19 Settembre 2018 – Mercoledì, XXIV del Tempo Ordinario – (1Cor 12,31-13,1; Sal 32[33]; Lc 7,31-35) – I Lettura: Nella prima lettura di ieri parlavamo dei diversi carismi all’interno della Chiesa, oggi il testo propostoci dalla Liturgia, ci indica quanto sia importante metterli a disposizione con carità. “La carità non si racchiude in nessuna definizione umana, anche la più spirituale ed eroica. La carità è Gesù che vive in noi: è diventare uomini di comunione, capaci di bontà gratuita per gli altri, capaci di perdere la propria vita per dare vita agli altri” (Messale dell’assemblea cristiana Feriale, LDC). Vangelo: Giovanni è il precursore, Gesù è colui che Giovanni ha annunciato, cioè il Messia. Ma come hanno reagito gli uomini di fronte a Giovanni e come reagiscono di fronte a Gesù? La risposta la leggiamo nel brano del Vangelo che la liturgia propone: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto”. I Farisei in pratica si sono comportati come dei bambini capricciosi.
Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto – Dal Vangelo secondo Luca: In quel tempo, il Signore disse: «A chi posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”. È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!”. Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli».
Riflessione: «Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!». Come definisce Gesù la sua generazione, e forse anche la gente di tante generazioni compresa la nostra? Dalle sue parole potremmo riassumere il giudizio del Signore chiamando tali genti come “incontentabili lamentosi”. Gente incapace di gioire delle grazie del Signore, persone che hanno sempre il lamento come prima ed ultima parola nei loro discorsi. San Paolo, invece, esprime gioia e riconoscenza in ogni suo scritto, sa di essere un graziato dalla misericordia divina, rende continuamente grazie a Dio, esorta alla lode incessante: «Rallegratevi nel Signore sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi!» (Fil 4,4). Una gioia che nasce dall’incontro con Cristo, che nasce dalla consapevolezza che «in lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (At 17,28). E con san Paolo, e come san Paolo, tutti i santi, tutti coloro che hanno incontrato Cristo e lo hanno amato, lo hanno adorato, lo hanno proclamato Signore della propria vita. Quanto sono infelici, invece, coloro che, pur avendo incontrato Gesù, come gli Scribi e i Farisei, piuttosto che «esultare di gioia indicibile e gloriosa» (1Pt 1,8), rimangono chiusi nei loro problemi, ciechi anche dinanzi alla «Luce vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv 1,9). Essi, per partito preso, rifiutano di abbandonarsi alla misericordiosa carità di Cristo “e cavillano in tutti i modi più opposti per giustificare il loro rifiuto. Le austerità sono per loro esagerazione e pazzia, la cordialità viene bollata invece come leggerezza. Un santo severo è per essi un maniaco, un santo gioviale sembra loro leggero. Nella vita normale cercano lo straordinario e dinanzi a questo disprezzano come fantasie. Questa incontentabilità è forse una delle più pericolose tentazioni dell’anima, ostinata nel giudizio, ferma nel suo orgoglio, desiderosa di seguire solo la propria volontà. Qualunque ragionamento è per essi illogico e urtante solo perché non coincide col proprio; elettrizzata dall’orgoglio, entrando a contatto con la volontà altrui è pronto a lanciare scintille di superba reazione, scaricando le correnti malefiche della propria natura, adirandosi e rifiutando ogni consiglio” (D. R.).
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve… – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 10 Febbraio 1988): Tutta la vita terrena di Cristo e tutto lo svolgimento della sua missione rendono testimonianza alla verità della sua assoluta impeccabilità. Lui stesso ha lanciato la sfida: “Chi di voi può convincermi di peccato?” (Gv 8,46). Uomo “senza peccato”, Gesù Cristo è durante tutta la sua vita in lotta con il peccato e con tutto ciò che genera il peccato, a cominciare da satana, che è “padre della menzogna” nella storia dell’uomo “fin da principio” (cfr. Gv 8,44). Questa lotta si delinea già alla soglia della missione messianica di Gesù, nel momento della tentazione (cfr. Mc 1,13; Mt 4,1-11; Lc 4,1-13), e raggiunge il suo culmine nella croce e nella risurrezione. Lotta che dunque termina con la vittoria. Questa lotta al peccato e alle sue stesse radici non rende Gesù estraneo all’uomo. Al contrario, lo avvicina agli uomini, a ogni uomo. Nella sua vita terrena Gesù era solito mostrarsi particolarmente vicino a quelli che agli occhi degli altri passavano come peccatori. Lo vediamo in molti testi del Vangelo. Sotto questo aspetto è importante il “paragone” che Gesù fa tra se stesso e Giovanni Battista. Egli dice: “È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e hanno detto: Ha un demonio. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori” (Mt 11,18-19). È evidente il carattere “pole-mico” di queste parole nei riguardi di coloro che prima hanno criticato Giovanni Battista, profeta solitario e asceta severo che viveva e battezzava nei pressi del Giordano, e poi criticano Gesù perché opera in mezzo alla gente.
Ritornare al centro del cuore – Benedetto XVI (Udienza Generale, 25 Aprile 2012): Non dobbiamo perderci nell’attivi-smo puro, ma sempre lasciarci anche penetrare nella nostra attività dalla luce della Parola di Dio e così imparare la ve-ra carità, il vero servizio per l’altro, che non ha bisogno di tante cose – ha bisogno certamente delle cose necessarie – ma ha bisogno soprattutto dell’affetto del nostro cuore, della luce di Dio… Senza la preghiera quotidiana vissuta con fedeltà, il nostro fare perde l’anima profonda, si riduce ad un semplice attivismo che, alla fine, lascia insoddisfatti.
La vita interiore – Paolo VI (Lettera Enciclica ECCLESIAM SUAM 40): La vita interiore si pone tuttora come la grande sorgente della spiritualità della Chiesa, modo suo proprio di ricevere le irradiazioni dello Spirito di Cristo, espressione radicale e insostituibile della sua attività religiosa e sociale, inviolabile difesa e risorgente energia nel suo difficile contatto col mondo profano.
… scadrebbe in attivismo sterile – Giovanni Paolo II (Discorso, 12 Giugno 1988): Dall’Eucaristia deve… trarre ispirazione e forza e all’Eucaristia deve condurre tutta l’attività pastorale. Una azione pastorale senza questo collegamento vitale scadrebbe in attivismo sterile, in un umanitarismo privo di contenuto evangelico. Questo è vero per i sacerdoti, nati dall’Eucaristia e per l’Eucaristia, ma anche per gli operatori della pastorale, chiamati ad un impegno di testimonianza che si esaurirebbe ben presto se non trovasse alimento nella partecipazione al corpo e sangue del Signore; è vero per i religiosi che dall’Eucaristia possono attingere la forza per perseverare nella loro consacrazione e per viverla nel vincolo della fraternità.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Il dono dell’amore è superiore ai carismi – “Giudicherà anche i creatori di scismi, che sono privi di amore per Dio e cercano il proprio interesse, non l’unità della Chiesa; per una causa piccola e qualsiasi fendono e dividono il grande e glorioso corpo di Cristo e, in quanto è loro dato, lo uccidono; parlano di pace e fanno guerra, davvero filtrano il moscerino e inghiottono il cammello: nessuna loro riforma è paragonabile alla rovina dello scisma. Giudicherà tutti coloro che sono fuori della verità, cioè fuori dalla Chiesa. Ma egli, da nessuno è giudicato. Tutto in lui è saldo e immoto: verso l’unico Dio onnipotente, da cui viene tutto, ha fede piena; verso il Figlio di Dio, il Cristo Gesù, Signore nostro, per mezzo del quale viene tutto e verso le divine «economie», per cui egli si è fatto uomo, ha adesione ferma; e la ha anche verso lo Spirito di Dio, che dona la conoscenza della verità, che ha manifestato agli uomini – per il loro bene e nella misura propria a ogni generazione secondo il beneplacito del Padre – le economie del Padre e del Figlio. È questa la vera gnosi (conoscenza religiosa): la dottrina degli apostoli, tutto l’insegnamento antico della Chiesa nel mondo intero, il segno distintivo del corpo di Cristo, garantito dalla successione dei vescovi, e dai vescovi comunicato a ogni Chiesa particolare. Ciò che è giunto a noi, è la conservazione fedele delle Scritture, la loro esposizione integrale, senza aggiunte o detrazioni; la loro lettura priva di inganno, la loro spiegazione in tutto confacente, corretta, armoniosa, priva di pericolo o bestemmia; è infine il dono eccelso dell’amore, che è più prezioso della gnosi, superiore a tutti gli altri carismi”(Ireneo di Lione).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: La Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli – I farisei, increduli e capricciosi come bambini viziati, rifiutando la sapienza di Dio si erano chiusi nel loro piccolo mondo fatto di regole, tradizioni e leggi umane. E osservando scrupolosamente tutto questo si illudevano di poter piegare a loro favore la volontà di Dio. Non accogliere la sapienza di Dio significa scivolare nella incredulità e gli increduli, con la loro falsa sapienza, raccoglieranno i frutti che si meritano, cioè i castighi divini: “Allora [Gesù] si mise a rimproverare le città nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, perché non si erano convertite: «Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidone fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Tiro e Sidone saranno trattate meno duramente di voi. E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Perché, se a Sòdoma fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a te, oggi essa esisterebbe ancora! Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, la terra di Sòdoma sarà trattata meno duramente di te» (Mt 11,20-24). Il Vangelo è un invito ad essere attenti ai segni di Dio, ai suoi inviti, alla sua Parola che sempre bussa alla porta del nostro cuore e del nostro intelletto.
Santo del giorno: 19 Settembre – San Gennaro, Vescovo e Martire: “Gennaro era nato a Napoli (?), nella seconda metà del III secolo, e fu eletto vescovo di Benevento, dove svolse il suo apostolato, amato dalla comunità cristiana e rispettato anche dai pagani. Nel contesto delle persecuzioni di Diocleziano si inserisce la storia del suo martirio. Egli conosceva il diacono Sosso (o Sossio) che guidava la comunità cristiana di Miseno e che fu incarcerato dal giudice Dragonio, proconsole della Campania. Gennaro saputo dell’arresto di Sosso, volle recarsi insieme a due compagni, Festo e Desiderio a portargli il suo conforto in carcere. Dragonio informato della sua presenza e intromissione, fece arrestare anche loro tre, provocando le proteste di Procolo, diacono di Pozzuoli e di due fedeli cristiani della stessa città, Eutiche ed Acuzio. Anche questi tre furono arrestati e condannati insieme agli altri a morire nell’anfiteatro, ancora oggi esistente, per essere sbranati dagli orsi. Ma durante i preparativi il proconsole Dragonio, si accorse che il popolo dimostrava simpatia verso i prigionieri e quindi prevedendo disordini durante i cosiddetti giochi, cambiò decisione e il 19 settembre del 305 fece decapitare i prigionieri” (Avvenire).
Preghiamo: O Dio, che hai creato e governi l’universo, fa’ che sperimentiamo la potenza della tua misericordia, per dedicarci con tutte le forze al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…