9 Ottobre 2018 – Martedì, XXVII del Tempo Ordinario – (Gal 1,13-24; Sal 138[139]; Lc 10,38-42) – I Lettura: Per meglio attestare l’origine divina del suo ministero, l’apostolo racconta il suo passato di persecutore feroce della Chiesa e in che modo straordinario gli è stato affidato il compito di annunciare il Vangelo. Paolo a Damasco ci insegna che la grazia divina non trova ostacoli nel riversarsi gratuitamente nel cuore di un peccatore e che, se accolta con fede, produce innumerevoli frutti di salvezza. Vangelo: Nel racconto si mettono a confronto due atteggiamenti opposti: l’ascol-to di Maria e l’agire dell’indaffarata Marta, per dare un insegnamento sull’unica cosa necessaria. Dinanzi al messaggero di Dio, la priorità è data all’ascolto della sua parola.
Marta lo ospitò. Maria ha scelto la parte migliore – Dal Vangelo secondo Luca: In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».
Riflessione: «Maria… ascoltava la parola [di Gesù]. Marta invece era distolta per i molti servizi». Il rimprovero di Gesù non ammette repliche: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno». Marta non viene rimproverata perché impegnata nelle faccende di casa, non viene stigmatizzato l’onere delle fatiche domestiche o la responsabilità di chi pratica l’ospitalità. Non è un contrapporre Dio ai doveri familiari, per cui o ti dedichi alla casa o ti dedichi a Dio. Nulla di tutto questo! Altrimenti cadremmo in quella sottile tentazione (e conseguente giustificazione) di pensare che, purtroppo, dobbiamo anche pensare al corpo, al cibo, alla casa, alla famiglia… e quindi anche Dio deve pur farsene una ragione. E il rischio è di spostare l’attenzione verso un falso problema, come se la centralità del discorso di Gesù riguardasse l’attendere o meno ai doveri domestici. Il Vangelo dissipa ogni dubbio già dall’inizio del racconto: «Marta era distolta». È qui il vero problema: quando il lavoro, le faccende domestiche, i problemi di salute, le finanze, gli affetti… ci distolgono da Cristo, allora tutto diventa un affanno che lentamente ma inesorabilmente ci logora, ci stanca, annebbia la mente, appesantisce la volontà, fomenta la rabbia, la ribellione… fino al punto da sbottare, come Marta, inveendo contro la sorella, gli astanti e perfino contro lo stesso Gesù, accusandolo di non accorgersi dei reali bisogni di Marta, di essere distolto (capovolgendo di fatto la situazione!) dal molto parlare e non avvedersi che Marta è stata lasciata sola. Sì, questo è l’errore di Marta, e a questo conduce un tale errore: lei che è affannata e distolta da Dio, che ha spazio nella sua mente e nel suo cuore solo per le tante cose ancora da fare arriva a pensare che sia Dio distolto dai suoi bisogni e lo accusa di non interessarsi dei suoi bisogni! Gesù non può assecondarla in questo e con fermezza ribadisce: «Una sola cosa è necessaria!». L’unica cosa necessaria è non distoglierci da Dio: seppur in mezzo al lavoro, alla sofferenza, alla incomprensione, alla persecuzione, alla solitudine… siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo su Gesù (cfr. Eb 12,2), e in quello sguardo troveremo forza, pace, salute, gioia, comunione, comprensione…
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Una cosa sola c’è bisogno – Paolo VI (Omelia, 20 Agosto 1969): «OPORTET SEMPER ORARE» – Oggi Noi vorremmo, con queste semplicissime parole, confortare in voi la vita di preghiera, qualunque sia la vostra età ed il vostro stato. Noi supponiamo che ciascuno di voi avverta in qualche modo il proprio problema relativo al dovere e al bisogno della preghiera. Vi pensiamo anzi fedeli ad essa e desiderosi di ritrovarla migliore in se stessa, specialmente per l’animazione scaturita dal Concilio e di nuovo affiatata con la moderna ed onesta profanità della vita moderna. Ma vorremmo che ciascuno di voi classificasse se stesso in una delle categorie, che un’elementare osservazione offre alla comune esperienza. Vi è una prima categoria, forse la più estesa; ed è quella delle anime spiritualmente assopite. Il fuoco non è estinto, ma è coperto di cenere. Il seme non è morto, ma, come dice la parabola evangelica, è soffocato dalla vegetazione circostante (Mt 13,7-22), dalla «sollecitudine del secolo presente» e dalla «illusione delle ricchezze». La tendenza a secolarizzare ogni umana attività esclude gradualmente la preghiera dal costume pubblico e dalle abitudini private. Si recita ancora la preghiera mattutina e serale con la coscienza d’infondere con essa un significato trascendente, un valore superstite alla giornata fuggitiva? Vogliamo supporre che si frequenta ancora la chiesa, si recita ancora, il breviario, si assiste al coro; ma il cuore dov’è? Indice di questa fiacchezza spirituale è il peso, che la preghiera infligge all’osservanza priva di devozione; la sua durata sembra sempre troppo lunga, la sua forma è accusata d’incomprensibilità e di estraneità. La preghiera manca di ali; non è più un gusto, un gaudio, una pace dell’anima. Saremmo noi in questa categoria?
Maria seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola – Verbum Domini 83: Il mio pensiero si rivolge in particolare ai monaci e alle monache di clausura, che, nella forma della separazione dal mondo, si trovano più intimamente uniti a Cristo, cuore del mondo. La Chiesa ha più che mai bisogno della testimonianza di chi si impegna a «non anteporre nulla all’amore di Cristo». Il mondo di oggi è spesso troppo assorbito dalle attività esteriori nelle quali rischia di perdersi. I contemplativi e le contemplative, con la loro vita di preghiera, di ascolto e di meditazione della Parola di Dio, ci ricordano che non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio (cfr. Mt 4,4). Pertanto, tutti i fedeli abbiano ben presente che una tale forma di vita «indica al mondo di oggi, quello che è più importante, in definitiva, l’unica cosa decisiva: esiste una ragione ultima per cui vale la pena di vivere, cioè, Dio e il suo amore imperscrutabile».
Di fronte alle difficoltà della preghiera – CCC 2729: La difficoltà abituale della nostra preghiera è la distrazione. Può essere relativa alle parole e al loro senso, nella preghiera vocale; può invece riguardare, più profondamente, colui che preghiamo, nella preghiera vocale (liturgica o personale), nella meditazione e nell’orazione. Andare a caccia delle distrazioni equivarrebbe a cadere nel loro tranello, mentre basta tornare al nostro cuore: una distrazione ci rivela ciò a cui siamo attaccati, e questa umile presa di coscienza davanti al Signore deve risvegliare il nostro amore preferenziale per lui, offrendogli risolutamente il nostro cuore, perché lo purifichi. Qui si situa il combattimento: nella scelta del Padrone da servire.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Marta e Maria – «Nell’esempio di Marta e di Maria ci viene mostrata nelle opere della prima, la devozione attiva, e in quelle della seconda la religiosa attenzione dell’anima alla Parola di Dio: se questa attenzione è conforme alla fede, essa passa avanti alle stesse opere, secondo quanto sta scritto: “Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta” (Lc 10,42). Cerchiamo quindi di avere anche noi ciò che non ci può essere tolto, porgendo alla parola del Signore una diligente attenzione, non distratta: capita anche ai semi della parola celeste di essere portati via, se sono seminati lungo la strada. Stimoli anche te, come Maria, il desiderio di sapere: è questa la più grande, più perfetta opera. Che la cura del ministero non distragga dalla conoscenza della parola celeste. E non rimproverare né giudicare oziosi coloro che si dedicano alla ricerca della sapienza. Salomone il pacifico infatti ha cercato di coabitare con la sapienza» (Sant’Ambrogio).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Maria si è scelta la parte migliore – E si comprende bene cosa abbia scelto. Maria alle faccende di casa ha preferito la preghiera, l’intimità con il Cristo, l’ascolto della parola: l’unica «cosa di cui c’è bisogno» (Lc 10,42). Maria, ai piedi di Gesù, è immagine della «comunità ecclesiale lucana, orante e discente» (Cesare Marcheselli). L’errore di Marta sta nel non comprendere il valore prezioso dell’ascolto orante e della preghiera; non ha compreso che la preghiera è il vero, insostituibile motore che muove tutto; non ha capito chi le stava dinanzi e con chi stava parlando. Più che le mani e i piedi, avrebbe dovuto far muovere il cuore e da esso far sgorgare un’ar-dente preghiera. L’errore di Marta è l’errore di molti uomini e non solo contemporanei. Al dire di Giovanni Paolo II, «il Maestro nella sua risposta fa capire a Marta che l’adesione alla sua persona, alla sua parola, alla verità che egli rivela e dona da parte di Dio, è “l’unica cosa [veramente] necessaria”. Come a dire che Dio – e lo stesso suo Figlio fatto uomo – desidera l’omaggio del cuore prima dell’omaggio della attività; e che il senso della religione inaugurata nel mondo da Gesù è adorare “il Padre in spirito e verità” (Gv 4,24), come Egli stesso gradisce, secondo l’insegnamento dato alla Samaritana» (4 gennaio 1995). Un mondo disposto ad ammirare unicamente l’uomo faber immerso in una vita attiva, fatta esclusivamente di opere concrete, ha trasformato il cristianesimo in una religione quasi solo al femminile: per cui, la preghiera è il rifugio di chi non sa o non vuole impegnarsi nel mondo; dell’inetto che non sa comprendere le grandi cause sociali e politiche e lottare per esse; o di chi non sa comprendere che il primo impegno è la promozione umana. Quello di Marta è un cristianesimo tutto e solo orizzontale, un attivismo che tarpa le ali ai voli dello spirito, alla preghiera, alla contemplazione. Solo la preghiera, e una vita nascosta in Dio, può rendere accettabile e possibile il programma di Paolo: «do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1,24). Solo la preghiera può trasformare il dolore in letizia e la sofferenza in gioia. Solo la preghiera può svelare «il mistero nascosto da secoli» e renderlo intelligibile e comprensibile al cuore dell’uomo.
Santo del giorno: 9 Ottobre – San Giovanni Leonardi, Sacerdote: “Nato a Diecimo, nella lucchesia, nel 1541 Giovanni Leonardi a 26 anni fa il farmacista. Quando la prospera repubblica viene colpita da una grave crisi decide di soccorrere i poveri e l’esperienza lo porta a diventare prete nel 1572. Ama l’insegnamento, lo fa prima con i bambini e poi con gli adulti. Nel 1574 fonda la famiglia religiosa dei «Chierici regolari della madre di Dio» e diventa un protagonista della riforma cattolica. A Lucca cominciano a non amarlo e così, nel 1584 mentre si trova a Roma, viene bandito in perpetuo dalla sua città perché disturba l’ordine pubblico e manca di rispetto all’autorità costituita. A Roma, però, cresce il suo prestigio e Clemente VIII lo manda a riordinare congregazioni religiose e riformare monasteri. Muore a Roma nel 1609 e viene proclamato santo da Pio XI nel 1938” (Avvenire).
Preghiamo: O Dio, fonte di ogni bene, che esaudisci le preghiere del tuo popolo al di là di ogni desiderio e di ogni merito, effondi su di noi la tua misericordia: perdona ciò che la coscienza teme e aggiungi ciò che la preghiera non osa sperare. Per il nostro Signore Gesù Cristo…