meditazioni, settembre

14 Settembre 2018

14 Settembre 2018 – Venerdì – Esaltazione della Croce (Festa) – (Nm 21,4b-9 oppure Fil 2,6-11; Sal 77[78]; Gv 3,13-17) – I Lettura: Il serpente era usato come un idolo in altre religioni del tempo. Per il popolo d’Israele diventa, invece, segno della sua fede e, al tempo stesso, segno dell’alleanza di Dio che lo porta alla salvezza. D’ora in poi il serpente non è più collegato a pratiche idolatre ma a Dio che libera il suo popolo e gli dà vita. Oppure (Fil 2,6-11): “I vv. 6-11 costituiscono un inno che alcuni credono anteriore a Paolo. Le diverse tappe del mistero del Cristo sono segnate da tante strofe: la preesistenza divina, l’abbassamento dell’incarnazione, l’abbassamento ulteriore della morte, la glorificazione celeste, l’adorazione dell’universo, il titolo nuovo del Cristo. Si tratta del Cristo storico, Dio e uomo, nell’unità della sua personalità concreta che Paolo non divide mai, sebbene distingua i suoi diversi stati di esistenza (cfr. Col 1,13s)” (Bibbia di Gerusalemme, nota). Vangelo: Adesso l’umanità non ha più bisogno di guardare a simboli pagani per salvarsi, ma alla croce di Cristo, pur rimanendo sempre un drammatico evento che interessò il passaggio del Figlio di Dio in mezzo a noi. Patibolo infame, castigo per i malfattori, strumento di tortura, la croce diventa oggi per noi il segno dell’amore di Dio che ha dato la sua vita fino alla fine.

Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».

Riflessione: Amare la Croce è fare memoria dell’amore misericordioso di Dio, “che ha tanto amato il mondo da donare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16); amare la Croce è fare memoria dell’amore misericordioso del Figlio di Dio che “è apparso per distruggere le opere del diavolo” (1Gv 3,8); amare la Croce è aprire la propria vita all’azione vivificante dello Spirito Santo che “attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio” (Rm 8,16). Amare la Croce è entrare nel mistero della Santa e Indivisa Trinità, perché soltanto la Croce ci fa discepoli di Cristo, lui che è la Via che ci conduce al Padre (cfr. Gv 14,6), l’orante che intercede presso il Padre perché doni al mondo il Consolatore (cfr. Gv 14,16). Amare la Croce non è soltanto attestazione di amore verso Gesù, agnello innocente immolato per la salvezza dell’uomo, ma è soprattutto accogliere nell’anima il Regno di Dio, è far esplodere di gioia il cuore, allargare la bocca al canto di lode. Dov’è tristezza, lutto e pianto, la Croce porta la pace e la consolazione di Dio; dov’è dolore e sofferenza, la Croce dona la pazienza e la perfetta immolazione; dov’è il peccato, la stanchezza, l’infedeltà, la Croce dona la luce della grazia, il profumo della conversione, l’allegrezza della penitenza; dov’è la morte, la Croce porta la vita. Ricusare la Croce è follia, ricusare la Croce è rifiutare l’amore di Dio, ricusare la Croce è rigettare la salvezza, ricusare la Croce significa spalancare la vita ai tormenti della disperazione, ricusare la Croce significa morire senza il consolante conforto dell’intercessione di quel Sangue che è stato sparso sulla Croce per la salvezza dell’uomo

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Esaltazione della Santa Croce – Giovanni Paolo II (Omelia, 14 Settembre 1984): Oggi la Chiesa, annunciando il Vangelo, rivive in un certo qual modo tutto il periodo che ha inizio il mercoledì delle Ceneri, raggiunge il suo apice durante la Settimana Santa e a Pasqua e prosegue nelle settimane successive fino alla Pentecoste. La festa dell’Esaltazione della Santa Croce è come il compendio di tutto il mistero pasquale di nostro Signore Gesù Cristo. La croce è gloriosa perché su di essa il Cristo si è innalzato. Attraverso di essa, il Cristo ha innalzato l’uomo. Sulla croce ogni uomo è veramente elevato alla sua piena dignità, alla dignità del suo fine ultimo in Dio. Attraverso la croce, inoltre, è rivelata la potenza dell’amore che eleva l’uomo, che lo esalta. Veramente tutto il disegno di Dio sulla vita cristiana è condensato qui in un modo meraviglioso: il disegno di Dio e il suo senso! Diamo la nostra adesione al disegno di Dio e al suo senso! Ritroviamo il posto della croce nella nostra vita e nella nostra società. Parliamo della croce in modo particolare a tutti coloro che soffrono, e trasmettiamo il suo messaggio di speranza ai giovani. Continuiamo a proclamare fino ai confini della terra il suo potere salvifico: “Exaltatio Crucis!”: la gloria della Santa Croce!

Il segno della croce – Benedetto XVI (Angelus, 11 Settembre 2005): L’Eucaristia è… il memoriale dell’intero mistero pasquale: passione, morte, discesa agli inferi, risurrezione e ascensione al cielo, e la Croce è la manifestazione toccante dell’atto d’amore infinito con il quale il Figlio di Dio ha salvato l’uomo e il mondo dal peccato e dalla morte. Per questo il segno della Croce è il gesto fondamentale della preghiera del cristiano. Segnare se stessi con il segno della Croce è pronunciare un sì visibile e pubblico a Colui che è morto per noi e che è risorto, al Dio che nell’umiltà e debolezza del suo amore è l’Onnipotente, più forte di tutta la potenza e l’intelligenza del mondo.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «Nessuno si vergogni dei segni sacri e venerabili della nostra salvezza, della croce che è la somma e il vertice dei nostri beni, per la quale noi viviamo e siamo ciò che siamo. Portiamo ovunque la croce di Cristo, come una corona. Tutto ciò che ci riguarda si compie e si consuma attraverso di essa. Quando noi dobbiamo essere rigenerati dal battesimo, la croce è presente; se ci alimentiamo di quel mistico cibo che è il corpo di Cristo, se ci vengono imposte le mani per essere consacrati ministri del Signore, e qualsiasi altra cosa facciamo, sempre e ovunque ci sta accanto e ci assiste questo simbolo di vittoria. Di qui il fervore con cui noi lo conserviamo nelle nostre case, lo dipingiamo sulle nostre pareti, lo incidiamo sulle porte, lo imprimiamo sulla nostra fronte e nella nostra mente, lo portiamo sempre nel cuore. La croce è infatti il segno della nostra salvezza e della comune libertà del genere umano, è il segno della misericordia del Signore che per amor nostro si è lasciato condurre come pecora al macello (Is 53,7; cfr. At 8,32). Quando, dunque, ti fai questo segno, ricorda tutto il mistero della croce e spegni in te l’ira e tutte le altre passioni. E ancora, quando ti segni in fronte, riempiti di grande ardimento e ridona alla tua anima la sua libertà. Conosci bene infatti quali sono i mezzi che ci procurano la libertà. Anche Paolo per elevarci alla libertà che ci conviene ricorda la croce e il sangue del Signore: «A caro prezzo siete stati comprati. Non fatevi schiavi degli uomini» (1Cor 7,23). Considerate, egli sembra dire, quale prezzo è stato pagato per il vostro riscatto e non sarete più schiavi di nessun uomo; e chiama la croce «prezzo» del riscatto. Non devi quindi tracciare semplicemente il segno della croce con la punta delle dita, ma prima devi inciderlo nel tuo cuore con fede ardente. Se lo imprimerai in questo modo sulla tua fronte, nessuno dei demòni impuri potrà restare accanto a te, in quanto vedrà l’arma con cui è stato ferito, la spada da cui ha ricevuto il colpo mortale… Imprimi, dunque, questo segno nel tuo cuore e abbraccia questa croce, cui dobbiamo la salvezza delle nostre anime. È la croce infatti che ha salvato e convertito tutto il mondo… la morte non è più morte, ma sonno» (Giovanni Crisostomo).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Esaltazione della Santa Croce, simbolo e compendio della religione cristiana – «La festa in onore della Croce venne celebrata la prima volta nel 335, in occasione della “Crucem” sul Golgota, e quella dell’“Anàstasis”, cioè della Risurrezione. La dedicazione avvenne il 13 dicembre. Col termine di “esaltazione”, che traduce il greco hypsòsis, la festa passò anche in Occidente, e a partire dal secolo VII, essa voleva commemorare il recupero della preziosa reliquia fatto dall’imperatore Eraclio nel 628. Della Croce trafugata quattordici anni prima dal re persiano Cosroe Parviz, durante la conquista della Città santa, si persero definitivamente le tracce nel 1187, quando venne tolta al vescovo di Betlem che l’aveva portata nella battaglia di Hattin. La celebrazione odierna assume un significato ben più alto del leggendario ritrovamento da parte della pia madre dell’imperatore Costantino, Elena. La glorificazione di Cristo passa attraverso il supplizio della croce e l’antitesi sofferenza-glorificazione diventa fondamentale nella storia della Redenzione: Cristo, incarnato nella sua realtà concreta umano-divina, si sottomette volontariamente all’umiliante condizione di schiavo [la croce, dal latino “crux”, cioè tormento, era riservata agli schiavi] e l’infamante supplizio viene tramutato in gloria imperitura. Così la croce diventa il simbolo e il compendio della religione cristiana. La stessa evangelizzazione, operata dagli apostoli, è la semplice presentazione di “Cristo crocifisso”. Il cristiano, accettando questa verità, “è crocifisso con Cristo”, cioè deve portare quotidianamente la propria croce, sopportando ingiurie e sofferenze, come Cristo, gravato dal peso del “patibulum” [il braccio trasversale della croce, che il condannato portava sulle spalle fino al luogo del supplizio dov’era conficcato stabilmente il palo verticale], fu costretto a esporsi agli insulti della gente sulla via che conduceva al Golgota. Le sofferenze che riproducono nel corpo mistico della Chiesa lo stato di morte di Cristo, sono un contributo alla redenzione degli uomini, e assicurano la partecipazione alla gloria del Risorto» (Piero Bargellini).

Santo del giorno: 14 Settembre – Sant’Alberto di Gerusalemme, Vescovo e martire: Nato verso la metà del secolo XII nella città di Castel Gualtieri, in Emilia (Italia), entrò tra i Canonici Regolari della Santa Croce di Mortara (Pavia), e fu Priore nel 1180. Vescovo di Bobbio nel 1184, fu trasferito l’anno seguente a Vercelli, che governò per vent’anni. In questo periodo svolse, con fermezza e prudenza, missioni di portata nazionale ed internazionale. Fu mediatore di pace tra le città di Pavia e Milano nel 1194 e tra le città di Parma e Piacenza cinque anni dopo. Nel 1191 celebrò un sinodo diocesano di grande valore per la parte disciplinare, che continuò a servire di norma fino ai tempi moderni. Esplicò anche una grande attività legislativa a favore di ordini religiosi: dettò gli statuti per i canonici di Biella e fu tra i consiglieri per la regola degli Umiliati. Fu eletto nel 1205 Patriarca di Gerusalemme e poco dopo nominato legato papale per la provincia ecclesiastica di Gerusalemme. Arrivò in Palestina all’inizio del 1206 e dimorò in Accon (Acri), perché allora Gerusalemme era occupata dai saraceni. In Palestina sviluppò una notevole azione di pacificazione non solo tra i cristiani, ma anche tra questi e i non cristiani, e realizzò la sua missione con molta energia. Durante il suo patriarcato, riunì in comunità gli eremiti del monte Carmelo e diede loro una Regola. Il 14 settembre 1214, durante una processione, Alberto fu ucciso a colpi di coltello dal Maestro dell’Ospedale di S. Spirito, che egli aveva rimproverato e dimesso per la sua cattiva vita.

Preghiamo: O Padre, che hai voluto salvare gli uomini con la Croce del Cristo tuo Figlio, concedi a noi che abbiamo conosciuto in terra il suo mistero di amore, di godere in cielo i frutti della sua redenzione. Per il nostro Signore…

 

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