agosto, meditazioni

21 Agosto 2018

21 Agosto 2018 – Martedì, XX del Tempo Ordinario – San Pio X (Memoria) – (I Lettura: Ez 28,1-10; Salmo Responsoriale: Dt 32,26-36; Vangelo: Mt 19,23-30) – I Lettura: Tiro, un’antica città fenicia, fu una vera regina dei mari con i suoi commerci che arrivavano fino ai porti atlantici. Sorge su una serie di isolotti vicino alla costa del Libano man mano collegati, nel corso della sua storia, alla terra ferma. Nel periodo della ripartizione del territorio di Canaan alle tribù di Israele, la zona di Tiro toccò alla tribù di Aser. I Tiri furono alleati di Davide e contribuirono alla costruzione del Tempio e del palazzo reale (2Sam 24,7). Ma quando il re d’Israele Acab prese in moglie Gezabèle, figlia del re Tiro Ithobaal I, questa introdusse il culto del dio fenicio Baal al fine di allontanare ulteriormente il regno del Nord dal culto a Jahvè che si prestava a Gerusalemme. Anche la figlia Atalìa tentò di inserire lo stesso culto idolatrico in Giuda. Per questo Tiro fu ritenuta una nemica per Israele. Anch’essa, però, malgrado la sua potenza e il suo orgoglio, risentì della minaccia assira e poi babilonese e, successivamente, verrà assediata e distrutta da Alessandro Magno. Nella profezia di Ezechièle, il re di Tiro, per molti, simboleggia Satana, il quale inorgoglitosi della sua bellezza, volle considerarsi uguale a Dio. Vangelo: Il brano di oggi conclude l’episodio del giovane ricco che, pur desiderando la vera Vita offerta da Gesù, non trova la forza per abbandonare le ricchezze materiali lasciando, così, la scena con tristezza. Ma anche i discepoli fanno fatica ad accogliere la logica di Gesù: è necessario saper abbandonare la logica umana e mettere in discussione ogni certezza terrena per aprirsi alle realtà divine che offrono beni non calcolabili, a volte veri e propri paradossi, per la sola ragione umana.

È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». A queste parole i discepoli rimasero molto stupiti e dicevano: «Allora, chi può essere salvato?». Gesù li guardò e disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile». Allora Pietro gli rispose: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi».

Riflessione: «Chiunque avrà lasciato… per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna». Avevamo terminato la riflessione di ieri proprio sottolineando di come il Signore promette di donare il centuplo per ogni nostra cosa lasciata per il suo nome. Soffermiamoci un attimo su questa promessa. Se un banchiere ci dicesse: “di tutto quello che mi dai io ti darò cento volte tanto!”, nella misura in cui appurassimo la sua reale affidabilità penso che correremmo a prendere ogni nostra cosa, tutto ciò che ci appartiene, e ad affidarglielo per averne il centuplo! Nella realtà, per molto meno, siamo disposti a cedere i nostri soldi, le nostre proprietà, a operatori finanziari che in cambio promettono un rendimento nel tempo (assicurazioni, pensioni, buoni fruttiferi). Siamo disposti anche a rischiare un investimento pur di azzardare la possibilità di un eventuale guadagno (come per le azioni in borsa). Consideriamo attentamente da chi viene una tale promessa, chi è colui che ci promette il centuplo: quale valore ha la sua Parola? San Pietro un giorno ebbe modo di considerare la scelta di fidarsi o meno della Parola di Cristo e senza dubbio rispose: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il santo di Dio» (Gv 6,68-69). Gesù non ci chiede di lasciare, di abbandonare per impoverirci, piuttosto ci chiede un investimento certo, sicuro, l’unico che ci dona ogni bene! Se l’agricoltore non abbandona alla terra il seme e lo tiene gelosamente per sé, rimarrà ricco di quel solo seme e quando questi marcirà sarà ancora più povero. Ma se lascia cadere nel buon terreno il seme, nessuno lo accuserà di essersi impoverito, di aver scialacquato i suoi beni; e se qualcuno lo facesse dovrà ricredersi quando il contadino tornerà con giubilo, portando i suoi covoni (cfr. Sal 126,6). Un ultima considerazione: Gesù non condanna la ricchezza, non invita a lasciare ogni cosa perché impure o peccaminose; non è il possesso o la proprietà privata ad essere condannata (come sostengono alcune pseudoteologie deviate): lasciare tutto ha un senso solo se è per il suo Nome. Solo chi è disposto a farsi povero per Cristo sarà veramente ed eternamente ricco.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Usare bene la ricchezza – Benedetto XVI (Angelus, 14 Ottobre 2012): «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!» (Mt 19,23). A queste parole, i discepoli rimasero sconcertati; e ancora di più dopo che Gesù ebbe aggiunto: «È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Ma, vedendoli attoniti, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio» (vv. 24-27). Così commenta San Clemente di Alessandria: «La parabola insegni ai ricchi che non devono trascurare la loro salvezza come se fossero già condannati, né devono buttare a mare la ricchezza né condannarla come insidiosa e ostile alla vita, ma devono imparare in quale modo usare la ricchezza e procurarsi la vita» (Quale ricco si salverà?, 27,1-2). La storia della Chiesa è piena di esempi di persone ricche, che hanno usato i propri beni in modo evangelico, raggiungendo anche la santità. Pensiamo solo a san Francesco, a santa Elisabetta d’Ungheria o a san Carlo Borromeo. La Vergine Maria, Sede della Sapienza, ci aiuti ad accogliere con gioia l’invito di Gesù, per entrare nella pienezza della vita.

Il denaro ci fa perdere la ricchezza della misericordia – Papa Francesco (Meditazione, 2 Giugno 2016): La nostra gente apprezza questo, il prete che si prende cura dei poveri, dei malati, che perdona i peccatori, che insegna e corregge con pazienza… Il nostro popolo perdona molti difetti ai preti, salvo quello di essere attaccati al denaro. Il popolo non lo perdona. E non è tanto per la ricchezza in sé, ma perché il denaro ci fa perdere la ricchezza della misericordia. Il nostro popolo riconosce “a fiuto” quali peccati sono gravi per il pastore, quali uccidono il suo ministero perché lo fanno diventare un funzionario, o peggio un mercenario, e quali invece sono, non direi peccati secondari – perché non so se teologicamente si può dire questo -, ma peccati che si possono sopportare, caricare come una croce, finché il Signore alla fine li purificherà, come farà con la zizzania. Invece ciò che attenta contro la misericordia è una contraddizione principale. Attenta contro il dinamismo della salvezza, contro Cristo che “si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà” (cfr. 2Cor 8,9).

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Dio vuole un culto disinteressato, un amore gratuito, cioè un amore puro. Non vuole essere amato perché dà qualcosa diverso da sé, ma perché dà se medesimo. Chi invoca Dio per diventare ricco, non invoca Dio; invoca ciò che desidera venga a lui. Che cosa significa, infatti «invocare», se non chiamare verso di sé? Chiamare a sé, questo è invocare. Quando dici: «Dio, dammi le ricchezze», non vuoi che venga a te Dio; vuoi che vengano a te le ricchezze. Tu invochi quello che vuoi venga a te. E se davvero tu invocassi Dio, egli verrebbe a te e sarebbe la tua ricchezza. Ma tu in realtà preferisci avere la cassaforte piena e vuota la coscienza, mentre Dio riempie i cuori, non i forzieri” (Sant’Agostino).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: San Pio X – Benedetto XVI (Udienza Generale, 18 Agosto 2010): Notevole attenzione dedicò alla riforma della Liturgia, in particolare della musica sacra, per condurre i fedeli ad una più profonda vita di preghiera e ad una più piena partecipazione ai Sacramenti. Nel Motu Proprio Tra le sollecitudini (1903, primo anno del suo pontificato), egli afferma che il vero spirito cristiano ha la sua prima e ed indispensabile fonte nella partecipazione attiva ai sacrosanti misteri e alla preghiera pubblica e solenne della Chiesa (cfr. ASS 36 [1903], 531). Per questo raccomandò di accostarsi spesso ai Sacramenti, favorendo la frequenza quotidiana alla Santa Comunione, bene preparati, e anticipando opportunamente la Prima Comunione dei bambini verso i sette anni di età, “quando il fanciullo comincia a ragionare” […]. Fedele al compito di confermare i fratelli nella fede, san Pio X, di fronte ad alcune tendenze che si manifestarono in ambito teologico alla fine del XIX secolo e agli inizi del XX, intervenne con decisione, condannando il “Modernismo”, per difendere i fedeli da concezioni erronee e promuovere un approfondimento scientifico della Rivelazione in consonanza con la Tradizione della Chiesa. Il 7 maggio 1909, con la Lettera apostolica Viena electa, fondò il Pontificio Istituto Biblico. […] San Pio X insegna a noi tutti che alla base della nostra azione apostolica, nei vari campi in cui operiamo, ci deve essere sempre un’intima unione personale con Cristo, da coltivare e accrescere giorno dopo giorno. Questo è il nucleo di tutto il suo insegnamento, di tutto il suo impegno pastorale. Solo se siamo innamorati del Signore, saremo capaci di portare gli uomini a Dio ed aprirli al Suo amore misericordioso, e così aprire il mondo alla misericordia di Dio.

Santo del giorno: 21 Agosto – San Pio X (Giuseppe Sarto), Papa: Giuseppe Sarto nacque a Riese, nella diocesi di Treviso, il 2 giugno 1835. Dopo l’ordinazione sacerdotale fu inviato come cappellano nella parrocchia di Tombolo, dove rimase per nove anni; per altri otto svolse il ministero di parroco a Salzano, e successivamente fu nominato canonico e cancelliere della curia vescovile. Nel 1884 venne eletto vescovo della nostra diocesi. Con la sua intensa azione pastorale anticipò, a Mantova, alcune delle linee che avrebbe adottato in seguito come pastore della Chiesa universale: promosse la vita del seminario, la pratica dei sacramenti, il canto liturgico e l’insegnamento del catechismo. Nel 1888 convocò il Sinodo diocesano. Il 5 giugno 1892 fu chiamato alla sede patriarcale di Venezia e il 3 agosto 1903 fu eletto alla cattedra di Pietro, assumendo il nome di Pio X. È il pontefice che nel Motu proprio “Tra le sollecitudini” (1903) affermò che la partecipazione ai santi misteri è la fonte prima e indispensabile della vita cristiana. Difese con forza l’integrità della fede cattolica, propose e incoraggiò la comunione eucaristica anche dei fanciulli, avviò la riforma della legislazione ecclesiastica, si occupò positivamente della questione romana e dell’Azione Cattolica, curò la formazione dei sacerdoti, fece elaborare un nuovo catechismo, favorì il movimento biblico, promosse la riforma liturgica e il canto sacro. Morì il 21 agosto 1914. Pio XII lo beatificoò nel 1951 e lo canonizzò nel 1954.

Preghiamo: O Dio, che per difendere la fede cattolica e unificare ogni cosa nel Cristo hai animato del tuo Spirito di sapienza e di fortezza il papa san Pio X, fa’ che, alla luce dei suoi insegnamenti e del suo esempio, giungiamo al premio della vita eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

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