20 Agosto 2018 – Lunedì, XX del Tempo Ordinario – San Bernardo (Memoria) – (I Lettura: Ez 24,15-24; Salmo Responsoriale: Dt 32,18-21; Vangelo: Mt 19,16-22) – I Lettura: “Al profeta viene proibito di manifestare qualsiasi segno di lutto alla morte di sua moglie. È un monito profetico molto forte rivolto al popolo. Gli Israeliti non devono dolersi per la perdita di Gerusalemme perché meritava il castigo che ha ricevuto (vv. 20-24)” (Nuovo Grande Commentario Biblico). Vangelo: Terminato il discorso sull’importanza del perdono, Gesù lascia la Galilea e va nella regione della Giudea al di là del Giordano, seguito sempre da tanta gente. Precedentemente ai versetti dell’insegnamento sulla ricchezza, Gesù, sotto provocazione di alcuni farisei sul discorso del ripudio o meno della propria moglie, parla dell’importanza e del matrimonio e del celibato. Il brano del Vangelo odierno sottolinea quanto la ricchezza può essere di ostacolo per la realizzazione della salvezza, divenendo una forte tentazione idolatrica.
Se vuoi essere perfetto, vendi quello che possiedi e avrai un tesoro nel cielo – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, un tale si avvicinò e gli disse: «Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?». Gli rispose: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Buono è uno solo. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». Gli chiese: «Quali?». Gesù rispose: «Non ucciderai, non commetterai adulterio, non ruberai, non testimonierai il falso, onora il padre e la madre e amerai il prossimo tuo come te stesso». Il giovane gli disse: «Tutte queste cose le ho osservate; che altro mi manca?». Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!». Udita questa parola, il giovane se ne andò, triste; possedeva infatti molte ricchezze.
Riflessione: «Udita questa parola, il giovane se ne andò, triste; possedeva infatti molte ricchezze». A volte (fin troppo spesso!) capita di non capire Dio: non capire come agisce, quale logica segua. Non capiamo i suoi ritmi, i suoi tempi. Partiamo dalle nostre considerazioni che sembrano non fare una grinza: “tu puoi tutto, Signore, tu puoi subito. E allora perché non ci dai tutto e subito?”. La cosa diventa per noi ancora più inspiegabile quando a Dio chiediamo cose belle, nobili, utili, come la saggezza, la santità, lo scioglimento di quei nodi che impediscono la serenità familiare, la salute per un bambino, il lavoro per un padre di famiglia… E Dio invece ci risponde con argomenti fuori dalla nostra logica, su temi che sembrano non centrare nulla con quanto stavamo chiedendo. A questo punto due sono le possibili soluzioni: o ci fidiamo di Dio, ci mettiamo a seguire la sua logica, ci lasciamo guidare dalle sue indicazioni… oppure ce ne torniamo tristi, vuoti, inesauditi. Come Naamàn il Siro, andiamo al Signore con la speranza di essere guariti dalle tante lebbre che ci affliggono, ma andiamo pensando già a come Dio dovrebbe agire. Naamàn si sdegnò e se ne andò dicendo: «Ecco, io pensavo: “Certo, verrà fuori e, stando in piedi, invocherà il nome del Signore, suo Dio, agiterà la sua mano verso la parte malata e toglierà la lebbra”» (2Re 5,11). Il profeta gli aveva chiesto semplicemente di bagnarsi sette volte nel Giordano e questo scatenò la sua rabbia. Se non fosse stata per l’insistenza dei suoi servi anche lui sarebbe rientrato a casa triste e disilluso. Ma torniamo al giovane, desideroso di perfezione, amante della Legge: ed eccolo che si avvia triste e disilluso verso casa. Cosa gli aveva chiesto Gesù di così gravoso? Quali ricchezze poteva mai avere da dargli più gioia dell’unica Perla preziosa che è Cristo stesso! Vuole servire Dio ma non vuole staccarsi dal mondo; vuole fidarsi di Dio ma ripone la sua fiducia nei beni temporali. Eppure Gesù gli aveva chiesto proprio di investire quella ricchezza e non di distruggerla: «… vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo». Poche mosse per ottenere la felicità piena ed eterna. Quando preghiamo stiamo attenti a cosa Gesù ci chiede: poi dona il centuplo!
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse… (Mc 10,20) – Giovanni Paolo II (Dilecti Amici 8): Dall’esame del testo evangelico risulta che questo sguardo fu per così dire, la risposta di Cristo alla testimonianza che il giovane aveva dato della sua vita fino a quel momento ossia di aver agito secondo i comandamenti di Dio: «Tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Al tempo stesso, questo «sguardo d’amore» fu l’introduzione alla fase conclusiva della conversazione. Volendo seguire la redazione di Matteo, fu quel giovane stesso ad aprire questa fase, dato che non solo affermò la propria fedeltà nei confronti dei comandamenti del Decalogo, che caratterizzava tutta la sua precedente condotta, ma contemporaneamente pose una nuova domanda. Difatti chiese: «Che cosa mi manca ancora?» (Mt 19,20). Questa domanda è molto importante. Indica che nella coscienza morale dell’uomo, e proprio dell’uomo giovane, che forma il progetto di tutta la sua vita, è nascosta l’aspirazione a un «qualcosa di più». Questa aspirazione si fa sentire in diversi modi, e noi possiamo notarla anche tra gli uomini che sembrano esser lontani dalla nostra religione… Ma è nel Vangelo che l’aspirazione alla perfezione, a un «qualcosa di più» trova il suo esplicito punto di riferimento. Cristo nel Discorso della montagna conferma tutta la legge morale, al cui centro si trovano le tavole mosaiche dei dieci comandamenti; nello stesso tempo, però, egli conferisce a questi comandamenti un significato nuovo, evangelico. E tutto viene concentrato – come è già stato detto – intorno alla carità, non solo come comandamento, ma anche come dono: «L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci è stato dato» (Rm 5,5).
Elementi comuni a tutte le forme di vita religiosa – Perfectae Caritatis 5: I membri di qualsiasi istituto ricordino anzi tutto di aver risposto alla divina chiamata con la professione dei consigli evangelici, in modo che essi non solo morti al peccato (cfr. Rm 6,11), ma rinunziando anche al mondo, vivano per Dio solo. Tutta la loro vita, infatti, è stata posta al suo servizio, ciò costituisce una speciale consacrazione che ha le sue profonde radici nella consacrazione battesimale l’esprime con maggior pienezza. Avendo poi la Chiesa ricevuto questa loro donazione di sé, sappiano di essere anche al servizio della Chiesa. Tale servizio di Dio deve in essi stimolare e favorire l’esercizio delle virtù, specialmente dell’umiltà e dell’obbedienza, della fortezza e della castità, con cui si partecipa all’annientamento del Cristo (cfr. Fil 2,7-8), e insieme alla sua vita nello Spirito (cfr. Rm 8,1-13). I religiosi dunque, fedeli alla loro professione, lasciando ogni cosa per amore di Cristo (cfr. Mc 10,28), lo seguano (cfr. Mt 19,21) come l’unica cosa necessaria (cfr. Lc 10,42), ascoltandone le parole (cfr. Lc 10,39), pieni di sollecitudine per le cose sue (cfr. 1Cor 7,32).
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Dio ha manifestato in massimo grado il suo amore attraverso l’incarnazione del Verbo – “Dio sapeva bene che la creatura è di carne e che essa non è capace che di un amore carnale, cioè che essa avrebbe dato tutto il suo slancio soltanto verso un amore salvifico della sua carne. Egli conosceva bene il cuore dell’uomo; sapeva bene, perciò, quali mezzi fossero capaci di scuotere i sentimenti dell’uomo. Volendo dunque riconquistare la nobile creatura dell’uomo Dio disse: Se la costringo contro la sua volontà, ne otterrò solo un asino e non un uomo. Egli non tornerà a me liberamente né spontaneamente, e non potrà dire: di tutto cuore ti offrirò un sacrificio [Sal 53,8]. E io dovrei dare il mio Regno a degli asini? Che forse Dio ha cura dei buoi? Cercherò allora – Dio continuò – di farlo ritornare a me mediante il timore. Forse così riuscirà a convertirsi e a vivere. E Dio minacciò all’uomo i castighi più terribili, che si possano immaginare: tenebre eterne, vermi immortali e fuoco inestinguibile. Ma anche così l’uomo non fece ritorno a Dio. Allora Dio si disse: L’uomo non è soltanto un essere pauroso; è anche un essere avido: Gli prometterò ciò che egli desidera di più. Gli uomini bramano oro e argento e cose simili; ma più di tutto bramano vivere. Su questo non c’è dubbio! È del tutto chiaro! E Dio aggiunse: Se gli uomini desiderano questa vita terrestre, misera, faticosa e precaria, quanto più desidereranno la mia vita, tranquilla, eterna, beata. E Dio promise all’uomo la vita eterna; promise ciò che mai occhio ha visto, ciò che mai orecchio ha udito, ciò che mai il cuore dell’uomo ha sognato. Ma Dio si accorse che anche così non si approdò a nulla. E Dio disse: Non mi resta che un’ultima cosa. L’uomo non ha soltanto paura e desiderio, ma anche amore. E nessun’altra cosa è più forte dell’a-more, per attirarlo. Per questo motivo Dio è venuto nella carne e si è manifestato così amabile, di un amore tale, maggior del quale nessun può avere. E ha dato la sua vita per noi” (San Bernardo, De diversis 29,3).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: San Bernardo da Chiaravalle – Benedetto XVI (Udienza Generale, 21 Ottobre 2009): Vorrei ora soffermarmi solo su due aspetti centrali della ricca dottrina di Bernardo: essi riguardano Gesù Cristo e Maria santissima, sua Madre. La sua sollecitudine per l’intima e vitale partecipazione del cristiano all’amore di Dio in Gesù Cristo non porta orientamenti nuovi nello statuto scientifico della teologia. Ma, in maniera più che mai decisa, l’Abate di Clairvaux configura il teologo al contemplativo e al mistico. Solo Gesù – insiste Bernardo dinanzi ai complessi ragionamenti dialettici del suo tempo – solo Gesù è “miele alla bocca, cantico all’orecchio, giubilo nel cuore (mel in ore, in aure melos, in corde iubilum)”. Viene proprio da qui il titolo, a lui attribuito dalla tradizione, di Doctor mellifluus: la sua lode di Gesù Cristo, infatti, “scorre come il miele”. Nelle estenuanti battaglie tra nominalisti e realisti – due correnti filosofiche dell’epoca – l’Abate di Chiaravalle non si stanca di ripetere che uno solo è il nome che conta, quello di Gesù Nazareno. “Arido è ogni cibo dell’anima”, confessa, “se non è irrorato con questo olio; insipido, se non è condito con questo sale. Quello che scrivi non ha sapore per me, se non vi avrò letto Gesù”. E conclude: “Quando discuti o parli, nulla ha sapore per me, se non vi avrò sentito risuonare il nome di Gesù” (Sermone in Cantica Canticorum XV,6: PL 183,847). Per Bernardo, infatti, la vera conoscenza di Dio consiste nell’esperienza personale, profonda di Gesù Cristo e del suo amore. E questo, cari fratelli e sorelle, vale per ogni cristiano: la fede è anzitutto incontro personale, intimo con Gesù, è fare esperienza della sua vicinanza, della sua amicizia, del suo amore, e solo così si impara a conoscerlo sempre di più, ad amarlo e seguirlo sempre più. Che questo possa avvenire per ciascuno di noi!
Santo del giorno: 20 Agosto – San Bernardo di Chiaravalle. Abate e dottore della Chiesa: “Bernardo, dopo Roberto, Alberico e Stefano, fu padre dell’Ordine Cistercense. L’obbedienza e il bene della Chiesa lo spinsero spesso a lasciare la quiete monastica per dedicarsi alle più gravi questioni politico-religiose del suo tempo. Maestro di guida spirituale ed educatore di generazioni dei santi, lascia nei suoi sermoni di commento alla Bibbia e alla liturgia un eccezionale documento di teologia monastica tendente, più che alla scienza, all’esperienza del mistero. Ispirò un devoto affetto all’umanità di Cristo e alla Vergine Madre” (Messale Romano).
Preghiamo: O Dio, che hai suscitato nella tua Chiesa san Bernardo abate, come lampada che arde e risplende, fa’ che per sua intercessione camminiamo sempre con lo stesso fervore di spirito, come figli della luce. Per il nostro…