16 Ottobre 2018 – Martedì, XXVIII del Tempo Ordinario – (Gal 5,1-6; Sal 118[119]; Lc 11,37-41) – I Lettura: “Accettare la legge giudaica significava ammettere che l’opera di Cristo, il figlio di Dio, non è sufficiente alla salvezza. Il dono di Cristo non avrebbe quindi giovato a molto e il credente sarebbe ancora obbligato a osservare tutta la legge. Sulla scia di Cristo, Paolo enuncia la grande e unica norma della vita cristiana: tenere viva la fede in Cristo che mette in opera la carità verso Dio e verso il prossimo” (Bibbia Via, Verità e Vita, nota). Vangelo: “Il bicchiere e il piatto che servono a bere e a mangiare, simboleggiano l’insegnamento di cui l’anima si disseta e si nutre spiritualmente. Chi bada più alla forma esteriore delle parole, che al senso interiore, ha il proprio bicchiere pulito all’esterno, ma ripieno di sordide vanità all’interno… i discepoli di Cristo ricercano invece la purezza del significato spirituale” (Commento ai Vangeli, Padri, Santi e mistici della Chiesa, Tommaso d’Aquino).
Date in elemosina, ed ecco, per voi tutto sarà puro – Dal Vangelo secondo Luca: In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli andò e si mise a tavola. Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo. Allora il Signore gli disse: «Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro».
Riflessione: «… il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti!». I farisei erano ossessionati dall’idea di ciò che fosse puro o impuro. Ossessionati al punto da aggiungere, per scrupolo, molte purificazioni, restrizioni e azioni varie, non previste neanche dalla Legge di Mosè, per evitare che qualcosa potesse renderli impuri. Non certo per un desiderio di purezza, per la bellezza di poter essere puri dinanzi a Dio e agli uomini, ma per la paura di venir dichiarati impuri dagli uomini o da Dio stesso! Un’attenzione maniacale che impediva loro anche le azioni più caritatevoli: pensiamo a quando rimproverano coloro che vanno a farsi guarire da Gesù in giorno di sabato! (cfr. Lc 13,14). Pensiamo a quando Gesù guarisce un uomo e gli ordina di prendere il lettuccio e andare a casa in giorno di sabato (cfr. Gv 5,10) o quando i discepoli ebbero fame e si misero a raccogliere grano dalle spighe (cfr. Mt 12,2). E Gesù sposta la loro attenzione dall’esterno verso l’interno: non è mantenendo pulito l’esterno o preservandolo dalle impudicizie che si mantiene puro l’interno del cuore! Per quanto possa essere attento all’esterno, se non vigilo sull’interno, se non lo ripulisco, se non lo purifico, a nulla mi servirà quanto osservato per l’esterno della mia anima. Potremmo pensare che in fondo questa è una di quelle discussioni che non ci toccano: noi non siamo farisei, le prescrizioni da osservare neanche le conosciamo e non ci serve certo saperle. Quindi il rischio è di passare alla pagina successiva del Vangelo, senza ulteriormente temporeggiare su discorsi che non ci toccano minimamente. Ma ne siamo certi? È vero che non osserviamo le prescrizioni di Mosè, ma è anche vero che rimane in noi il pensiero che chi ci rende impuri sono le cose esterne più che le interne, più che il nostro cuore. Basti pensare al nostro esame di coscienza: pecchiamo sì, ma per colpa degli altri! Ci arrabbiamo, imprechiamo, bestemmiamo, fornichiamo, giudichiamo… sempre per colpa degli altri! Se la famiglia si sfascia o gli affari e la salute vanno male, la colpa è dei parenti, degli invidiosi, perfino del demonio! Gesù oggi ci invita ad avere il coraggio di guardare e accusare il nostro cuore, trovando in esso, e solo in esso, la radice di ogni nostro male!
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: La fede che si rende operosa per mezzo della carità – Lumen Fidei 51: Proprio grazie alla sua connessione con l’amore (cfr. Gal 5,6), la luce della fede si pone al servizio concreto della giustizia, del diritto e della pace. La fede nasce dall’incontro con l’amore originario di Dio in cui appare il senso e la bontà della nostra vita; questa viene illuminata nella misura in cui entra nel dinamismo aperto da quest’a-more, in quanto diventa cioè cammino e pratica verso la pienezza dell’amore. La luce della fede è in grado di valorizzare la ricchezza delle relazioni umane, la loro capacità di mantenersi, di essere affidabili, di arricchire la vita comune. La fede non allontana dal mondo e non risulta estranea all’impegno concreto dei nostri contemporanei. Senza un amore affidabile nulla potrebbe tenere veramente uniti gli uomini. L’unità tra loro sarebbe concepibile solo come fondata sull’utilità, sulla composizione degli interessi, sulla paura, ma non sulla bontà di vivere insieme, non sulla gioia che la semplice presenza dell’altro può suscitare. La fede fa comprendere l’architettura dei rapporti umani, perché ne coglie il fondamento ultimo e il destino definitivo in Dio, nel suo amore, e così illumina l’arte dell’edificazione, diventando un servizio al bene comune. Sì, la fede è un bene per tutti, è un bene comune, la sua luce non illumina solo l’interno della Chiesa, né serve unicamente a costruire una città eterna nell’aldilà; essa ci aiuta a edificare le nostre società, in modo che camminino verso un futuro di speranza. Le mani della fede si alzano verso il cielo, ma lo fanno mentre edificano, nella carità, una città costruita su rapporti in cui l’amore di Dio è il fondamento.
La fede è la vita – Paolo VI (Omelia, 1 Ottobre 1975): La fede è la vita! Noi ne dobbiamo avere la beata certezza. Ma ecco allora sorgere in noi la grande questione: che cosa è la fede? Semplicissima la domanda, ma assai delicata e complessa è la risposta. Essa coinvolge tutto il problema religioso, che ben sappiamo quanto sia difficile e tormentato ai nostri giorni. Ma che nessuno si lasci vincere dalla paura, dalle difficoltà, dalle declamazioni avversarie, dalla tentazione di non risolvere questo famoso problema religioso, e di credersi intelligente e furbo eludendone la soluzione, e vivendo nell’oscurità della negazione religiosa, o nella penombra del dubbio. La fede è necessaria. La fede è la salvezza. La fede è la verità. La fede è la felicità. E ripetiamo: la fede è la vita. Perché la fede è la nostra risposta alla Parola di Dio. E il nostro “si” alla sua rivelazione, all’offerta della sua luce e del suo amore. E anche questa nostra adesione è già una grazia che Dio ci fa (cfr. DENZ.-SCHON. DS 375). E psicologicamente la fede consiste in un atto della nostra mente, mossa dalla volontà ad assentire non tanto per l’evidenza di ciò che crediamo, quanto per l’autorità di Dio che parla, secondo la garanzia del magistero della Chiesa (cfr. S. Thomae, Summa Theologiae, II-II 2,1 II-II 9,0 II-II 4,2; etc.).
Amare i poveri – Evangelii Nuntiandi 76: Il mondo esige e si aspetta da noi semplicità di vita, spirito di preghiera, carità verso tutti e specialmente verso i piccoli e i poveri, ubbidienza e umiltà, distacco da noi stessi e rinuncia. Senza questo contrassegno di santità, la nostra parola difficilmente si aprirà la strada nel cuore dell’uomo del nostro tempo, ma rischia di essere vana e infeconda.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «Qualche volta ci si accorge che un ricco è povero, e il povero gli offre qualcosa. Ecco, a un fiume giunge un tale: è tanto delicato quanto è ricco: non può passare. Se si denuda e guada, si raffredda, si ammala, muore. Giunge un povero, più allenato. Trasporta di là il ricco: fa l’elemosina al ricco. Dunque, non considerate poveri solamente quelli che non hanno denaro. Osserva in che cosa ciascuno è povero, perché tu forse sei ricco in ciò, e puoi aiutarlo. Forse puoi aiutarlo con le tue membra, ed è più se tu lo aiutassi col denaro. Ha bisogno di consiglio, e tu sei pieno di saggezza: egli in ciò è povero tu sei ricco. Ecco, non fai fatica e non perdi nulla: dagli un buon consiglio e gli fai l’elemosina. In questo istante, fratelli miei, mentre parlo a voi, voi siete come dei mendicanti davanti a noi: Dio si è degnato di dare a noi, e noi diamo a voi; tutti da lui riceviamo, che è il solo ricco. Così dunque agisce il corpo di Cristo, così le sue membra si stringono e si uniscono nella carità e nel vincolo della pace; quando cioè chi ha, dà a chi non ha. In ciò che hai, tu sei ricco; e povero chi ciò non ha. Così amatevi, così vogliatevi bene. Non badate solo a voi stessi, ma pensate ai bisognosi che vi circondano. E anche se in questa vita ciò esige fatica e dolore, non venite meno: seminate nelle lacrime, mieterete nella gioia. Che dunque fratelli miei? Quando l’agricoltore ara, quando porta il seme, non è spaventato talvolta dal vento freddo o dalla pioggia? Guarda il cielo e lo vede minaccioso; trema di freddo, tuttavia procede e semina. Teme infatti che, aspettando un giorno sereno, passi il tempo e non si possa più seminare. Non differite le buone opere, fratelli miei: seminate nell’inverno, seminate opere buone anche quando piangete, perché chi semina nelle lacrime, miete nel gaudio [Sal 125,5]» (Agostino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: La circoncisione passò agli Israeliti probabilmente dagli Egiziani. Mentre presso alcuni popoli la circoncisione veniva compiuta nell’età della pubertà perché principalmente avesse il significato di un rito di virilità, presso gli Israeliti essa venne concepita già abbastanza presto come segno del patto e dell’apparte-nenza al popolo di Dio. Perciò la sua istituzione venne fatta risalire ad Abramo (Gen 17,9-14). Essa era un rito che si compiva su tutti i bambini 8 giorni dopo la nascita (cfr. Lv 12,3), ma anche sui forestieri che volevano partecipare alla festa della pasqua (cfr. Es 12,48) come pure sui proseliti. Di regola era il padre di famiglia che eseguiva la circoncisione; al tempo di Gesù ad essa era legata l’imposizione del nome (cfr. Lc 1,59). A causa della rigida prescrizione della circoncisione si ebbero incertezze nella primitiva comunità cristiana, se i pagani convertiti al cristianesimo dovessero per prima cosa essere circoncisi. Il concilio apostolico (cfr. At 15) respinse questa imposizione e così superò in un punto decisivo il pensiero particolarista dei circoli giudaizzanti. Per estensione di significato, l’antitesi «circoncisi – incirconcisi» equivaleva a «credenti – non credenti» (cfr. Dt 10,16; Ger 9,25; At 7,51; Fil 3,3). Secondo l’apostolo Paolo la circoncisione nel nuovo patto è superata per mezzo della fede in Cristo e del battesimo e perciò è senza valore come segno della salvezza (cfr. Col 2,11-12). Ora viene riconosciuta da parte di Dio solo la circoncisione «del cuore, che è secondo lo spirito e non secondo la lettera» (cfr. Rm 2,29; l’esortazione veterotestamentaria a circoncidere il «cuore» e le «orecchie» in Dt 10,16; Ger 4,4).
Santo del giorno: 16 Ottobre – Santa Margherita Maria Alacoque, Vergine: “Nata in Borgogna nel 1647, Margherita ebbe una giovinezza difficile, soprattutto perché dovette vincere la resistenza dei genitori per entrare, a ventiquattro anni, nell’Ordine della Visitazione, fondato da san Francesco di Sales. Margherita, diventata suor Maria, restò vent’anni tra le Visitandine, e fin dall’inizio si offrì «vittima al Cuore di Gesù». Fu incompresa dalle consorelle, malgiudicata dai superiori. Anche i direttori spirituali dapprima diffidarono di lei, giudicandola una fanatica visionaria. Il beato Claudio La Colombière divenne preziosa guida della mistica suora della Visitazione, ordinandole di narrare, nell’au-tobiografia, le sue esperienze ascetiche. Per ispirazione della santa, nacque la festa del Sacro Cuore, ed ebbe origine la pratica dei primi Nove Venerdì del mese. Morì il 17 ottobre 1690” (Avvenire).
Preghiamo: Ci preceda e ci accompagni sempre la tua grazia, Signore, perché, sorretti dal tuo paterno aiuto, non ci stanchiamo mai di operare il bene. Per il nostro Signore Gesù Cristo…