29 Agosto 2018 – Mercoledì, XXI del Tempo Ordinario – Martirio di S. Giovanni Battista (Memoria) – (Ger 1,17-19; Sal 70[71]; Mc 6,17-29) – I Lettura: La vocazione del profeta Geremìa ha caratteristiche simili ad altri profeti e personaggi biblici come Giovanni il Battista: la sua elezione è fin dal grembo materno, Dio stesso lo ha formato per una missione speciale. Cingere la veste ai fianchi indica l’atteggiamento di prontezza che il profeta deve avere alla voce di Dio. È anche l’atteggiamento del combattente che si prepara alla battaglia: tale infatti è la portata della sua missione, quasi una continua lotta con i sovrani e il popolo restii all’ascolto dei comandi del Signore. Vangelo: Erode Antipa, figlio di Erode il Grande, era al tempo del racconto di Giovanni, tetrarca della regione di Galilea e della Perea. Il tetrarca non era un re, ma un principe che governava su una quarta parte di territorio del regno. Dopo aver sposato la figlia del re nabateo Areta IV, la ripudiò in favore di Erodìade, già moglie di un suo fratellastro. Questa azione gli causò i rimproveri del Battista che egli temeva, ma che uccise per il capriccio di due donne.
«Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista» – Dal Vangelo secondo Marco: In quel tempo, Erode aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri. Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto. E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.
Riflessione: «Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto». Se la riflessione fatta ieri poteva sembrare esagerata, fuori luogo, iperbolica, o quanto meno rivolta agli altri (e mai a noi!), ecco che oggi la Parola di Dio ci offre l’occasione per rimarcare di quanto sia presente l’ipocrisia nei nostri atteggiamenti: ci si ritrova a vivere da illusi, seppur in buona fede, come Pietro che era convinto di essere pronto a morire per Cristo tranne poi imprecargli contro giurando di non conoscerlo; in buona fede come Tommaso che si innalza di coraggio dinanzi ai discepoli esclamando con una esortazione da supereroe in difesa del Maestro: «Andiamo a morire con lui!» (Gv 11,16), tranne poi non credere né a quanto profetizzato da Gesù stesso, circa la sa risurrezione, né quanto attestato dagli stessi Apostoli che pur lo avevano visto, toccato e parlato con lui. Ecco la più grande “paura” che dobbiamo avere: vivere da illusi! Vivere, cioè, di una ipocrisia tale da riuscire a convincere la nostra stessa coscienza, la quale si acquieta e si adagia lasciandosi trasportare dalla dolce corrente del mondo e delle sue sirene. Già il salmista aveva esclamato: «Parla il peccato nel cuore del malvagio: non c’è paura di Dio davanti ai suoi occhi; perché egli s’illude con se stesso, davanti ai suoi occhi, nel non trovare la sua colpa e odiarla. Le sue parole sono cattiveria e inganno, rifiuta di capire, di compiere il bene. Trama cattiveria nel suo letto, si ostina su vie non buone, da sé non respinge il male» (Sal 36 [35],2-5). Il ricordo del martirio di san Giovanni Battista ci mette dinanzi queste due figure: il santo martire ed Erode. Uno è il simbolo della coerenza: poteva cercare un accordo, stemperare i toni, rivolgersi ad altri, fuggire altrove… invece punta il dito, chiama il peccato di adulterio col proprio nome, sottolineandone tutta l’immoralità: «Non ti è lecito!» (Mc 6,18). Una coerenza che pagherà con la prigione prima e col martirio poi. E poi Erode, timorato nel custodire il Battista, desideroso di ascoltarlo, sapendolo giusto e santo (cfr. Mc 6,20)! Eppure cede alle lusinghe del mondo, al grido della lussuria, cede all’orgoglio del giudizio degli astanti, arrivando a commettere un ingiusto omicidio. Da che parte stiamo?
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Il primo e maggior Santo – Giovanni XXIII (Omelia, 24 Giugno 1962): È di S. Ambrogio il pensiero che il Battista continui sempre, anche nell’azione che egli esercita dal cielo sulle anime, che egli protegge, a tenerle ben vicine a sé e al suo spirito, in intima conformità a quanto cantò nel suo Benedictus il vecchio genitore, volgendo cioè la luce della fede sui sentieri delle nostre anime, raddrizzando le vie tortuose della vita, impedendoci di cadere tra gli anfratti dell’errore, e aiutandoci ad arricchire le nostre valli delle più belle virtù, mortificando ogni burbanza umana così da abbassarsi innanzi al Signore, e a dirigere sempre i nostri passi sulle vie della pace. Quanto alle testimonianze monumentali della venerazione di tutta la Chiesa Cattolica a S. Giovanni, basta ricordare i titoli ed i meriti altissimi di questo precursore, gli avvenimenti prodigiosi occorsi nella sua nascita: la sua dignità di profeta dell’Altissimo, così da arrestare il corso dell’Antico Testamento e da aprire le porte del Nuovo: il primo Santo canonizzato e, riconosciamolo, canonizzato da Gesù Cristo in persona quando disse ad alta voce: «Fra i nati di donna nessuno è più grande di Giovanni Battista». Infine il suo glorioso martirio: la sua testa nel disco, dopo l’uccisione: conticescit et adhuc timetur. Tutto era ben riservato alla venerazione del cielo e della terra. Il suo culto infatti, a differenza dei santi, anche martiri, di fisionomia pur sempre splendente, ma puramente locale, si presenta con volto e contorni di carattere universale.
Benedetto XVI (Udienza Generale, 29 Agosto 2012): Giovanni è il dono divino lungamente invocato dai suoi genitori, Zaccaria ed Elisabetta (cfr. Lc 1,13); un dono grande, umanamente insperabile, perché entrambi erano avanti negli anni ed Elisabetta era sterile (cfr. Lc 1,7); ma nulla è impossibile a Dio (cfr. Lc 1,36). L’annuncio di questa nascita avviene proprio nel luogo della preghiera, al tempio di Gerusalemme, anzi avviene quando a Zaccaria tocca il grande privilegio di entrare nel luogo più sacro del tempio per fare l’offerta dell’incenso al Signore (cfr. Lc 1,8-20). Anche la nascita del Battista è segnata dalla preghiera: il canto di gioia, di lode e di ringraziamento che Zaccaria eleva al Signore e che recitiamo ogni mattina nelle Lodi, il «Benedictus», esalta l’azione di Dio nella storia e indica profeticamente la missione del figlio Giovanni: precedere il Figlio di Dio fattosi carne per preparargli le strade (cfr. Lc 1,67-79). L’esi-stenza intera del Precursore di Gesù è alimentata dal rapporto con Dio, in particolare il periodo trascorso in regioni deserte (cfr. Lc 1,80); le regioni deserte che sono luogo della tentazione, ma anche luogo in cui l’uomo sente la propria povertà perché privo di appoggi e sicurezze materiali, e comprende come l’unico punto di riferimento solido rimane Dio stesso. Ma Giovanni Battista non è solo uomo di preghiera, del contatto permanente con Dio, ma anche una guida a questo rapporto. L’Evangelista Luca riportando la preghiera che Gesù insegna ai discepoli, il «Padre nostro», annota che la richiesta viene formulata dai discepoli con queste parole: «Signore insegnaci a pregare, come Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli» (cfr. Lc 11,1). Cari fratelli e sorelle, celebrare il martirio di san Giovanni Battista ricorda anche a noi, cristiani di questo nostro tempo, che non si può scendere a compromessi con l’amore a Cristo, alla sua Parola, alla Verità. La Verità è Verità, non ci sono compromessi. La vita cristiana esige, per così dire, il «martirio» della fedeltà quotidiana al Vangelo, il coraggio cioè di lasciare che Cristo cresca in noi e sia Cristo ad orientare il nostro pensiero e le nostre azioni. Ma questo può avvenire nella nostra vita solo se è solido il rapporto con Dio. La preghiera non è tempo perso, non è rubare spazio alle attività, anche a quelle apostoliche, ma è esattamente il contrario: solo se siamo capaci di avere una vita di preghiera fedele, costante, fiduciosa, sarà Dio stesso a darci capacità e forza per vivere in modo felice e sereno, superare le difficoltà e testimoniarlo con coraggio.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: La danza – «Avete udito, fratelli, quanto grande crudeltà sia nata dal piacere? E il suo capo fu recato in un vassoio. La casa si trasforma in un’arena, la mensa diventa una cavea, i convitati diventano spettatori, il convito si muta in follia, il cibo diventa strage, il vino si cambia in sangue, al giorno natalizio si unisce il funerale, nella nascita si mostra il tramonto, il banchetto si muta in omicidio, gli strumenti musicali fanno echeggiare la tragedia dei secoli. Entra una belva, non una ragazza, corre una fiera, non una donna, agita la criniera sul capo, non i capelli; allarga le membra con le contorsioni, cresce con l’aumentare della ferocia, diventa grande con la crudeltà, non con il corpo, e la belva singolare ruggisce, con la bocca digrigna i denti, non riceve il ferro, ma lo sguaina» (Pietro Crisologo).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Cosa dire dinanzi a queste pagine vergate di sangue, purtroppo sempre attuali nel libro della storia dell’umanità? L’astuzia e la cattiveria di Erodiade che sa cogliere il momento opportuno per sbarazzarsi del profeta che inquietava la sua coscienza di adultera. Il voglio della danzatrice capricciosa che ha saputo usare il corpo per attirare nella sua rete il lussurioso re, imbelle, incapace di gridare alla sua coscienza e a quella dei notabili che la vita, anche di un nemico, è inviolabile. E, infine, Erode povero in tutto, sopra tutto nella morale. Certamente gli occhi era abbagliati dalle avvenenze della adescatrice e il cuore in subbuglio, ma poteva far funzionare il cervello e capire in quale trappola era caduto. E invece nulla. La regina è soddisfatta, la figlia è soddisfatta nei suoi capricci, il re un po’ meno, perché le passioni infiammano, ma il piacere passa presto lasciando dentro aridità e tristezza, ma, è l’Inferno ad esultare perché con la complicità di una donna è riuscito a togliere di mezzo un temibile avversario, un vecchio trucco già ben collaudato in un ben noto giardino.
Santo del giorno: 29 Agosto – Martirio di San Giovanni Battista: “Giovanni sigilla la sua missione di precursore con il martirio. Erode Antipa, imprigionatolo nella fortezza di Macheronte ad Oriente del Mar Morto, lo fece decapitare. Egli è l’amico che esulta di gioia alla voce dello sposo e si eclissa di fronte al Cristo, sole di giustizia. Alla sua scuola si sono formati alcuni dei primi discepoli del Signore” (Messale Romano).
Preghiamo: O Dio, che a Cristo tuo Figlio hai dato come precursore, nella nascita e nella morte, san Giovanni Battista, concedi anche a noi di impegnarci generosamente nella testimonianza del tuo Vangelo, come egli immolò la sua vita per la verità e la giustizia. Per il nostro Signore Gesù Cristo…