21 Luglio 2018 – Sabato, XV del Tempo Ordinario – (Mi 2,1-5; Sal 9[10]; Mt 12,14-21) – I Lettura: Michèa fu un coraggioso difensore dei diritti dei contadini, oppressi dai ricchi proprietari. Il suo ministero si svolse sotto i re di Giuda Iotam, Acaz ed Ezechìa. Quest’ultimo, figlio di Acaz, ereditò un regno che sentiva minaccioso il crescente potere Assiro dal quale, in avanti, si rese indipendente. Secondo Geremìa (Ger 26,18ss), la sua riforma fu influenzata proprio da Michèa. Salmo: “È in un mondo senza speranze che il Salvatore è venuto. Il diavolo è definito qui come l’inventore del peccato” (Cirillo Alessandrino). Vangelo: Gesù incarna il Servo profetizzato da Isaìa che non ha mire sovversive ma di annunciare nella mitezza l’avvento del Regno. Incapaci di percepire la prorompente verità dell’annuncio, i farisei tramano la sua uccisione, realizzando inconsapevolmente la profezia che si conclude con il trionfo della Giustizia.
Impose loro di non divulgarlo, perché si compisse ciò che era stato detto – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, i farisei uscirono e tennero consiglio contro Gesù per farlo morire. Gesù però, avendolo saputo, si allontanò di là. Molti lo seguirono ed egli li guarì tutti e impose loro di non divulgarlo, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: «Ecco il mio servo, che io ho scelto; il mio amato, nel quale ho posto il mio compiacimento. Porrò il mio spirito sopra di lui e annuncerà alle nazioni la giustizia. Non contesterà né griderà né si udrà nelle piazze la sua voce. Non spezzerà una canna già incrinata, non spegnerà una fiamma smorta, finché non abbia fatto trionfare la giustizia; nel suo nome spereranno le nazioni».
Riflessione: «I farisei uscirono e tennero consiglio contro di lui per farlo morire. Gesù però, avendolo saputo, si allontanò di là». Gesù si allontana ma non fugge: si allontana perché sa che lo vogliono uccidere, ma non va a nascondersi, non è una resa dettata dal timore: non è certo vigliaccheria! E lo si evince anche dal fatto che Gesù continua la sua attività pubblica, anzi se prima ne guariva “molti”, adesso li guarisce “tutti”, quasi a sottolineare che la sua attività taumaturgica non è venuta meno, come non è venuta meno la sua attività pastorale di Maestro ed esorcista. L’evange-lista stesso, citando il profeta Isaìa, ci dice il perché di questa scelta di Gesù: «Non contesterà né griderà né si udrà nelle piazze la sua voce». Diciamo che Gesù non è un contestatore, un rivoluzionario (con buona pace di molti teologi che hanno usato e usano Gesù, misericordioso e pietoso, per farne un’icona e una motivazione alle loro lotte sociali e politiche); Gesù non organizza manifestazioni o raccolte di firme, ma continua la sua quotidiana opera di servizio a Dio e al prossimo nel silenzio, nella totale dedizione, nella fedeltà al mandato ricevuto. Ma c’è di più che possiamo cogliere nell’atteggiamento di Gesù, e che dovremmo ritrovare in ciascuno di noi cristiani: Gesù non accusa gli accusatori, non li mette alla berlina, non li condanna pubblicamente, non aizza il popolo contro costoro, non li spinge all’odio o alla ribellione: continua a parlare della misericordia del Padre, continua a rivelarne il volto, continua a passare «beneficando e risanando tutti» (At 10,38). E a coloro che sperimentavano la potenza del Signore, veniva imposto di non divulgare tali miracoli. Quei “cattivi”, quegli amministratori superbi e invidiosi, sono anch’essi figli di Dio e anche per loro Gesù si sta preparando a versare il suo Sangue. Sono canne incrinate, ma Gesù desidera raddrizzarle piuttosto che spezzarle; sono fiamme smorte, ma Gesù spera fino in fondo che possano riprendere luce, vigore, fede, permettendo a Dio di operare anche in loro meraviglie di grazia, per mezzo dello Spirito. Ad immagine di colui che ci ha chiamati, preghiamo per gli operatori di iniquità.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Tennero consiglio… – CCC 574: Fin dagli inizi del ministero pubblico di Gesù, alcuni farisei e alcuni sostenitori di Erode, con dei sacerdoti e degli scribi, si sono accordati per farlo morire. Per certe sue azioni, Gesù è apparso ad alcuni malintenzionati sospetto di possessione demoniaca. Lo si accusa di bestemmia e di falso profetismo, crimini religiosi che la Legge puniva con la pena di morte sotto forma di lapidazione.
È proprio nella Passione, in cui la misericordia di Cristo vincerà il peccato – Giovanni Paolo II (Omelia, 6 Marzo 1983): Se Dio ci avesse abbandonato alle nostre sole forze, così limitate e volubili, non avremmo alcun motivo per sperare che l’umanità viva come una famiglia, come figlia di uno stesso Padre. Però Dio ci si è avvicinato una volta per tutte con Gesù; nella sua Croce sperimentiamo la vittoria della vita sulla morte, dell’amore sull’odio. La Croce, che era simbolo infamante d’amara sconfitta, si trasforma in sorgente di vita. La Croce distrugge il muro di separazione: l’odio. L’uomo cerca con frequenza argomenti per tranquillizzare la sua coscienza, che lo accusa delle sue cattive azioni. E a volte giunge a elevare l’odio a tal punto da confonderlo con la nobiltà di una causa; fino a identificarlo con un atto capace di restaurare l’amore. Cristo sana alla radice il cuore dell’uomo. Il suo amore ci purifica e ci apre gli occhi affinché possiamo distinguere fra ciò che viene da Dio e ciò che procede dalle nostre passioni. Il perdono di Cristo spunta come la nuova alba di un nuovo mattino. È la nuova terra, “buona e spaziosa” verso la quale Dio ci chiama… Questa terra in cui deve scomparire l’oppressione dell’odio per lasciare il posto ai sentimenti cristiani: “Rivestitevi di sentimenti di tenera comprensione, di bontà, di umiltà, di mitezza, di pazienza; sopportandovi reciprocamente e perdonandovi, se qualcuno ha motivo di rimprovero verso un altro: come il Signore ha perdonato voi, anche voi fate altrettanto” (Col 3,12-13).
L’amore vince l’odio – Benedetto XVI (Angelus, 31 Agosto 2008): Se, per salvarci, il Figlio di Dio ha dovuto soffrire e morire crocifisso, non è certamente per un disegno crudele del Padre celeste. La causa è la gravità della malattia da cui doveva guarirci: un male così serio e mortale da richiedere tutto il suo sangue. È infatti con la sua morte e risurrezione, che Gesù ha sconfitto il peccato e la morte ristabilendo la signoria di Dio. Ma la lotta non è finita: il male esiste e resiste in ogni generazione, anche ai nostri giorni. Che cosa sono gli orrori della guerra, le violenze sugli innocenti, la miseria e l’ingiustizia che infieriscono sui deboli, se non l’opposizione del male al regno di Dio? E come rispondere a tanta malvagità se non con la forza disarmata dell’amore che vince l’odio, della vita che non teme la morte? È la stessa misteriosa forza che usò Gesù, a costo di essere incompreso e abbandonato da molti dei suoi.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “L’incarnazione del nostro Salvatore costituisce l’attestato più eloquente della sua premura nei confronti degli uomini. Non è il cielo, infatti, né la terra, né il mare, né l’aria, né il sole, né la luna, non sono le stelle né tutte le opere della creazione, visibili e invisibili, chiamate all’esistenza da una semplice parola o, meglio, dalla sua volontà manifestata attraverso la parola; non è tutto questo, dicevo, che dimostra adeguatamente l’immensa bontà del Salvatore, quanto piuttosto il fatto che lo stesso unigenito Figlio di Dio [che possedeva la natura divina, splendore della sua gloria e impronta della sua sostanza, che esisteva fin dal principio, e si trovava presso Dio, ed era egli stesso Dio e da lui è stata creata ogni cosa] assunse l’aspetto d’uno schiavo [crf. Fil 2,7] per somigliare all’uomo e assumerne la sembianza esteriore, per mostrarsi sulla terra e vivere in mezzo agli uomini, per prendere su di sé le nostre infermità e sostenere i nostri mali. Paolo ha identificato questa clamorosa prova dell’amore di Dio verso gli uomini ed è per questo che la proclama, dicendo: Dio rende testimonianza del suo amore nei nostri confronti proprio nel fatto che, mentre noi eravamo ancora dei peccatori, Cristo è morto per noi [Rm 5,8]. E ancora: Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma l’ha sacrificato, anzi, per tutti noi, come potrà non esser disposto ad accordarci qualunque altra cosa insieme con lui? [Rm 8,32]. Anche il divino Giovanni, da parte sua, concorda con le asserzioni di Paolo: Dio, infatti, ha talmente amato il mondo, scrive, da sacrificare il suo Figlio unigenito, affinché ognuno che abbia fede in lui non perisca, ma ottenga invece la vita eterna [Gv 3,16]. Dio, pertanto, non si prende semplicemente cura degli uomini, ma, nel far questo, egli li ama davvero. Quest’amore, poi, è talmente grande, da aver indotto Dio a stabilire come nostro medico e Salvatore il suo Figlio unigenito, a lui consustanziale, generato prima dell’aurora, con il concorso del quale creò il mondo, e a donarci, per mezzo suo, il privilegio dell’ado-zione a figli di Dio” (Teodoreto di Ciro).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: «La ferocia contro Gesù non si placherà mai. La verità che egli ha portato, la libertà dei figli, della quale egli è il Profeta gli dà fastidio. Ieri abbiamo sentito lo scandalo per aver strappato qualche spiga nel giorno di sabato. Anche oggi cercano di toglierlo di mezzo, di chiudere la sua bocca. E Gesù, proprio come il servo mite ed umile, non contende ma si fa da parte, si allontana. È mite il Figlio di Dio che guarisce tutti. Compie veramente la figura del servo di Dio che non oppone resistenza con la violenza, ma con la mitezza del servo sofferente di Isaia del quale egli dice: Lo Spirito del Signore è sopra di me, mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, per rimettere in libertà gli oppressi. Non è facile mettersi da parte, specie quando crediamo di aver ragione, di stare nel giusto, di aver usato i carismi ricevuti secondo la volontà di Dio. Forse i destinatari della nostra carità non ne erano degni… allora scuotiamo la polvere dei nostri piedi, con amore e non disprezzo verso di loro e andiamo a fare la carità a coloro che hanno il cuore più aperto e gli occhi dell’anima più puliti, sapendo che tutto ha il suo tempo e il suo percorso. Ancora oggi, noi Cristiani, crediamo e preghiamo perché coloro ai quali per primi era rivolto l’annunzio della Buona novella capiscano e credano nella grande novità, nel grande compimento dell’antica promessa, portata al mondo da Gesù, Figlio di Dio» (Monaci Silvestrini).
Santo del giorno: 21 Luglio – San Lorenzo da Brindisi, Sacerdote e Dottore della Chiesa: “Giulio Cesare Russo (questo era il suo vero nome) nacque a Brindisi – sul luogo in cui egli stesso volle che sorgesse la chiesa intitolata a Santa Maria degli Angeli – il 22 luglio 1559, da Guglielmo Russo ed Elisabetta Masella. Perse il padre da bambino e la madre ch’era appena adolescente. A 14 anni fu costretto a trasferirsi a Venezia da uno zio sacerdote, dove proseguì gli studi e maturò la vocazione all’Ordine dei Minori Cappuccini. Assunse il nome di Lorenzo e il 18 dicembre 1582 divenne sacerdote. Nel 1602 fu eletto Vicario generale. Nel 1618, sentendosi prossimo alla fine, voleva tornare a Brindisi, ma i nobili napoletani lo convinsero a recarsi dal re di Spagna Filippo III, per esporre le malversazioni di cui erano vittime per colpa del viceré spagnolo Pietro Giron, duca di Osuna. Il 22 luglio 1619 padre Lorenzo morì a Lisbona, forse avvelenato. Fu beatificato nel 1783 da Pio VI; canonizzato nel 1881 da Leone XIII; proclamato dottore della Chiesa, col titolo di doctor apostolicus, nel 1959 da Giovanni XXIII” (Avvenire).
Preghiamo: O Dio, che mostri agli erranti la luce della tua verità, perché possano tornare sulla retta via, concedi a tutti coloro che si professano cristiani di respingere ciò che è contrario a questo nome e di seguire ciò che gli è con