20 Luglio 2018 – Venerdì, XV del Tempo Ordinario – (I Lettura: Is 38,1-6.21-22.7-8; Salmo Responsoriale: Is 38,10-12.16; Vangelo: Mt 12,1-8) – I Lettura: «L’idea portante del brano è l’efficacia della preghiera del re. Ezechìa era uno dei piú grandi discendenti di Davide, giudicato perfetto dai sapienti del popolo. Eppure venne colpito da una malattia che lo ridusse ancor giovane in punto di morte. Isaìa, guida confidente del re, ebbe l’incarico di confermargli la gravità del male. La convinzione allora comune di una retribuzione terrena come manifestazione della giustizia di Dio, veniva messa in crisi. È proprio richiamandosi a questo principio che Ezechìa si rivolge a Dio senza avanzare richieste precise ma solo ricordando la propria condotta integra» (Messale Feriale, ed. LDC). Vangelo: Per i Giudei il sabato era un giorno dedicato al culto divino. Era stato Dio stesso ad istituirlo, come leggiamo nel libro della Gènesi al secondo capitolo. Comprendeva l’obbligo di astenersi da determinati lavori per dedicarsi principalmente ad onorare Dio, solo che nel tempo i rabbini complicarono questo precetto rendendone più pesante l’osservanza, fecero un elenco di ben 39 tipi di lavori proibiti. Per questo motivo i farisei si sentivano in dovere di accusare i discepoli di Gesù. A queste accuse il maestro controbatte riportando quattro argomentazione prese dall’AT.
Il Figlio dell’uomo è signore del sabato – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù passò, in giorno di sabato, fra campi di grano e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere delle spighe e a mangiarle. Vedendo ciò, i farisei gli dissero: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato». Ma egli rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito mangiare, ma ai soli sacerdoti. O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio vìolano il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: “Misericordia io voglio e non sacrifici”, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato».
Riflessione: «Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato». Cosa significa essere “signori”? Possiamo rispondere che essere “signori” significa essere i padroni, cioè avere una certa signoria, un certo potere su un qualche cosa di specifico. Oggi Gesù ci ricorda che egli è il Signore, cioè è colui che governa, che esercita il predominio sul creato e sulle creature. Gesù è il divino legislatore che è al di sopra delle leggi stesse, le quali scaturiscono dal suo pensiero, ed esprimono la sua logica: «tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste» (Gv 1,3). San Paolo ci ricorda la nostra fede in Dio «Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti» (Ef 4,6). Gesù non agisce in contrapposizione alla Legge, né intende svalutarne le esigenze, come egli stesso afferma: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento» (Mt 5,17). Ma Gesù sa che il primato spetta alla carità, intesa come amore pieno, generoso e fedele a Dio e al prossimo. Già dodicenne sa perfettamente che “occuparsi” delle cose del Padre viene prima del preoccuparsi delle altre cose (cfr. Lc 2,49); e crescendo ci insegna a mettere come priorità (nell’immagine del cibo, visto come bene primario e assoluto dell’uomo) la volontà del Padre (cfr. Gv 4,34). Queste considerazioni devono portarci a riflettere su alcuni aspetti della nostra vita quotidiana: ricordiamoci che essere cristiani significa anche essere associati alla signoria del suo regno (cfr. Mt 19,28; Lc 22,28-30; Ap 3,21): «Se moriamo con lui, con lui anche vivremo; se perseveriamo, con lui anche regneremo» (2Tm 2,11-12). E il fatto che il Vangelo sottolinei come siano i discepoli, e non solo Gesù, a raccogliere e mangiare in giorno di sabato, chiarisce ancora meglio che anche noi siamo a pieno titolo associati a questa libertà interiore: «Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi!» (Gal 5,1). Non una libertà finalizzata a spadroneggiare; non una libertà che sfoci nel libertinismo. Dovremmo piuttosto trovare in Cristo la forza per uscire dalle gabbie delle tante leggi che il rispetto umano ci impone, e vivere la libertà che ci spinge a fare il bene.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Il fariseismo – Mons. Vincenzo Paglia, vescovo (Omelia, 20 Luglio 2007): I farisei non perdono occasione per pensare male di Gesù (e dei suoi), e per accusarlo. Potremmo identificare il fariseismo con l’atteggiamento di chi cerca di salvare se stesso accusando gli altri, magari coprendosi dietro qualche regola. È un modo sottile di essere cattivi. I farisei rimproverano Gesù perché lascia prendere qualche spiga di grano ai discepoli durante il cammino, in giorno di sabato. Ma egli risponde con due esempi che mostrano la loro grettezza e cecità. E soprattutto ribadisce, con le parole di Osea, la larghezza del cuore di Dio: “Misericordia io voglio e non sacrificio” (Os 9,13). Il Signore non desidera l’osservanza fredda ed esteriore delle norme, ma il cuore. Non si tratta di disprezzare le norme. Ma sopra ogni norma c’è la compassione, che è un dono da chiedere a Dio perché non viene dal nostro carattere o dalle nostre qualità. La compassione non lascia tranquilli – spinse lo stesso Signore a scendere sulla terra per salvare il suo popolo – e chiede ad ogni discepolo non l’avara osservanza di doveri e di prescrizioni ma la continuazione dell’opera di Dio tra gli uomini.
Gesù rivela il Padre misericordioso – Catechismo degli Adulti 197: Gesù sa di essere in totale sintonia con la misericordia del Padre. Dio ama per primo, appassionatamente; va a cercare i peccatori e, quando si convertono, fa grande festa: «Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta» (Lc 15,4-6). L’unità di Gesù con il Padre è tale, che egli si attribuisce perfino il potere divino di rimettere i peccati, sebbene si levi intorno un mormorio di riprovazione e l’accusa di bestemmia: «Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino – disse al paralitico – alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua» (Mc 2,9-11).
Ora io vi dico qui c’è… – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 14 Ottobre 1987): Deve infine essere ricordata la risposta che Gesù diede ai farisei, i quali rimproveravano ai suoi discepoli di strappare le spighe dai campi ricolmi di grano per mangiarle in giorno di sabato, violando così la legge mosaica. Gesù dapprima cita loro l’esempio di Davide e dei suoi compagni che non esitarono a mangiare i “pani dell’offerta” per sfamarsi, e quello dei sacerdoti che in giorno di sabato non osservano la legge del riposo perché svolgono le loro funzioni nel tempio. Poi conclude con due affermazioni perentorie, inaudite per i farisei: “Ora io vi dico che qui c’è qualcosa più grande del tempio…”, e: “Il Figlio dell’Uomo è signore anche del sabato” (Mt 12,6.8; cfr. Mc 2,27-28). Sono dichiarazioni che rivelano chiaramente la coscienza che Gesù aveva della sua autorità divina. Il definirsi “uno al di sopra del tempio” era un’allusione abbastanza chiara alla sua divina trascendenza. Proclamarsi poi “signore del sabato”, ossia di una Legge data da Dio stesso a Israele, era l’aperta proclamazione della propria autorità come capo del regno messianico e promulgatore della nuova Legge. Non si trattava dunque di semplici deroghe alla legge mosaica, ammesse anche dai rabbini in casi molto ristretti, ma di una reintegrazione, di un completamento e di un rinnovamento che Gesù enuncia come intramontabili: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” (Mt 24,35). Ciò che viene da Dio è eterno, come è eterno Dio.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Amore per la legge di Dio – “Chi ama la legge di Dio, onora anche ciò che in essa non comprende. Ciò che gli pare poco logico, giudica piuttosto di non averlo compreso e pensa che vi si trovi celato qualcosa di grande. Non gli è dunque di scandalo la legge del Signore; e per non soffrire scandalo, soprattutto egli non bada agli uomini – per quanto sia santa la loro vocazione -, tanto da far dipendere la loro fede dai loro costumi. Perciò, se alcuni di loro cadono, egli non se ne scandalizza e non rovina così se stesso. Al contrario, egli ama la legge del Signore per se stessa, e in lui vi è sempre grande pace e mai scandalo. L’ama senza preoccupazioni, perché sa che anche se molti peccano contro la legge, essi non peccano certo a causa della legge” (Agostino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: «Nel vangelo di oggi vediamo da vicino molti conflitti tra Gesù e le autorità religiose dell’epoca. Sono conflitti attorno alle pratiche religiose di quel tempo: digiuno, purezza, osservanza del sabato, etc. In termini odierni, sarebbero conflitti riguardanti per esempio, il matrimonio tra persone divorziate, l’amicizia con prostitute, l’accoglienza degli omosessuali, la comunione senza sposarsi in chiesa, il non andare a messa la domenica, non digiunare il venerdì della settimana santa. Sono molti i conflitti: in casa, a scuola, nel lavoro, in comunità, in chiesa, nella vita personale, nella società. Conflitti di crescita, di relazione, di età, di mentalità. Tanti! Vivere la vita senza conflitto è impossibile! Il conflitto fa parte della vita e spunta fin dalla nascita. Nasciamo con dolori di parto. I conflitti non sono incidenti lungo il percorso, ma fanno parte del cammino, del processo di conversione. Ciò che colpisce è il modo in cui Gesù affronta i conflitti. Nella discussione con gli avversari, non si trattava di aver ragione contro di loro, ma di far prevalere l’esperienza che lui, Gesù, aveva di Dio, Padre e Madre. L’immagine di Dio che gli altri avevano era quella di un giudice severo che minacciava e condannava solamente. Gesù cerca di far prevalere la misericordia sull’osservanza cieca delle norme e della legge che non avevano nulla a che vedere con l’obiettivo della Legge che è la pratica dell’amore» (OCS).
Santo del giorno: 20 Luglio – Sant’Elia, Profeta: “Elia (il cui nome significa «il mio Dio è Jahvè») nacque verso la fine del X sec. a.C. e visse sotto il regno di Acab, che aveva imposto il culto del dio Baal. Elia si presentò dinanzi al re Acab ad annunciargli, come castigo, tre anni di siccità. Abbattutosi il flagello sulla Palestina, ritornò dal re e per dimostrare l’inanità degli idoli lanciò la sfida sul monte Carmelo contro i 400 profeti di Baal. Quando sul solo altare innalzato da Elia si accese prodigiosamente la fiamma, e l’acqua invocata scese a porre fine alla siccità, il popolo linciò i sacerdoti idolatri. Ma Elia dovette sottrarsi all’ira della moglie di Acab, Jezabel, seguace del dio Baal. Sconfortato, pregò Dio di farlo morire. Ma dopo un angelo, gli apparve Dio ed Elia comprese che il trionfo del bene avviene con pazienza, perché Dio domina il tempo. Il fiero profeta, che indossava un mantello di pelle sopra un rozzo grembiule stretto ai fianchi, come otto secoli dopo vestì, Giovanni Battista, di cui è la prefigurazione, tornò in mezzo al popolo di Dio, ma non assistette al pieno trionfo di Jahvè. Morì misteriosamente nell’850 a.C., su un carro di fuoco” (Avvenire).
Preghiamo: O Dio, che mostri agli erranti la luce della tua verità, perché possano tornare sulla retta via, concedi a tutti coloro che si professano cristiani di respingere ciò che è contrario a questo nome e di seguire ciò che gli è conforme. Per il nostro Signore Gesù Cristo…