liturgia

31 Agosto 2018

Venerdì, XXI del Tempo Ordinario – (1Cor 1,17-25; Sal 32[33]; Mt 25,1-13) – I Lettura: Ai Corìnti, orgogliosi per i numerosi doni carismatici di sapienza e di parola, Paolo contrappone la predicazione della croce. L’allu-sione al Battesimo non significa che Paolo metta il sacramento in secondo piano, ma tiene a sottolineare quale sia il suo compito principale: il Battesimo è dono di Cristo, il missionario ha il compito di annunciare la Parola che porta alla fede e questa è la parola della croce per mezzo della quale il Signore Gesù ci ha acquistato la salvezza. Mette, così, a tacere qualsiasi presunzione della sapienza umana, che tende a riferire il buon esito della predicazione alle capacità carismatiche dell’apostolo. Vangelo: La parabola delle vergini sagge e le vergini stolte raccomanda l’attesa del giorno del Signore con un atteggiamento previdente. Le giovani infatti si addormentano tutte, ma le sagge hanno preso con sé dell’olio in più in previsione di un eventuale ritardo dello sposo.

 Ecco lo sposo! Andategli incontro! – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».

 Riflessione: La vigilanza – La parabola delle dieci vergini nel mettere in evidenza l’incertezza del tempo della venuta gloriosa del Cristo, vuole instillare nei cuori degli uomini la necessità della vigilanza, senza fidarsi di calcoli in base ai segni dei tempi: «Quanto a quel giorno e a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli del cielo e né il Figlio, ma solo il Padre» (Mt 24,36). Questa venuta improvvisa deve indurre gli uomini ad assumere un serio atteggiamento di vigilanza e un comportamento saggio al quale nessuno può sottrarsi se non vuole essere escluso dal regno di Dio. Poi, alla vigilanza e al comportamento saggio va aggiunto il timore: «Comportatevi con timore nel tempo in cui vivete quaggiù come stranieri. Voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia» (1Pt 1,17-19). Se Cristo Gesù, «nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero» (Credo), per salvarci si è annichilito nel mistero dell’Incarnazione, se è morto su una croce come un volgare malfattore, «è segno che la nostra anima è assai preziosa e dobbiamo perciò affaticarci “con timore e tremore per la nostra salvezza”, per non distruggere in noi l’opera della grazia di Dio. Tutto infatti viene dalla “grazia”: la redenzione di Cristo è opera di grazia e anche l’accettazione della redenzione da parte nostra è opera di grazia, poiché è Dio stesso colui “che opera in noi il volere e l’agire” secondo i suoi disegni di benevolenza e di amore» (Settimio Cipriani).

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Lo Sposo è il Redentore del mondo – Giovanni Paolo II (Omelia, 11 Novembre 1984): Il regno è simile a dieci vergini, che… uscirono incontro allo sposo” (Mt 25,1). Chi è questo sposo? La figura dello Sposo, che parla d’amore disinteressato, è profondamente inscritta nei Libri dell’Antico e del Nuovo Testamento. È l’amore col quale Dio “dona se stesso”. Non solo rivela se stesso nei numerosi e differenti doni del creato ma Egli stesso diventa il Dono per l’uomo che vive nella comunità del Popolo di Dio: il Dono per la vita eterna in Dio. Il popolo d’Israele ha conosciuto questa verità su Dio nell’Antica Alleanza, soprattutto mediante l’insegnamento dei Profeti. Questa verità su Dio alla fine è stata rivelata in Gesù Cristo: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito…” (Gv 3,15). E il Figlio ha realizzato questo amore del Padre mediante il suo Vangelo. E infine lo ha realizzato mediante la Croce e la Risurrezione. Nella Croce e nella Risurrezione l’amore misericordioso di Dio per tutta l’umanità ha assunto una potenza redentrice. Lo Sposo, di cui si parla nella parabola odierna, è il Redentore del mondo. Nella potenza del suo amore redentore Gesù Cristo è diventato lo Sposo della Chiesa, lo Sposo di ogni anima umana nella grande, interpersonale comunità del Popolo di Dio.

Ciò che veramente conta nella vita – Card. Tarcisio Bertone (Omelia, 22 Novembre 2007): La parabola delle dieci vergini, cinque sagge e prudenti e cinque stolte, che san Matteo ci propone, è collocata, insieme a quella dei talenti, immediatamente prima della maestosa descrizione del giudizio universale, quasi a ricordarci ciò che veramente conta nella vita, ciò che dobbiamo fare per orientare la nostra esistenza verso l’incontro definitivo con il Signore, meta ultima e comune degli uomini di ogni tempo. Il nostro itinerario “quaggiù” è un pellegrinaggio verso “lassù”. “In questa vita, osservava Sant’Agostino, sei un emigrante, la patria è in alto; qui sei un ospite, sei di passaggio su questa terra e pertanto canta e cammina”.

Non vi conosco – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 11 Dicembre 1991): In questa parabola Gesù richiama alla prontezza, alla vigilanza, all’impegno fervoroso nell’attesa dello Sposo. Solo cinque tra le dieci vergini si erano adoperate perché le loro lampade ardessero all’arrivo dello Sposo. Alle altre, improvvide, mancò l’olio. “Arrivò lo Sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa” (Mt 25,10). È un riferimento delicato ma inequivocabile alla sorte di chi manca di disposizione interiore all’incontro con Dio, e quindi di fervore e di perseveranza nell’attesa; un riferimento, dunque, al rischio di vedersi chiudere in faccia la porta. Ancora una volta troviamo il richiamo al senso di responsabilità di fronte alla vocazione cristiana.

 La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Quando, alla fine, la tromba suona la sveglia, si va incontro allo sposo. Dopo una prima tappa, noi, adempiendo i doveri di questa vita, ci prepariamo ad andare incontro alla risurrezione dai morti. Le lampade sono la luce delle anime risplendenti che il sacramento del Battesimo ha fatto brillare. L’olio è il frutto delle opere buone. I piccoli vasi sono i corpi umani, nelle cui viscere deve essere riposto il tesoro di una coscienza retta. I venditori sono coloro che, avendo bisogno della pietà dei credenti, danno in cambio la mercanzia che è loro richiesta, cioè che stanchi della loro miseria, ci vendono la coscienza di una buona azione. È essa che alimenta a profusione una luce inestinguibile e che occorre comprare e riporre mediante i frutti della misericordia. Le nozze sono l’assunzione dell’immortalità e l’unione della corruzione e della incorruttibilità secondo un’alleanza inaudita. Il ritardo dello sposo è il tempo della penitenza. Il sonno di quelle che attendono è il riposo dei credenti e la morte temporale di tutto il mondo al tempo della penitenza. Il grido in mezzo alla notte è, in mezzo all’ignoranza generale, il suono della tromba che precede la venuta del Signore (cfr. 1Ts 4,16) e che sveglia tutti perché si esca incontro allo sposo. Le lampade che vengono prese sono il ritorno delle anime nei corpi e la loro luce è la coscienza risplendente di una buona azione, coscienza che è racchiusa nei piccoli vasi dei corpi. Le vergini sagge sono le anime che, cogliendo il momento favorevole in cui sono nei corpi per fare delle opere buone, si sono preparate per presentarsi per prime alla venuta del Signore. Le stolte sono le anime che, rilassate e negligenti, si sono curate solo delle cose presenti e, dimentiche delle promesse di Dio, non sono arrivate fino alla speranza della risurrezione. Ma mentre esse indugiavano, entrò lo sposo e, insieme a lui, le sagge velate e munite della loro lampada tutta pronta entrano alle nozze. E poiché non hanno più tempo per pentirsi, le stolte accorrono, chiedono che si apra loro la porta. Al che lo sposo risponde loro: «Non vi conosco». Esse, infatti, per il loro ritardo e il loro comportamento indegno, avevano lasciato passare l’ora delle nozze” (Ilario di Poitiers).

 Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Il cuore della parabola delle dieci vergini è la vigilanza – Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora. Ma al di là di questa indicazione, le vergini rappresentano le anime cristiane nell’at-tesa dello sposo, il Cristo. Anche se egli ritarda, la lampada della vigilanza deve restare sempre accesa e tenere pronta una buona riserva di olio. Il dolce dormire è preludio di una rovinosa tragedia: alla fine della vita, al nostro continuo bussare, lo Sposo risponderà: «In verità io vi dico: non vi conosco». Non possiamo farci illusioni: «Dio non si lascia ingannare. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato. Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna. E non stanchiamoci di fare il bene; se infatti non desistiamo, a suo tempo mieteremo» (Gal 6,7-9).

 Santo del giorno: 31 Agosto – San Giuseppe d’Arimatea: La sua figura emerge con forza nei Vangeli in occasione della sepoltura di Gesù. È un uomo ricco e onorato, un proprietario terriero che fa parte del Sinedrio. Secondo Marco, «anche lui aspettava il regno di Dio». È cioè un ebreo credente la cui fede nella speranza di Israele si traduce nella simpatia verso Gesù e nel dissenso da coloro che hanno favorito la sua condanna. Matteo va oltre, affermando che era un discepolo del rabbi di Nazaret, Giovanni specifica «di nascosto per timore dei Giudei». Con questo commento l’evangelista vuole evidenziare che egli, primo tra i giudei, dopo la morte di Gesù ha abbandonato ogni precedente, pusillanime esitazione ed è venuto alla luce. Ricorre difatti alla sua posizione altolocata per ottenere da Pilato il corpo di Gesù che, secondo le abitudini dei romani, doveva essere seppellito in una fossa comune. Un gesto di coraggio e di generosità, perché la simpatia per un condannato poteva esporlo al rischio di essere considerato complice del giustiziato e passibile del medesimo supplizio. Inoltre il contatto con un cadavere gli impediva di celebrare la Pasqua giudaica ormai imminente. Aiutato da Nicodemo, che porta aromi in grande quantità, Giuseppe si distacca così dal sistema cultuale degli ebrei e si prepara alla celebrazione della gloriosa vittoria del crocifisso sulla morte in quello stesso giardino dove Gesù apparirà risorto alla Maddalena. Dopo la Pasqua, non abbiamo più sue notizie dai Vangeli canonici, ma solo dagli scritti apocrifi. La sua figura è familiare all’immaginario dei credenti per la presenza nelle innumerevoli rappresentazioni della deposizione e sepoltura di Gesù.

 Preghiamo: O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli, concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi e desiderare ciò che prometti, perché fra le vicende del mondo là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

Leave a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *