24 Agosto 2018 – Venerdì, XX del Tempo Ordinario – San Bartolomeo (Festa) – (Ap 21,9b-14; Sal 144[145]; Gv 1,45-51) – I Lettura: Il mondo nuovo e la nuova Gerusalemme prendono il posto della prima creazione: la morte è scomparsa e l’iniquità punita. La nuova Gerusalemme è la personificazione della nuova umanità che “scende dal cielo”, è, dunque, di origine divina perché nata da un progetto divino, e fondata sulla predicazione degli Apostoli che, suscitando la fede nella Parola di Gesù, la unisce a Cristo in uno stato di intimità, significato dall’appellativo ‘Sposa’. Vangelo: Natanaèle compare solo nel vangelo di Giovanni, ma viene identificato con Bartolomeo dei Sinottici. Gesù lo definisce un “Israelita dove non c’è falsità”, un’etimologia popolare contemporanea del nome Israele era “uno che vede Dio”: al v. 51 Gesù gli promette la visione di cose celesti, alludendo al sogno del primo Israele la cui nota astuzia è qui contrapposta alla genuinità di Natanaèle.
Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, Filippo trovò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».
Riflessione: «Natanaèle gli domandò: “Come mi conosci?”». Abbiamo mai fatto questa domanda a Dio? Può sembrare una domanda ovvia, banale, quasi offensiva: Dio sa tutto, ci conosce nell’intimo, sa chi siamo, cosa pensiamo; conosce i nostri difetti, i nostri peccati, come anche le nostre virtù e i buoni propositi. Come prega il salmista: «Signore, tu mi scruti e mi conosci, tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo, intendi da lontano i miei pensieri, osservi il mio cammino e il mio riposo, ti sono note tutte le mie vie. La mia parola non è ancora sulla lingua ed ecco, Signore, già la conosci tutta» (Sal 139[138],1-4). Ma torniamo alla domanda: «Come mi conosci?». Quando nella Scrittura si parla di “co-noscere” una persona, non si intende il semplice sapere chi sia, di quale famiglia, o cosa faccia nella vita. “Cono-scere” è un rapporto intimo, profondo, personale. Solo lo sposo conosce la sposa e viceversa, e non riferito solo al suo corpo ma anche nei suoi più profondi e segreti sentimenti, paure, reazioni, speranze, progetti… Natanaèle va verso Gesù perché vuole capire qualcosa di quest’uomo che con tanta enfasi gli viene presentato da Filippo, gli ha già espresso la sua prima impressione e va nella quasi certezza di poter riaffermare quanto detto: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Ma egli non è ancora giunto e Gesù già lo precede: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Colui che viene per conoscere si sente già conosciuto, ha sentito il Maestro leggere nel suo cuore, ha avvertito la sua presenza in lui: come il Battista riconosce il Cristo nel grembo di Elisabetta ed esulta in lei, così ora Natanaèle lo riconosce: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Quanti studiosi delle Scritture e scrutatori di segni passarono accanto a Gesù e non lo riconobbero! Quanti lo ascoltarono ma non lo compresero, lo videro ma non si convertirono (cfr. Lc 8,10)! Conosciamo davvero il Signore? E come siamo da lui conosciuti? Qual è il nostro intimo rapporto con lui? Viviamo questo rapporto nuziale con lo Sposo? Ci doniamo a lui senza riserve? Lo incontriamo nelle segrete stanze della nostra anima? Lo portiamo nei luoghi dei nostri pensieri, delle nostre decisioni?
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Da Nàzaret può venire qualcosa di buono? – Benedetto XVI (Udienza Generale, 4 Ottobre 2006): A Natanaele, Filippo aveva comunicato di aver trovato “colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti: Gesù, figlio di Giuseppe, da Nazaret” (Gv 1,45). Come sappiamo, Natanaele gli oppose un pregiudizio piuttosto pesante: “Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?” (Gv 1,46a). Questa sorta di contestazione è, a suo modo, importante per noi. Essa, infatti, ci fa vedere che, secondo le attese giudaiche, il Messia non poteva provenire da un villaggio tanto oscuro come era appunto Nazaret (vedi anche Gv 7,42). Al tempo stesso, però, pone in evidenza la libertà di Dio, che sorprende le nostre attese facendosi trovare proprio là dove non ce lo aspetteremmo. D’altra parte, sappiamo che Gesù in realtà non era esclusivamente “da Nazaret”, ma che era nato a Betlemme (cfr. Mt 2,1; Lc 2,4) e che ultimamente veniva dal cielo, dal Padre che è nei cieli. Un’altra riflessione ci suggerisce la vicenda di Natanaele: nel nostro rapporto con Gesù non dobbiamo accontentarci delle sole parole. Filippo, nella sua replica, fa a Natanaele un invito significativo: “Vieni e vedi!” (Gv 1,46b). La nostra conoscenza di Gesù ha bisogno soprattutto di un’esperienza viva: la testimonianza altrui è certamente importante, poiché di norma tutta la nostra vita cristiana comincia con l’annuncio che giunge fino a noi ad opera di uno o più testimoni. Ma poi dobbiamo essere noi stessi a venir coinvolti personalmente in una relazione intima e profonda con Gesù; in modo analogo i Samaritani, dopo aver sentito la testimonianza della loro concittadina che Gesù aveva incontrato presso il pozzo di Giacobbe, vollero parlare direttamente con Lui e, dopo questo colloquio, dissero alla donna: “Non è più per la tua parola che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo” (Gv 4,42).
Rabbì, tu sei il Figlio di Dio… – Paolo VI (Udienza Generale, 27 Agosto 1975): […] i primi discepoli intuirono che Gesù era un personaggio misterioso. Tra questi discepoli, ad esempio, Natanaele (Bartolomeo), all’incontro con Gesù, vistosi da Lui conosciuto con un infallibile sguardo introspettivo, esclamò: «Rabbi (cioè Maestro), Tu sei Figlio di Dio, Tu sei il Re d’Israele» (Gv 1,49). La qualifica di Maestro non bastava quindi a definire Gesù; un altro titolo gli compete, quello di «Figlio di Dio», titolo difficile allora a spiegarsi, ma tale da amplificare la figura di Gesù, oltre quella del semplice Maestro e oltre quella del Messia, di statura semplicemente umana. Nello stesso quadro evangelico, verso le foci del Giordano nel Mar Morto, un’altra definizione di Gesù era risuonata: «Ecco l’Agnello di Dio», cioè la vittima privilegiata e predestinata ad un misterioso sacrificio (Ibid. 1,29 et 36). La curiosità e la meraviglia crescevano, anche se Gesù, parlando di Se stesso, solo si qualificava abitualmente come «Figlio dell’uomo», altro titolo apparentemente modesto, ma pieno di reminiscenze bibliche e di significato profondo.
La Chiesa è apostolica – CCC 857: La Chiesa è apostolica, perché è fondata sugli Apostoli, e ciò in un triplice senso: – essa è stata e rimane costruita sul “fondamento degli Apostoli” (Ef 2,20), testimoni scelti e mandati in missione da Cristo stesso; – custodisce e trasmette, con l’aiuto dello Spirito che abita in essa, l’insegnamento, il buon deposito, le sane parole udite dagli Apostoli; – fino al ritorno di Cristo, continua ad essere istruita, santificata e guidata dagli Apostoli grazie ai loro successori nella missione pastorale: il collegio dei vescovi, “coadiuvato dai sacerdoti ed unito al successore di Pietro e supremo pastore della Chiesa”.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “A che cosa danno testimonianza tali miracoli (avvenuti nei luoghi destinati al culto dei martiri), se non a questa fede che predica la risurrezione di Cristo nella carne e la sua ascensione al cielo con la carne? Gli stessi martiri infatti furono «martiri» di questa fede, cioè suoi testimoni: a questa fede dettero testimonianza davanti al mondo inimicissimo e crudelissimo, che vinsero non combattendo, ma morendo. Per questa fede sono morti, e ora possono impetrarla al Signore, per il cui nome furono uccisi. È per questa fede che essi hanno anzitutto sofferto con una ammirevole pazienza affinché in seguito potessero manifestare questa grande potenza. Poiché, se la risurrezione della carne per l’eternità non ha avuto già luogo nel Cristo, o non deve aver luogo in futuro come l’ha predetto il Cristo e come l’hanno predetto i profeti che hanno annunziato il Cristo, perché tanto potere è stato concesso a dei morti che hanno gettato via la loro vita per una fede che proclama questa risurrezione? Infatti, sia che Dio stesso operi da sé in quel modo mirabile con cui egli, eterno, agisce nelle cose temporali, sia che operi per mezzo dei suoi ministri; e in questo caso, sia che agisca per mezzo dello spirito dei martiri, come fa per mezzo degli uomini ancora viventi in questa carne, sia per mezzo degli angeli, in cui opera in modo invisibile, immutabile e incorporeo – e di conseguenza i miracoli che si dicono compiuti dai martiri avverrebbero solo per le loro preghiere e impetrazioni, non per la loro opera – sia che egli li compia alcuni in un modo, altri in un altro modo che a noi mortali non è possibile comprendere: tuttavia è certo che questi prodigi sono una testimonianza in favore di quella fede che annuncia la risurrezione della carne per l’eternità” (Agostino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: “[Bartolomeo] Prescelto per diffondere in tutta la terra il lieto messaggio del Regno, egli ha probabilmente evangelizzato l’Armenia e l’Arabia. È possibile che sia morto martire; per qualcuno sarebbe anzi stato scorticato vivo. Che cosa ricavare dall’esempio di tale apostolo? Egli ha creduto in Gesù ed ha risposto alla sua chiamata dedicandosi completamente a lui. Grazie alla forza dello Spirito Santo, è diventato testimone del suo mistero d’amore. E noi rinnoviamo oggi il nostro desiderio di seguire Cristo e di restare accanto a lui nel silenzio e nell’adorazione: egli vuole renderci partecipi del suo mistero di inviato dal Padre. Cerchiamo allora di manifestare a tutti, con una vita sempre nuova di veri figli di Dio, che egli è venuto, che egli è vivo, che egli ci ama” (Compo-stella, Messale per la Vita Cristiana).
Santo del giorno: 24 Agosto – Sant’Emilia de Vialar, Vergine e fondatrice: “Nasce a Gaillac, in Francia, il 12 settembre 1797 da una famiglia aristocratica distintasi nella magistratura. A diciotto anni decide di servire il Vangelo dedicandosi ai poveri. Donna dal carattere estremamente forte, le sue attitudini corrispondono alle necessità per la Chiesa francese di riorganizzarsi dopo l’età napoleonica. Fa dono di tutti i suoi beni e della sua casa ai molti poveri e anziani della Parigi post rivoluzionaria. Costretta a lasciare l’Algeria, dove aveva aperto un ospedale, Emilia sceglie Marsiglia come sede di una congregazione rivolta alle missioni e fonda la congregazione delle Suore di san Giuseppe dell’Ap-parizione. Qui incontra l’appoggio del vescovo Eugenio de Mazenod, noto per la sua sensibilità e l’interesse per le terre extraeuropee. La capacità di lavoro, di relazioni e di dialogo si accompagnano in Emilia ad una profondità spirituale che le fa incontrare il Signore: in mezzo alle preoccupazioni, ai viaggi faticosi, non perde mai il contatto con il divino. Muore a 59 anni il 24 giugno 1856. Pio XII la canonizza nel 1951” (Avvenire).
Preghiamo: Confermaci nella fede, o Padre, perché aderiamo a Cristo, tuo Figlio, con l’entusiasmo sincero di san Bartolomeo apostolo, e per sua intercessione fa’ che la tua Chiesa si riveli al mondo come sacramento di salvezza. Per…