meditazioni, settembre

28 settembre 2018

28 Settembre 2018 – Venerdì, XXV del Tempo Ordinario – (Qo 3,1-11; Sal 143[144]; Lc 9,18-22) – I Lettura: L’autore di Qoèlet (che si finge il re Salomone, infatti la sapienza era associata solitamente alla regalità e la ricchezza permetteva di esaminare le realtà della vita), nel brano seguente, presenta ogni cosa come sottoposta a tempi stabiliti da Dio. Egli ha dato al cuore dell’uomo la nozione della durata, gli ha permesso di riflettere sul susseguirsi degli eventi e di dominare il momento presente, ma l’uomo non sa capire il fine dell’opera di Dio nel mondo, deve dunque rassegnarsi e imparare a godere di ciò che gli è donato. Vangelo: Il racconto lucano di oggi segue l’episodio della moltiplicazione dei pani. Gesù lascia i luoghi affollati e si ritira a pregare con i suoi discepoli. E in questa occasione pone la domanda su chi la gente pensa che lui sia. Le risposte sono le stesse che furono date a Erode Antipa, ma la professione di fede di Pietro porta il discorso sulla natura messianica di Gesù che ordina di non parlarne ad altri per non suscitare entusiasmi politici fraintendendo lo scopo della sua missione che non porta ad un successo umano. Tu sei il Cristo di Dio. Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto – Dal Vangelo secondo Luca: Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa; altri uno degli antichi profeti che è risorto». Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio». Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno». Riflessione: «Ma voi, chi dite che io sia?». Anche oggi la Liturgia della Parola ci chiama ad esaminare il nostro rapporto con Gesù. Ieri abbiamo visto un rapporto fallimentare, quello di Erode: per lui Gesù era un operatore di prodigi da piegare alla sua volontà o da eliminare come concorrente; desidera ascoltare il Battista ma lo lascia perire dinanzi alla richiesta di una lussuriosa che lo mette dinanzi ad una scelta ben precisa. Erode non ci pensa due volte e piuttosto che essere deriso dai commensali, perdere prestigio venendo meno ad una promessa imprudente, essere riprovato dalla donna cui in modo moralmente disordinato si era unito, manda a decapitare il Battista, reo di aver detto la verità senza false ipocrisie o prudenze umane. Lo stesso farà di lì a poco con Gesù: desidera incontrarlo, ma quando vede che non riesce a sfruttarlo per la sua causa lo ritiene semplicemente un inutile perditempo e lo rispedisce a Pilato senza porsi tanti scrupoli. Oggi la domanda non viene rivolta ad Erode ma a ciascuno di noi: chi è Gesù per me? Domanda dalla risposta apparentemente facile, scontata, come forse lo era per Erode: se qualcuno gli avesse chiesto chi fosse per lui il Battista, avrebbe così risposto: “È un uomo giusto e santo e che ascolto volentieri” (cfr. Mc 6,20). Eppure lo lasciò miseramente morire. La risposta di Pietro potrebbe benissimo essere la nostra stessa risposta: «Tu sei il Cristo di Dio». Eppure sappiamo che anch’egli si ritroverà non solo a fuggire dal Getsemani lasciando Gesù solo, ma addirittura a rinnegarlo per più volte, con giuramenti e imprecazioni (cfr. Mt 26,74) affermando di non conoscerlo e di non sapere chi fosse: e invece lo conosceva bene, umanamente e divinamente, per essere stato con lui dall’inizio e per averlo contemplato sul Tabor, per averlo professato pubblicamente e per averlo adorato come suo Dio e Signore. Chi è Gesù per me? La Parola che plasma e trasforma; la Luce che illumina e guida; la Sapienza che ammaestra; la Pace che dona gioia ai nostri giorni; la Verità che sconfigge ogni nostro timore; la Risurrezione che ci libera da ogni morte di peccato; la Misericordia che ci salva con le sue piaghe; il Volto paterno e materno di Dio; il Modello per ogni nostro passo…

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare – Mons. Vincenzo Paglia, vescovo (Omelia, 28 Settembre 2007): Con frequenza Gesù si appartava con i discepoli per pregare. È una scena che descrive bene la comunità cristiana che si raduna per la preghiera comune: si tratta di un momento indispensabile di intimità di Gesù con i discepoli. Quella volta Gesù chiese loro cosa la gente pensasse di lui. In verità, voleva sapere piuttosto cosa loro, che ormai da tempo gli stavano accanto, pensassero di lui. E Pietro, a nome di tutti, rispose che loro credevano che lui fosse il Messia. Gesù, contento della risposta di Pietro, continuò questo dialogo intimo con i suoi. E si spinse ancora oltre: annunciò loro – era la prima volta che lo faceva – la sua passione, morte e resurrezione. Il Messia non era un potente secondo i canoni del mondo. Egli era venuto per dare la sua vita. Si mise perciò a spiegare che mettersi alla sua sequela comportava allontanarsi dall’egoismo, rinunciare all’amore solo per se stessi e abbandonare le abitudini di sempre. Questo significa “rinnegare se stessi e prendere la propria croce”. È la via del vero guadagno. La salvezza infatti non consiste nell’avere tante cose ma nell’essere larghi di cuore e appassionati per il Vangelo.

La confessione di Pietro – Benedetto XVI (Omelia, 29 Giugno 2007): Nei Vangeli sinottici la confessione di Pietro è sempre seguita dall’annuncio da parte di Gesù della sua prossima passione. Un annuncio di fronte al quale Pietro reagisce, perché non riesce ancora a capire. Eppure si tratta di un elemento fondamentale, su cui perciò Gesù insiste con forza. Infatti, i titoli attribuiti a Lui da Pietro – tu sei “il Cristo”, “il Cristo di Dio”, “il Figlio del Dio vivente” – si comprendono autenticamente solo alla luce del mistero della sua morte e risurrezione. Ed è vero anche l’inverso: l’avve- nimento della Croce rivela il suo senso pieno soltanto se “quest’uomo”, che ha patito ed è morto in croce, “era veramente Figlio di Dio”, per usare le parole pronunciate dal centurione dinanzi al Crocifisso (cfr. Mc 15,39). Questi testi dicono chiaramente che l’integrità della fede cristiana è data dalla confessione di Pietro, illuminata dall’insegnamento di Gesù sulla sua “via” verso la gloria, cioè sul suo modo assolutamente singolare di essere il Messia e il Figlio di Dio. Una “via” stretta, un “modo” scandaloso per i discepoli di ogni tempo, che inevitabilmente sono portati a pensare secondo gli uomini e non secondo Dio (cfr. Mt 16,23). Anche oggi, come ai tempi di Gesù, non basta possedere la giusta confessione di fede: è necessario sempre di nuovo imparare dal Signore il modo proprio in cui egli è il Salvatore e la via sulla quale dobbiamo seguirlo. Dobbiamo infatti riconoscere che, anche per il credente, la Croce è sempre dura da accettare. L’istinto spinge ad evitarla, e il tentatore induce a pensare che sia più saggio preoccuparsi di salvare se stessi piuttosto che perdere la propria vita per fedeltà all’amore. Tu sei il Cristo – Giovanni Paolo II (Omelia, 22 Ottobre 1978): Queste parole ha pronunciato Simone figlio di Giona, nella regione di Cesarea di Filippo. Sì, le ha espresse con la propria lingua, con una profonda, vissuta, sentita convinzione, ma esse non trovano in lui la loro fonte, la loro sorgente: “… perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli” (Mt 16,17). Queste erano parole di Fede. Esse segnano l’inizio della missione di Pietro nella storia della salvezza, nella storia del Popolo di Dio. Da allora, da tale confessione di Fede, la storia sacra della salvezza e del Popolo di Dio doveva acquisire una nuova dimensione: esprimersi nella storica dimensione della Chiesa. Questa dimensione ecclesiale della storia del Popolo di Dio trae le sue origini, nasce infatti da queste parole di Fede e si allaccia all’uomo che le ha pronunciate: “Tu sei Pietro – roccia, pietra – e su di te, come su una pietra, io costruirò la mia Chiesa”.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Pietro confessa che Gesù è il Salvatore; Molti sono stati chiamati “cristo” per essere stati consacrati in vario modo da Dio. Alcuni sono stati consacrati re; alcuni sono stati consacrati profeti: e tutti costoro son stati chiamati così per la loro consacrazione. Ma colui che è il Cristo di Dio Padre è uno e uno solo; questo non significa che noi siamo consacrati ma non “cristi” di Dio in quanto apparteniamo a qualche altra persona: c’è un solo Cristo perché lui e lui solo ha come suo Padre Dio che è nei cieli. Per questo, dunque il sapientissimo Pietro, confessando la fede correttamente e senza errore, disse: Il Cristo di Dio. È chiaro che Pietro si riferiva a Gesù come Dio, perché Pietro ha confessato che Gesù era l’unico Cristo di Dio, distinguendolo da coloro ai quali si può riferire in generale questo nome. Infatti anche se egli è Dio per natura ed è scaturito in modo ineffabile da Dio Padre come suo Verbo unigenito, pure si è fatto carne secondo le Scritture” (Cirillo di Alessandria). Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto – Figlio dell’uomo, è spesso usato nel Nuovo Testamento e Gesù amava riferirlo a stesso, «ora per descrivere le sue umiliazioni (Mt 8,20; 11,19; 20,28), soprattutto quelle della passione (Mt 17,22, ecc.), ora per annunziare il suo trionfo escatologico della risurrezione (Mt 17,9), del ritorno glorioso (Mt 24,30) e del giudizio (Mt 25,31). Questo titolo infatti, di sapore aramaico e che in origine significa «uomo» (Ez 2,1), per l’originalità della locuzione attirava l’attenzione sull’umiltà della sua condizione umana; ma nello stesso tempo, applicato da Dn 7,13 e in seguito dall’apocalittica giudaica (Enoch) al personaggio trascendente, d’origine celeste, che riceve da Dio il regno escatologico, esso suggeriva, in maniera misteriosa ma sufficientemente chiara (cfr. Mc 1,34; Mt 13,13), il carattere del suo messianismo» (Bibbia di Gerusalemme). Il messianismo di Gesù passerà attraverso la sofferenza, il rifiuto da parte dei sinedriti, le guide spirituale del popolo eletto, l’agonia dell’Orto, il dolore dei chiodi, la morte cruenta sulla Croce. Queste parole di Gesù sono da paragonare ad un annuncio sconvolgente sopra tutto perché precedute da quel “deve” che doveva suonare nel cuore dei discepoli al pari di una bestemmia. Lo attesta otre tutto il rimprovero che Pietro muove a Gesù, così come è riferito dall’evangelista Matteo (16,22).

Santo del giorno: 28 Settembre – Santi Lorenzo Ruiz di Manila e 15 compagni: “Nella prima metà del secolo XVII (1633-1637) sedici martiri, Lorenzo Ruiz e i suoi compagni, versarono il loro sangue per amore di Cristo nella città di Nagasaki in Giappone. Questa gloriosa schiera di appartenenti o associati all’Ordine di san Domenico, conta nove presbiteri, due religiosi fratelli, due vergini consacrate e tre laici fra cui il filippino Lorenzo Ruiz, padre di famiglia (m. 29 settembre 1637). Invitti missionari del Vangelo tutti quanti, pur di diversa età e condizione, contribuirono a diffondere la fede di Cristo nelle Isole Filippine, a Formosa e nell’Arcipelago Giapponese. Testimoniando mirabilmente la universalità della religione cristiana e confermando con la vita e con la morte l’annunzio del Vangelo, essi sparsero abbondantemente il seme della futura comunità ecclesiale. Giovanni Paolo II ha beatificato questi gloriosi martiri il 18 febbraio 1981 a Manila (Filippine) e li ha iscritti nel catalogo dei santi il 18 ottobre 1987” (Messale Romano).

Preghiamo: O Dio, che nell’amore verso di te e verso il prossimo hai posto il fondamento di tutta la legge, fa’ che osservando i tuoi comandamenti meritiamo di entrare nella vita eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

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