28 Agosto 2018 – Martedì, XXI del Tempo Ordinario – Sant’Agostino (Memoria) – (2Ts 2,1.3a.13-17; Sal 95[96]; Mt 23,23-26) – I Lettura: Paolo rassicura i Tessalonicesi poiché sono sconvolti da alcune notizie circa un arrivo imminente della Parusìa. Quel giorno, assicurerà Paolo, sarà preceduto dall’apostasia, defezione dal culto a Dio, e il conseguente raffreddarsi della carità di fronte all’“anomia” (stato di frustrazione nel quale possono incorrere l’individuo e la società in mancanza di punti di riferimento e di valori), per questo Paolo esorta i cristiani alla fede nella Verità rivelata e alla carità. Vangelo: Nell’antichità si fissavano dei colini alle bocche delle caraffe perché i liquidi potevano contenere dei corpi estranei. I Farisei usavano questo metodo anche per evitare di ingerire inavvertitamente qualsiasi sostanza considerata impura, come il moscerino. La metafora dell’inghiottire il cammello ridicolizza la pratica farisaica della Legge ridotta a casistica, senza più alcun riferimento spirituale.
Queste erano le cose da fare, senza tralasciare quelle – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull’anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello! Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e d’intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito!».
Riflessione: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e d’intemperanza». Anche oggi risuonano nel Vangelo tanti “guai!”; Gesù sembra un fiume in piena, tocca ogni argomento della Legge, ne approfitta per mettere a nudo la coscienza di quanti operavano il male edulcorandolo di bene, permettendo, a chi volesse approfittarne, di dirigere generosamente e definitivamente la propria vita verso Dio, il suo regno e la sua giustizia. La cosa che maggiormente sottolinea Gesù, sia nelle invettive quanto nei contenuti, è l’ipocrisia! L’ipocrisia di chi mette dinanzi alla propria coscienza una maschera affinché ciò che è esterno appaia sensibilmente diverso alla verità celata all’interno della maschera stessa. E non pensiamo che quando si parli di ipocrisia ci si riferisca soltanto a coloro che amano apparire diversi agli occhi della gente! La prima e vera ipocrisia è rivolta anzitutto verso noi stessi: la vita ci mette dinanzi a determinate scelte, lo fa continuamente, e dobbiamo scegliere prendendo una direzione che di volta in volta può essere rivolta verso Gesù e la sua volontà o verso il mondo con le sue filosofie. E arrivati al bivio bisogna scegliere: anche chi se ne lava le mani, come Pilato, di fatto sceglie, e Pilato ha scelto, non prendendo posizione, di abbandonare Gesù alla volontà dei Giudei. O scelgo Gesù o scelgo il mondo; o adoro Dio oppure Mammona. Ed è qui che scatta l’ipocrisia della coscienza: troviamo la “terza via”, quella accomodante, quella che cerca di mettere tutti d’accordo, la quadratura del cerchio. Per cui siamo cristiani perché andiamo a Messa, ci confessiamo, ci comunichiamo, diciamo il Rosario… ma poi andiamo d’accordo con quanto il mondo ci propone: pensiamo in campo morale (familiare, sessuale, le mode, il linguaggio…), pensiamo in campo sociale (usciamo dalla Messa e magari andiamo al corso di Yoga o frequentiamo cartomanti…), e così su ogni virtù: prendiamo il veleno del mondo e pensiamo che basta aggiungere un po’ di zucchero per renderlo commestibile: “ormai è così, i giovani la pensano così, la società ti impone questo, del resto ormai lo fanno tutti…” e la coscienza, ben mascherata e giustificata, gode.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Il laicismo – Pio XI (Quas Primas, Lettera Enciclica): La peste della età nostra è il così detto laicismo coi suoi errori e i suoi empi incentivi; e voi sapete, o Venerabili Fratelli, che tale empietà non maturò in un solo giorno ma da gran tempo covava nelle viscere della società. Infatti si cominciò a negare l’impero di Cristo su tutte le genti; si negò alla Chiesa il diritto – che scaturisce dal diritto di Gesù Cristo – di ammaestrare, cioè, le genti, di far leggi, di governare i popoli per condurli alla eterna felicità. E a poco a poco la religione cristiana fu uguagliata con altre religioni false e indecorosamente abbassata al livello di queste; quindi la si sottomise al potere civile e fu lasciata quasi all’arbitrio dei principi e dei magistrati. Si andò più innanzi ancora: vi furono di quelli che pensarono di sostituire alla religione di Cristo un certo sentimento religioso naturale. Né mancarono Stati i quali opinarono di poter fare a meno di Dio, riposero la loro religione nell’irreligione e nel disprezzo di Dio stesso. Noi lamentammo nella Enciclica Ubi arcano Dei e anche oggi lamentiamo: i semi cioè della discordia sparsi dappertutto; accesi quegli odii e quelle rivalità tra i popoli, che tanto indugio ancora frappongono al ristabilimento della pace; l’intemperanza delle passioni che così spesso si nascondono sotto le apparenze del pubblico bene e dell’amor patrio; le discordie civili che ne derivarono, insieme a quel cieco e smoderato egoismo sì largamente diffuso, il quale, tendendo solo al bene privato ed al proprio comodo, tutto misura alla stregua di questo; la pace domestica profondamente turbata dalla dimenticanza e dalla trascuratezza dei doveri familiari; l’unione e la stabilità delle famiglie infrante, infine la stessa società scossa e spinta verso la rovina.
Sant’Agostino – Benedetto XVI (Catechesi, 27 Febbraio 2008): […] Ma c’è un’ultima tappa del cammino agostiniano, una terza conversione: quella che lo portò ogni giorno della sua vita a chiedere perdono a Dio. Inizialmente aveva pensato che una volta battezzato, nella vita di comunione con Cristo, nei Sacramenti, nella celebrazione dell’Euca-ristia, sarebbe arrivato alla vita proposta dal Discorso della montagna: alla perfezione donata nel Battesimo e riconfermata nell’Eucaristia. Nell’ultima parte della sua vita capì che quello che aveva detto nelle sue prime prediche sul Discorso della montagna – cioè che adesso noi da cristiani viviamo questo ideale permanentemente – era sbagliato. Solo Cristo stesso realizza veramente e completamente il Discorso della montagna. Noi abbiamo sempre bisogno di essere lavati da Cristo e da Lui rinnovati. Per questo abbiamo bisogno di quella conversione permanente, che si alimenta all’umiltà di saperci peccatori in cammino, finché il Signore ci dia la mano definitivamente e ci introduca nella vita eterna. In questo atteggiamento di umiltà, vissuto giorno dopo giorno, Agostino visse e morì.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Pulizia dell’esterno e dell’interno – «Coerenza fra la vita interiore e quella esteriore. Questa invettiva ci istruisce ad essere solleciti nell’essere, non apparire, giusti. Chi infatti si preoccupa di apparire giusto, pulisce solo l’esterno e cura ciò che si vede, ma trascura il suo cuore e la sua coscienza. Chi si preoccupa di rendere pulito ciò che è dentro ed i suoi pensieri, ne consegue che si adoperi anche a rendere netto ciò che è all’esterno. Se uno invece non si cura se non di ciò che si vede, ma trascura l’interiore del suo animo, necessariamente un uomo simile viene riempito dal di dentro di avarizia, libidine, malignità, e tanti altri mali. Giacché chiunque è preoccupato della sua salvezza [che è di dentro] è preoccupato pure della reputazione [che è di fuori]; mentre non chiunque si preoccupa della reputazione di fuori è sollecito altresì della sua salvezza di dentro» (Origene).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: L’invito di Paolo rivolto ai cristiani di Tessalonica in fondo non è così peregrino, sono parole molto attuali, sopra tutto oggi che siamo bersagliati da sedicenti messaggi sulla fine del mondo divulgati da sedicenti veggenti e profeti. Per sfuggire a questa perniciosa lebbra dobbiamo guardare alla Parola, come unica e insostituibile fonte di verità. Vediamo di tracciare un percorso per giungere a questo “guardare alla Parola”. Innanzi tutto bisogna ascoltare la Parola e accoglierla come Parola di Dio e non come parola di uomini (cfr. 1Ts 2,13). Accolta la Parola, con «grande entusiasmo» (At 17,11), cioè con la «gioia dello Spirito Santo» (1Ts 1,6), occorre credere alla Parola. Infine, bisogna obbedire alla Parola, mettendola in pratica superando con fermezza la giustizia umana degli «scribi e dei farisei» (Mt 5,20). Ma perché il cuore non sprofondi nel sonno colpevole della inedia, è necessario custodirla e fare memoria «senza stancarsi» (Lc 18,1) nella preghiera, nella riflessione, nella meditazione, nella contemplazione, nel lavoro quotidiano. Per trarre profitto dalla Parola di Dio, sono necessarie fame di essa, luce interiore, diligenza e costanza nel ricercarla perché «verranno giorni – oracolo del Signore Dio – in cui manderò la fame nel paese; non fame di pane né sete di acqua, ma d’ascoltare le parole del Signore» (Am 8,11). Ma nonostante gli sforzi dell’uomo, è Dio che fa crescere e fruttificare abbondantemente la Parola nel suo cuore: «Dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa» (Mc 4,27). Come Giovanni il Battista, gli Apostoli, i testimoni dell’Amore, il cristiano non tiene sotto il moggio la Parola (cfr. Mt 5,15). Il discepolo è un uomo che insiste «al momento opportuno e non opportuno» (2Tm 4,2). Proprio perché la fede cristiana non è una «religione del Libro», ma la religione della «Parola» di Dio, «non una parola scritta e muta, ma del Verbo incarnato e vivente» (cfr. CCC 108), il cristiano ha un desiderio ardente di conoscere la Parola, comprenderla e impararla; la desidera, la brama e anela ad essa; la richiama e ricorda; la medita, ne fa oggetto del suo canto e della sua preghiera, la ripassa labbreggiandola: «Con le mie labbra ho raccontato tutti i giudizi della tua bocca» (Sal 118,13). A questo punto, si giunge a guardare unicamente la Parola di Dio come norma, come rivelazione, come unica fonte di verità. Poi i messaggi celesti o le presunte apparizioni, che purtroppo conquistano milioni di curiosi, per un cristiano doc trovano il tempo che trovano.
Santo del giorno: 28 Agosto – Sant’Agostino, Vescovo e dottore della Chiesa: “Sant’Agostino nasce in Africa a Tagaste, nella Numidia – attualmente Souk-Ahras in Algeria – il 13 novembre 354 da una famiglia di piccoli proprietari terrieri. Dalla madre riceve un’educazione cristiana, ma dopo aver letto l’Ortensio di Cicerone abbraccia la filosofia aderendo al manicheismo. Risale al 387 il viaggio a Milano, città in cui conosce sant’Ambrogio. L’incontro si rivela importante per il cammino di fede di Agostino: è da Ambrogio che riceve il battesimo. Successivamente ritorna in Africa con il desiderio di creare una comunità di monaci; dopo la morte della madre si reca a Ippona, dove viene ordinato sacerdote e vescovo. Le sue opere teologiche, mistiche, filosofiche e polemiche – quest’ultime riflettono l’intensa lotta che Agostino intraprende contro le eresie, a cui dedica parte della sua vita – sono tutt’ora studiate. Agostino per il suo pensiero, racchiuso in testi come «Confessioni» o «Città di Dio», ha meritato il titolo di Dottore della Chiesa. Mentre Ippona è assediata dai Vandali, nel 429 il santo si ammala gravemente. Muore il 28 agosto del 430 all’età di 76 anni” (Avvenire).
Preghiamo: Suscita sempre nella tua Chiesa, Signore, lo spirito che animò il tuo vescovo Agostino, perché anche noi, assetati della era sapienza, non ci stanchiamo di cercare te, fonte viva dell’eterno amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo…