meditazioni, settembre

22 Settembre 2018

22 Settembre 2018 – Sabato, XXIV del Tempo Ordinario – (1Cor 15,35-37.42-49; Sal 55[56]; Lc 8,4-15) – I Lettura: Il tema della risurrezione dei morti era molto discusso tra i Giudei che avevano un concetto molto edonistico della vita dopo la risurrezione, simile al paradiso maomettano. Questi ragionamenti pare avessero influenzato alcuni della comunità di Corìnto che erano arrivati anche a negare la risurrezione. Paolo si serve della metafora del chicco di grano per introdurre il concetto di uomo spirituale: il corpo prima della morte è un corpo Psychikon, strumento della Psychē (intesa come capacità spirituale e sentimentale legata al corpo umano), dopo la risurrezione diviene un corpo Pneumatikon, soggetto e docile allo Pneuma (capacità spirituali che derivano da Dio). Vangelo: In Palestina ai tempi di Gesù, il contadino non arava il terreno prima della semina, ma dopo. I diversi tipi di terreni della parabola in realtà sono lo stesso che però, lasciato incolto dall’ultima semina, presenta diverse tipologie: in alcuni punti crescono i rovi, un altro punto è indurito dal passaggio più o meno continuo e così via. Le parabole hanno il fine di illustrare il mistero del Regno: solo un cuore attento può coglierlo, per questo molti non comprenderanno pur ascoltando. L’afferma-zione di Gesù, “affinché guardando non vedano”, esprime l’esito della predicazione in parabole, non il suo scopo.

Il seme caduto sul terreno buono sono coloro che custodiscono la Parola e producono frutto con perseveranza – Dal Vangelo secondo Luca: In quel tempo, poiché una grande folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, Gesù disse con una parabola: «Il seminatore uscì a seminare il suo seme. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la mangiarono. Un’altra parte cadde sulla pietra e, appena germogliata, seccò per mancanza di umidità. Un’altra parte cadde in mezzo ai rovi e i rovi, cresciuti insieme con essa, la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono, germogliò e fruttò cento volte tanto». Detto questo, esclamò: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!». I suoi discepoli lo interrogavano sul significato della parabola. Ed egli disse: «A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo con parabole, affinché vedendo non vedano e ascoltando non comprendano. Il significato della parabola è questo: il seme è la parola di Dio. I semi caduti lungo la strada sono coloro che l’hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la Parola dal loro cuore, perché non avvenga che, credendo, siano salvati. Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, ricevono la Parola con gioia, ma non hanno radici; credono per un certo tempo, ma nel tempo della prova vengono meno. Quello caduto in mezzo ai rovi sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano soffocare da preoccupazioni, ricchezze e piaceri della vita e non giungono a maturazione. Quello sul terreno buono sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con perseveranza».

Riflessione: «… il seme è la parola di Dio». Il Regno di Dio si attua e si espande per mezzo della Parola. Gesù è la divina semente del Padre: «Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste» (Gv 1,3). “Il Verbo eterno si è fatto carne, e dall’umanità assunta ha fatto risuonare la divina Parola; il Signore ci ha redenti, ci ha donato lo Spirito Santo per insegnarci la divina Parola e per parlarci nel fondo dell’anima. Il mondo è come campo seminato da questa Parola, per essa germina, fiorisce e dà frutto. La sua Parola creatrice, redentrice e santificatrice domina sulle opere di Dio; domina gli spiriti eccelsi con la sua luce intellettiva, e domina gli uomini con la sua verità; muove le superiori volontà angeliche all’amore e le volontà dei pellegrini terreni al bene; manifesta agli angeli la magnificenza di Dio, e svela agli uomini, nella fede, gli arcani misteri della sua natura e della sua gloria; è per gli angeli come luce che li illumina e come occhio che fa loro vedere Dio, ed è per gli uomini come lampada che li guida nelle tenebre dell’esilio. Negli assalti delle tenebre è come folgore che li squarcia; nelle angoscianti incertezze del cammino è sicurezza infallibile, nel difficile tragitto è stella che ci guida” (don Dolindo Ruotolo). Il Seminatore esce a seminare il suo seme, e lo getta ovunque: il destino del seme non dipende dalla generosità del Seminatore, e non dipende dalla capacità del seme: il seminatore, infatti, è sovrabbondantemente generoso, spargendo in ogni direzione e a piene mani il buon seme della Parola; e così anche il seme, è certamente e massimamente buono, non scadente, non marcio, non sterile. Da cosa dipende allora l’abbondanza del raccolto? Unicamente dal terreno! Il seminatore sparge il seme, ma perché il buon seme fruttifichi necessita del terreno buono, di un terreno che lo accolga, che permetta al seme di germogliare, di espandere le radici, di mantenersi umido, di ergersi verso il cielo, di nutrirsi di ciò che il terreno stesso è capace di offrire. Solo allora il buon seme darà frutto abbondante: quando viene accolto dal buon terreno. Se la nostra anima è arida, sterile, prima di dare la colpa agli altri, al demonio, al mondo, chiediamoci come accogliamo il seme.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: La parabola del seminatore – Lumen Gentium 58: Nella parabola del seminatore, san Luca riporta queste parole con cui Gesù spiega il significato del “terreno buono”: «Sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con perseveranza» (Lc 8,15). Nel contesto del Vangelo di Luca, la menzione del cuore integro e buono, in riferimento alla Parola ascoltata e custodita, costituisce un ritratto implicito della fede della Vergine Maria. Lo stesso evangelista ci parla della memoria di Maria, di come conservava nel cuore tutto ciò che ascoltava e vedeva, in modo che la Parola portasse frutto nella sua vita. La Madre del Signore è icona perfetta della fede, come dirà santa Elisabetta: «Beata colei che ha creduto» (Lc 1,45). In Maria, Figlia di Sion, si compie la lunga storia di fede dell’Antico Testamento, con il racconto di tante donne fedeli, a cominciare da Sara, donne che, accanto ai Patriarchi, erano il luogo in cui la promessa di Dio si compiva, e la vita nuova sbocciava. Nella pienezza dei tempi, la Parola di Dio si è rivolta a Maria, ed ella l’ha accolta con tutto il suo essere, nel suo cuore, perché in lei prendesse carne e nascesse come luce per gli uomini. San Giustino Martire, nel suo Dialogo con Trifone, ha una bella espressione in cui dice che Maria, nell’accettare il messaggio dell’Angelo, ha concepito “fede e gioia”. Così, in Maria, il cammino di fede dell’Antico Testamento è assunto nella sequela di Gesù e si lascia trasformare da Lui, entrando nello sguardo proprio del Figlio di Dio incarnato.

La Parola – Giovanni Paolo II (Messaggio, 15 Ottobre 2000): Ministro della parola di Dio (cfr. Lc 1,2), Luca ci introduce alla conoscenza della luce discreta ed insieme penetrante che da essa promana illuminando la realtà e gli eventi della storia. Il tema della parola di Dio, filo d’oro che attraversa i due scritti che compongono l’opera lucana, unifica anche le due epoche da lui contemplate, il tempo di Gesù e quello della Chiesa. Quasi narrando la “storia della parola di Dio”, il racconto di Luca ne segue la diffusione, dalla Terra Santa fino ai confini del mondo. Il cammino proposto dal terzo Vangelo è profondamente segnato dall’ascolto di questa parola che, come seme, dev’essere accolta con bontà e prontezza di cuore, superando gli ostacoli che le impediscono di attecchire e portare frutto (cfr. Lc 8,4-15). Un aspetto importante che Luca evidenzia è il fatto che la parola di Dio misteriosamente cresce e si afferma anche attraverso la sofferenza e in un contesto di opposizioni e di persecuzioni (cfr. At 4,1-31; 5,17-42 passim). La parola che san Luca addita è chiamata a farsi, per ogni generazione, evento spirituale capace di rinnovare l’esistenza. La vita cristiana, suscitata e sorretta dallo Spirito, è dialogo interpersonale che si fonda proprio sulla parola che il Dio vivente ci rivolge, chiedendoci di accoglierla senza riserve nella mente e nel cuore. Si tratta in definitiva di diventare discepoli disposti ad ascoltare con sincerità e disponibilità il Signore, sull’esempio di Maria di Betania, la quale “ha scelto la parte migliore” perché “sedutasi ai piedi di Gesù ascoltava la sua parola” (cfr Lc 10,38-42).

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: L’anima ingrata – “La semente cadde sul bordo della strada, ecco una cosa che è l’immagine stessa dell’anima ingrata, di colui che non ha fatto fruttificare il proprio talento ed ha disprezzato il proprio benefattore [cfr. Mt 25,24-30]. La terra che aveva tardato ad accogliere il suo seme, è divenuta luogo di passaggio per tutti i malintenzionati; così non vi fu più posto in essa per il padrone, perché vi potesse entrare da lavoratore, ne potesse rompere la durezza e spargervi il suo seme. Nostro Signore ha descritto il maligno sotto i tratti degli uccelli, poiché il maligno ha portato via il seme [cfr. Mt 13,19]. Egli ha voluto indicare così che il maligno non prende per forza la dottrina che è stata distribuita nel cuore. Nell’immagine che egli ha proposto, ecco che in effetti la voce del Vangelo si pone alla porta dell’orecchio, come il grano alla superficie di una terra che non ha nascosto nel suo seno ciò che è caduto su di essa; infatti non è stato permesso agli uccelli di penetrare nella terra alla ricerca di quel seme che la terra aveva nascosto sotto le sue ali” (Sant’Efrem).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: La parabola, nella Bibbia, è un racconto fittizio, ma verosimile, il cui intento è quello di illustrare un insegnamento morale o una verità dottrinale mediante un paragone. Da qui la possibile incomprensione del racconto parabolico da parte di molti, ma, sopra tutto, da parte di chi è mal disposto. L’accoglienza «positiva da parte del credente, come il rifiuto da parte del non credente, nei confronti del messaggio di Gesù, è in fondo l’effetto di intime disposizioni personali che condizionano l’ascolto. Si respinge il Signore non perché non si capisca il senso delle sue parabole, ma perché in ultima analisi manca la volontà di capirlo, si è mal disposto verso la persona stessa di Gesù» (A. S.- R. S). In questo modo, per «le anime ben disposte, al possesso dell’antica alleanza si aggiungerà il perfezionamento della nuova (cfr. Mt 5,17.20); alle anime mal disposte, verrà tolto anche quello che hanno, cioè la stessa legge giudaica che, lasciata a se stessa, diverrà caduca» (Bibbia di Gerusalemme).

Santo del giorno: 22 Settembre – Sant’Ignazio da Santhià: “Lorenzo Maurizio Belvisotti, nato a Santhià (Vercelli) nel 1686, viene ordinato prete nel 1710. Entra in contatto con i Gesuiti, ma nel 1716 entra nei Cappuccini di Chieri con l’intenzione di partire missionario. Dopo un servizio di 13 anni come maestro dei novizi a Mondovì e un periodo al convento di Torino, Ignazio, questo il suo nome da religioso, viene mandato dai superiori a confortare i militari dell’esercito sabaudo feriti dai franco-spagnoli negli ospedali di Asti, Alessandria e Vinovo. Finita la guerra, il convento del Monte dei Cappuccini di Torino lo accoglie nuovamente per l’ultimo lungo periodo della sua vita (1747-1770). Qui spenderà 23 anni confortando spiritualmente sia poveri che personaggi in vista del Regno. Muore il 22 settembre 1770, festa di san Maurizio, patrono dei Cappuccini piemontesi. È stato canonizzato il 19 maggio 2002 da Giovanni Paolo II” (Avvenire).

Preghiamo: O Dio, che hai creato e governi l’universo, fa’ che sperimentiamo la potenza della tua misericordia, per dedicarci con tutte le forze al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

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