23 Agosto 2018 – Giovedì, XX del Tempo Ordinario – (Ez 36,23-28; Sal 50[51]; Mt 22,1-14) – I Lettura: Uno dei concetti del Pentateuco, che i profeti apocalittici amavano, era quello del patto di Dio con tutta l’umanità che si sarebbe realizzato per mezzo di Israele. Ezechièle rimprovera il popolo eletto di non aver manifestato la santità di Dio, evidenziando, così, la natura cosmica del suo peccato. Ma Dio stesso realizzerà il suo progetto manifestando la sua santità attraverso ciò che realizzerà a favore del suo popolo. La promessa di un cuore nuovo e uno spirito nuovo, rappresenta le fondamenta del “ritorno” del popolo a Dio, è l’annuncio dell’opera dello Spirito Santo attraverso il Battesimo: il tempo della Chiesa realizzerà l’unità di tutti i popoli sotto la guida dell’unico e vero Pastore. Vangelo: La parabola del banchetto nuziale nel racconto di Matteo ha delle sfumature diverse rispetto al racconto che ne fa Luca. I primi invitati, in Luca, rappresentano il popolo giudaico mentre i secondi cui è rivolto l’invito, sono i gentili. Matteo cambia significato alla seconda parte della parabola indicando il secondo gruppo di invitati con “buoni e cattivi”: la chiamata è per tutti, infatti nella sua condizione attuale la Chiesa trova al suo interno sia buoni che cattivi (vedi parabola della zizzania). L’ospite vestito non adeguatamente rappresenta la categoria di chi non risponde completamente alla chiamata. Questi subirà la condanna nel giorno del Giudizio.
Tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “A-mico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
Riflessione: «“Venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari». Nel Vangelo odierno abbiamo quasi un riassunto di quanto abbiamo meditato in questi ultimi giorni: dalla figura del Cristo Sposo all’invito del Padre a lasciare i propri affari per gioire con lui, dalla tristezza di chi rimane attaccato alle sue cose (gli invitati che non si mostrano degni!) e viene escluso dalla festa fino alla generosità quasi illogica (ma che come abbiamo detto ha una logica meravigliosa che è quella della carità) di Dio. È bello contemplare questo Dio che ha tutto e che è tutto, eppure sta lì ad invitarci, a desiderare di condividere la sua gioia con noi, a farci parte delle sue infinite ricchezze, al punto da adottarci come figli (cfr. Rm 8,15; Ef 1,5), da farci suoi eredi, come afferma san Paolo: «Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria» (Rm 8,16-17). Un Dio che ci dona ogni cosa e che non chiede nulla in cambio! Un Dio che ama e che non desidera nulla se non essere amato, sapendo che solo dal reciproco amore può nascere la piena reciproca comunione: è Dio ha liberamente, gratuitamente scelto di essere il Dio-con-noi (cfr. Mt 1,23). «Venite alle nozze!», non vuole regali, non ha preparato liste di nozze, non chiede nulla: vuole solo donare tutto di sé. Come resistere ancora a tale invito, perché continuare a tornare alle proprie umane occupazioni, fino a quando mettere al primo posto le nostre limitate cose, i nostri affari? «Venite alle nozze!», è tutto pronto: non dobbiamo essere noi a morire per lui, già lui è morto per noi; non dobbiamo spogliarci del nostro nulla per lui, già lui si è spogliato della sua divinità facendosi servo per noi (cfr. Fil 2,5-11). Quanto dovrebbe essere semplice e spontaneo rispondere con generosità, con gioia, correndo a mettere l’abito nuziale, spogliandosi di ogni umana preoccupazione, mettendo da parte ogni rispetto umano e ogni regola imposta dal sentire sociale. Dio non ci chiede pazzie, ma ci esorta a non comportarci da indegni, da ribelli: figli che sciupano tutto.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: … molti sono chiamati, ma pochi eletti – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 18 Settembre 1991): Anche se la Chiesa come Sposa non è nominata nella parabola, si trovano nel contesto di questa altri elementi che richiamano ciò che il Vangelo ci dice sulla Chiesa come Regno di Dio. Così l’uni-versalità dell’invito divino: “Il Re dice ai suoi servi: «Tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze»” (Mt 22,9). Tra gli invitati al banchetto nuziale del Figlio mancano quelli scelti per primi: quelli che dovevano essere ospiti secondo la tradizione dell’antica Alleanza. Questi si rifiutano di andare al banchetto della nuova Alleanza, adducendo diversi pretesti. Allora Gesù fa dire al Re, padrone di casa: “Molti sono chiamati, ma pochi eletti” (Mt 22,14). Al loro posto l’invito viene rivolto a molti altri, che affollano la sala del banchetto. Il particolare fa pensare a quell’altra parola ammonitrice che aveva pronunciato Gesù: “Ora vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e sederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori” (Mt 8,11-12). Qui si vede bene come l’invito diventa universale: Dio intende stringere la nuova Alleanza nel suo Figlio non più con il solo popolo eletto, ma con l’intera umanità.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: La veste nuziale: “Ed entrato il re a vedere i commensali, scorse un uomo che non era in abito da nozze e gli disse: «Amico, come sei entrato qua, senza avere l’abito da nozze?». Costui ammutolì’ [Mt 22,11-12]. Gl’invitati alle nozze, raccolti lungo le siepi e negli angoli, nelle piazze e nei luoghi più diversi, avevano riempito la sala del banchetto reale. Ma poi, venuto il re per vedere i commensali riuniti alla sua tavola, cioè, in un certo senso, pacificati nella sua fede [come nel giorno del giudizio verrà a vedere i convitati per distinguere i meriti di ciascuno], trovò uno che non indossava l’abito nuziale. In quest’uno son compresi tutti coloro che sono solidali nel compiere il male. La veste nuziale sono i precetti del Signore e le opere che si compiono nello spirito della Legge e del Vangelo. Essi sono l’abito dell’uomo nuovo. Se qualcuno che porta il nome di cristiano, nel momento del giudizio sarà trovato senza l’abito di nozze, cioè l’abito dell’uomo celeste, e indosserà invece l’abito macchiato, ossia l’abito dell’uomo vecchio, costui sarà immediatamente ripreso e gli verrà detto: «Amico, come sei entrato?». Lo chiama amico perché è uno degli invitati alle nozze, e rimprovera la sua sfrontatezza perché col suo abito immondo ha contaminato la purezza delle nozze. «Costui ammutolì», dice Gesù. In quel momento infatti non sarà più possibile pentirsi, né sarà possibile negare la colpa, in quanto gli angeli e il mondo stesso saranno testimoni del nostro peccato. ‘Allora il re disse ai servi: «Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nel buio; ivi sarà pianto e stridor di denti»’ [Mt 22,13]. L’esser legato mani e piedi, il pianto, lo stridore di denti, son tutte cose che stanno a dimostrare la verità della risurrezione. Oppure, gli vengono legati le mani e i piedi perché desista dall’operare il male e dal correre a versare sangue. Nel pianto e nello stridor di denti si manifesta metaforicamente la gravità dei tormenti” (Girolamo).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Molti sono chiamati, ma pochi eletti – L’invito alla festa e l’accesso alla sala del banchetto sono doni gratuiti (cfr. Mt 21,31; Lc 22,29; Eb 12,28) che impegnano fortemente chi l’ha ricevuti (cfr. Mt 6,33). Per cui entra nella sala del banchetto chi fa a se stesso violenza e chi rinuncia a tutto (cfr. Mt 11,12; 13,44-45). Non vi entra chi dice: Signore, Signore, ma colui che fa la volontà del Padre che è nei cieli (cfr. Mt 7,21). Vi entra colui che ascolta la Parola e la mette in pratica (cfr. Mt 7,24ss). Vi entra e vi resta chi vive in pienezza il discorso della Montagna (Mt 5,1-12). In definitiva, essere invitati come contropartita esige dedizione piena e assoluta a Gesù fino all’o-dio della propria vita e della propria famiglia (cfr. Mt 10,37-39). La parabola ci fa intendere anche che il Regno, nella sua fase terrena, contiene sia i giusti che i cattivi, praticamente lo stesso tema sottolineato nelle parabole della zizzania e della rete (cfr. Mt 13,23-30; 13,47-50). Nel regno di Dio tutti, cattivi e buoni, sono in cammino, solo alla fine, chi non porta addosso la veste di lino (Ap 19,8), la veste nuziale, sarà escluso dal banchetto: sarà gettato fuori nelle tenebre, lontano da Dio, nello stagno di fuoco (Ap 20,15). È insito anche un forte invito alla vigilanza: «Ma poiché non conosciamo né il giorno né l’ora, bisogna vegliare assiduamente, come ci ammonisce il Signore, affinché, terminato l’unico corso della nostra vita terrena, meritiamo di entrare con lui al banchetto nuziale ed essere annoverati fra i beati [cfr. Mt 25,31-46], anziché essere mandati, perché servi malvagi e pigri [cfr. Mt 25,26], nel fuoco eterno [cfr. Mt 25,41], nelle tenebre esteriori dove “ci sarà pianto e disperazione”» (LG 48). L’assioma, molti sono chiamati, ma pochi eletti, sta ad esprimere tutta l’amarezza di Gesù nel costatare «come il suo appello di salvezza rivolto a tutti avesse trovato così scarsa corrispondenza. Riportato qui a conclusione della parabola del convito nuziale, va riferito principalmente al rifiuto dei “primi” invitati: i “molti chiamati” sono divino: è su questa triste realtà che si accentua tutta l’amarezza del detto di Gesù» (A. Lancellotti). Ma il monito è rivolto anche ai cristiani: la scortesia dei primi invitati e l’insolenza dell’uomo sprovvisto della veste nuziale si può ripetere sempre nella storia dell’uomo e della Chiesa.
Santo del giorno: 23 Agosto – Santa Rosa da Lima, Vergine: “Nacque a Lima il 20 aprile 1586, decima di tredici figli. Il suo nome di battesimo era Isabella. Era figlia di una nobile famiglia, di origine spagnola. Quando la sua famiglia subì un tracollo finanziario. Rosa si rimboccò le maniche e aiutò in casa anche nei lavori materiali. Sin da piccola aspirò a consacrarsi a Dio nella vita claustrale, ma rimase «vergine nel mondo». Il suo modello di vita fu santa Caterina da Siena. Come lei, vestì l’abito del Terz’ordine domenicano, a vent’anni. Allestì nella casa materna una sorta di ricovero per i bisognosi, dove prestava assistenza ai bambini ed agli anziani abbandonati, soprattutto a quelli di origine india. Dal 1609 si richiuse in una cella di appena due metri quadrati, costruita nel giardino della casa materna, dalla quale usciva solo per la funzione religiosa, dove trascorreva gran parte delle sue giornate a pregare ed in stretta unione con il Signore. Ebbe visioni mistiche. Nel 1614 fu obbligata a trasferirsi nell’abitazione della nobile Maria de Ezategui, dove morì, straziata dalle privazioni, tre anni dopo. Era il 24 agosto 1617, festa di S. Bartolomeo” (Avvenire).
Preghiamo: O Dio, che hai preparato beni invisibili per coloro che ti amano, infondi in noi la dolcezza del tuo amore, perché, amandoti in ogni cosa e sopra ogni cosa, otteniamo i beni da te promessi, che superano ogni desiderio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…