meditazioni, Ottobre

19 Ottobre 2018

19 Ottobre 2018 – Venerdì, XXVIII del Tempo Ordinario – (Ef 1,11-14; Sal 32[33]; Lc 12,1-7) – I Lettura: “Paolo dopo i termini di benedizione, santi, elezioni, adozione, redenzione, eredità e promessa, riprende un’altra nozione dell’AT, che allarga e perfeziona applicandola all’Israele nuovo, comunità dei salvati, la Chiesa”(Bibbia di Gerusalemme, nota). “La caparra, è il pagamento anticipato di Dio sull’intera salvezza, come in 2Cor 1,22” (Il Nuovo Testamento, ed. Paoline). Vangelo: “Per i Farisei cogliere le spighe, sfregarle e mangiarne il contenuto era un lavoro, e come tale era proibito di sabato. In senso mistico cogliere le spighe rappresenta cogliere la molteplicità dei sensi delle Scritture. Il Signore dà la preferenza alla misericordia rispetto al sacrificio” (Commento ai Vangeli, Padri, Santi e mistici della Chiesa, Tommaso d’Aquino e Cromazio di Aquilea).

Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati – Dal Vangelo secondo Luca: In quel tempo, si erano radunate migliaia di persone, al punto che si calpestavano a vicenda, e Gesù cominciò a dire anzitutto ai suoi discepoli: «Guar-datevi bene dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia. Non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto. Quindi ciò che avrete detto nelle tenebre sarà udito in piena luce, e ciò che avrete detto all’orecchio nelle stanze più interne sarà annunciato dalle terrazze. Dico a voi, amici miei: non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo e dopo questo non possono fare più nulla. Vi mostrerò invece di chi dovete aver paura: temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geènna. Sì, ve lo dico, temete costui. Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate paura: valete più di molti passeri!».

Riflessione: «Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia». I farisei erano deputati all’osservanza della Legge: attraverso il loro esempio e il loro insegnamento il popolo di Israele avrebbe dovuto ben comprendere come mettere in pratica i precetti della Legge. Vi erano vere e proprie scuole (pensiamo alla prestigiosa scuola del fariseo Gamalièle, un dottore della Legge che ebbe tra i suoi più illustri allievi lo stesso Saulo di Tarso: cfr. At 5,34; 22,3). In esse venivano insegnati i modi, gli atteggiamenti, i gesti, le osservanze e quanto serviva per essere e apparire quanto più religiosi possibile, dinanzi a Dio e al popolo. Gesù stesso, un giorno, ebbe a dire alla folla che lo seguiva di ascoltare e osservare i loro insegnamenti pur ribadendo l’attenzione a stare alla larga dai loro esempi di vita (cfr. Mt 23,1-3)! Chi potrebbero essere i farisei di oggi, non nel senso dispregiativo ma nel senso di persone deputate ad osservare e far osservare la Legge del Signore? Potremmo pensare anzitutto ai sacerdoti: chi più di loro ha avuto la possibilità di studiare, approfondire e vivere la Legge del Signore? Potremmo pensare ai consacrati, alle suore, a coloro che hanno la possibilità di una formazione permanente sulla Parola del Signore, sul Magistero, sulla tradizione, mediante l’accesso a tanti testi formativi umani, spirituali, biblici, agiografici… Ma dobbiamo necessariamente estendere un tale importantissimo compito ad ogni battezzato, in qualunque stato di vita si trovi, indipendentemente dall’età o dalla formazione culturale. Tutti siamo chiamati ad essere luce del mondo e sale della terra (cfr. Mt 5,13-14), tutti siamo chiamati ad essere lievito e fermento di vita nuova (cfr. 1Cor 5,7; Gal 5,9). Anche in noi, infatti, indipendentemente se siamo sacerdoti o consacrati o genitori o figli… c’è il rischio dell’ipocrisia: siamo chiamati ad essere testimoni della nostra fede. Tale testimonianza di vita l’abbiamo promessa a Dio più volte: nel fare da padrino/madrina di Battesimo o di Cresima, il giorno delle nozze, quando abbiamo portato i figli al Battesimo… e in tante altre circostanze. Possiamo dire di ascoltare, accogliere e vivere davvero il Vangelo di Cristo, o rischiamo, come i Farisei, di apparire ciò che in realtà non siamo?

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia – Paolo VI (Udienza Generale, 17 Luglio 1968): La concezione del perfetto cristiano deve fare molto caso delle virtù morali proprie della natura umana, integralmente considerata (cfr. Decr. De instit. sacerdotali, n. 11). Citiamo la prima di queste virtù: la sincerità, la veracità. «Sia il vostro linguaggio, c’insegna il Signore, sì, sì; no, no» (Mt 5,37; Gc 5,12). Dobbiamo redimere il cristiano dalla falsa e disonorante opinione che a lui sia lecito il giocare sulla parola, che in lui vi sia doppiezza fra pensiero e discorso, che egli possa a fin di bene ingannare il prossimo. L’ipocrisia non è protetta dal mantello della religione (cfr. Bernanos, L’imposture). Lo stesso si dica sul senso della giustizia. Della giustizia commutativa dapprima, quella che riguarda il mio e il tuo, cioè sull’onestà nei rapporti economici, negli affari, nella rettitudine amministrativa, specialmente nei pubblici uffici; e poi sulla giustizia sociale (legale, la dicevano gli antichi, «nel senso che per essa l’uomo si conforma alla legge che ordina gli atti di tutto l’operare umano al bene comune» – cfr. S. Th. II-II, 58,6; S. Tommaso la chiama perciò una «virtù architettonica» – cfr. ibid. 60, 1 ad 4). E così diciamo del senso del dovere, del coraggio, della magnanimità, dell’onestà dei costumi; e così via (cfr. Gillet, La valeur éducative de la morale catholique). Grande apprezzamento dobbiamo fare di queste virtù naturali, anche se non dimentichiamo come esse, fuori dell’ordine della grazia, siano incomplete, e spesso si associno a debolezze umane molto deplorevoli (cfr. S. Ag., De civ. Dei, V,19; P.M. 41,166); e ricordiamo come siano, di per sé, sterili di valore soprannaturale (ibid. XX, 25; P.L. 41,656; e XXI, 16; P.L. 41,730). Insegnamenti vecchi? No, ce li ricorda il Concilio, dove dice, ad esempio: «Molti nostri contemporanei… sembrano temere che, se si stabiliscono troppo stretti legami tra l’attività umana e la religione, sia impedita l’attività degli uomini, della società, della scienza». E difende così la legittima autonomia nella questione delle realtà terrene (Gaudium et Spes, n. 36).

Non abbiate paura… – Giovanni Paolo II (Omelia, 3 Settembre 1989): Si tratta di un invito pressante di Gesù a bandire dall’anima ogni timore e ad avere coraggio. La parola è rivolta agli apostoli, chiamati a compiere la missione dell’annuncio in una maniera pubblica, forte, decisa, anche se ciò può mettere a repentaglio la loro vita. Il coraggio cristiano si fonda sulla consapevolezza che Dio ama i suoi discepoli fedeli, dei quali egli ha cura, perché essi valgono di più delle altre creature: “Voi valete più di molti passeri”. Non avverrà che la vita dell’uomo possa essere tolta o offesa senza che il Padre celeste lo sappia. Nemmeno la fine della vita del martire, oggetto della persecuzione del mondo contro il Vangelo e contro Cristo, può accadere al di fuori di un disegno divino. Tale disegno, che porta a perfezione la grazia della testimonianza, dona al martirio il valore di un atto di piena comunione con la Croce di Cristo. “Non abbiate paura”. La paura, infatti, può condizionare la libertà delle scelte e spingere a decisioni in contrasto con i propri convincimenti. Ma come superare la paura? Gesù stesso indica la strada per dominare questo istinto, radicato così profondamente nell’essere umano. La strada sta nella scoperta dell’amore personale di Dio per ciascuno, nella scoperta della sollecitudine amorosa con cui egli segue le vicende anche più insignificanti dei suoi figli. In forza di tale scoperta l’uomo non si sente più solo; egli sa di potersi abbandonare con totale fiducia alla provvida saggezza di un Padre che non permette alcun male se non in vista di un bene più grande.

Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia – Compendio CCC 521-522: Ogni persona è chiamata alla sincerità e alla veracità nell’agire e nel parlare. Ognuno ha il dovere di cercare la verità e di aderirvi, ordinando tutta la propria vita secondo le esigenze della verità. In Gesù Cristo la verità di Dio si è manifestata interamente: egli è la Verità. Chi segue lui vive nello Spirito di verità, e rifugge la doppiezza, la simulazione e l’ipocrisia. Il cristiano deve testimoniare la verità evangelica in tutti i campi della sua attività pubblica e privata, anche, se necessario, col sacrificio della propria vita. Il martirio è la suprema testimonianza resa alla verità della fede.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? “Questi cinque passeri sono i sensi del corpo. Se, come i passeri, essi frugano tra le immondezze della terra e cercano il loro cibo nei luoghi incolti e maleodoranti, trattenuti dai lacci delle loro colpe, non possono riprendere il volo verso i frutti delle opere più elevate, che costituiscono l’alimento delle anime?” (Ambrogio).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo – Quanto siano vere queste parole, lo rivela in modo particolare la vita del rabbino Paolo di Tarso: un persecutore che si cangerà in perseguitato, sedotto dal Vivente sulla via di Damasco. Subito dopo quell’incontro pieno di luce abbacinante, sarà lo stesso Gesù a tratteggiare la sua futura vita apostolica: «Sarai per me uno strumento eletto per portare il mio nome dinanzi ai popoli, ai re e ai figli di Israele; e io ti mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome» (cfr. At 9,15-16). Una profezia che ricorrerà spesso nelle riflessioni dell’Apostolo: «Ed ecco ora, avvinto dallo Spirito, io vado a Gerusalemme senza sapere ciò che là mi accadrà. So soltanto che lo Spirito Santo in ogni città mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni» (At 20,22-23). E che lo Spirito Santo non gli abbia mentito basta leggere alcuni brani della prima e della seconda lettera ai Corinzi (cfr. 1Cor 4,9-13; 2Cor 4,8-12; 6,4-10; 11,23-33). Questi sunti non sono freddi resoconti di fatiche, diari di viaggi fatti per terra e per mare, difficoltà apostoliche, ma sale versato su ferite sanguinanti aperte e non cicatrizzate. Non sono «esage-razione poetica! Purtroppo è la prosa di ogni giorno: “fame e sete”, freddo, “per-cosse”, vagabondaggio all’addiaccio, sempre braccati da nemici implacabili, “lavoro” affaticante per procacciarsi di che ingannare l’inedia da fame che divora il proprio corpo. […] Tutto ciò però non riesce a piegare la grandezza spirituale e la serenità degli Apostoli di Cristo: pur in mezzo alle persecuzioni e alle calunnie, hanno ancora l’animo di “benedire” e di “consolare”» (Settimio Cipriani). Ed è a motivo di queste esperienze che sgorgò nel cuore e nella mente dell’apostolo Paolo la convinzione che «tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati» (2Tm 3,12). Una convinzione che in duemila anni di storia cristiana non è mai stata smentita.

Santo del giorno: 19 Ottobre – San Paolo della Croce Sacerdote: “Nacque a Ovada, nell’Alessandrino, il 3 gennaio 1694 da famiglia nobile anche se in difficoltà economiche. Suo padre è un commerciante e lui lo aiuta, essendo il primo di 16 figli; ma il suo desiderio è creare un ordine religioso e combattere i Turchi. Infine si fa eremita e a 26 anni il suo vescovo gli consente di vivere in solitudine nella chiesa di Castellazzo Bormida, sempre nell’Alessandrino. Qui matura l’idea di un nuovo Ordine e nel 1725 Benedetto XIII lo autorizza a raccogliere compagni: il primo è suo fratello Giovanni Battista. Comincia a farsi chiamare «Frate Paolo della Croce», poi fonda l’ordine dei «Chierici scalzi della santa Croce e della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo» (Passionisti). Nel 1727 viene ordinato prete a Roma, poi si ritira sul monte Argentario. Tornato a Roma, nel 1750 predica per il Giubileo. Clemente XIV gli chiede spesso consiglio così come il suo successore Pio VI. Muore il 18 ottobre 1775 a Roma” (Avvenire).

Preghiamo: Ci preceda e ci accompagni sempre la tua grazia, Signore, perché, sorretti dal tuo paterno aiuto, non ci stanchiamo mai di operare il bene. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

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