10 Ottobre 2018 – Mercoledì, XXVII del Tempo Ordinario – (Gal 2,1-2.7-14; Sal 116[117]; Lc 11,1-4) – I Lettura: “Per la salvezza del gregge Pietro seppe accettare volentieri il rimprovero mosso da Paolo, anche se a lui rivolto da un pastore di grado inferiore. Il comportamento di Pietro ha pertanto valore come grande esempio di umiltà, che è il sommo dell’ascesi cristiana in quanto con l’umiltà si tutela la carità, mentre nulla più della superbia ha potere di demolirla” (S. Agostino). Vangelo: “Gesù è un uomo che prega e che ama la preghiera. È una delle costanti dei vangeli: il rapporto di Gesù con Dio Padre è così esclusivo, così straordinario, che tutti ne restano colpiti. Che bisogno aveva Gesù di pregare? Intendiamoci: se la preghiera è l’elenco quotidiano dei miei bisogni cui Dio deve sopperire, allora Gesù non ne aveva alcun bisogno. Ma se, invece, la preghiera è il respiro di Dio in cui mi immergo, questo tutto nel quale trovo misura e forza, allora Gesù è Maestro di preghiera” (P. Curtaz).
Signore, insegnaci a pregare – Dal Vangelo secondo Luca: Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione».
Riflessione: «Gesù si trovava in un luogo a pregare». La domanda del discepolo: «Signore insegnaci a pregare» nasce dall’aver visto Gesù che pregava. Il discepolo è anonimo perché non importa chi fosse, poteva essere chiunque, anche noi, se avessimo visto Gesù pregare con quel trasporto, con quella pace del cuore e del volto, con quella fede che faceva intuire la perfetta comunione che intercorreva tra il Maestro e il Padre. Se è vero che chi sentiva parlare Gesù affermava che: «Mai un uomo ha parlato come parla quest’uomo!» (Gv 7,46), è anche vero che chi vedeva pregare Gesù intuiva che mai un uomo aveva pregato come costui. Una preghiera profonda, da suscitare nei discepoli il desiderio di Dio, da suscitare la voglia di imitarlo, non tanto negli atteggiamenti o nelle parole, ma nel procedere stesso della preghiera: «Signore, insegnaci a pregare!». Dovrebbe essere questa la naturale richiesta che i pagani, gli atei o uomini di altre religioni dovrebbero farci vedendoci pregare. Dovrebbe essere questa la naturale richiesta dei figli che vedono la bellezza del volto dei genitori immersi nella preghiera. Dovrebbe essere questa la richiesta dei laici che vedono i loro pastori immersi nella celebrazione della Sacra Liturgia, o in altri momenti di adorazione e di preghiera. «Insegnaci a pregare!». Se amiamo davvero Dio, se abbiamo davvero fede, se lo Spirito Santo prega in noi, agisce in noi, ci eleva e ci trasforma ad immagine del Cristo… perché non siamo capaci di suscitare quella santa invidia che susciti nei nostri cari, familiari, amici, colleghi, parenti, la voglia di pregare, di pregare come noi! Se davvero apparteniamo a Dio, siamo uniti a lui, scorre in noi la sua vita divina, siamo una sola cosa in Dio nella Comunione sacramentale… perché il mondo rimane indifferente (e a volte perfino scandalizzato)? Soffermiamoci oggi sul nostro modo di pregare: sappiamo pregare? Se sì, perché non riusciamo ad attirare lo sguardo degli altri? Se no, perché tardiamo a chiedere a Dio di istruirci in questa meravigliosa arte? Come preghiamo? Quando preghiamo? Qual è l’oggetto della nostra preghiera? Quale il contenuto? La preghiera fatta bene ci immerge nella Luce, ci rende luce e ci fa diffondere nel mondo la vera Luce.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Genti tutte, lodate il Signore – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 28 Novembre 2001): Dio ci ama con un amore incondizionato, che non conosce stanchezza, che non si spegne mai. È questo il messaggio del nostro Salmo, breve quasi come una giaculatoria, ma intenso come un grande cantico. Le parole che esso ci suggerisce sono come un’eco del cantico che risuona nella Gerusalemme celeste, dove una folla immensa di ogni lingua, popolo e nazione, canta la gloria divina davanti al trono di Dio e all’Agnello [cfr. Ap 7,9]. A questo cantico la Chiesa pellegrinante si unisce con infinite espressioni di lode, modulate spesso dal genio poetico e dall’arte musicale. Pensiamo – per fare un esempio – al Te Deum, di cui generazioni di cristiani si sono avvalsi lungo i secoli per lodare e ringraziare: “Te Deum laudamus, te Dominum confitemur, te aeternum Patrem omnis terra veneratur”. Da parte sua, il piccolo Salmo che oggi stiamo meditando è un’efficace sintesi della perenne liturgia di lode con cui la Chiesa si fa voce nel mondo, unendosi alla lode perfetta che Cristo stesso rivolge al Padre. Lodiamo, dunque, il Signore! Lodiamolo senza stancarci. Ma la nostra lode sia espressa con la vita, prima che con le parole. Saremmo infatti ben poco credibili, se col nostro Salmo invitassimo i popoli a dar gloria al Signore, e non prendessimo sul serio il monito di Gesù: “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli” [Mt 5,16]. Cantando il Salmo 116, come tutti i Salmi inneggianti al Signore, la Chiesa, Popolo di Dio, si sforza di diventare essa stessa un cantico di lode.
Quando pregate, dite: Padre… – Paolo VI (Udienza Generale, 2 Gennaio 1974): Noi sappiamo adesso che Dio è Padre. Padre per la sua stessa natura divina, in se stesso, nella generazione del Verbo, del Figlio suo unigenito; ed è perciò Padre di quel Gesù, il Cristo, che si è fatto uomo; uomo come noi, uomo per noi; nostro simile, nostro fratello. Pertanto a titolo ben diverso, ma essenziale analogicamente, Dio è anche Padre nostro. È Padre, perché Creatore; è Padre, perché a noi rivelato e a noi dato per adozione. È stata una delle finalità principali dell’Incarnazione, uno degli scopi che ha dominato la vita di Cristo: Egli è il rivelatore del Padre. Egli ce lo dice in quella sua preghiera finale, rivolta appunto al Padre celeste, la quale riassume nei termini più alti e più densi il significato della sua venuta nel mondo: «Io ho manifestato il Tuo nome agli uomini…» (Gv 17,6). E lo aveva già detto nei termini non meno alti e densi, ma piani e quasi familiari; ai discepoli che domandavano al Maestro d’insegnare loro a pregare, come tutti ricordiamo, Gesù rispose: «Così voi pregherete: Padre nostro, che sei nei cieli…» (Mt 6,9; Lc 11,1).
sia santificato il tuo nome… – Giovanni Paolo II (Messaggio per la Giornata Mondiale Missionaria, 1999): La consapevolezza che l’incontro con Dio promuove ed esalta la dignità dell’uomo porta il cristiano a pregare così: “Sia santificato il tuo nome”… Il cristiano domanda che Dio sia santificato nei suoi figli di adozione, come pure in quanti non sono ancora stati raggiunti dalla sua rivelazione, nella consapevolezza che è mediante la santità che Egli salva l’intera creazione. Perché il nome di Dio sia santificato tra le Nazioni, la Chiesa opera per il coinvolgimento dell’umanità e del creato nel disegno che il Creatore, “nella sua benevolenza, aveva prestabilito”, “per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità” (cfr. Ef 1,9.4).
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: La preghiera del Pater è la più eccellente fra tutte anche perché produce tre vantaggi – «Quanto ai vantaggi, questa preghiera procura tre grandi benefici. 1. È rimedio utile ed efficace contro il male perché: libera dai peccati commessi: “Tu hai perdonato la malizia del mio peccato. Per questo ti prega ogni fedele” [Sal 32,5-6]. Il ladrone in croce pregò così e ottenne il perdono: “Oggi sarai con me nel paradiso” [Lc 23,43], e per la sua preghiera il pubblicano tornò a casa giustificato [cfr. Lc 18,14]. Libera inoltre dalla paura dei peccati imminenti, dalle tribolazioni e dalle tristezze. Dice la Scrittura: “Uno di voi è triste? Preghi [serenamen-te]” (Gc 5,13). Libera infine dalle persecuzioni e dai nemici. Diceva al riguardo il salmista: “Invece di volermi bene, mi colpivano; ma io pregavo” [Sal 109,4]. 2. È il mezzo efficace e utile per ottenere tutto ciò che desideriamo. Lo ha promesso Gesù: “Tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato” [Mc 11,24]. Se poi non veniamo esauditi, è perché non ci atteniamo alla esortazione del Signore di “pregare sempre, senza stancarsi” [Lc 18,1]. Oppure perché non chiediamo quello che è meglio per la nostra salvezza, come dice S. Agostino: “È buono il Signore, il quale spesso non ci dà quel che vogliamo, per darci quello che dovremmo preferire”. Ciò si riscontra in S. Paolo, che per tre volte chiese di venire liberato da una spina nella carne, ma non fu ascoltato [cfr. 2Cor 12, 7]. 3. È utile poi perché ci rende familiari a Dio, così da potergli dire con confidenza: “Come incenso salga a te la mia preghiera” [Sal 141,2]» (San Tommaso d’Aquino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Gesù ha insegnato la preghiera del Padre nostro per ricordare all’uomo che il «combattimento e la vittoria sono possibili solo nella preghiera. È per mezzo della sua preghiera che Gesù è vittorioso sul Tentatore, fin dall’inizio e nell’ultimo combattimento della sua agonia. Ed è al suo combattimento e alla sua agonia che Cristo ci unisce in questa domanda al Padre nostro. La vigilanza del cuore, in unione alla sua, è richiamata insistentemente. La vigilanza è “custodia del cuore” e Gesù chiede al Padre di custodirci nel suo Nome. Lo Spirito Santo opera per suscitare in noi, senza posa, questa vigilanza. Questa richiesta acquista tutto il suo significato drammatico in rapporto alla tentazione finale del nostro combattimento quaggiù; implora la perseveranza finale» (CCC 2849). Non abbandonarci alla tentazione: una richiesta che mette a nudo l’estrema fragilità dell’uomo e rivela, allo stesso tempo, la sguaiata ferocia di Satana, ma anche tutta la sua infernale debolezza: un leone affamato che gira continuamente attorno ai credenti cercando chi divorare (1Pt 5,8), ma già abbattuto e vinto dal Cristo. Una preghiera che punta diritto al cuore di Dio, l’Arbitro che ha in mano le sorti della partita: «Il Dio della pace schiaccerà ben presto Satana sotto i vostri piedi» (Rm 16,20). «Il primato nella storia non è, infatti, quello demoniaco, ma è la signoria divina ad avere l’ultima parola e la scena finale dell’Apocalisse [capp. 21-22] ne è la raffigurazione più luminosa» (Gianfranco Ravasi).
Santo del giorno: 10 Ottobre – San Giovanni di Bridligton, Sacerdote: “Giovanni era originario di Thwinng, nei pressi di Bridlington in Inghilterra. Appena ventenne, entrò nel priorato di Santa Maria dei Canonici Regolari di Sant’Ago-stino a Bridlington, sito nella zona orientale della contea di York. Qui divenne sacerdote e fu maestro dei novizi, predicatore, elemosiniere e sottopriore. Nel 1361 divenne priore, distinguendosi sempre per la pietà, l’austerità, la mansuetudine e l’abilità amministrativa, grazie alla quale il monastero divenne assai fiorente. Giovanni morì il 10 ottobre 1379. Nel 1386 fu compiuto un esame dei miracoli attribuiti alla sua intercessione e nel 1400 il canonico Giovanni Gisburn si recò a Roma per promuoverne la sua canonizzazione. Il 24 settembre 1401 papa Bonifacio IX iscrisse Giovanni di Bridlington nell’albo dei santi” (Avvenire).
Preghiamo: O Dio, fonte di ogni bene, che esaudisci le preghiere del tuo popolo al di là di ogni desiderio e di ogni merito, effondi su di noi la tua misericordia: perdona ciò che la coscienza teme e aggiungi ciò che la preghiera non osa sperare. Per il nostro Signore Gesù Cristo…