13 Agosto 2018 – Lunedì, XIX del Tempo Ordinario – (Ez 1,2-5.24-28c; Sal 148; Mt 17,22-27) – I Lettura: “Questa sezione introduttiva presenta i temi principali del libro: la presenza della gloria o della maestà divina negli eventi dell’esilio, la vocazione del profeta ad essere una sentinella in difesa di Israele, la responsabilità che ogni persona ha delle proprie azioni, ed il potere che la parola di Dio ha di agire nonostante la ribellione e il rifiuto da parte del popolo di prestare ascolto o di obbedire” (Nuovo Grande Commentario Biblico). Vangelo: La tassa per il tempio, era prescritta per gli Israeliti maschi con più di 20 anni. Nel testo greco si usa il termine ‘didracma’ (due dramme). Parlando con Pietro, Cristo afferma il diritto di essere esenti in quanto le imposte non colpiscono i figli ma i sudditi. Gesù è il Figlio di Dio per eccellenza e sono figli anche i discepoli, ma questo ancora non lo si comprendeva.
Lo uccideranno, ma risorgerà. I figli sono liberi dal tributo – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, mentre si trovavano insieme in Galilea, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo sta per esser consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà». Ed essi furono molto rattristati. Quando furono giunti a Cafàrnao, quelli che riscotevano la tassa per il tempio si avvicinarono a Pietro e gli dissero: «Il vostro maestro non paga la tassa?». Rispose: «Sì». Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: «Che cosa ti pare, Simone? I re della terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli estranei?». Rispose: «Dagli estranei». E Gesù replicò: «Quindi i figli sono liberi. Ma, per evitare di scandalizzarli, va’ al mare, getta l’amo e prendi il primo pesce che viene su, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d’argento. Prendila e consegnala loro per me e per te».
Riflessione: «Quindi i figli sono liberi!». Il contesto evangelico riguarda una delle tante Leggi cui erano sottoposti i giudei (oltre i tributi imposti dai romani!). La tassa sul Tempio era particolarmente importante perché esprimeva non tanto l’appartenenza politica, geografica o etnica, quanto l’appartenenza al popolo che Dio stesso aveva scelto ed eletto: il Tempio di Gerusalemme era considerato il luogo della residenza divina: «Questo è il luogo del mio trono e il luogo dove posano i miei piedi» (Ez 43,7). La richiesta del tributo, o meglio l’informarsi se Gesù pagasse o meno il tributo era quindi funzionale all’appartenenza al popolo eletto. Come dire: “il vostro Maestro appartiene al Dio dei nostri Padri?”. Ecco perché Pietro risponde subito di sì: mai Gesù aveva detto qualcosa contro la Legge, anzi aveva sottolineato il contrario: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento» (Mt 5,17). Prima ancora che Pietro riferisse a Gesù, questi lo anticipa mettendo nella giusta luce la questione sollevata: Gesù non “appartiene” al popolo di Dio, Gesù è il Figlio di Dio! E in quanto Figlio non ha bisogno di pagare tributi o tessere di adesione, non deve dimostrare a nessuno la sua appartenenza in quanto questa le è perfettamente connaturale. Ma Gesù comprende anche che questo mistero rimane incomprensibile perfino agli stessi discepoli, non pretende quindi che lo capiscano gli addetti ai tributi: ecco perché, quasi a giustificarli, per non scandalizzarli, dice a Pietro di andare a pagare il tributo. La natura perfettamente umana e divina di Cristo sarà rivelata dopo la morte e risurrezione e con il dono dello Spirito Santo. Noi oggi siamo perfettamente coscienti che Gesù è Dio e che è Uno nella trinità col Padre e lo Spirito Santo. Sappiamo che anche noi, per i meriti della sua Passione e Croce, siamo ammessi alla comunione con il Dio Uno e Trino, che gli apparteniamo. Molto più di una semplice appartenenza: siamo figli e lo siamo realmente (1Gv 3,1). Come figli nulla ci viene chiesto da Dio: tutto è gratuita misericordia, benevola e libera eredità! Ma se paghiamo il “tributo” al mondo e alle sue esigenze ci dichiariamo figli del mondo e non di Dio.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Il vostro maestro non paga la tassa? – Mons. Vincenzo Paglia, Vescovo (Omelia, 13 Agosto 2007): Rientrando a Cafarnao, alcuni esattori si avvicinano a Pietro per capire se Gesù intende pagare la tassa prescritta per il tempio. Non si tratta del tributo a Cesare, ma di quel contributo che ogni israelita doveva dare al tempio per il suo funzionamento. Gesù, sebbene “è più grande del tempio” (12,6), non si sottrae e ordina a Pietro di andare a pescare e di prendere dalla bocca del pesce preso con l’amo la moneta d’argento da dare al tempio. Non voleva dare scandalo, e come altre volte, Gesù non accampa diritti e privilegi che pure gli sarebbero dovuti. Vuole edificare, non scandalizzare la gente. Per questo agisce anche diversamente da quello che sarebbe logico per lui. La sua prima preoccupazione resta raccogliere e custodire la gente che il Padre gli ha affidato. L’attenzione scrupolosa che Gesù ha nell’evitare lo scandalo soprattutto dei più piccoli deve informare sempre più il parlare e l’operare dei discepoli. È una sapienza che richiede una grande disciplina interiore soprattutto da parte chi ha responsabilità pastorali, ciascuno infatti è spinto ad agire impulsivamente e senza riflettere. Il Signore continua a mostrarci che la vera sapienza è costruire quel tempio spirituale che è la comunità cristiana.
Quindi i figli sono liberi – Giovanni Paolo II (Messaggio, 15 agosto 1990): «Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi» (Gal 5,1). La liberazione operata da Cristo è liberazione dal peccato, radice di tutte le schiavitù umane. Dice san Paolo: «Voi eravate schiavi del peccato, ma avete obbedito di cuore a quell’insegnamento che vi è stato trasmesso e così, liberati dal peccato, siete diventati servi della giustizia». La libertà è dunque un dono e, al tempo stesso, un fondamentale dovere di ogni cristiano: «Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi…» (Rm 6,17.15), ammonisce l’apostolo. Importante e necessaria è la libertà esteriore, garantita da giuste leggi civili, e a ragione ci si rallegra che oggi cresca sempre più il numero dei Paesi dove si rispettano i diritti fondamentali della persona umana, anche se ciò è costato non di rado un alto prezzo di sacrifici e di sangue. Ma la libertà esteriore – pur preziosa – da sola non può bastare. Alle sue radici deve esserci sempre la libertà interiore, propria dei figli di Dio, che vivono secondo lo Spirito (cfr. Gal 5,16), e che sono guidati da una retta coscienza morale, capace di scegliere il vero bene. «Dove c’è lo Spirito del Signore, c’è libertà» (2Cor 3,17). È questa, cari giovani, l’unica strada per costruire un’umanità matura e degna di questo nome.
Occorre superare l’etica individualistica – Gaudium et Spes 30: La profonda e rapida trasformazione delle cose esige, con più urgenza, che non vi sia alcuno che, non prestando attenzione al corso delle cose e intorpidito dall’inerzia, si contenti di un’etica puramente individualistica. Il dovere della giustizia e dell’amore viene sempre più assolto per il fatto che ognuno, interessandosi al bene comune secondo le proprie capacità e le necessità degli altri, promuove e aiuta anche le istituzioni pubbliche e private che servono a migliorare le condizioni di vita degli uomini. Vi sono di quelli che, pur professando opinioni larghe e generose, tuttavia continuano a vivere in pratica come se non avessero alcuna cura delle necessità della società. Anzi molti, in certi paesi, tengono in poco conto le leggi e le prescrizioni sociali. Non pochi non si vergognano di evadere, con vari sotterfugi e frodi, le giuste imposte o altri obblighi sociali. Altri trascurano certe norme della vita sociale, ad esempio ciò che concerne la salvaguardia della salute, o le norme stabilite per la guida dei veicoli, non rendendosi conto di metter in pericolo, con la loro incuria, la propria vita e quella degli altri. Che tutti prendano sommamente a cuore di annoverare le solidarietà sociali tra i principali doveri dell’uomo d’oggi, e di rispettarle.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «Dio va messo al primo posto. Noi ci sforziamo d’essere i primi a pagare tasse e tributi ai vostri funzionari, dovunque; e così da lui ci fu insegnato. In quel tempo, difatti, presentatisi a lui certuni, gli domandarono se si dovessero i tributi a Cesare. Egli rispose “Ditemi: di chi reca l’immagine la moneta?”. Quelli risposero: “Di Cesare”. Ed egli: “Date dunque a Cesare ciò ch’è di Cesare; a Dio ciò ch’è di Dio” (Mt 22,21). Perciò l’adorazione la prestiamo a Dio solo; quanto al resto di buon grado serviamo voi, riconoscendovi imperatori e capi degli uomini, e pregando Dio che accanto all’autorità imperiale si riscontri in voi anche un sano discernimento. Che se, pur pregando per voi e mettendo ogni cosa alla luce, ci disprezzerete, sappiate che non saremo noi a riportarne danno, dacché crediamo, anzi siamo convinti, che ciascuno sconterà la pena del fuoco eterno secondo le azioni e renderà conto in proporzione delle facoltà ricevute da Dio» (Giustino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Critico verso il formalismo religioso – Catechismo degli Adulti 157-158: Gesù prova compassione per il dolore e l’umiliazione che pesano sui lebbrosi; non solo li guarisce, ma, passando sopra alla prescrizione che li relega in uno stato di isolamento e di maledizione, si avvicina e li prende per mano, li conforta e li rimette in piedi: li ristabilisce nella loro dignità davanti a Dio e alla comunità. Contesta le esteriorità religiose, come le abluzioni prima dei pasti e la distinzione tra cibi puri e impuri, o alcune forme di digiuno. Niente è profano, se non le azioni cattive che provengono dal cuore malvagio: «Ciò che esce dall’uomo, questo sì contamina l’uomo» (Mc 7,20). Viceversa, tutto diventa adorazione di Dio «in spirito e verità» (Gv 4,23), se è compiuto in obbedienza alla sua volontà. In questa prospettiva Gesù ridimensiona lo stesso culto incentrato sul tempio di Gerusalemme, simbolo dell’unità e dell’identità di Israele. Più volte all’anno, in occasione delle grandi feste, sale in pellegrinaggio alla città santa, con esemplare devozione. Eppure dice parole e compie gesti, che inequivocabilmente relativizzano il ruolo del tempio. Dichiara più necessario riconciliarsi con il fratello che non portare offerte sacrificali all’altare, rispettare i genitori che non consacrare doni votivi. Si ritiene esente dal dovere di pagare la tassa annuale al tempio. Considera se stesso più grande del tempio e si rende protagonista di un’azione simbolica, la cacciata dei venditori, con cui intende significare non tanto la purificazione, quanto il superamento del culto tradizionale. Infine preannuncia la distruzione dell’edifi-cio stesso: «Non rimarrà qui pietra su pietra» (Mc 13,2).
Santo del giorno: 13 Agosto – Sant’Irene d’Ungheria, Imperatrice: “Irene nacque nell’XI secolo in Ungheria, figlia del re Ladislao. Fu chiesta in sposa dall’imperatore Alessio I Comneno e da sua moglie per il loro figlio Giovanni, il quale fu imperatore d’Oriente con il nome di Giovanni II dal 1118 al 1143: si sposarono verso il 1105. Irene viene descritta come ricca di virtù, soprattutto nella carità verso i poveri e nell’interessamento per le opere di beneficenza. È stato affermato che fu lei a far costruire a Bisanzio il celebre monastero del Cristo Pantocrator – mentre suo marito era impegnato nelle guerre e scacciava i Turchi dall’Ellesponto e conquistava l’Anatolia -: questa notizia viene confermata anche da uno scrittore dell’epoca, Ginnamos. L’imperatrice morì a Bisanzio il 13 agosto 1134 e venne sepolta nel Pantocrator con il nome di Xene, perché, secondo un antico costume, prese questo nome e l’abito religioso sul letto di morte” (Avvenire).
Preghiamo: Dio onnipotente ed eterno, che ci dai il privilegio di chiamarti Padre, fa’ crescere in noi lo spirito di figli adottivi, perché possiamo entrare nell’eredità che ci hai promesso. Per il nostro Signore Gesù Cristo…