10 Agosto 2018 – Venerdì – San Lorenzo (Festa) – (2Cor 9,6-10; Sal 111[112]; Gv 12,24-26) – I Lettura: La colletta è un’ope-ra di carità in Cristo e perciò non può essere che accolta come un’occasione di corrispondenza all’amore di Dio, che chiede di amare i fratelli. Corrispondere alla colletta con tristezza è escludersi dai suoi frutti spirituali, sia dati da Dio nei cuori per la loro generosità perché Dio “ama chi dona con gioia”, sia per le preghiere dei beneficati che “pre-gando per voi manifesteranno il loro affetto a causa della straordinaria grazia di Dio effusa sopra di voi”. Salmo: “Si chiamano abitualmente timorati di Dio i convertiti che, dalle genti, vengono al Signore. Il popolo dei timorati di Dio, cioè dei gentili, sarà il beato di cui parla il salmo, purché desideri ardentemente i comandamenti del Signore e li osservi con entusiasmo” (Eusebio). Vangelo: Gesù tratteggia il dono della sua vita con una mini-parabola. Egli descrive questo evento centrale e decisivo della propria vita attingendo all’ambiente agricolo, da cui prende le immagini per rendere interessanti e immediate le sue parole. È la storia di un seme che caduto nei meandri della terra marcisce per far nascere una vita nuova.
Se il chicco di grano muore, produce molto frutto – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà».
Riflessione: «Chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna». Oggi la Chiesa celebra il ricordo di san Lorenzo, martire. Cogliamo l’occasione, partendo da quanto ci ha appena detto Gesù nel vangelo, per ricordare che il martirio non è un finale sfortunato o un malaugurato caso della sorte, ma è la testimonianza estrema e che più ci rende simili al Cristo crocifisso e risorto. Al martirio cruento, ancor oggi purtroppo presente nel mondo, si affianca il martirio “quotidiano”, quel martirio fatto di disprezzi e persecuzioni a motivo della nostra fede in Dio. È il martirio cui è legata anche l’ultima delle beatitudini: «Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia» (Mt 5,11). Un martirio che dobbiamo essere pronti ad affrontare, un nemico che dobbiamo imparare a sconfiggere. Così ci esorta, in proposito, un grande Padre della Chiesa: “Se tale è la guerra, se tali sono le schiere nemiche, se i loro capi sono incorporei, dominatori del mondo, spiriti del male, perché ti abbandoni ai piaceri, dimmi? Perché sei dissoluto? Come potremo aver scampo, se siamo disarmati? Ciascuno su ciò rifletta tra sé e sé ogni giorno: quando è dominato dall’ira, quando è signoreggiato dalle brame, quando cerca, senza badarci, le mollezze della vita. Ascolti il beato Paolo che ci dice: «La nostra battaglia non è contro la carne e il sangue, ma contro i prìncipi, contro le potestà» (Ef 6,12). Questa guerra è peggiore, questa battaglia è più dura di quella contro un nemico visibile. Rifletti da quanto tempo il nemico è in lotta, rifletti per chi combatte, e sii prudente! «Ma se il diavolo fosse tolto di mezzo, tutti sarebbero salvi!». Questo è il pretesto che tirano fuori gli indolenti. Tu dovresti essere riconoscente, o uomo, che, se vuoi, puoi superare il nemico; e invece ti mostri sdegnato e usi le frasi del soldato infingardo e dormiglione. Tu conosci i tuoi punti deboli, se vuoi: guardati da ogni lato, rettifica te stesso. Come dunque combatteremo contro le tenebre? Diventando luce. Come combatteremo contro gli spiriti del male? Diventando buoni. Il bene infatti si oppone al male e la luce caccia le tenebre” (Giovanni Crisostomo)
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Dio ama chi dona con gioia – Benedetto XVI (Udienza Generale, 1 Ottobre 2008): Forse non siamo più in grado di comprendere appieno il significato che Paolo e le sue comunità attribuirono alla colletta per i poveri di Gerusalemme. Si trattò di un’iniziativa del tutto nuova nel panorama delle attività religiose: non fu obbligatoria, ma libera e spontanea; vi presero parte tutte le Chiese fondate da Paolo verso l’Occidente. La colletta esprimeva il debito delle sue comunità per la Chiesa madre della Palestina, da cui avevano ricevuto il dono inenarrabile del Vangelo. Tanto grande è il valore che Paolo attribuisce a questo gesto di condivisione che raramente egli la chiama semplicemente “colletta”: per lui essa è piuttosto “servizio”, “benedizione”, “amo-re”, “grazia”, anzi “liturgia” (2Cor 9). Sorprende, in modo particolare, quest’ultimo termine, che conferisce alla raccolta in denaro un valore anche cultuale: da una parte essa è gesto liturgico o “servizio”, offerto da ogni comunità a Dio, dall’altra è azione di amore compiuta a favore del popolo. Amore per i poveri e liturgia divina vanno insieme, l’a-more per i poveri è liturgia. I due orizzonti sono presenti in ogni liturgia celebrata e vissuta nella Chiesa, che per sua natura si oppone alla separazione tra il culto e la vita, tra la fede e le opere, tra la preghiera e la carità per i fratelli. Così il Concilio di Gerusalemme nasce per dirimere la questione sul come comportarsi con i pagani che giungevano alla fede, scegliendo per la libertà dalla circoncisione e dalle osservanze imposte dalla Legge, e si risolve nell’istanza ecclesiale e pastorale che pone al centro la fede in Cristo Gesù e l’amore per i poveri di tutta la Chiesa.
San Lorenzo – Giovanni Paolo II (Omelia, 1 Novembre 1981): “Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti, rendendole candide col sangue dell’Agnello” (Ap 7,14) […]. Veramente Lorenzo, al pari di Stefano, è passato “attraverso la grande tribolazione” e ha lavato le sue vesti “rendendole candide col sangue dell’Agnello” (cfr. Ap 7,14). La storia ci conferma quanto sia glorioso il nome di Lorenzo, come glorioso è il sepolcro, presso il quale siamo ora riuniti e sul quale sorge l’altare papale. La sua sollecitudine per i poveri, il suo generoso servizio alla Chiesa di Roma nell’importante settore dell’assistenza e della carità, la fedeltà a Papa Sisto II, da lui spinta al punto di volerlo seguire nella prova suprema del martirio e l’eroica testimonianza del sangue, resa a Cristo solo pochi giorni dopo, sono cose universalmente note, ben al di là dei particolari della più nota tradizione iconografica. Davvero, Lorenzo passò attraverso la “grande tribolazione” e ne uscì vittorioso, sicché la sua memoria è benedetta nei secoli. Quante sono le Chiese, le parrocchie, le cappelle, le località che da lui prendono nome nel mondo? Quante sono le Chiese a lui intitolate qui in Roma? Voglio limitarmi solo a questa Basilica, che a distanza di tanti secoli e dopo varie trasformazioni e anche distruzioni (pur-troppo), ci riporta col pensiero a quella primitiva Basilica che l’imperatore Costantino “fecit… Beato Laurentio martyri via Tiburtina, in agrum Veranum” (Liber Pontificalis).
La forza del martirio nasce… – Benedetto XVI (Udienza Generale, 11 Agosto 2010): Da dove nasce la forza per affrontare il martirio? Dalla profonda e intima unione con Cristo, perché il martirio e la vocazione al martirio non sono il risultato di uno sforzo umano, ma sono la risposta ad un’iniziativa e ad una chiamata di Dio, sono un dono della Sua grazia, che rende capaci di offrire la propria vita per amore a Cristo e alla Chiesa, e così al mondo. Se leggiamo le vite dei martiri rimaniamo stupiti per la serenità e il coraggio nell’affrontare la sofferenza e la morte: la potenza di Dio si manifesta pienamente nella debolezza, nella povertà di chi si affida a Lui e ripone solo in Lui la propria speranza (cfr. 2Cor 12,9). Ma è importante sottolineare che la grazia di Dio non sopprime o soffoca la libertà di chi affronta il martirio, ma al contrario la arricchisce e la esalta: il martire è una persona sommamente libera, libera nei confronti del potere, del mondo; una persona libera, che in un unico atto definitivo dona a Dio tutta la sua vita, e in un supremo atto di fede, di speranza e di carità, si abbandona nelle mani del suo Creatore e Redentore; sacrifica la propria vita per essere associato in modo totale al Sacrificio di Cristo sulla Croce. In una parola, il martirio è un grande atto di amore in risposta all’immenso amore di Dio.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Il Signore ci esorta poi a seguire gli esempi che egli ci offre della sua passione: Chi ama la propria anima, la perderà [Gv 12,25]. Queste parole si possono intendere in due modi: «Chi ama, perderà», cioè: se ami, non esitare a perdere, se desideri avere la vita in Cristo, non temere la morte per Cristo. E nel secondo modo: «Chi ama l’anima sua, la perderà», cioè: non amare in questa vita, se non vuoi perderti nella vita eterna. Questa seconda interpretazione ci sembra più conforme al senso del brano evangelico che leggiamo. Il seguito infatti dice: E chi odia la propria anima in questo mondo, la serberà per la vita eterna [ibid.]. Quindi, la frase di prima: «Chi ama», sottintende: in questo mondo; così come poi dice: «Chi invece odia in questo mondo», la conserverà per la vita eterna” (Sant’Agostino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: «Abbiamo ascoltato la parola del Signore, rivelata a ciascuno di noi, nella sua Chiesa, come membri della sua Chiesa. La parola del Signore, oggi e sempre, è vera, vivificatrice, salvatrice, liberatrice. Ci guarisce da ogni malattia; ci risuscita dalla morte. Ci santifica. Infallibilmente. È l’amore onnipresente che parla. In una società che si scristianizza, cerchiamo delle soluzioni, i mezzi di una nuova evangelizzazione. Talvolta pensiamo di trovarli nei nostri progetti, nelle nostre vie. Oppure perdiamo la speranza di trovarli… Il Signore ci comunica un atteggiamento infallibilmente fruttuoso: morire al nostro egoismo. Morire ogni giorno, come san Paolo. Che i nostri dinamismi egoistici vengano uccisi, immobilizzati. È così che guadagneremo la “vita, che è Cristo stesso, per la nostra personalità individuale, per la Chiesa, per il mondo. Noi moriamo con lui e risusciteremo con lui. Come amici che lo servono e sono là dove lui è: sulla croce, nella gloria. Ascoltiamo la sua parola nel Vangelo. Contempliamo la parola di san Lorenzo, che ha ascoltato la sua voce e non ha indurito il suo cuore» (Compostella, Messale per la Vita Cristiana, Vol. III).
Santo del giorno: 10 Agosto – San Lorenzo, Diacono e Martire: “Fin dai primi secoli del cristianesimo, Lorenzo viene generalmente raffigurato come un giovane diacono rivestito della dalmatica, con il ricorrente attributo della graticola o, in tempi più recenti, della borsa del tesoro della Chiesa romana da lui distribuito, secondo i testi agiografici, ai poveri. Gli agiografi sono concordi nel riconoscere in Lorenzo il titolare della necropoli della via Tiburtina a Roma È certo che Lorenzo è morto per Cristo probabilmente sotto l’imperatore Valeriano, ma non è così certo il supplizio della graticola su cui sarebbe stato steso e bruciato. Il suo corpo è sepolto nella cripta della confessione di san Lorenzo insieme ai santi Stefano e Giustino. I resti furono rinvenuti nel corso dei restauri operati da papa Pelagio II. Numerose sono le chiese in Roma a lui dedicate, tra le tante è da annoverarsi quella di San Lorenzo in Palatio, ovvero l’oratorio privato del Papa nel Patriarchio lateranense, dove, fra le reliquie custodite, vi era il capo” (Avvenire).
Preghiamo: O Dio, che hai comunicato l’ardore della tua carità al diacono san Lorenzo e lo hai reso fedele nel ministero e glorioso nel martirio, fa’ che il tuo popolo segua i suoi insegnamenti e lo imiti nell’amore di Cristo e dei fratelli. Per il nostro Signore Gesù Cristo…