Antifona d’ingresso
Tendi l’orecchio, Signore, rispondimi: mio Dio, salva il tuo servo che confida in te: abbi pietà di me, Signore; tutto il giorno a te io levo il mio grido. (Sal 86,1-3)
Colletta
O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli, concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi e desiderare ciò che prometti, perché fra le vicende del mondo là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Oppure:
O Dio nostra salvezza, che in Cristo tua parola eterna ci dai la rivelazione piena del tuo amore, guida con la luce dello Spirito questa santa assemblea del tuo popolo, perché nessuna parola umana ci allontani da te unica fonte di verità e di vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Prima Lettura Gs 24,1-2a.15-17.18b
Serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio.
Dopo l’uscita dall’Egitto e il lungo cammino nel deserto, Israele arriva nella terra di Canaan, la terra dei suoi padri. Sotto la guida di Giosuè, succeduto a Mosè, il popolo ebreo sconfigge i popoli lungo il fiume Giordano e si impossessa dei territori. Finisce così la loro vita di nomadi e, spartitosi il territorio per tribù, iniziano a costruire le loro città. Sichem è la prima capitale, qui viene collocata l’Arca dell’Alleanza e viene rinnovato il patto del Sinai.
Dal libro di Giosuè
In quei giorni, Giosuè radunò tutte le tribù d’Israele a Sichem e convocò gli anziani d’Israele, i capi, i giudici e gli scribi, ed essi si presentarono davanti a Dio. Giosuè disse a tutto il popolo: «Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrèi, nel cui territorio abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore». Il popolo rispose: «Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi! Poiché è il Signore, nostro Dio, che ha fatto salire noi e i padri nostri dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; egli ha compiuto quei grandi segni dinanzi ai nostri occhi e ci ha custodito per tutto il cammino che abbiamo percorso e in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati. Perciò anche noi serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio». Parola di Dio.
Salmo Responsoriale Dal Salmo 33 (34)
Molti sono i mali del giusto: «Dio manda molte prove a tutti i giusti perché molte sono le tribolazioni dei giusti. Col pungiglione della prova, Dio li custodisce nella umiltà o mette alla prova la loro pazienza» (Baldovino di Ford).
Rit. Gustate e vedete com’è buono il Signore.
Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino. Rit.
Gli occhi del Signore sui giusti,
i suoi orecchi al loro grido di aiuto.
Il volto del Signore contro i malfattori,
per eliminarne dalla terra il ricordo. Rit.
Gridano e il Signore li ascolta,
li libera da tutte le loro angosce.
Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato,
egli salva gli spiriti affranti. Rit.
Molti sono i mali del giusto,
ma da tutti lo libera il Signore.
Custodisce tutte le sue ossa:
neppure uno sarà spezzato. Rit.
Il male fa morire il malvagio
e chi odia il giusto sarà condannato.
Il Signore riscatta la vita dei suoi servi;
non sarà condannato chi in lui si rifugia. Rit.
Seconda Lettura Ef 5,21-32
Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa.
Le regole suggerite da Paolo agli sposi, non sono basate su teorie psicologiche e non indicano un percorso sentimentale o pratico. Questi consigli non vogliono suggerire comportamenti per un sereno rapporto matrimoniale, ma collocano il sacramento in un contesto spirituale ed escatologico ben preciso suggerendo un cammino di conformazione a Cristo.
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni
Fratelli, nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri: le mogli lo siano ai loro mariti, come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, così come Cristo è capo della Chiesa, lui che è salvatore del corpo. E come la Chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siano ai loro mariti in tutto. E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria moglie, ama se stesso. Nessuno infatti ha mai odiato la propria carne, anzi la nutre e la cura, come anche Cristo fa con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne. Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! Parola di Dio.
Canto al Vangelo Cfr. Gv 6,63c.68c
Alleluia, alleluia.
Le tue parole, Signore, sono spirito e vita; tu hai parole di vita eterna.
Alleluia.
Vangelo Gv 6,60-69
Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna.
Il capitolo 6 di Giovanni è incentrato sul discorso di Gesù sul Pane di Vita. Le folle provenienti da Tiberìade, in Galilea, seguivano Gesù perché avevano visto i miracoli, allora Egli dà loro un altro segno moltiplicando i pani e i pesci. Più avanti Gesù indica se stesso come il vero Pane del cielo scandalizzando le folle.
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Que-sta parola è dura! Chi può ascoltarla?». Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre». Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». Parola del Signore.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa
È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla – Giovanni Paolo II (Domi-num et Vivificantem, Lettera Enciclica): La Chiesa professa la sua fede nello Spirito Santo come in colui «che è Signore e dà la vita». Così essa professa nel Simbolo di Fede, detto niceno-costantinopolitano dal nome dei due Concili – di Nicea (a. 325) e di Costantinopoli (a. 381) -, nei quali fu formulato o promulgato. Ivi si aggiunge anche che lo Spirito Santo «ha parlato per mezzo dei profeti». Sono parole che la Chiesa riceve dalla fonte stessa della sua fede, Gesù Cristo. Difatti, secondo il Vangelo di Giovanni, lo Spirito Santo è donato a noi con la nuova vita, come annuncia e promette Gesù il grande giorno della festa dei Tabernacoli: «Chi ha sete venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno». E l’evangelista spiega: «Questo egli disse riferendosi allo Spirito, che avrebbero ricevuto i credenti in lui». È la stessa similitudine dell’acqua usata da Gesù nel colloquio con la Samaritana, quando parla della «sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna» e nel colloquio con Nicodemo, quando annuncia la necessità di una nuova nascita «dall’acqua e dallo Spirito» per «entrare nel Regno di Dio». La Chiesa, pertanto, istruita dalla parola di Cristo, attingendo all’esperienza della Pentecoste ed alla propria storia apostolica, proclama sin dall’inizio la sua fede nello Spirito Santo come in colui che dà la vita, colui nel quale l’imperscrutabile Dio uno e trino si comunica agli uomini costituendo in essi la sorgente della vita eterna.
Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito – CCC 472-474: L’anima umana che il Figlio di Dio ha assunto è dotata di una vera conoscenza umana. In quanto tale, essa non poteva di per sé essere illimitata: era esercitata nelle condizioni storiche della sua esistenza nello spazio e nel tempo. Per questo il Figlio di Dio, facendosi uomo, ha potuto voler “crescere in sapienza, età e grazia” (Lc 2,52) e anche doversi informare intorno a ciò che nella condizione umana non si può apprendere che attraverso l’esperienza. Questo era del tutto consono alla realtà del suo volontario umiliarsi nella “condizione di servo” (Fil 2,7). Al tempo stesso, però, questa conoscenza veramente umana del Figlio di Dio esprimeva la vita divina della sua Persona. “La natura umana del Figlio di Dio, non da sé ma per la sua unione con il Verbo, conosceva e manifestava nella Persona di Cristo tutto ciò che conviene a Dio”. È, innanzi tutto, il caso della conoscenza intima e immediata che il Figlio di Dio fatto uomo ha del Padre suo. Il Figlio di Dio anche nella sua conoscenza umana mostrava la penetrazione divina che egli aveva dei pensieri segreti del cuore degli uomini. La conoscenza umana di Cristo, per la sua unione alla Sapienza divina nella Persona del Verbo incarnato, fruiva in pienezza della scienza dei disegni eterni che egli era venuto a rivelare. Ciò che in questo campo dice di ignorare, dichiara altrove di non avere la missione di rivelarlo.
Nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre – Giovanni Paolo II (Omelia, 21 Agosto 1988): È Dio che dona la forza di credere e di decidere: “Nessuno può venire a me se non gli è concesso dal Padre mio” (Gv 6,65). Di fronte alle scelte soprannaturali l’uomo da solo sarebbe perduto, perché “la carne non giova a nulla”. Solo lo Spirito, lo Spirito di Dio, l’amore sostanziale ed eterno del Padre e del Figlio, questi solamente “dà la vita” (Gv 6,63). In questa azione si rivela la misteriosa condiscendenza di Dio verso l’uomo, l’eterno disegno di un amore sommo, con il quale Dio si impegna per noi, e nel Figlio suo ci dona la grazia di aprirci al mistero, di condividere la verità eterna e di conoscere e gustare le sue parole, “che sono spirito e vita”. Ma la risposta nasce anche da una libertà, che è facoltà dell’uomo, che dà impulso all’agire umano. Dio ha creato ogni uomo libero, e l’uomo può rivolgersi al bene che Dio costantemente gli propone solo nella libertà. Orbene, Cristo fa appello a questa libertà e attende da essa una risposta responsabile e vera, come quella di Pietro, che abbiamo ora ascoltato. La libertà dell’uomo, segno distintivo di dignità, è anche fonte di responsabilità, e punto chiave del dialogo con Dio. Lo stesso Iddio chiama gli esseri umani al suo servizio in spirito e verità, per cui essi aderiscono a lui liberamente, non per costrizione.
Preghiera dei Fedeli (proposta)
Celebrare l’Eucaristia significa dire come Pietro: “Tu, Signore, hai parole di vita eterna”. Nella fede riconosciamo il dono della salvezza offerto sull’altare, in attesa della sua venuta. Preghiamo il Padre perché renda forte la nostra fede, preghiamo insieme e diciamo: Ascoltaci, o Signore.
– Per il Papa, i vescovi e i ministri della Chiesa: aiutino i cristiani a conoscere sempre meglio la Parola di Gesù, a interiorizzarla, perché si traduca in gesti concreti nella vita di ogni giorno, preghiamo. Rit.
– Per i non credenti, per quanti fanno propria una religione vuota e superficiale: siano guidati nella scoperta della bellezza della fede cristiana, preghiamo. Rit.
– Per gli sposi: vivano nell’unità e nell’amore e siano segno dell’amore di Cristo per la sua Chiesa, preghiamo. Rit.
– Per la nostra comunità cristiana: viva nella piena fiducia in Gesù che ci parla, ci interpella, ci nutre e ci ama, preghiamo. Rit.
Celebrante: O Padre, salva il tuo popolo che pone in te la sua fiducia, e abbi pietà di noi, quando la nostra debolezza esita di fronte ai tuoi inviti e ai tuoi comandi. Per Cristo nostro Signore.
Preghiera sulle offerte
O Padre, che ti sei acquistato una moltitudine di figli con l’unico e perfetto sacrificio del Cristo, concedi sempre alla tua Chiesa il dono dell’unità e della pace. Per Cristo nostro Signore.
Prefazio delle Domeniche del Tempo Ordinario VII (proposta)
La salvezza nell’obbedienza di Cristo.
È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza,
rendere grazie sempre e in ogni luogo
a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno.
Nella tua misericordia hai tanto amato gli uomini
da mandare il tuo Figlio come Redentore
a condividere in tutto, fuorché nel peccato,
la nostra condizione umana.
Così hai amato in noi ciò che tu amavi nel Figlio
e in lui, servo obbediente, hai ricostituito l’alleanza
distrutta dalla disobbedienza del peccato.
Per questo mistero di salvezza, uniti agli angeli e ai santi,
cantiamo con gioia l’inno della tua lode: Santo…
Antifona alla comunione
Con il frutto delle tue opere sazi la terra, o Signore, e trai dai campi il pane e il vino che allietano il cuore dell’uomo. (Sal 104,13-15)
Oppure:
Dice il Signore: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna, e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. (Gv 6,55)
Oppure:
Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna. (Gv 6,68)
Preghiera dopo la comunione
Porta a compimento, Signore, l’opera redentrice della tua misericordia e perché possiamo conformarci in tutto alla tua volontà, rendici forti e generosi nel tuo amore. Per Cristo nostro Signore.
Un po’ di pane per camminare
«Signore, da chi andremo?». Il nostro essere, il nostro cuore, la nostra mente… è sempre in movimento. L’uomo non è mai fermo (e non in senso fisico, ovviamente): o procede o retrocede. Siamo in un continuo divenire e ogni giorno, ogni istante siamo chiamati a scegliere, a fare il passo successivo e quindi a prendere una direzione ben precisa. In questa immagine troviamo il senso della nostra vita spirituale ma anche sociale: uno studente che legge sempre e solo la stessa pagina del libro non finirà mai i suoi studi, il muratore che mesce l’impasto ma non alza mai i muri non porterà a termine la costruzione, il viandante che continua a girare intorno alla rotatoria senza mai imboccare una strada non giungerà mai alla meta! Ecco che Gesù ci chiede, e ce lo chiede ogni istante, dove vogliamo andare, con chi, verso quale direzione, con quale finalità, seguendo quali strade… ci lascia liberi: ci offre un cammino, si offre come Via, ma poi sta a noi decidere il viaggio. Ecco perché Gesù non intrattiene i suoi discepoli: «Volete andarvene anche voi?». Quanta tristezza, quanta amarezza in queste parole! Ma anche quanta misericordiosa libertà! Dio non si impone, egli sa che il suo linguaggio può risultare ostico, duro, incomprensibile, a volte perfino scandaloso, e rispetta la nostra libertà, attende la nostra maturazione. Ci chiama a scegliere, ma lascia a noi la libertà della scelta. Oggi Gesù ce lo ripete: «Volete andarvene anche voi?». “La fedeltà non è ridotta ad un semplice rimanere. Non è soltanto questione di staticità, di permanenza. Anche se purtroppo parecchi individui confondono la fedeltà con l’immobilismo. La fedeltà è qualcosa di dinamico, è una realtà in movimento. È progresso. È cercare, inventare, scoprire, stupirsi, sorprendere e lasciarsi sorprendere. La fedeltà non è catena, corda al collo, e neppure abito che si continua a portare anche se usurato” (A. Pronzato). Un coniuge non è fedele solo perché continua a vivere sotto lo stesso tetto, un sacerdote non è fedele solo se continua a celebrare ogni giorno, un religioso non è fedele solo se continua ad indossare l’abito: fedeltà è scegliere ogni giorno Gesù, convincersi che non abbiamo posto migliore che stare, fedeli, nel suo Cuore.
Conosciamo l’Opus Matris Verbi Dei
Capitolo 7
Ammissione, Formazione ed Emissione dei Voti
- b) Il Noviziato
Art. 126 – Al Noviziato siano ammessi i candidati/le candidate che presentino le attitudini e i requisiti di maturità ritenuti necessari per iniziare la vita religiosa nella nostra Famiglia ecclesiale e ne abbiano fatto esplicita domanda. I candidati/le candidate abbiano retta intenzione, volontà chiara e libera di consacrarsi interamente al servizio del Signore, dimostrino idoneità spirituale, morale e intellettuale e salute fisica e psichica.
Art. 127 – Prima dell’ammissione al Noviziato e alla Professione, diligentemente si verifichi che i candidati/le candidate siano in possesso dei requisiti richiesti.