meditazioni, settembre

25 Settembre 2018

25 Settembre 2018 – Martedì, XXV del Tempo Ordinario – (Pr 21,1-6.10-13; Sal 118[119]; Lc 8,19-21) – I Lettura: Il libro dei Proverbi riprende lo stile degli scritti sapienziali della cultura egizia, dei Sumeri in Mesopotamia e di altre culture orientali. La sapienza di Salomone supera per fama ogni altra sapienza, eppure, malgrado questa, la fine di questo re non fu gloriosa. In avvenire sarà sempre più chiaro a Israele che la vera Sapienza consiste nell’osservanza dei precetti di Jahvè. In questi passi è reso evidente l’effimera capacità di giustizia dell’uomo e l’onniscienza di Dio che scruta i cuori: il re è libero di fare e scegliere, ma Dio dirige le sorti di ognuno. Anche se in apparenza un agire è retto, le intenzioni del cuore possono non esserlo: lo sono se guidate dal Timore di Dio. Se guidate dal peccato portano alla sventura. Vangelo: Il ministero di Gesù è un compito che lo assorbe enormemente: le folle erano numerose intorno a lui da non lasciargli spazio per altro. L’annuncio e l’alacre lavoro per il Regno si mostra importante ed urgente da sostituirsi ad ogni altro bisogno. Anche le relazioni familiari prendono un nuovo significato: per il missionario la vera famiglia non è fondata su legami affettivi e di sangue, ma sull’accoglienza della Parola di Dio.

Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica – Dal Vangelo secondo Luca: In quel tempo, andarono da Gesù la madre e i suoi fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla. Gli fecero sapere: «Tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e desiderano vederti». Ma egli rispose loro: «Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica».

Riflessione: «Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica». “I termini di parentela utilizzati da Cristo sono tre: fratello, sorella e madre. Tra essi manca evidentemente la relazione della paternità. La ragione di questa omissione, riscontrabile in tutti e tre i vangeli sinottici, sta nel fatto che Cristo vive la relazione di paternità in una maniera unica e irripetibile con il Padre suo. Tale relazione assolutamente unica con il Padre, elimina dal linguaggio di Gesù altre possibili forme di paternità. Ciò si vede già in Gesù dodicenne ritrovato fra i dottori del Tempio: a Maria che gli dice «Tuo padre ed io ti cercavamo angosciati» (Lc 2,48), Egli risponde che deve obbedire al Padre suo (cfr. Lc 2,49). Le relazioni citate da Gesù nel brano odierno, esprimono la qualità dell’esperienza religiosa del discepolato cristiano, in cui è possibile raggiungere un’intimità con Dio che la Legge mosaica non sospettava neanche lontanamente. Essere cristiani significa essere familiari di Dio (cfr. Ef 2,19). Possiamo comprendere facilmente, da questo punto di vista, cosa voglia dire essere fratello o sorella di Gesù, in quanto, nel-l’accoglienza di Dio come Padre, ci si trova immediatamente in questa relazione fraterna con Lui e tra noi; ma Cristo ci chiede anche di essere sua madre. Il discepolo, in un certo qual modo, è chiamato a vivere una maternità come quella di Maria. Infatti, nessuno di noi può consegnare Cristo al mondo, e trasmetterlo agli altri, senza averlo concepito nel proprio cuore mediante la fede” (don E. Cuffaro). Troviamo questo invito chiaro, questa forte esortazione che è molto più di un semplice consiglio di perfezione: siamo chiamati a diventare Maria! Diventare Maria, nella sua unicità di rapporto con le tre persone della Santissima Trinità, ma percorrendo, per certi versi, il percorso inverso della Madonna. Maria è la piena di grazia, l’umile serva che attira lo sguardo di Dio; Maria è la sorgente cristallina da cui sgorga l’acqua della salvezza. E la Parola si fa carne in lei per opera dello Spirito. Noi siamo chiamati a ripercorrere tale via ma in senso inverso: aprirci alla Parola, accogliere lo Spirito Santo, per riempirci di grazia e per divenire santi e immacolati nella carità.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Tua madre – Redemptoris Mater 39: La maternità di Maria, pervasa fino in fondo dall’atteggiamento sponsale di “serva del Signore”, costituisce la prima e fondamentale dimensione di quella mediazione che la chiesa confessa e proclama nei suoi riguardi, e continuamente “raccomanda all’amore dei fedeli”, poiché in essa molto confida. Infatti, bisogna riconoscere che prima di tutti Dio stesso, l’eterno Padre, si è affidato alla Vergine di Nazaret, donandole il proprio Figlio nel mistero dell’incarnazione. Questa sua elezione al sommo ufficio e dignità di madre del Figlio di Dio, sul piano ontologico, si riferisce alla realtà stessa dell’unio-ne delle due nature nella persona del Verbo (unione ipostatica). Questo fatto fondamentale di esser la madre del Figlio di Dio, è sin dall’inizio una totale apertura alla persona di Cristo, a tutta la sua opera, a tutta la sua missione. Le parole: “Eccomi, sono la serva del Signore” testimoniano questa apertura dello spirito di Maria, che unisce in sé in modo perfetto l’amore proprio della verginità e l’amore caratteristico della maternità, congiunti e quasi fusi insieme. Perciò Maria è diventata non soltanto la “madre-nutrice” del Figlio dell’uomo, ma anche la “compagna generosa in modo del tutto singolare” del Messia e Redentore. Ella – come ho già detto – avanzava nella peregrinazione della fede e in tale sua peregrinazione fino ai piedi della croce si è attuata, al tempo stesso, la sua materna cooperazione a tutta la missione del Salvatore con le sue azioni e le sue sofferenze. Lungo la via di questa collaborazione con l’opera del Figlio redentore, la maternità stessa di Maria conosceva una singolare trasformazione, colmandosi sempre più di “ardente carità” verso tutti coloro a cui era rivolta la missione di Cristo. Mediante tale “ardente carità”, intesa a operare in unione con Cristo la restaurazione della “vita soprannaturale nelle anime”, Maria entrava in modo del tutto personale nell’unica mediazione “fra Dio e gli uomini”, che è la mediazione dell’uomo Cristo Gesù. Se ella stessa per prima ha sperimentato su di sé gli effetti soprannaturali di questa unica mediazione – già all’annunciazione era stata salutata come “piena di grazia”, – allora bisogna dire che per tale pienezza di grazia e di vita soprannaturale era particolarmente predisposta alla cooperazione con Cristo, unico mediatore dell’umana salvezza. E tale cooperazione è appunto questa mediazione subordinata alla mediazione di Cristo. Nel caso di Maria si tratta di una mediazione speciale ed eccezionale, fondata sulla sua “pienezza di grazia”, che si traduceva nella piena disponibilità della “serva del Signore”.

La preghiera nella famiglia – Card. Ennio Antonelli (Il Vescovo e la pastorale della famiglia, 16 Settembre 2009): La preghiera trasforma ed eleva progressivamente la vita personale e familiare, facendo crescere l’amore reciproco e verso tutti. Attiva la trasmissione della fede e delle virtù cristiane dai genitori ai figli. Fa della famiglia un soggetto di evangelizzazione nel suo ambiente. Le forme della preghiera possono essere molto varie. Mi pare però che oggi sia da promuovere con idonei sussidi soprattutto la preghiera di ascolto della parola di Dio per viverla, come ha raccomandato Giovanni Paolo II: “Partecipe della vita e della missione della chiesa, la quale sta in religioso ascolto della parola di Dio e la proclama con ferma fiducia, la famiglia cristiana vive il suo compito profetico accogliendo e annunciando la parola di Dio: diventa così, ogni giorno di più, comunità credente ed evangelizzante” (Giovanni Paolo II, FC 51). Attraverso la meditazione della Sacra Scrittura, interpretata in accordo con la Chiesa, Dio ci rivolge adesso la sua Parola vivente piena di Spirito Santo e perciò vera ed efficace. Tale Parola è in definitiva Gesù Cristo, soggetto e contenuto centrale della Rivelazione. Perciò, leggendo con fede la Scrittura, si realizza un incontro con la persona di Gesù Cristo che viene a illuminare e trasformare la nostra vita. Leggere, ascoltare, riflettere insieme, mettere in pratica, per diventare sempre più una famiglia che appartiene a Cristo: “Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc 8,21). Per collegare più facilmente le parole scritte con Gesù Cristo, la Parola Vivente, è bene seguire l’anno liturgico scegliendo i testi da meditare soprattutto dalle letture della Domenica. Può bastare anche un breve tempo per pregare e ascoltare insieme, fare discernimento sulla propria vita, prendere qualche impegno da attuare nel vissuto quotidiano e da verificare al momento opportuno nel dialogo familiare spontaneo.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Chi fa la volontà di Dio diventa fratello e madre del Signore – «Non costituisce meraviglia che colui che fa la volontà del Padre sia detto fratello e sorella del Signore; per entrambi i sessi è infatti la chiamata alla fede. La meraviglia cresce piuttosto per il fatto che quegli venga anche detto “ma-dre”. Invero, [Gesù] si è degnato di chiamare fratelli i suoi fedeli discepoli, dicendo: “Andate, annunziate ai miei fratelli” [Mt 28,10]. Ora però è il caso di chiedersi: Come può diventare sua madre chi, venendo alla fede, ha potuto divenire fratello del Signore? Quanto a noi, dobbiamo sapere che chi si fa nella fede fratello e sorella di Cristo, diventa sua madre nella predicazione. Quasi partorisce il Signore, chi lo ha infuso nel cuore dell’ascoltatore. E si fa sua madre, se attraverso la di lui voce l’amore di Dio viene generato nella mente del prossimo» (Gregorio Magno).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Andarono da Gesù la madre e i fratelli di Gesù – L’episodio è ricordato anche da Matteo e da Marco, ma gli Evangelisti non rivelano il motivo, forse vanno a cercarlo per sottrarlo alla vita che aveva intrapreso, portatrice di non pochi inconvenienti. Ma non possono avvicinarlo a causa della folla. Allora qualcuno si incarica di far sapere a Gesù che ci sono sua madre e i suoi fratelli che lo aspettano fuori. È da notare che i parenti di Gesù stanno fuori dal gruppo di coloro che ascoltano. La risposta di Gesù è oltremodo chiara: Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica. In questo modo si istaurano nuovi rapporti familiari con Gesù che non hanno più attinenza con i legami parentali. Chi sta fuori, anche se parente secondo la carne, non fa parte della sua famiglia. La famiglia di Gesù non poggia sui legami naturali, ma su quelli ben più saldi della carità e dell’ascolto della Parola di Dio. Sono legami nuovi che lo Spirito Santo crea nella Chiesa di Gesù. Ma non basta ascoltare la Parola di Dio, è necessario conservarla nel cuore e metterla in pratica. Appunto, come faceva Maria, la Madre di Gesù, la prima dei credenti, beata perché lei per prima ha creduto nell’adempimento della Parola del Signore.

Santo del giorno: 25 Settembre – San Cleofa, Discepolo di Gesù: Cleofa, o Cleofe, o Alfeo (tali nomi sono la trascrizione del nome ebraico Halphai), marito di Maria di Cleofa e forse fratello di San Giuseppe, era padre di Giacomo il Minore, di Giuseppe e di Simone. Fu tra i primi discepoli a rivedere il Signore dopo la risurrezione, come San Luca ci riferisce. Cleofa ed un suo condiscepolo erano sulla strada di Emmaus e Gesù si avvicinò spiegando loro le Scritture. Essi lo riconobbero solo quando, sedutisi a mensa con lui, Gesù prese del pane, lo benedisse e lo spezzò. Non si hanno altre informazioni sicure su di lui. Secondo la tradizione Cleofa venne trucidato in Emmaus per mano di Giudei, nella casa di compatrioti che lo detestavano perché andava predicando la Risurrezione di Cristo.

Preghiamo: O Dio, che nell’amore verso di te e verso il prossimo hai posto il fondamento di tutta la legge, fa’ che osservando i tuoi comandamenti meritiamo di entrare nella vita eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

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