Dio, ma unicamente i suoi benefici, il miracolo diventa fuorviante. Gesù esige almeno una fede iniziale, un’apertura al mistero. Alla folla curiosa e avida di prodigi si sottrae volentieri, appena capita l’occasione favorevole.

I segni del regno di Dio – CCC 547-548: Gesù accompagna le sue parole con numerosi «miracoli, prodigi e segni» (At 2,22), i quali manifestano che in lui il Regno è presente. Attestano che Gesù è il Messia annunziato. I segni compiuti da Gesù testimoniano che il Padre lo ha mandato. Essi sollecitano a credere in lui. A coloro che gli si rivolgono con fede egli concede ciò che domandano. Allora i miracoli rendono più salda la fede in colui che compie le opere del Padre suo: testimoniano che egli è il Figlio di Dio. Ma possono anche essere motivo di scandalo. Non mirano a soddisfare la curiosità e i desideri di qualcosa di magico. Nonostante i suoi miracoli tanto evidenti, Gesù è rifiutato da alcuni; lo si accusa perfino di agire per mezzo dei demòni.

Gesù esaudisce la preghiera – CCC 2616: La preghiera a Gesù è già esaudita da lui durante il suo ministero, mediante segni che anticipano la potenza della sua morte e della sua risurrezione: Gesù esaudisce la preghiera di fede, espressa a parole (dal lebbroso; da Giairo; dalla Cananea; dal buon ladrone) oppure in silenzio (da coloro che portano il paralitico; dall’emoroissa che tocca il suo mantello; dalle lacrime e dall’olio profumato della peccatrice). La supplica accorata dei ciechi: «Figlio di Davide, abbi pietà di noi» (Mt 9,27) o: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me» (Mc 10,47) è stata ripresa nella tradizione della Preghiera a Gesù: «Gesù, Cristo, Figlio di Dio, Signore, abbi pietà di me peccatore!». Si tratti di guarire le malattie o di rimettere i peccati, alla preghiera che implora con fede Gesù risponde sempre: «Va’ in pace, la tua fede ti ha salvato!». Sant’Agostino riassume in modo mirabile le tre dimensioni della preghiera di Gesù: «Prega per noi come nostro Sacerdote; prega in noi come nostro Capo; è pregato da noi come nostro Dio. Riconosciamo, dunque, in lui la nostra voce, e in noi la sua voce».

Figlio di Davide – Giovanni Paolo II (Angelus, 5 Gennaio 1997): Il titolo di “figlio di Davide” riveste […] un senso specifico che getta luce sul disegno di Dio. Ci ricorda infatti che l’evento cristiano è il vertice di una storia di salvezza che Dio attua progressivamente fin dall’Antico Testamento, offrendo al popolo ebreo una speciale “alleanza” e facendolo portatore di promesse salvifiche che, in Gesù di Nazaret, sarebbero state realizzate per l’intera umanità. Quando dunque i contemporanei lo chiamano “figlio di Davide”, riconoscono che in lui si compiono le promesse antiche, proclamano la definitiva realizzazione della speranza messianica. Ogni uomo può ormai attingere a questa speranza, facendo suo il grido che nel Vangelo si ritrova sulle labbra del cieco Bartimeo: “Gesù, figlio di David, abbi pietà di me” (Mc 10,47). Invocando il “figlio di David”, l’umanità può ritrovare la luce degli occhi del cuore.

Preghiera dei Fedeli       (proposta)

Come il cieco di Gerico, anche noi gridiamo a Gesù la nostra fede, per ottenere da lui misericordia e perdono. E ci facciamo voce delle tante persone che non sanno o non vogliono più rivolgersi al Signore, chiedendo per loro il dono della fede. Preghiamo insieme e diciamo: Figlio di Davide, abbi pietà di noi.
– Per la Chiesa: non impedisca come la folla di Gerico di avvicinarsi a Gesù, ma faccia risuonare davanti a lui le grida dei poveri, degli ammalati, di coloro che sono in difficoltà, preghiamo. Rit.
– Per gli ammalati: perché non siano costretti a vivere in solitudine e nella tristezza, e trovino in Gesù conforto, luce per dare senso alla propria esistenza e speranza nella risurrezione, preghiamo. Rit.
– Per tutti i credenti: riscoprano il senso profondo della liberazione e della salvezza donata da Gesù e siano testimoni autentici della fede, preghiamo. Rit.
– Per la nostra comunità, che ha ricevuto la grazia della fede e cammina seguendo il Signore Gesù: cresca nella capacità di contemplare la bellezza del dono ricevuto e di adorarlo nella vita quotidiana, preghiamo. Rit.
Celebrante: O Padre, aiutaci a ritrovare in Gesù il senso festoso della vita, perché è il pensiero di camminare sulla sua strada l’unica certezza che ci dà gioia profonda e illumina la nostra esistenza. Per Cristo nostro Signore.

Preghiera sulle offerte

Guarda, Signore, i doni che ti presentiamo: quest’offerta, espressione del nostro servizio sacerdotale, salga fino a te e renda gloria al tuo nome. Per Cristo nostro Signore.

Prefazio delle Domeniche del Tempo Ordinario II                  (proposta)

Il mistero della redenzione.

È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza,

rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo,

Dio onnipotente ed eterno, per Cristo nostro Signore.

Nella sua misericordia per noi peccatori

egli si è degnato di nascere dalla Vergine;

morendo sulla croce, ci ha liberati dalla morte eterna

e con la sua risurrezione ci ha donato la vita immortale.

Per questo mistero di salvezza, uniti agli angeli e ai santi,

cantiamo con gioia l’inno della tua lode: Santo…

Antifona alla comunione

Esulteremo per la tua salvezza e gioiremo nel nome del Signore, nostro Dio. (Sal 20,6)

Oppure: 

Cristo ci ha amati: per noi ha sacrificato se stesso, offrendosi a Dio in sacrificio di soave profumo. (Ef 5,2)

Oppure: 

“Signore, fa’ che io veda!”. “Va’ la tua fede ti ha salvato”. (Mc 10,51-52)

Preghiera dopo la comunione

Signore, questo sacramento della nostra fede compia in noi ciò che esprime e ci ottenga il possesso delle realtà eterne, che ora celebriamo nel mistero. Per Cristo nostro Signore.

Un po’ di pane per camminare

«Va’, la tua fede ti ha salvato». La guarigione del cieco Bartimèo assume un’importanza particolare all’interno del Vangelo di Marco: pur avendo da poco superato la metà del testo, infatti, questo è l’ultimo miracolo narrato dall’evangelista. In questo miracolo, dunque, dobbiamo vedervi, al di là del racconto storico, e cioè di un cieco che riacquista la vista, quasi come un resoconto finale, un riassunto, un testamento dell’opera di Gesù. Se vogliamo ricevere la grazia da Dio siamo chiamati ad agire come Bartimèo: senza Dio siamo come ciechi, non sappiamo dove andare. Cristo come luce è venuto nel mondo per illuminare le tenebre del nostro cuore e indicarci se stesso come unica Via, Verità e Vita, perché chiunque crede in lui non rimanga nelle tenebre (cfr. Gv 12,46). Siamo chiamati anzitutto a riconoscere Gesù come nostro Signore e innalzare con fede a lui la nostra invocazione di aiuto: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Il mondo cercherà in tutti i modi di soffocare tale grido salvifico che, suscitato dallo Spirito Santo, sgorga con impeto dal nostro cuore (1Cor 12,3b). Molti si lasciano convincere dal mondo: non è conveniente gridare in questo modo… lascia stare il Maestro che è stanco… vedi quanti vengono prima di te e sono migliori di te… perché mai dovrebbe ascoltarti… Bartimèo non si lascia sedurre dalle parole di chi cerca di fermarlo, anzi grida più forte. E questo è il primo passo da compiere: pregare con fede, senza lasciarci convincere dal mondo che ci invita a desistere, ad essere moderati, a cercare la sufficienza. Ma eccoci al secondo passaggio: quando Gesù lo chiama egli getta il mantello e corre da Gesù! Un cieco che corre e che per correre lascia l’unica cosa che possiede, il mantello. Non pensiamo che sia Gesù a dover adattarsi a noi: se ci chiama dobbiamo essere pronti a lasciare tutto, anche le cose che logicamente sembrano indispensabili, e correre nel buoi verso di lui! Ed ecco che, riconosciuto il Cristo e invocatolo, per mezzo dello Spirito, e lasciato ciò che ci tiene fermi e appesantisce il nostro cammino, siamo pronti a ricevere la sua luce: la fede ci ha salvati!

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