26 Luglio 2018 – Giovedì – Santi Gioacchino e Anna (Memoria) – (Ger 2,1-3.7-8.12-13; Sal 35[36]; Mt 13,10-17) – I Lettura: Geremìa espleta il suo ministero in un periodo storico (626-586 a.C.), molto movimentato per il Vicino Oriente. Siamo all’epoca del declino e della rinascita di due grandi imperi: il primo, l’impero Assiro che dominava tutta la Mezzaluna Fertile fino al suo declino intorno al 633 a.C. circa; il secondo l’impero Babilonese, fino ad allora sottomesso agli Assiri e che, sotto il re caldeo Nabopolassar, prende il controllo dei territori del dominio assiro, Giuda compreso. Dopo Ezechìa, sotto il lungo regno di Manasse, Giuda precipita nuovamente nell’idolatria e nel sincretismo religioso che fuse il culto mesopotamico degli astri al culto degli dèi della fertilità cananei. Questa situazione persistette per tutto il regno di Amon e nei primi anni di regno di Giosìa (648-609 a.C.). L’energico tentativo di riforma del giovane Giosìa ha termine con la sua prematura morte: il culto a Jahvè rimane formale suscitando il rimprovero di Dio e l’accusa di adulterio per aver violato il patto di Alleanza che Geremìa paragona al patto sponsale. Salmo: “Il battesimo è la sorgente della vita che il Figlio ha aperto sulla terra. Dal suo costato è scaturita l’onda purificante: Venite, voi tutti che avete sete!” (Efrem). Vangelo: L’evangelista contrappone i discepoli a coloro cui “non è dato conoscere i misteri del regno”. È la fede che spalanca al discepolo la conoscenza dei misteri. “Chi non entra per questa porta”… la Verità espressa dalla parabola rimane velata: guardano ma non vedono, ascoltano ma non comprendono e non obbedi-scono, precludendosi così la via della conversione e della salvezza. Il discepolo invece ascolta e vede quelle Verità che Patriarchi e Profeti avrebbero voluto ascoltare e vedere.
A voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’ab-bondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice: “Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca!”. Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!».
Riflessione: «… ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha». Storicamente possiamo pensare che Gesù si stesse rivolgendo a coloro che si erano seduti sulla cattedra di Mosè (cfr. Mt 23,2), quegli scribi e farisei che pur avendo le chiavi per entrare nel mistero di Dio attraverso la Rivelazione della Legge e dei Profeti, hanno preferito le tenebre alla luce (cfr. Gv 1,10-11; 3,19), non entrando nel regno dei cieli e non permettendo al popolo di accedervi (cfr. Mt 23,13), anzi ostacolando continuamente e maliziosamente il ministero di Gesù e minacciando quanti si avvicinavano a lui. Possedevano tutto, come ricorda l’Apostolo Paolo a proposito degli Israeliti: «… essi hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne» (Rm 9,4-5). Ma hanno chiuso gli occhi a colui che è venuto come Luce (cfr. Gv 12,46), e ritenendosi sufficientemente sani hanno respinto il Medico delle anime, illudendosi di vedere sono rimasti ciechi (cfr. Gv 9,41). Per questo il Signore ha tolto loro quanto gratuitamente possedevano, ha tolto loro la vigna e l’ha data ad altri, a chi non aveva nulla, perché portassero frutto, nella fedeltà e nell’impegno, nell’accoglienza della Parola e nella testimonianza secondo quanto lo Spirito dona a ciascuno (cfr. Mt 21,41). Non è un capriccio di Dio, tantomeno un castigo, ma una precisa scelta dell’uomo, una precisa scelta di chiusura alla grazia, di avidità mondana. Al Dio che generosamente dona senza eccezioni, l’uomo liberamente risponde, spesso con superficialità, a volte con maliziosa noncuranza, e comunque con ingratitudine (cfr. Lc 14,18ss). Ieri come oggi ci sono cristiani che si ritengono ricchi, arrivati, perfetti (cfr. 1Cor 4,8), come rimprovera il Testimone fedele e verace: «Tu dici: sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla. Ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo» (Ap 3,17). Che gioia invece, chi corrisponde alla grazia: nel silenzio, nella semplicità, nella pace, senza affanni… si ritrova nella ricchezza, immerso nel Cuore di quel Dio che è ricco di misericordia e che ci riempie di ogni grazia e benedizione dal cielo: diamo tutto a Dio ed egli ci ricolmerà di ogni grazia!
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Gioacchino ed Anna: Card. Tarcisio Bertone (Omelia, 26 Luglio 2007): Anna e Gioacchino erano senz’altro del numero di quei pii ebrei che aspettavano la consolazione di Israele, e proprio a loro è stato dato un compito speciale nella storia della salvezza: sono stati scelti da Dio per generare l’Immacolata, la quale a sua volta è chiamata a generare il Figlio di Dio. Conosciamo i nomi dei genitori della Beata Vergine tramite un testo non canonico, il Protovangelo di Giacomo. Essi sono citati nella pagina che precede l’annuncio dell’Angelo a Maria. Questa loro figlia non poteva non irradiare quella grazia tutta speciale della sua immacolatezza, la pienezza di grazia che la preparava per il disegno della maternità divina. Possiamo immaginare quanto da lei avranno ricevuto questi due genitori, nello stesso tempo in cui esercitavano il loro compito di educatori. Il quadro che sovrasta l’altare di questa chiesa ci fa intuire qualcosa di quello che può essere stato il rapporto tra Sant’Anna e Maria anche nei confronti della Parola di Dio rivelata. Le univano, madre e figlia, oltre ai legami familiari, l’attesa condivisa del compimento delle promesse, la preghiera multiforme dei Salmi, il richiamo di una vita donata a Dio. Avremo noi gli occhi e gli orecchi aperti per riconoscere un così alto mistero? Chiediamo ai Santi Anna e Gioacchino non solo di vedere e di udire il messaggio di Dio, ma anche di partecipare, con l’amore verso quanti incontreremo, al suo amore, in particolare portando a tutte le nostre famiglie luce e speranza. A Sant’Anna in particolare affidiamo le mamme, soprattutto quelle che sono ostacolate nella difesa della vita nascente o trovano difficoltà nel crescere ed educare i propri figli.
L’anziano – Giovanni Paolo II (Angelus, 25 Luglio 1999): La cosiddetta “terza età” è anzitutto un valore in sé, per il fatto stesso della vita che si prolunga, e la vita è dono di Dio. Essa è poi portatrice di peculiari “talenti”, grazie al patrimonio di esperienze, conoscenze, insegnamenti di cui l’anziano è custode. Per questo, in tutte le culture l’anzianità è sinonimo di saggezza e di equilibrio. Con la sua stessa presenza, la persona anziana ricorda a tutti, e specialmente ai giovani, che la vita sulla terra è una “parabola” con un suo inizio ed una sua fine: per trovare la sua pienezza essa chiede di riferirsi a valori non effimeri e superficiali, ma solidi e profondi. Nelle società ad avanzato sviluppo industriale e tecnologico, la condizione degli anziani è ambivalente: da una parte, essi sono sempre meno integrati nel tessuto familiare e sociale; dall’altra, invece, il loro ruolo diventa sempre più importante, soprattutto per la cura e l’educazione dei nipoti. Le giovani coppie, infatti, trovano nei “nonni” un aiuto spesso indispensabile. Per un verso, dunque, l’anziano è emarginato e per l’altro è ricercato. Tutto ciò denuncia lo squilibrio tipico di un modello sociale dominato dall’economia e dal profitto, che tende a penalizzare le fasce “non produttive”, considerando le persone più per la loro utilità che per se stesse.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Guardare ma non vedere – «Gesù ha pronunciato queste parole con l’intento di attirare a sé i suoi ascoltatori e di sollecitarli assicurando che, se si rivolgeranno a lui, egli li guarirà. È come se qualcuno dicesse: non ha voluto vedermi e io gli faccio ugualmente grazia; se infatti egli si degnasse di guardarmi, io sarei disposto a cedere immediatamente. E dichiarando questo, mostra di essere pronto alla riconciliazione. Così Gesù, con le parole “per paura di convertirsi e che io li risani”, mostra loro che possono convertirsi e che, pentendosi, si salvano; vuol far capire inoltre che egli compie ogni cosa non per la sua gloria, ma per la loro salvezza. Se non volesse che i giudei ascoltando si salvino, tacerebbe senza proporre loro queste parabole. Ma è proprio parlando con espressioni che adombrano un significato più profondo, che egli si sforza di sollecitare in loro il desiderio di intendere quanto sotto di esse si nasconde» (Giovanni Crisostomo).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Gesù non ha mai definito con esattezza cosa intendeva per regno di Dio. Solitamente nella sacra Scrittura il regno di Dio indica la sovranità attiva di Dio nel mondo. Qualche volta Gesù ha detto di «entrare» nel regno (cfr. Mc 10,23), ma non va preso alla lettera perché il regno di Dio non è un luogo ma sta a indicare più che altro un nuovo rapporto fra Dio e l’uomo. Gli autori veterotestamentari non hanno parlato del regno di Dio in quanto tale, però hanno anticipato appassionatamente il grande giorno in cui Dio avrebbe manifestato la sua gloria (Is 24,23) in un modo così drammatico che tutti avrebbero riconosciuto il suo dominio (Zc 14,9). Questa viva aspirazione anticipatrice, fatta di speranza cosmica e di desiderio della liberazione del paese, continuava a farsi vigorosamente sentire al tempo di Gesù. L’evangelista Matteo per i suoi lettori ebrei usa l’espressione “regno dei cieli” per evitare di nominare Dio. Gesù con le parabole oltre a descrivere la venuta del regno, ne illustra le sue proprietà e le sue esigenze. Al termine della parabola i beneintenzionati, quelli che vogliono andare avanti nella conoscenza della verità, chiederanno ulteriori spiegazioni, i malintenzionati andranno via, forse delusi nelle loro aspettative.
Santo del giorno: 26 Luglio – Santi Gioacchino e Anna: “Anna e Gioacchino sono i genitori della Vergine Maria. Gioacchino è un pastore e abita a Gerusalemme, anziano sacerdote è sposato con Anna. I due non avevano figli ed erano una coppia avanti con gli anni. Un giorno mentre Gioacchino è al lavoro nei campi, gli appare un angelo, per annunciargli la nascita di un figlio ed anche Anna ha la stessa visione. Chiamano la loro bambina Maria, che vuol dire «amata da Dio». Gioacchino porta di nuovo al tempio i suoi doni: insieme con la bimba dieci agnelli, dodici vitelli e cento capretti senza macchia. Più tardi Maria è condotta al tempio per essere educata secondo la legge di Mosè. Sant’Anna è invocata come protettrice delle donne incinte, che a lei si rivolgono per ottenere da Dio tre grandi favori: un parto felice, un figlio sano e latte sufficiente per poterlo allevare. È patrona di molti mestieri legati alle sue funzioni di madre, tra cui i lavandai e le ricamatrici” (Avvenire).
Preghiamo: Dio dei nostri padri, che ai santi Gioacchino e Anna hai dato il privilegio di avere come figlia Maria, madre del Signore, per loro intercessione concedi ai tuoi fedeli di godere i beni della salvezza eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…