18 Luglio 2018 – Mercoledì, XV del Tempo Ordinario – (Is 10,5-7.13-16; Sal 93[94]; Mt 11,25-27) – I Lettura: «Si tratta verosimilmente di Sennàcherib e dell’invasione del 701. Senza saperlo, il re d’Assiria è uno strumento che esegue i giudizi di Dio contro il popolo ribelle. […] Questa missione, di cui l’invasore non è cosciente, non sopprime però la sua responsabilità. Il suo orgoglio e la sua crudeltà saranno puniti nel giorno scelto da Dio» (Bibbia di Gerusalemme, nota). Salmo: “Noi siamo un vaso di terra e fango: ci ha aperto le orecchie e fatto udire, e lui non udrebbe? […] Chi ha piantato il vostro orecchio ode bene, prima che apriate la bocca!” (Eusebio). Vangelo: Gesù mette in risalto un fattore molto importante per accogliere la rivelazione, cioè l’umiltà. Non è l’essere sapienti e dotti che è d’impedimento alla conversione, ma il fare affidamento su queste doti in modo esclusivo, come se fossero delle capacità provenienti da un fattore prettamente umano.
Hai nascosto queste cose ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».
Riflessione: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra». È bello contemplare Gesù che prega, che loda, e che nella lode e nella preghiera si fa nostro modello, nostro Maestro. Gesù si rivolge al Padre glorificandolo, benedicendolo, ringraziandolo, lodandolo e ci insegna a desiderare e a implorare che venga santificato il suo nome. Nel compiere i segni prodigiosi, nel moltiplicare il pane e i pesci, prima della risurrezione di Lazzaro come anche durante l’Ultima Cena, nel farsi egli stesso cibo nel pane e nel vino resi suo vero Corpo e suo vero Sangue, Gesù mai cessa di lodare e di rendere grazie al Padre. Egli che è il Verbo fatto carne, per mezzo del quale tutto è stato fatto di tutto ciò che esiste, non trascura mai di alzare gli occhi al Cielo e nella lode perfetta, riconoscere nel Padre il Creatore del cielo e della terra. Così insegna il Catechismo del Chiesa Cattolica: “La lode è la forma di preghiera che più immediatamente riconosce che Dio è Dio! Lo canta per se stesso, gli rende gloria perché EGLI È, a prescindere da ciò che fa. È una partecipazione alla beatitudine dei cuori puri, che amano Dio nella fede prima di vederlo nella Gloria. Per suo mezzo, lo Spirito si unisce al nostro spirito per testimoniare che siamo figli di Dio, (cfr. Rm 8,16) rende testimonianza al Figlio unigenito nel quale siamo adottati e per mezzo del quale glorifichiamo il Padre. La lode integra le altre forme di preghiera e le porta verso colui che ne è la sorgente e il termine: il «solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo per lui» (1Cor 8,6). San Luca annota spesso nel suo Vangelo l’ammirazione e la lode davanti alle meraviglie operate da Cristo; le sottolinea anche per le azioni dello Spirito Santo che sono negli Atti degli Apostoli: la vita della comunità di Gerusalemme (cfr. At 2,47), la guarigione dello storpio operata da Pietro e Giovanni (cfr. At 3,9), l’esultanza della folla che glorifica Dio per l’accaduto (cfr. At 4,21), la gioia dei pagani di Pisidia che glorificano «la Parola di Dio» (At 13,48)” (n. 2639-2640). Soffermiamoci, oggi, a riflettere sulla nostra lode: quale spazio ha il “grazie” nella nostra giornata, nella nostra preghiera? Qual è l’oggetto della nostra lode? Di cosa vive? Ha il suo modello in Cristo e nella Parola?
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Ti rendo lode… – Paolo VI (Udienza Generale, 4 Gennaio 1967): Chi è Gesù? Qui sulla tomba di S. Pietro, è bello ricordare la grande, la vera, la luminosa risposta, che risuona ancora nella sua autentica e testuale verità: «Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio vivente» (ibid. 16). Ed è bello anche ricordare come questa risposta, che costituirà la prerogativa di Pietro nei secoli, è frutto d’una rivelazione; una rivelazione universale per sé, ma che solo agli umili, a chi accetterà d’essere discepolo d’una scienza, autenticamente divina, superiore a quella umana, sarà elargita, «Io ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra – dirà un giorno Gesù, in un momento sublime della sua conversazione con Dio e tra noi – perché hai nascosto queste cose ai dotti ed ai sapienti, e le hai rivelate ai piccoli» (Mt 11,25).
Padre, Signore del cielo e della terra… – Giovanni Paolo II (Dominum et Vivificantem): Gesù esulta per la paternità divina; esulta, perché gli è dato di rivelare questa paternità; esulta, infine, quasi per una speciale irradiazione di questa paternità divina sui «piccoli». E l’evangelista qualifica tutto questo come «esultanza nello Spirito Santo». Una tale esultanza, in un certo senso, sollecita Gesù a dire ancora di più. Ascoltiamo: «Ogni cosa mi è stata affidata dal Padre mio, e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare».
Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre… – Giovanni Paolo II (Lettera ai Sacerdoti, 1999): Sì, solo il Figlio conosce il Padre. Lui, che «è nel seno del Padre» – come scrive san Giovanni nel suo Vangelo (1,18) – ha avvicinato a noi questo Padre, ci ha parlato di Lui, ci ha rivelato il suo volto, il suo cuore. Durante l’Ultima Cena, alla richiesta dell’apostolo Filippo: «Mostraci il Padre» (Gv 14,8), Cristo risponde: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? […] Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me?» (Gv 14,9-10). Con queste parole Gesù rende testimonianza al mistero trinitario della sua eterna generazione come Figlio dal Padre, al mistero che costituisce il segreto più profondo della sua Personalità divina. Il Vangelo è una continua rivelazione del Padre.
Solo il Figlio conosce veramente Dio – Benedetto XVI (Udienza Generale, 7 Dicembre 2011): Gesù si rivolge a Dio chiamandolo «Padre». Questo termine esprime la coscienza e la certezza di Gesù di essere «il Figlio», in intima e costante comunione con Lui, e questo è il punto centrale e la fonte di ogni preghiera di Gesù. Lo vediamo chiaramente nell’ultima parte dell’Inno, che illumina l’intero testo. Gesù dice: «Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo» (Lc 10,22). Gesù quindi afferma che solo «il Figlio» conosce veramente il Padre. Ogni conoscenza tra le persone – lo sperimentiamo tutti nelle nostre relazioni umane – comporta un coinvolgimento, un qualche legame interiore tra chi conosce e chi è conosciuto, a livello più o meno profondo: non si può conoscere senza una comunione dell’essere. Nell’Inno di giubilo, come in tutta la sua preghiera, Gesù mostra che la vera conoscenza di Dio presuppone la comunione con Lui: solo essendo in comunione con l’altro comincio a conoscere; e così anche con Dio, solo se ho un contatto vero, se sono in comunione, posso anche conoscerlo. Quindi la vera conoscenza è riservata al «Figlio», l’Unigenito che è da sempre nel seno del Padre (cfr. Gv 1,18), in perfetta unità con Lui. Solo il Figlio conosce veramente Dio, essendo in comunione intima dell’essere; solo il Figlio può rivelare veramente chi è Dio.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: L’intelligenza umana è limitata – «L’intelligenza è in grado di comprendere assai rapidamente; la lingua invece ha bisogno delle parole e di molte espressioni intermediarie del linguaggio. Anche l’occhio percepisce simultaneamente, in un solo istante, un’immensa estensione di stelle. Ma se uno poi vuole spiegarle una per una, che cosa sia Lucifero, che cosa sia Vespero e così dicendo per tutte le altre, allora ha bisogno di parecchie parole. Allo stesso modo, anche il pensiero è capace di abbracciare in un attimo tutta la terra, il mare e l’universo intero. D’altra parte, ancora una volta, ciò che il pensiero concepisce in un solo istante, può essere poi espresso soltanto con molte parole. L’esempio che abbiamo appena illustrato è significativo, ma ancora troppo debole e non del tutto efficace. Infatti, quando noi parliamo di Dio, non diciamo tutto ciò che ci sarebbe da dire, perché questo può essere noto soltanto a lui. Noi affermiamo invece, nei nostri discorsi su Dio, unicamente quanto la nostra natura umana è in grado di comprendere su ciò che lo riguarda, quanto, cioè, la nostra limitatezza può giungere a sostenere. Noi non possiamo spiegare che cosa è Dio. Confessiamolo candidamente: noi non lo conosciamo. Riconoscere la propria ignoranza delle cose che riguardano Dio, questa sì che è una dimostrazione di grande sapienza !» (Cirillo di Gerusalemme).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra – L’espressione «Signore del cielo e della terra», evoca l’azione creatrice di Dio (cfr. Gen 1,1). Il motivo della lode sta nel fatto che il Padre ha «nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le ha rivelate ai piccoli». Le cose nascoste «non si riferiscono a ciò che precede; si devono intendere invece dei “misteri del regno” in generale (Mt 13,11), rivelati ai “piccoli”, i discepoli (cfr. Mt 10,42), ma tenuti nascosti ai “sapienti”, i farisei e i loro dottori» (Bibbia di Gerusalemme). Molti anni dopo Paolo ricorderà queste parole di Gesù ai cristiani di Corinto: «Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili. Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio» (1Cor 1,26-29). La rivelazione della mutua conoscenza tra il Padre e il Figlio pone decisamente il brano evangelico in relazione «con alcuni passi della letteratura sapienziale riguardanti la sophia. Solo il Padre conosce il Figlio, come solo Dio la sapienza [Gb 28,12-27; Bar 3,32]. Solo il Figlio conosce il Padre, così come solo la sapienza conosce Dio [Sap 8,4; 9,1-18]. Gesù fa conoscere la rivelazione nascosta, come la sapienza rivela i segreti divini [Sap 9,1-18; 10,10] e invita a prendere il suo giogo su di sé, proprio come la sapienza [Pro 1,20-23; 8,1-36]» (Il Nuovo Testamento).
Santo del giorno: 18 Luglio – Sant’Arnolfo di Metz, Vescovo: Di nobile famiglia, ebbe cariche amministrative sotto il re dell’Austrasia, Teodeberto. Si sposò ed ebbe due figli, uno dei quali fu Clodolfo, vescovo di Metz, mentre l’altro, Ansegiso, fu il primo dei grandi “maestri di palazzo” e quindi antenato dei Carolingi. Dopo aver riunito l’Austrasia alla Neustrasia, benché laico, venne eletto vescovo, mantenendo la sua carica di consigliere a corte e di educatore del futuro re Dagoberto. Si dedicò comunque ad un’intensa attività pastorale. Dopo aver partecipato a due Concili, desideroso di una vita ascetica, finalmente ottenne da Dagoberto il permesso di entrare ad Habend, nella fondazione monastica di Romarico, un suo amico conte palatino che vi si era a sua volta ritirato.
Preghiamo: O Dio, che mostri agli erranti la luce della tua verità, perché possano tornare sulla retta via, concedi a tutti coloro che si professano cristiani di respingere ciò che è contrario a questo nome e di seguire ciò che gli è conforme. Per il nostro Signore Gesù Cristo…