27 Agosto 2018 – Lunedì, XXI del Tempo Ordinario – Santa Monica (Memoria) – (2Ts 1,1-5.11b-12; Sal 95[96]; Mt 23,13-22) – I Lettura: Le lettere ai Tessalonicési portano un importante insegnamento sui temi dell’escatologia. Gli ultimi avvenimenti sono descritti secondo la tradizione dell’apocalittica giudaica e del Cristianesimo primitivo e presentano Cristo come il Giudice giusto che ricompenserà la fedeltà e la perseveranza dei credenti. Vangelo: I Farisei rifiutano di credere in Gesù. Il loro ruolo di dottori della Legge li pone nella condizione di aprire le porte verso la conoscenza di Dio, ma la loro incredulità ne rende invece inaccessibile l’ingresso anche a coloro che vorrebbero entrarvi.
Guai a voi, guide cieche – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi. Guai a voi, guide cieche, che dite: “Se uno giura per il tempio, non conta nulla; se invece uno giura per l’oro del tempio, resta obbligato”. Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l’oro o il tempio che rende sacro l’oro? E dite ancora: “Se uno giura per l’altare, non conta nulla; se invece uno giura per l’offerta che vi sta sopra, resta obbligato”. Ciechi! Che cosa è più grande: l’offerta o l’altare che rende sacra l’offerta? Ebbene, chi giura per l’altare, giura per l’altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che lo abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso».
Riflessione: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti… guai a voi, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito, guai a voi, guide cieche… Stolti e ciechi!». Che ne è di quel Gesù tutto zucchero, quel bel Gesù dagli occhi azzurri che luccicano tra riccioli biondi sopra un sorriso stampato e apparentemente indelebile? Non voglio rovinare la poesia di nessuno, né disilludere i sentimenti più nobili di chi in quelle immagini sprofonda in alte contemplazioni ricamate da sospiri e slanci del cuore! Ma il Vangelo è altra cosa: il Vangelo ci ricorda che la vita di Cristo e dei cristiani, prima tra tutti la Madonna, è una vita in cui bisogna (è un obbligo non una semplice esortazione o un pio consiglio!) rinnegare se stessi, prendere la propria croce e seguire il Maestro lungo la via che conduce al Calvario (cfr. Mt 16,24) e non una volta soltanto o quando posso, ma ogni giorno (cfr. Lc 9,23). Una vita fatta di scelte controcorrente, di coerenze generose, di virtù eroiche! Gesù riconosce l’autorità degli Scribi e dei Farisei e ne invita il popolo all’obbedienza (ne abbiamo parlato qualche giorno fa), ma non può non sottolineare che ognuno di noi, ciascuno secondo i compiti ricevuti, dovrà rendere conto a Dio del proprio operato. Vale per loro, vale per noi! Quante parabole ci parlano di questo giudizio: cosa ne abbiamo fatto dei talenti ricevuti? come abbiamo custodito la vigna che ci è stata affidata? Pensiamo alla parabola di Lazzaro e del ricco epulone; pensiamo alla parabola delle dieci vergini, di cui cinque stolte… Non basterebbe lo spazio di questa paginetta se solo volessimo inserire tutte le citazioni bibliche a tal riguardo. E questo “Guai!” deve risuonare anche oggi nelle nostre orecchie, deve rimbombare nella nostra coscienza. Non certo per intimorirci, per scoraggiarci e farci retrocedere, non certo per gettarci nel panico o nella tristezza. Gesù, quel Gesù che è anche severo, duro, perfino offensivo (pensiamo ai banchi gettati in aria nel Tempio o quando si rivolge a Pietro definendolo “Satana!”), ci scuote, ci riporta nella realtà e ci ricorda che essere cristiani non è fermarsi a contemplare gli occhi celesti di un volto inventato dagli uomini, ma mettersi ai piedi di quella Croce, inventata da Dio per darci la salvezza.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Guide cieche – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 21 Febbraio 1979): Evangelizzare vuol dire far presente Cristo nella vita dell’uomo in quanto persona, e nello stesso tempo nella vita della società. Evangelizzare vuol dire fare tutto il possibile, secondo le nostre capacità, affinché l’uomo “creda”; affinché l’uomo ritrovi se stesso in Cristo; affinché ritrovi in lui il senso e la dimensione adeguata della propria vita. Questo ritrovamento è, nello stesso tempo, la fonte più profonda della liberazione dell’uomo. Lo esprime San Paolo quando scrive: “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi” (Ga 5,1). Così allora la liberazione è certamente una realtà di fede, uno dei fondamentali temi biblici, inscritti profondamente nella missione salvifica di Cristo, nell’opera di Redenzione, nel suo insegnamento. Questo tema non ha mai cessato di costituire il contenuto della vita spirituale dei cristiani […] Cristo stesso collega, in modo particolare, la liberazione con la conoscenza della verità: “conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8,32). Questa frase attesta soprattutto l’intimo significato della libertà, alla quale ci libera Cristo. Liberazione significa trasformazione interiore dell’uomo, che è conseguenza della conoscenza della verità. La trasformazione è dunque un processo spirituale, in cui l’uomo matura “nella giustizia e nella santità vera” (Ef 4,24). L’uomo così maturo internamente diventa rappresentante e portavoce di tale “giustizia e santità vera” nei diversi ambiti della vita sociale. La verità ha importanza non solo per la crescita della umana consapevolezza, approfondendo in questo modo la vita interiore dell’uomo; la verità ha anche un significato e una forza profetica. Essa costituisce il contenuto della testimonianza e richiede una testimonianza. Troviamo questa forza profetica della verità nell’insegnamento di Cristo. Come profeta, come testimone della verità, Cristo ripetutamente si oppone alla non-verità; lo fa con grande forza e decisione e spesso non esita a biasimare il falso. Rileggiamo accuratamente il Vangelo; vi troveremo non poche espressioni per es. “sepolcri imbiancati” (Mt 23,27), “guide cieche” (Mt 23,16), “ipocriti” (Mt 23,13.15.23.25.27.29), che Cristo pronuncia, consapevole delle conseguenze che lo aspettano.
Dio non sa che farsene di quelle forme ipocrite… – Benedetto XVI (Angelus, 23 Novembre 2008): Cari amici, il regno di Dio non è una questione di onori e di apparenze, ma, come scrive san Paolo, è “giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo” (Rm 14,17). Al Signore sta a cuore il nostro bene, cioè che ogni uomo abbia la vita, e che specialmente i suoi figli più “piccoli” possano accedere al banchetto che lui ha preparato per tutti. Perciò, non sa che farsene di quelle forme ipocrite di chi dice “Signore, Signore” e poi trascura i suoi comandamenti (cfr. Mt 7,21).
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Guai a voi, scribi e farisei ipocriti… – “Ascolta la Scrittura che dice: Non dire: La sua grande misericordia perdonerà la moltitudine dei miei peccati [Sir 5,6]. Non ci viene proibito di dire che la misericordia di Dio è grande; non sia mai! La Scrittura non raccomanda questo, ma anzi vuole che noi lo diciamo continuamente e Paolo c’incoraggia a farlo in ogni modo. Al contrario, intende affermare che tu non devi meravigliarti della bontà di Dio soltanto per peccare e per dire: «La sua misericordia perdonerà la moltitudine dei miei peccati». Per questo, infatti, parliamo tanto spesso della bontà di Dio, non affinché, confidando in essa, ci permettiamo di commettere ogni cosa [altrimenti quella bontà diverrebbe fatale ai fini della nostra salvezza], ma affinché, trovandoci nei peccati, non disperiamo, ma facciamo penitenza. La bontà di Dio, infatti, ti conduce alla penitenza, non a un maggior numero di peccati. Se invece tu diventi cattivo a causa della bontà di Dio, la farai allora odiare maggiormente dagli uomini; vediamo, infatti, come siano in molti a stigmatizzare la longanimità di Dio. Ne sconterai perciò la pena, se non userai di questa come si conviene. Dio è buono? Ma è anche giusto giudice. Perdona i peccati? Ma rende anche a ciascuno secondo le sue opere. Sorvola sulle iniquità e toglie le trasgressioni? Eppure le passa altresì in rassegna. Non si contraddicono dunque tutte queste cose? Nient’affatto, una volta che le abbiamo divise a seconda dei momenti: quaggiù Dio rimette le trasgressioni per mezzo del lavacro e della penitenza; lassù egli compie l’indagine delle azioni compiute, mediante il fuoco e i tormenti. Ma potresti dire: «Se io avrò commesso pochi mali e per uno soltanto sarò cacciato dal regno, perché allora non commetto tutti i peccati?». È il discorso del servo ingrato, ma tuttavia rispondiamo anche a questa obiezione: Non commettere il male, se vuoi giovare a te stesso; tutti ugualmente, infatti, veniamo scacciati dal regno; nella geenna, però, non sconteremo tutti le medesime pene, ma uno maggiori, un altro più miti. Se tu e lui, infatti, disprezzate la legge di Dio e uno commette molti peccati, mentre l’altro, invece, pochi, sarete entrambi, allo stesso modo, estromessi dal regno; se però non avrete disprezzato nella stessa misura, ma uno maggiormente e l’altro di meno, nella geenna soffrirete in modo diverso” (San Giovanni Crisostomo).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: I Farisei – I Farisei sono un gruppo religioso di giudei e il termine fariseo per lo più viene spiegato come “separato” da tutto ciò che è impuro. I Vangeli sottopongono la mentalità e la vita dei Farisei ad una critica spietata: Gesù sferza la loro superbia (Lc 18,10-14), la loro avidità (Mc 12,40), la loro ambizione (Mt 23,5ss) e la loro ipocrisia (Mt 15,3-7). Siccome i Farisei e gli scribi erano preoccupati della fedeltà alla legge ed erano zelanti per ciò che già c’era, essi hanno respinto Gesù, in quanto credevano che egli avanzava la pretesa di essere sopra la legge e di annunziare un nuovo messaggio da parte di Dio (cfr. Discorso della montagna, Mt 5ss; Mc 2,7.24; 3,6; 8,11; 11,18; 12,13); così hanno deciso insieme con i «sommi sacerdoti» la morte di Gesù (Mt 26,3; Mc 14,53-64). Spesso essi vengono qualificati come cattivi oppositori di Gesù, senza che si tenga conto del loro zelo, anche se molto esagerato, per le istituzioni e dei loro meriti religiosi. In questa ottica, la parabola del Fariseo e del Pubblicano (Lc 18,9-14) perde la sua forza espressiva, quando non si prendono sul serio i meriti del Fariseo e l’indegnità religiosa del Pubblicano.
Santo del giorno: 27 Agosto – Santa Monica, Madre di Sant’Agostino: “Nacque a Tagaste, antica città della Numidia, nel 331. Da giovane studiò e meditò la Sacra Scrittura. Madre di Agostino d’Ippona, fu determinante nei confronti del figlio per la sua conversione al cristianesimo. A 39 anni rimase vedova e si dovette occupare di tutta la famiglia. Nella notte di Pasqua del 387 poté vedere Agostino, nel frattempo trasferitosi a Milano, battezzato insieme a tutti i familiari, ormai cristiano convinto profondamente. Poi Agostino decise di trasferirsi in Africa e dedicarsi alla vita monastica. Nelle «Confessioni» Agostino narra dei colloqui spirituali con sua madre, che si svolgevano nella quiete della casa di Ostia, tappa intermedia verso la destinazione africana, ricevendone conforto ed edificazione; ormai più che madre ella era la sorgente del suo cristianesimo. Monica morì, a seguito di febbri molto alte (forse per malaria), a 56 anni, il 27 agosto del 387. Ai figli disse di seppellire il suo corpo dove volevano, senza darsi pena, ma di ricordarsi di lei, dovunque si trovassero, all’altare del Signore” (Avvenire).
Preghiamo: O Dio, consolatore degli afflitti, che hai esaudito le pie lacrime di santa Monica con la conversione del figlio Agostino, per la loro comune preghiera donaci una viva contrizione dei nostri peccati, perché gustiamo la dolcezza del tuo perdono. Per il nostro Signore Gesù Cristo…